Il cessate il fuoco in Libia si firma a Mosca: il trionfo di Putin ed Erdogan

(aggiornato alle 23.55)

Come previsto l’asse Putin-Erdogan è riuscito a sbloccare la crisi libica dopo aver “congelato” quella siriana. Dopo il premier del governo di accordo nazionale (GNA), Fayez al-Sarraj, anche il generale Khalifa Haftar, alla testa dell’esercito nazionale libico (LNA) ha accettato di firmare il cessate il fuoco in vigore da oggi e che verrà ratificato a Mosca tra poche ore. (pubblichiamo in apertura e in fondo all’articolo le prime foto del vertice – RIA Novosti)

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In rosa le aree sotto il controllo dell’LNA, in azzurro quelle in mano al GNA

Una tregua che risponde perfettamente a quanto stabilito dall’ intesa siglata Mosca e Ankara. “La nostra reazione sarà severa se la tregua verrà violata dal campo nemico”, si legge nel breve comunicato delle milizie del feldmaresciallo della Cirenaica che inizialmente sembrava poco propenso a sottoscriverla puntando forse sul consolidamento dei suoi ultimi successi militari a Sirte e sul fronte di Tripoli.

Le pressioni di Mosca, che dal 2017 ha un accordo di cooperazione militare con l’LNA e impiega contractors per sostenere le operazioni e soprattutto logistica e manutenzione dei mezzi delle forze di Haftar, sembra aver indotto il feldmaresciallo della Cirenaica ad accettare il cessate il fuoco, anche se alcuni media segnalano colpi di artiglieria in violazione del cessate il fuoco da ambo le parti.

Putin ha parlato al telefono con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, finanziatore del GNA e della Turchia, poi con il principe ereditario emiratino, Mohamed bin Zayed, tra i principali sponsor di Haftar, per invitarlo a convincere il generale a deporre le armi.

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Il fronte di Tripoli. In rosa le firze di Haftar, in azzurro quelle fedeli al GNA di al-Sarraj

“Come noi abbiamo convinto Serraj, stiamo aspettando che i nostri amici russi riescano a convincere Haftar”, aveva detto il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavosoglu, e già nella serata di ieri dall’LNA si precisava che non veniva rifiutata la tregua ma si chiedevano determinate condizioni.

Incontrando il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente Putin ha evidenziato paradossalmente come la Libia sia piena di mercenari stranieri, alcuni dei quali vengono da Idlib, con un chiaro riferimento ai miliziani jihadisti siriani che Ankara ha trasferito a Tripoli in appoggio al GNA alcuni dei quali sarebbero già caduti in battaglia.

A chi gli chiedeva se fosse vera la presenza in Libia di 2.000 contractors della società Wagner Putin ha riposto: “Se ci sono dei russi in Libia non rappresentano lo Stato e non sono pagati dalla Russia”. “Con Erdogan – ha aggiunto – abbiamo parlato anche del problema dei mercenari e speriamo che dopo la nostra intesa si interrompa questo flusso dalla Siria”.

Il successo di Putin e dell’intesa con Erdogan conferma chi siano oggi i veri protagonisti internazionali della crisi nella nostra ex colonia.

 

Il ruolo di Roma

Meglio tacere, per carità di patria, sui pasticci combinati dal governo italiano in questi giorni, rivelatosi incapace di gestire persino gli aspetti basilari e formali di colloqui e negoziati così come di mettere a punto una strategia o almeno un intento da perseguire.

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Basti solo sottolineare che anche ieri il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si è ancora una volta limitato ad auspicare che sulla Libia “l’Unione Europea parli con una sola voce” aggiungendo che “bisogna fermare ogni tipo di interferenza esterna, bisogna bloccare la vendita di armi. L’unica strada è il dialogo, non esiste una risposta militare”.

Frasi totalmente sconnesse dalla realtà: La Ue, ammesso che riesca a parlare con una sola voce, è ormai tagliata fuori da ogni processo decisionale sulla Libia, dove le forniture di armi sono così consolidate da anni da essere gestite addirittura da accordi di cooperazione militare sottoscritti con le diverse fazioni (nella foto sopra e nelle due sotto mezzi blindati giunti a GNA e LNA negli ultimi mesi e il relitto di un velivolo teleguidato turco Bayraktar TB2 abbattuto dalle forze dell’LNA).

Emarginata da Tripoli, l’Italia non sembra venir molto rispettata neppure da Haftar che ha abbattuto nel novembre scorso un velivolo teleguidato MQ 9 Reaper della nostra Aeronautica senza scuse e senza restituire il relitto per quanto se ne sa. Oggi si era diffusa la notizia che le motovedette di Tobruk avessero dirottato una nave mercantile italiana diretta a Misurata, le cui milizie costituiscono il bastione del GNA.

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La nave, a quanto pare carica di veicoli, è stata scortata a Bengasi per perquisirla e far sbarcare il carico, aveva riferito all’agenzia di stampa russa “Sputnik” un ufficiale dell’LNA, Ali Sabit. “Una nave dell’Esercito nazionale libico ha costretto una nave italiana a modificare la sua rotta, scortandola a Bengasi sulla base del divieto di entrata nei porti di Misurata e Khoms annunciato in precedenza: sono attualmente in corso gli interrogatori dell’equipaggio e una perquisizione della nave”, ha detto Sabit.

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I contorni della vicenda non sembrano essere chiari: nel tardo pomeriggio l’agenzia Ansa ha fatto sapere che la nave ripartirà per l’Italia una volta sbarcato il carico secondo quanto riferito da “fonti qualificate” non meglio precisate.

In serata un portavoce dell’armatore Grimaldi ha dichiarato che la nave Grande Baltimora non è stata sequestrata dalle forze del maresciallo Khalifa Haftar ne’ sottoposta a perquisizione. “La nave – riporta l’AGI  – sta operando normalmente a Bengasi, dopo essere stata a Misurata, e tra poco ripartirà”.

Tutta una bufala quindi? Probabile ma è indicativo che fonti militari vicine ad Haftar abbiano utilizzato un’agenzia di stampa governativa russa per diffonderla a poche ore dalla firma di un cessate il fuoco in Libia che sancisce anche il tramonto, o quanto meno il drastico ridimensionamento, dell’influenza italiana nella sua ex colonia.

 

I piani turchi a Tripoli

Il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, il ministro della Difesa nazionale Hulusi Akar e il direttore del MIT (il servizio d’intelligence civile turco) Hakan Fidan, saranno domani a Mosca per la messa a punto e la ratifica del cessate il fuoco in Libia alla presenza del padrone di casa, Vladimir Putin (o quanto meno dei suoi ministri di Esteri e Difesa, Lavrov e Shoigu), di Haftar e al-Sarraj.

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“La firma di questo accordo aprirà la strada al rilancio del processo politico”, ha dichiarato il presidente del Consiglio di Stato (l’equivalente di un Senato) con sede a Tripoli, Khaledal-Mechri, alla televisione Libia al-Ahrar. Mechri ha detto che sarà con Sarraj a Mosca, mentre il maresciallo Haftar avrà con sé il presidente del parlamento libico, Aguila Salah. In un breve discorso in televisione, Sarraj ha invitato i libici a “voltare pagina”. “Chiedo a tutti i libici di girare la pagina sul passato, di rifiutare la discordia e di compiere uno sforzo per spostarsi verso la stabilità e la pace”.

Il capo del gruppo di contatto russo in Libia, Lev Dengov, ha dichiarato che Haftar e Sarraj determineranno a Mosca “i termini del futuro accordo in Libia, compresa la possibilità di firmare un accordo di cessate il fuoco e i suoi dettagli”. “Sarraj e Haftar – ha precisato Dengov – avranno incontri separati con i funzionari russi e gli emissari della delegazione turca che sta collaborando con la Russia su questo tema”.

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Rappresentanti degli Emirati Arabi Uniti e dell’Egitto saranno presenti come osservatori ai colloqui, non ci saranno invece a quanto pare italiani ed europei. L’accordo per il cessate il fuoco potrebbe costituire la base per una possibile “spartizione” dell’ex colonia italiana in due entità “garantite“ da russi e turchi.

Da quanto scrive il quotidiano filogovernativo Hurriyet, il cessate il fuoco non ha infatti rallentato l’afflusso di truppe e mezzi turchi a Tripoli, città dove avrà sede il comando interforze e la base principale del contingente di Ankara.

La prima fase del dispiegamento turco, in atto, prevede che mezzi terrestri e aerei affluiscano a Tripoli. Il presidente Erdogan ha dichiarato a Kanal D, consociata di CNN turca, che l’esercito turco “andrà gradualmente in Libia”. Si valuta l’invio in Libia anche di alcuni sistemi di difesa aerea e sistemi di guerra elettronica e disturbo dei droni (già operativi a Tripoli secondo indiscrezioni).

Finora non ci sono dettagli circa il numero di militari turchi in partenza anche se si era parlato di circa 5mila uomini incluse le forze speciali oltre a 1.600 mercenari siriani.

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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