Boom di sbarchi: il governo Conte perde la Libia ma spalanca i porti a Ong e clandestini

(aggiornato alle ore 17,35)

Boom di immigrati illegali in Italia nelle prime settimane dell’anno grazie soprattutto alle navi delle Ong accolte a braccia aperte dal governo italiano.

I numeri non sono certo ancora quelli degli anni scorsi, quando sbarcavano annualmente in Italia tra i 120 mila e i 181 mila clandestini, ma il governo Conte 2 sembra voler fare di tutto per incentivare partenze e traffici illeciti di esseri umani dalle coste nordafricane sulla falsariga dei precedenti esecutivi di centro-sinistra.

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Se da parte del PD questa politica non stupisce (se si esclude l’operato di Marco Minniti, peraltro duramente contrastato dall’interno del suo partito e della maggioranza che sosteneva il governo Gentiloni), nel caso del M5S è lecito chiedersi se ci si trovi di fronte a una svolta rispetto alle posizioni anti-immigrazioniste assunte durante la campagna elettorale che portò al voto del marzo 2018 o se, pur di salvaguardare le proprie posizioni nel governo, il primo partito italiano per rappresentanza parlamentare abbia assunto una posizione del tutto agli alleati di sinistra.

A questo proposito vale la pena ricordare lo slogan elettorale del M5S che due anni or sono recitava “Immigrazione: obiettivo sbarchi zero. L’Italia non è il campo profughi d’Europa”.

A fine gennaio gli sbarchi nel 2020 erano più che sestuplicati rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, per lo più a causa dell’arrivo dei migranti illegali a bordo delle navi delle Ong autorizzato dal governo, ovviamente solo dopo il voto in Emilia Romagna.

Con questi arrivi pilotati i clandestini sbarcati dall’inizio dell’anno al 31 gennaio sono saliti a 1.275 contro 202 nello stesso mese del 2019, quando al Viminale sedeva Matteo Salvini.

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Certo siamo ancora lontani dai 4.182 sbarcati nel gennaio 2018, quando era in carica il governo di centro-sinistra e al Viminale c’era Minniti, ma la tendenza al rialzo e tangibile quanto il ruolo delle ong.

I dati aggiornati al 3 febbraio ci dicono infatti che gli sbarchi nel 2020 sono saliti a 1.751 contro i 202 dello stesso periodo del 2019: conti alla mano un aumento di quasi 9 volte.

Anche le nazionalità dei clandestini sono le solite, provenienti da paesi certo non privi di difficoltà non in guerra né afflitti da carestie o pestilenze, a conferma che si tratta di migranti economici, non certo di persone che possano venire considerati rifugiati: Iraq, Algeria, Bangladesh, Costa d’Avorio, Guinea, Iran, Tunisia, Marocco, Mali e Nigeria quelle principali.

Da rilevare che non ha avuto alcun effetto sulle politiche immigrazioniste del governo Conte 2 l’allarme terrorismo giunto dalla Libia secondo cui tra i 3mila mercenari siriani inviati da Ankara a Tripoli e appartenenti a milizie jihadiste e di al-Qaeda, alcune decine “hanno iniziato a lasciare il territorio libico alla volta dell’Italia” e “almeno 17 sono già arrivati” nella Penisola.

Lo sostiene l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), Ong con sede a Londra e vicina ai ribelli anti-Assad, citando “fonti affidabili”. “Una volta arrivati in Libia, hanno deposto le armi e sono andati in Italia e alcuni di loro in Algeria come via per passare in Europa” ha riportato ancora l’Ondus citando anche “parenti e persone loro vicine”.

Non sono stati forniti dettagli circa le modalità dello sbarco in Italia ma l’Ondus sembra confermare le dichiarazioni del generale libico Khalifa Haftar che il 19 gennaio aveva fatto sapere tramite il suo portavoce che “41 miliziani terroristi siriani sono andati in Italia attraverso i porti dell’ovest della Libia, quindi attraverso i flussi migratori illegali”.

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Lo stesso Ondus (non smentito) ha aggiornato questi dati a inizio febbraio riferendo di 4700 mercenari siriani inviati dalla Turchia in Libia, dei quali 72 sono stati uccisi in battaglia e 64 hanno invece raggiunto l’Europa.

Non è certo la prima volta che la presenza di terroristi e miliziani jihadisti viene segnalata tra i flussi migratori illegali diretti in Italia come componente più limitata rispetto ai criminali comuni che in gran numero si sono mischiati ai clandestini in partenza dal Nord Africa.

La prima a parlare di infiltrazioni di terroristi tra i migranti fu Emma Bonino, ministro degli Esteri del Governo Letta nel novembre 2013 ma dopo di lei ne parlarono anche i ministri Alfano, Gentiloni e Minniti senza che venisse fatto nulla per bloccare i flussi, neppure quando la Polizia italiana ha fermato un certo numero di ex miliziani provenienti dalla Siria dove avevano combattuto nei ranghi di formazioni ribelli jihadiste.

Oggi alla minaccia dei mercenari jihadisti siriani in Libia si aggiungono anche i mercenari africani “in saldo” per le milizie libiche che si fronteggiano in armi. Ne ha parlato il 27 gennaio sul Corriere della Sera il reportage di Francesco Battistini che ha visitato “il discount del soldato di ventura” alla rotonda Fashelom, a Tripoli, dove i migranti africani vengono arruolati per combattere con le diverse milizie fedeli al governo di accordo nazionale (GNA) di Fayez al-Sarraj.

L’ipotesi che tra questi vi sia anche un buon numero di quanti successivamente sbarcano in Italia, dopo aver guadagnato armi in pugno il denaro necessario a pagare i trafficanti, è quindi molto concreta e suffragata del resto dall’ampia e documentata presenza di mercenari che combattono con le opposte fazioni libiche provenienti da Niger, Ciad, Mali e Sudan: gli stessi Stati africani da cui provengono buona parte dei migranti presenti in Libia e che giungono poi illegalmente in Italia.

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Neppure il rischio di accogliere miliziani, oltre a criminali e terroristi, sembra aver provocato reazioni preoccupate nel governo italiano mentre le organizzazioni umanitarie “immigrazioniste senza se e senza ma” come Amnesty International e Caritas sembrano voler tenere a basso profilo l’intera questione, come racconta lo stesso Battistini.

 «I tebu e i mahamid, è noto che si sentano tribù libiche e quindi combattano volentieri — dice Donatella Rovera, di Amnesty International —. Gli altri, è possibile che le milizie li sfruttino per lavorare. Ma questo non può essere tecnicamente definito un arruolamento. Nessuno ha mai trovato la prova che i migranti siano mandati a sparare» si legge nell’articolo del Corriere.

Diverso il parere dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, che per bocca di Vincent Cochetel ha denunciato tempo fa come nel centro di detenzione di Qaser Ben Gashir siano date agli immigrati le divise e un’alternativa: la libertà in cambio del reclutamento. Anche alla Caritas, se cerchiamo conferme, la risposta è tortuosa: «Non sappiamo di migranti assoldati dalle milizie», (prima versione, ufficiale); «in effetti sappiamo qualcosa, ma non possiamo parlarne perché poi ci fanno grane» (seconda versione, ufficiosa).

Insomma, sembra di capire che per le organizzazioni laiche e religiose immigrazioniste sia meglio tacere e lasciar correre sul fronte della sicurezza (e della trasparenza) piuttosto che rischiare di ostacolare o addirittura compromettere il rinnovato boom di sbarchi di clandestini e il relativo giro d’affari per la lobby del soccorso e dell’accoglienza.

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Anche le iniziative del governo italiano vanno ormai al di là di ogni paradosso scivolando inevitabilmente nel ridicolo.

Mentre Ankara sbarca a Tripoli migliaia di mercenari jihadisti siriani il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio continua a parlare di una “tregua fragile” in Libia che ”va rafforzata” sottolineando una “equidistanza” dell’Italia dai due contendenti libici che compromette ancor di più i rapporti col governo di Tripoli mentre Conte ribadisce ornai ogni giorno che “non esiste una soluzione militare alla crisi libica”.

Con la consueta incisività, il capo della Farnesina ha ribadito ad Ankara la “preoccupazione dell’Italia per la presenza di navi turche impegnate in attività di perforazioni non autorizzate a sud della Zona economica esclusiva di Cipro”, in un’area assegnata anche all’ENI. Toni che ovviamente non sembrano aver impressionato Ankara, che dalle acque cipriote alla Libia calpesta impunemente gli interessi italiani senza subire neppure minacce di contromisure o sanzioni.

Allo stesso tempo anche le tante parole sprecate dall’Italia e dalla Ue sul contrasto alle forniture di armi si sono rivelate aria fritta. Quasi una cinquantina di voli di cargo pesanti hanno portato armi all’LNA dagli Emirati Arabi Uniti alla Cirenaica nelle ultime settimane mentre a Tripoli continuo lo sbarco di armi, militari e mercenari inviati dalla Turchia.

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“Abbiamo ricevuto rapporti sicuri che confermano che ieri nel porto di Tripoli sono state consegnate armi e munizioni grazie alla protezione di due navi da guerra turche” ha detto il portavoce dell’Esercito nazionale libico, colonnello Ahmed Al Mismari.

“La questione ora – ha proseguito il portavoce – è vedere come la comunità internazionale si pone di fronte a questa pubblica invasione turca e come comunità internazionale e Nazioni Unite si posizioneranno di fronte a questa chiara violazione della tregua”.

Al Mismari ha anche affermato che la base aerea di Mitiga è ormai “una base aerea completamente turca” aggiungendo che “sono stati individuati mercenari siriani alla base di al-Assa, sul confine con la Tunisia, li conosciamo e conosciamo anche i loro obiettivi. La Turchia sta permettendo a elementi di Daesh (lo Stato Islamico) e di al-Qaeda di insediarsi sulla costa libica e una parte di essi potrebbe anche muoversi in Europa”

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Considerato che nel porto di Tripoli vi sono 80 militari della Marina Militare italiana, che assistono la Guardia Costiera libica nelle operazioni di contrasto all’immigrazione illegale, sarebbe stata prevedibile qualche dichiarazione dal governo di Roma circa il crescente ruolo militare dei turchi nella capitale della nostra ex colonia.

Eppure il 29 gennaio i turchi hanno impartito un’altra seria lezione all’Italia e all’Europa anche sul fronte del contrasto all’immigrazione illegale. La fregata Gaziantep, che incrocia al largo della Libia ha soccorso un gommone con 30 migranti illegali che sono stati consegnati alla Guardia Costiera libica, forza armata che risponde al governo voluto, istituito e riconosciuto dall’ONU. Silenzio assoluto dai palazzi romani circa la minaccia terroristica portata dai mercenari sbarcati da Ankara in Libia, ma durissime le critiche levatesi negli ambenti politici e delle organizzazioni legate a vario titolo al business dei soccorsi e dell’accoglienza degli immigrati clandestini per il “respingimento” attuato dalla nave turca.

Insomma nei palazzi governativi in Italia ci si arrabbia con i turchi, ma non perché hanno sbarcato in Libia migliaia di tagliagole jihadisti coi quali dovremo presto fare i conti anche a causa dei porti spalancati a chiunque paghi criminali.

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Ankara viene invece duramente criticata perché ha riportato in Libia 30 clandestini africani che, evidentemente, molti a Roma avrebbero voluto veder sbarcare in Italia.

Se tutte le navi militari imitassero la fregata turca i traffici di esseri umani nel Mediterraneo cesserebbero in pochi giorni, anzi, se lo avessero fatto fin dal 2011 tali flussi non ci sarebbero mai stati.

Invece la maggioranza di governo italiana è tutta in fermento per la necessità di rivedere gli accordi con Tripoli sui migranti, accordi che in molti vorrebbero abrogare vanificando così gli sforzi fatti dai ministri Marco Minniti e Matteo Salvini per mettere in condizioni la Guardia Costiera libica di fermare e riportare indietro un gran numero di clandestini.

Il governo Conte 2 preme su Tripoli affinché vengano chiusi i centri di detenzione ma nell’esecutivo non manca chi vorrebbe interrompere ogni intesa con i libici (soprattutto quelle che consentono a Roma di equipaggiare, addestrare e sostenere finanziariamente la Guardia Costiera libica che blocca la gran parte dei clandestini salpati), cosa che porterebbe ogni barcone o gommone a puntare senza più ostacoli sull’Italia.

Del resto oggi che Tripoli può contare solo sui turchi come alleati militari e ha seri problemi a difendersi dalle offensive di Haftar e ad alloggiare 250 mila profughi di guerra, le probabilità che Fayez al-Sarraj mandi al diavolo Roma e la sua demenziale politica migratoria potrebbero essere molto alte.

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Ben più ragionevole sarebbe stato chiedere all’ONU di farsi carico dei centri di detenzione e di aprire altri campi di raccolta per rimpatriare i migranti illegali respinti in Libia dallo locale Guardia costiera, scoraggiando così ulteriori partenze. Ma così facendo il business dei clandestini si esaurirebbe in breve tempo….

Il PD continua a chiedere la chiusura dei campi di detenzione in Libia e l’evacuazione in Europa (cioè in Italia) dei migranti illegali che vi si trovano, oltre ovviamente al ripristino dell’Operazione Ue Sophia la cui componente navale svanì nel nulla quando Matteo Salvini e il governo giallo-verde pretesero l’anno scorso che i partner europei si facessero carico dei migranti salvati dalle rispettive navi militari.

La scusa oggi è ripristinarla per “rafforzare l’embargo sulle armi alla Libia” anche se è difficile immaginare navi europee che bloccano al largo di Tripoli navi cargo piene di armi scortate da fregate della Marina Turca.

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Molto probabile invece che in un simile contesto il ripristino dell’Operazione Sophia costituisca un alibi per far riprendere su vasta scala gli sbarchi di clandestini in Italia affiancando navi militari italiane e Ue a quelle delle ong.

Ne è convinto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. “È chiaramente un trucco voler rianimare la missione Sophia con il pretesto di un controllo dell’embargo Onu sulle armi. Lo dico chiaramente: questo non succederà”. In un’intervista alla Welt am Sonntag Kurz ha affermato che “di base Sophia era in primo luogo una missione di salvataggio che era diventata un ticket per l’Europa per migliaia di migranti illegali”.

Kurz condivide la valutazione che la missione Ue abbia comportato un aumento di morti nel Mediterraneo: “perché sempre più migranti sono stati attratti proprio dalla prospettiva del salvataggio. Il miglior modo per fermare le morti nel Mediterraneo è impedire che le imbarcazioni si mettano in viaggio e di troncare  gli affari dei trafficanti”.

Valutazioni oggettive e di buon senso che non sembrano trovare condivisione a Bruxelles e a Roma, dove evidentemente c’è chi punta a rinnovare l’Operazione Sophia con l’obiettivo di farne in realtà una nuova “Mare Nostrum”, l’operazione di soccorso della Marina Italiana con cui dall’ottobre 2013 presero il via gli sbarchi di massa sul territorio italiano.

Di parere opposto a Kurz è anche la cancelliera tedesca Angela Merkel che, incontrando a Berlino il capo del governo austriaco, ha ribadito che “è senza dubbio meglio avere una missione  internazionale che implichi anche il tema del salvataggio in  mare”. La signora Merkel non ha però accennato all’intenzione di far sbarcare in un porto tedesco o comunque accogliere in Germamia i migranti illegali salvati in mare.

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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