Tremila mercenari siriani in Libia. Imminente la battaglia decisiva per Tripoli?
Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto alle parti del conflitto in Libia di “impegnarsi per un cessate il fuoco duraturo”. I Quindici hanno adottato una risoluzione – con 14 voti a favore e l’astensione della Russia – che riconosce i 55 punti adottati a Berlino e insiste sul pieno rispetto dell’embargo sulle armi che è stato ripetutamente violato. Inoltre, ricorda l’impegno assunto da tutti i partecipanti alla conferenza di astenersi dall’ interferire nel conflitto e negli affari interni della Libia e chiede al segretario generale Antonio Guterres di fornire le sue opinioni sulle condizioni per il cessate il fuoco e proposte per un efficace meccanismo di monitoraggio della tregua.
Ma mentre la comunità internazionale si affanna su opzioni negoziali i cui presupposti non hanno riscontri concreti sul terreno libico, dal 7 febbraio sono aumentati gli scambi di artiglieria sulla linea del fronte a sud di Tripoli, a pochi chilometri dal centro della capitale e ad appena sette dal porto di Abu Sitta dove ha sede la missione della Marina Militare italiana che supporta la guardia costiera libica.
Preoccupazione per il riacutizzarsi degli scontri sono stati manifestati dalle ambasciate di Londra e Washington a Tripoli. L’Ambasciata britannica ha sospeso il rientro a Tripoli del personale (già numericamente ridotto) attuato su base di una rotazione periodica per il timore che il rafforzamento dei dispositivi militari dei contendenti possa provocare una intensificazione degli scontri intorno alla capitale.
Quelle americana esprime preoccupazione per le “notizie fondate circa significative attività militari” che le forze libiche contrapposte “stanno contemplando per l’immediato futuro”.
La spinta offensiva delle forze di Haftar (in rosa nella carta geografica in alto) sembra però cozzare con le rafforzate difese delle milizie del Governo di accordo nazionale – GNA (in blu nella cartina) al cui fianco combattono almeno 3.200 mercenari siriani sbarcati a Tripoli nelle scorse settimane con aerei e navi turchi.
Il numero di questi miliziani, arabi turcomanni e combattenti delle milizie jihadiste che si erano opposte all’esercito di Bashar Assad, è oggetto di dibattito. Fonti vicine al GNA riferiscono di 3200 uomini tutti dislocati sul fronte sud di Tripoli e guidati da ufficiali turchi, mentre ad Abu Grein ci sarebbero solo milizie di Misurata. L’impressione è quindi che le unità di mercenari operino in modo autonomo dalle milizie libiche alleate rispetto alle quali avrebbero un migliore addestramento e la guida di ufficiali turchi esperti.
Da Londra, il noto Osservatorio siriano per i diritti umani aveva invece riferito di ben 4.700 mercenari ma le fonti siriane utilizzate da queste ong potrebbero aver incluso nel numero anche i combattenti in fase di arruolamento nei centri di reclutamento istituiti dai turchi ad Afrin e in altre località della Siria settentrionale controllate dalle truppe di Ankara.
In tal caso a fronte di oltre 3mila combattenti già schierati in Libia ve ne sarebbero circa 1.500 in fase di preparazione per raggiungere prossimamente Tripoli. Anche fonti egiziane, citate dal quotidiano del Cairo al-Watan, stimano in “almeno tremila” i miliziani siriani dispiegati nelle aree controllate dal GNA nella Libia occidentale dopo essere stati trasferiti in Libia dai velivoli cargo militari turchi.
Oltre a consiglieri militari e mezzi la Turchia ha inviato a Tripoli anche mezzi corazzati ACV-15 e una serie di strumenti per la difesa aerea schierati a protezione dell’aeroporto di Mitiga: missili antiaerei Hawk XXI, semoventi contraerei e cannoni a tiro rapido da 35 millimetri oltre a sistemi di disturbo elettronica (jammer) in grado di abbattere i droni armati cinesi Wing Loong impiegati dai contractors degli Emirati arabi Uniti che affiancano l’esercito nazionale libico (LNA) di Haftar.
I turchi hanno schierato sistemi simili a che a protezione dell’aeroporto di Misurata, dove si trova la base italiana che ospita la missione sanitaria nota come Operazione Ippocrate (circa 240 militari e una sessantina di medici, paramedici e tecnici). Da quando questi mezzi e armamenti antiaerei sono stati dispiegati dai turchi le forze di Haftar non sono più stare in grado di bombardare dall’aria i due aeroporti limitandosi a colpire lo scalo tripolino di mitiga con razzi e colpi di mortaio.
Il vero interrogativo riguarda ora l’impiego dei mercenari siriani che potrebbero lanciare un robusto contrattacco almeno sul fronte centrale di Tripoli oppure consolidare le postazioni difensive per sbarrare la strada all’LNA.
RedazioneVedi tutti gli articoli
La redazione di Analisi Difesa cura la selezione di notizie provenienti da agenzie, media e uffici stampa.