Pechino esporta Intelligenza Artificiale per la sorveglianza in 63 Paesi
AsiaNews – Compagnie cinesi hanno esportato la tecnologia di sorveglianza con Intelligenza artificiale (IA) in 63 Paesi. Tra questi vi sono Iran, Myanmar, Venezuela, Zimbabwe ed altre nazioni accusate di violazioni dei diritti umani. È quanto emerge dall’ultimo rapporto del Carnegie Endowment for International Peace, centro di ricerca statunitense con sedi a Washington, Mosca, Beirut, Pechino, Bruxelles e New Delhi.
Gli analisti dell’organizzazione affermano che Pechino è divenuta ormai un motore globale di “tecnologia autoritaria”, grazie a strumenti come i sistemi di riconoscimento facciale che il Partito Comunista usa per reprimere uiguri ed altre minoranze islamiche nella regione occidentale dello Xinjiang. Il think-tank Usa esprime il timore che regimi autoritari possano usare la tecnologia per aumentare il proprio potere e che i dati raccolti possano esser rispediti in Cina.
“Società cinesi – in particolare Huawei, Hikvision, Dahua e ZTE – forniscono tecnologie di sorveglianza con IA a 63 Paesi, 36 dei quali hanno aderito alla Belt and Road Initiative (Bri) cinese”, si legge nel documento. Huawei Technologies Co., leader nelle reti wireless 5G di ultima generazione, da sola esporta il prodotto in almeno 50 nazioni. “Le presentazioni di prodotti cinesi – prosegue il rapporto – sono spesso accompagnate da prestiti agevolati, per incoraggiare i governi ad acquistare le loro attrezzature. Ciò solleva interrogativi preoccupanti sulla misura in cui il governo cinese sta finanziando l’acquisto di tecnologie repressive avanzate”.
Il Carnegie Endowment for International Peace afferma che, oltre alle società cinesi, anche la giapponese NEC Corp. fornisce la tecnologia di sorveglianza con Ia a 14 Paesi; la statunitense IBM Corp. ad 11. “Anche altre compagnie con sede in democrazie liberali – Francia, Germania, Israele, Giappone – svolgono un ruolo importante nel proliferare di questa tecnologia”, dichiara l’organizzazione. Tali Paesi, conclude, “non stanno adottando misure adeguate a monitorare e controllare la diffusione di tecnologie sofisticate collegate alle violazioni dei diritti”.
Di questo tema Analisi Difesa si era già occupata nell’ottobre scorso con un articolo di Eugenio Santagata e Andrea Melegari.
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