Operazione Sophia: Austria e Ungheria si oppongono al ripristino della forza navale

La Ue si arena sulla ricostituzione della componente navale dell’Operazione Sophia che dovrebbe monitorare il rispetto dell’embargo sulle forniture di armi alla Libia. Lo scoglio al ripristino della missione navale, che si interruppe nel 2019 quando il governo Lega-M5S impose alle navi dei partner Ue di sbarcare nei rispettivi porti nazionali (e non in Italia) i clandestini soccorsi in mare, è costituito dai governi di Austria e Ungheria.

Orban e Kurz non cedono e hanno ben compreso che il ripristino della componente navale dell’Operazione Sophia non avrà alcuna influenza sul controllo del rispetto dell’embargo sulle armi alla Libia (abbondantemente e frequentemente violato dagli sponsor dei due contendenti libici) ma determinerà un nuovo aumento di sbarchi di immigrati illegali.

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Alla riunione straordinaria di ieri mattina del Comitato politica e sicurezza (Cps), Austria e Ungheria hanno mantenuto la porta chiusa alla possibilità che Sophia torni a disporre anche di navi.

La discussione comunque andrà avanti nei prossimi giorni ma Vienna e Budapest insistono nel dire no a qualsiasi soluzione sulla ripartizione di eventuali migranti soccorsi in mare: una questione ritenuta da molti “secondaria” rispetto alla discussione, ma su cui i due Paesi sono granitici, forse perchè hanno compreso che la missione Ue ha il reale obiettivo di far riprendere i flussi migratori mentre non ha alcuna speranza di impedire le forniture di armi alla Libia.

Al momento nella Ue c’è intesa solo per rafforzare la vigilanza aerea ma il tema sarà al centro della riunione dei ministri degli Esteri del 17 febbraio.

Riportare navi militari Ue nelle acque libiche incoraggerà infatti nuove partenze già oggi in rapida crescita dopo le sciagurate iniziative, concrete e mediatiche, del governo italiano che ha spalancato i porti alle navi delle Ong, annuncia ogni due giorni l’abrogazione dei cosiddetti “decreti Salvini”, ha lui stesso proposto il ripristino della componente navale dell’Operazione Sophia ed ha reso noto un incremento delle diarie corrisposte alle cooperative e associazioni che si occupano di accogliere i migranti.

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Un invito molto chiaro che incoraggerà trafficanti e immigrati clandestini.  Del resto il fatto che “numerosi Paesi dell’Ue vorrebbero rafforzare l’Operazione Sophia anche con assetti navali, per aggiungere efficacia al controllo sull’embargo delle armi alla Libia”, come riferiva ieri l’Ansa, dà la misura di come Roma si sia resa disponibile ad accogliere nei propri porti i clandestini soccorsi dalle navi della flotta Ue.

Non è un caso che l’anno scorso, appena il governo italiano di allora, su iniziativa di Matteo Salvini, bloccò gli sbarchi dalle navi militari europee tutti i partner si affrettarono a ritirare le proprie unità navali (tedeschi, spagnoli e francesi in testa) lasciando a Sophia solo una componente aerea utile per ricognizioni e sorveglianza ma certo non in grado di soccorrere migrati illegali.

Se oggi tutti i paesi Ue sono pro ti a fornire navi a Sophia è perché hanno avuto garanzie che il governo Conte 2 ha offerto garanzie che accoglierà tutti i clandestini raccolti in mare dalle navi europee.

Sul piano operativo del resto è facile ipotizzare che se nei 5 anni in cui avrebbe dovuto “interrompere il modello di business dei trafficanti” (come disse Federica Mogherini all’epoca alto rappresentante per la politica estera della Ue) l’Op, Sophia non è riuscita a fermare migranti e trafficanti ma ha anzi traghettato 44 mila clandestini sulle nostre coste, ben difficilmente potrà oggi fermare gli aiuti militari a Tripoli che i turchi inviano su mercantili scortati da fregate della loro Marina.

Inimmaginabile poi che la flotta Ue ponga sotto controllo i porti della Cirenaica in mano alle forze del generale Khalifa Haftar che peraltro riceve la gran parte degli aiuti militari dal cielo e dal confinante Egitto.

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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