Seul aumenta le spese per la Difesa e invia una nave a Hormuz
Il 21 gennaio scorso, nel complesso militare di Gyeryongdae (nelle vicinanze di Daejeon), si è svolto il briefing annuale per il presidente sudcoreano, Moon Jae-in. Nell’occasione il ministero della difesa sudcoreano ha dichiarato che nel 2020 i militari si dovranno concentrare sul rafforzamento delle capacità di rispondere alla minaccia delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa e sull’applicazione di tecnologie all’avanguardia ai suoi sistemi di difesa.
Durante l’attuale mandato del presidente Moon, il budget per la difesa del Paese è aumentato in media del 7,6 per cento annuo, superando per la prima volta quest’anno i 50 trilioni di won (42,9 miliardi di dollari).
Il presidente ha sottolineato la necessità di applicare le nuove tecnologie alla difesa, affermando che i progressi andrebbero a beneficio dell’economia. Inoltre ha invitato i responsabili della difesa a migliorare le condizioni dei soldati e ad assicurare la parità di genere e l’equilibrio tra lavoro e vita militare.
Al briefing i militari hanno rivelato che quasi 6,2 trilioni di won sono stati stanziati per il rafforzamento delle capacità della Corea del Sud di rispondere alle minacce nucleari e alle armi di distruzione di massa. I progetti correlati includono l’introduzione di ulteriori velivoli di sorveglianza senza pilota ad alta quota e lo sviluppo di satelliti militari.
Il Ministero della Difesa ha affermato che saranno introdotti i cacciabombardieri stealth F-35A e ulteriori sistemi di difesa aerea Patriot per aumentare la capacità di effettuare attacchi di precisione e difendersi dai missili balistici.
Inoltre, poco meno di 2 trilioni di won sono stati accantonati per rafforzare le capacità fondamentali della difesa per la preparazione dell’assunzione del controllo operativo in tempo di guerra (OPCON) dagli Stati Uniti.
Il ministero ha stilato un elenco di tecnologie e capacità che includerebbero lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, robotica e realtà virtuale. Il ministero ha inoltre riferito che spingerà per riformare le normative del settore della difesa per consentire l’applicazione più rapida delle nuove tecnologie.
Nello stesso giorno, il Ministero della Difesa ha annunciato la decisione di ampliare, temporaneamente, l’area operativa dell’unità anti-pirateria Cheonghae per garantire una presenza nello stretto di Hormuz (da dove transita il 70% delle importazioni di petrolio della Corea del Sud) nel contesto delle crescenti tensioni tra Washington e Teheran.
Circa 25.000 sudcoreani risiedono in Medio Oriente e circa 170 navi mercantili sudcoreane navigano attraverso Hormuz quasi 900 volte l’anno, secondo i dati del governo.
Il ministero della difesa ha affermato che la presenza navale, che comprende un cacciatorpediniere lanciamissili con circa 300 marinai a bordo, amplierà la sua area di missione dal Golfo di Aden al Golfo di Oman e al Golfo Persico.
Secondo quanto affermato dal ministero della Difesa di Seul, l’unità condurrà operazioni “indipendenti” nella regione, sebbene due ufficiali di collegamento saranno inviati al quartier generale dell’International Maritime Security Construct (IMSC) a guida americana in Bahrain “per la cooperazione e per la condivisione di informazioni”
Attualmente, circa 1.100 soldati sudcoreani operano in missioni all’estero in 12 paesi impegnati per la ricostruzione, il monitoraggio dell’armistizio e missioni di peacekeeping.
La decisione del governo di inviare un’unità navale nello Stretto di Hormuz rimane una questione controversa negli ambienti politici poiché alcuni critici affermano che il provvedimento dovrebbe richiedere una nuova approvazione. Nel frattempo anche alcuni membri di gruppi civici hanno tenuto una conferenza stampa davanti alla residenza del presidente della repubblica Cheong Wa Dae (Casa Blu), per opporsi alla decisione del governo di inviare un cacciatorpediniere lanciamissili nello Stretto di Hormuz.
Secondo la normativa. per inviare un’unità militare all’estero, il governo dovrebbe presentare un disegno di legge per l’approvazione all’Assemblea Nazionale, e se accettato, dovrebbe essere nuovamente approvato in una riunione del Gabinetto e infine ricevere l’approvazione del Presidente.
La presidenza della repubblica e il Partito Democratico della Corea al potere (DPK) sostengono che la decisione non richieda il voto parlamentare perché non si tratta di un “nuova missione”.
Elvio RotondoVedi tutti gli articoli
Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.