Bono: la salvaguardia della base industriale richiede consolidamento

Pubblichiamo il testo dell’intervento di Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, tenuto ieri al XII Regional Seapower Symposium di Venezia.

Il mio personale contributo al tema di questo convegno, come costruttore navale, non può che prendere spunto da una evidenza che è sotto gli occhi di tutti: il settore navale sia civile che militare sta affrontando una fase di discontinuità tecnologica importante, alimentata dalla necessità di rispondere a nuovi bisogni e minacce, di utilizzare efficacemente le nuove tecnologie digitali ed i nuovi materiali provenienti da altri settori, di rispettare normative che intendono dare una svolta green al mondo marittimo.

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  • Il prodotto nave, ed in particolare quello militare, infatti, è sempre più complesso in termini di automazione ed integrazione di nuove tecnologie: la nave militare è un insieme di sistemi avanzati di generazione, di propulsione, di piattaforma, di combattimento, di sopravvivenza, di security (cyber).

La nave è un insieme di sistemi avanzati che devono essere integrati (Whole Warship Design) in modo intelligente per garantire la “mission capability”.

  • Contemporaneamente, i passi avanti nell’utilizzo dei veicoli a pilotaggio remoto (UAV, USV e UUV) o potenzialmente autonomi (intelligenza artificiale) richiedono una progettazione innovativa per integrarli e sviluppare nuovi sistemi di comando e controllo.
  • Vi è poi l’introduzione delle nuove armi “elettriche” come i cannoni laser e quelli elettromagnetici che comporta un profondo cambiamento della fornitura di energia, contribuendo anch’essi ad accrescere i budget elettrici. Di conseguenza, si affermano i sistemi propulsivi “tutto elettrico” con target più sfidanti anche in termini di silenziosità, da conseguirsi con l’uso di nuove batterie o di fuel cells.
  • Ancora, l’utilizzo di nuovi materiali come le strutture in composito e grafene che abbinate ad una idonea sensoristica, ad una capacità di monitorare in modo diffuso la nave, possono portare ad una completa riprogettazione della tradizionale piattaforma in acciaio e alluminio. In futuro, tutto ciò potrà modificare anche le attività di manutenzione e riparazione rivoluzionando la logistica di prossimità della flotta.
  • Infine, anche per le navi militari vale il tema ambientale: le direttive dell’Unione Europea prevendono entro il 2020 l’uso del 10% di frazione bio nei combustibili. Tuttavia, la Marina Militare Italiana, già dal 2012, ha avviato il progetto Flotta Verde per disporre di un combustibile alternativo rispetto a quello puramente fossile che sia composto da almeno il 50% di frazione biologica.

In base a questa logica ad esempio i nuovi pattugliatori polivalenti d’altura della Marina Italiana in corso di costruzione presso Fincantieri sono dotati di un sistema di propulsione che risponde alle più stringenti normative ambientali previste, e cioè il cosiddetto “tier 3” della normativa MARPOL.

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Sempre in coerenza con una politica ambientale, da tempo la Fincantieri ha avviato una progettazione ecosostenibile, ovvero i processi di progettazione perseguono come obiettivo il contenimento dell’impatto ambientale durante tutto il ciclo di vita del prodotto.

  • Le nuove unità navali saranno sistemi sempre più complessi che richiedono un supporto tecnico costante da parte di personale specializzato. Visto il contemporaneo target di riduzione dei ranghi che affligge tutte le principali Marine europee diventerà sempre più importante sviluppare sinergie Industria-Difesa su modello di quelle statunitensi che prevedano un supporto industriale costante lungo tutto il ciclo di vita del prodotto nave.

Frammentazione dei mercati vs massa critica

Le sfide tecnologiche per garantire prodotti nuovi e performanti richiedono alle aziende di inserire un forte contenuto di innovazione nella progettazione delle navi e, a monte, di indirizzare adeguatamente e spendere in ricerca. Ci si domanda se i produttori europei siano in grado di sostenere questa spesa moltiplicata per le diverse piattaforme di cui deve disporre una Marina per essere pienamente operativa.

Ancora una volta, ma con una maggiore urgenza dettata dalla svolta tecnologica, occorre affrontare il tema di un Europa ancora troppo divisa nel campo della Difesa.

E’ ben noto a tutti che la sicurezza territoriale Europea è uno degli elementi fondamentali per la coesione dell’Unione come anche che il Mediterraneo allargato sta diventando un fattore di criticità geo-strategica a causa di tensioni migratorie, della minaccia del terrorismo e di scenari di guerra asimmetrica.

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All’interno di questo contesto geopolitico la componente navale è sempre di più un fattore cruciale del Sistema di Difesa Europeo e l’Italia, entro questa prospettiva, ha nel Mediterraneo e nella componente navale un interesse nazionale prevalente.

Oggi più che mai per affrontare i costi di sviluppo prodotto occorre conseguire una massa critica in termini di mercato di sbocco e dunque guardare auspicabilmente ad un mercato unico Europeo della difesa

Con riguardo al solo settore navale, in Europa esistono 29 differenti piattaforme per la famiglia delle fregate / destroyer contro le 4 presenti negli Stati Uniti, ne deriva che la lunghezza dei programmi e profondamente diversa.

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Con la recente richiesta avanzata dalla Marina Statunitense al Congresso per la costruzione di ulteriori tre unità, il programma di destroyer della classe Arleigh Burke, avviato nel 1985, verrebbe portato ad 85 navi realizzate da due soli cantieri Bath Iron Works (gruppo General Dynamics) e Ingalls Shipbuilding (gruppo Huntington Ingalls Industries); in Europa il programma più lungo è quello italo francese delle fregate FREMM che si ferma a diciotto unità.

E’ evidente che il principale fattore di debolezza dell’industria Europea della difesa è la frammentazione sul fronte della domanda e, quindi, dell’offerta; il singolo stato membro non è all’altezza della competizione globale, particolarmente in un momento di pressione sui budget nazionali e conseguentemente, le industrie europee sono svantaggiate rispetto ai concorrenti globali. L’Europa deve fare fronte comune sul lato della domanda.

Un simile percorso richiede una condivisione di intenti da parte delle Marine con l’individuazione di requisiti comuni, un coordinamento europeo dei programmi di Ricerca e Sviluppo in materia di difesa dei singoli stati membri, la realizzazione di piattaforme navali standardizzate e comuni per i Paesi Membri dell’Unione, e la promozione di «Campioni Europei» industriali che integrino le filiere tecnologiche realizzando la necessaria massa critica per competere.

 

Da «campioni nazionali» a «campioni europei»

Anche nel settore della difesa il panorama competitivo è profondamento cambiato rispetto al passato con l’affacciarsi di nuovi concorrenti, specie dell’estremo oriente, la cui crescita è andata di pari passo con quella delle loro Marine, del crescente peso economico e della sfera di influenza su paesi a loro limitrofi.

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Ne deriva che risulta sempre più difficile conseguire una massa critica attraverso il mercato estero come anche preservare la redditività fonte dell’autofinanziamento necessario per fare ricerca.

La salvaguardia della base industriale richiede con urgenza di compiere un percorso di consolidamento: Fincantieri ha portato l’Italia ad essere leader nel settore navale ed a guidare questo processo di consolidamento in Europa.

Tale strategia deve essere supportata dal sistema paese e condivisa in Europa. Offre infatti l’opportunità di preservare non solo il settore della cantieristica navale e la relativa tecnologia, ma anche un sistema di Piccole e Medie imprese eccellenti che ne costituiscono il network strategico.

 

 

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