Siria: le intese tra Ankara e Mosca, l’iniziativa di Berlino e i silenzi di Roma

Non c’era forse bisogno che ce lo dicesse il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ma ora anche gli alleati hanno ufficializzato che la decisione di ritirare la batteria di missili da difesa aerea SAMP/T dell’Esercito italiano schierata nel sud della Turchia con 130 miliari del 4° reggimento artiglieria contraerea “Peschiera” spetta a Roma.

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Nonostante il clamore di un dibattito politico fatto più di annunci che di iniziative concrete, il governo italiano non si è ancora espresso su due aspetti rilevanti della crisi al confine turco-siriano e l’eventuale condanna dell’operazione di Ankara.

Il primo riguarda il ritiro del nostro contingente assegnato alla missione NATO “Active Fence” , la cui presenza non ha più senso poichè non esistono minacce siriane al territorio turco (semmai il contrario) e il cui ritiro rappresenterebbe un segnale di critica nei confronti di Ankara ben più importante del fantomatico e inutile limitato stop all’export di armi.

Una decisione che comporta una precisa scelta politica, anche se solo simbolica sul piano militare poichè il rimpatrio di militari e mezzi era già previsto per fine anno.

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“Da diversi anni la Nato fornisce misure di garanzia alla Turchia” attraverso la “rotazione dei Paesi”, come avviene già ad esempio con la batteria italiana di missili Samp-t e con i Patriot spagnoli. “Credo che nonostante le divergenze tra gli alleati, dobbiamo essere capaci di attuarla” ha detto Stoltenberg.

“Mi aspetto che l’argomento sia discusso alla ministeriale di domani, ma non attendo una decisione finale, perché è una decisione nazionale e saranno i Paesi a dire cosa vogliano fare” ha aggiunto in una conferenza stampa in vista della riunione dei ministri della Difesa della Nato di domani.

La seconda valutazione che si attende da Palazzo Chigi, Farnesina e Difesa è relativa alla proposta formulata dal ministro della Difesa tedesco, Annegret Kramp-Karrenbauer, di creare una “zona di sicurezza” internazionale nella Siria del nord e presidiata da truppe intermazionali per dare “un contributo” dopo l’offensiva dell’esercito di Ankara.

 

L’iniziativa tedesca

Proposta che verrà dibattuta nelle prossime ore al vertice NATO e che ha già ottenuto diverse valutazioni in Germania.  Per il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, “sarebbe stato forse intelligente aspettare l’incontro” tra Turchia e Russia “e poi su questa base decidere come andare avanti” ha continuato il ministro, che ha criticato i modi e i contenuti della proposta venuta dalla Difesa.

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La Germania ha delle aspettative internazionali da rispettare, ha proseguito Maas, e tra queste c’ è il fatto che sia il governo nel suo insieme a fare delle proposte, non i singoli ministeri”.

La proposta della Karrembauer ha ottenuto il placet della cancelliera, Angela Merkel, scatenando in Germania diverse reazioni.

Ulrich Ladurner sullo Zeit sostiene che creare una zona di sicurezza in Siria “non è possibile senza soldati tedeschi” poiché “il tempo della cecità è finito” e non è più possibile “nascondere l’impotenza europea. “Chi aiuta i curdi, senza i quali non sarebbero stati vinti i terroristi dell’Isis, se i soldati Usa non lo fanno più?”.

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Più cauto Der Spiegel che parla del “più grande azzardo della politica tedesca di Difesa ed estera” pur ammettendo che “la proposta della Karrenbauer può essere giusta, dato che la debolezza dell’Europa in Siria è evidente.

Anche se bisogna aggiungere che a questa debolezza ha contribuito anche la Germania” con un riferimento alla richiesta americana di stazionare nella Siria settentrionale soldati tedeschi, accolta da Berlino molto negativamente come del resto anche dall’Italia che nei mesi scorsi ricevette una richiesta analoga da Washington . Dunque adesso siamo ad una “ad una radicale inversione di rotta”?

Va però specificato che un conto è inviare truppe (nelle foto sopra e sotto militari della Bundeswehr addestrano milizie curde in Iraq)  “di occupazione” in Siria al fianco di statunitensi, francesi e britannici in aperta violazione fel diritto internazionale e un conto è invece inviare una forza d’interposizione che avrebbe un avvallo internazionale e che, per potersi dispiegare, dovrebbe ottenere anche il via libera di Damasco.

TO GO WITH STORY BY: Emilienne Malfatto (FILES) - A file picture taken on October 2, 2014, German military experts instruct Kurdish Peshmerga fighters during training at a shooting range in Arbil, the capital of the autonomous Kurdish region of northern Iraq. Germany offered substantial military aid to the Kurdish Peshmerga at the end of August -- 16,000 HK G3 and HK G36 assault rifles, 8,000 pistols and portable anti-tank rocket launchers, as well as tents, helmets and radio equipment. Now the weapons -- worth an estimated 70 million euros ( USD 87.5 million) -- have arrived and with them German trainers who are drilling the Peshmerga in their use. AFP PHOTO/SAFIN HAMED

Una missione del genere risulta complicata da diversi fattori e non è chiaro se verrebbe effettuata a livello Nato, Ue o come missione unilaterale tedesca, ipotesi che confermerebbe la volontà di Berlino di assumere quel ruolo-guida dell’Europa anche in campo militare già evidenziato nel Libro Bianco della Difesa tedesca del 2016 .

Non è neppure certo che i turchi accettino di far sbarcare sul loro territorio truppe tedesche o che lo facciano i siriani anche se Damasco non può non tenere conti dell’apprezzamento espresso dal presidente russo Vladimir Putin di fronte alla proposta tedesca. Un’altra ipotesi potrebbe vedere un ponte aereo tedesco per portare uomini e mezzi in Iraq e da lì via terra in Siria,

Circa questa considerazione va però rilevato che il recente ritiro statunitense del migliaio di militari schierati in Siria verso il Kurdistan Irakeno non solo ha suscitato reazioni rabbiose da parte della popolazione araba e curde dell’Est siriano ma ha indotto Baghdad a negare a queste truppe il permesso di rimanere nel Paese.

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Lo ha fatto sapere, con un comunicato, l’esercito iracheno, sottolineando la contrapposizione con quanto dichiarato dal Pentagono che avevo reso nota la prevista permanenza il mantenimento in Iraq di quei reparti.

A scoraggiare l’ipotetica missione tedesca contribuisce inoltre il fatto che Mosca e Ankara abbiano già trovato un accordo per il controllo del confine tra Siria e Turchia, inoltre la Germania dovrebbe esprimere una forte deterrenza contro azioni terroristiche contro i propri militari tenuto conto che, secondo Mosca, almeno 500 miliziani dell’Isis sono fuggiti dalle carceri nel nord della Siria dall’ inizio dell’offensiva turca.

 

L’accordo russo-turco

“C’è stato un periodo di oltre 48 ore – ha spiegato il ministro- in cui la sicurezza in alcuni centri detentivi mancava e, di conseguenza, alcuni dei detenuti, fino a 500 persone secondo le nostre stime, ma non voglio dire che tutti siano terroristi, alla fine sono fuggiti” ha detto. il ministro della Difesa russo Serghiei Shoigu.

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Se il dibattito in Germania è acceso, in Italia è del tutto nullo: non sembra al momento esistere una posizione dell’esecutivo Conte 2 e del ministero della Difesa circa l’iniziativa proposta da Berlino così come nessuno finora ha reso noto il ritiro anticipato o meno del contingente italiano in Turchia, né sono state espresse valutazioni sull’accordo russo-turco che rinnova la tregua di altre 150 ore ponendo le basi per de-conflittualizzare la regione.

Accordo già operativo poiché la polizia militare russa ha iniziato oggi i pattugliamenti nel nord della Siria come previsto dall’ intesa raggiunta ieri a Sochi. Le truppe di Mosca hanno iniziato oggi i pattugliamenti a nord-est di Manbij e hanno raggiunto Kobane.

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Iniziata ufficialmente a mezzogiorno (le 11 in Italia) del 23 ottobre, la nuova tregua contempla un accordo che prevede il ritiro delle milizie curde Ypg, ritenute “terroriste” da Ankara, ad almeno 30 chilometri di distanza da tutto il confine turco, oltre l’area già evacuata di 120 chilometri tra Tal Abyad e Ras al-Ayn, dove l’esercito di Erdogan ha concentrato nei giorni scorsi l’operazione “Fonte di Pace”.

Previsto il ritiro curdo anche dalle località strategiche di Manbij e Tal Rifat nella provincia di Aleppo, a ovest del fiume Eufrate, già del resto presidiate dalle forze russe e di Damasco.

L’intesa di Sochi, in Russia conferma gli accordi di Adana siglati nel 1998 da Hafez al-Assad, padre di Bashar, con cui la Siria garantiva che le milizie curde non avrebbero attaccato la Turchia dal territorio siriano. “Cambiare i termini dell’accordo di Adana non è mai stato in discussione.

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Si tratta dell’accordo più duraturo tra noi e la Siria. Crediamo che con l’intesa raggiunta a Sochi gli accordi del 1998 si integrino perfettamente e il trattato di Adana possa rimanere in vigore in futuro”, ha detto Erdogan.

Dai pattugliamenti congiunti turco-russi estesi fino a 10 chilometri entro il territorio siriano, sarà esclusa la sola città di Qamishli, la più densamente popolata della regione curda, vicina al confine con l’Iraq e in cui l’Isis non è mai riuscita a scalzare la guarnigione governativa siriana.

Il presidente siriano Bashar al Assad “sostiene pienamente” l’accordo Putin-Erdogan di Sochi, come ha reso noto il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov. Assad ha anche assicurato la disponibilità “delle guardie di frontiera siriane di pattugliare insieme alla polizia militare russa (nella foto sopra) il confine” tra Siria e Turchia.

Gli accordi di Sochi del resto precisano che la “principale priorità consiste nel restaurare l’integrità territoriale della Siria” e Peskov non ha perso l’occasione per aggiungere che “gli Stati Uniti sono stati gli alleati più stretti dei curdi negli ultimi anni. Alla fine, li hanno abbandonati, traditi, e costretti a battersi con i turchi”.

@GianandreaGaian

Foto: AFP, AP, Reuters e Bundeswehr

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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