I greci resistono, Erdogan manderà clandestini in Italia via mare?
(aggiornato il 15 marzo alle ore 22,20)
Il muro opposto lungo il confine greco-turco dalla polizia di Atene agli almeno 150 mila migranti illegali mandati da Ankara verso l’Europa (avanguardia di una massa di almeno 3,5 milioni di migranti illegali e profughi siriani oggi in Turchia) sembra resistere.
Una circostanza forse inaspettata ad Ankara che sembrerebbe indurre il governo di Recep Tayyp Erdogan, che da sempre chiude un occhio sulle organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di esseri umani (come denunciato più volte dalla Grecia), a cercare altre strade per mandare in Europa un numero significativo di clandestini.
Secondo indiscrezioni raccolte da Analisi Difesa, l’Italia potrebbe essere presto meta di nuovi flussi via mare in partenza dalla Turchia a bordo di vecchie “carrette del mare” ma di dimensioni sufficienti a imbarcare centinaia di persone da far arrivare probabilmente nelle acque della Calabria ionica seguendo una rotta d’immigrazione illegale già sfruttata ampiamente in passato, principalmente impiegando vecchi velieri con equipaggi russi o ucraini e con a bordo centinaia di clandestini per lo più curdi, siriani, pakistani e afghani.
L’Italia costituisce un obiettivo ideale per questi traffici per almeno tre ragioni. Innanzitutto, a differenza dei greci, gli italiani non attuano respingimenti: anzi, il governo Conte si è rifiutato di inviare poliziotti o motovedette in aiuto alle forze di sicurezza greche che respingono i clandestini sul confine dell’Europa.
Inoltre i trafficanti hanno la necessità di offrire ai clandestini prospettive diverse dallo sbarco nelle isole greche di Chios e Lesbo da dove è impossibile raggiungere il continente.
Infine il governo “immigrazionista” di Roma offre la massima garanzia di accoglienza a chiunque arrivi e chi sbarca in Italia ha persino qualche possibilità di venire trasferito in altri paesi europei.
A questo proposito sembra che il ministero degli Esteri abbia comunicato ai governi tedesco e norvegese che, a causa dell’epidemia di Coronavirus, alle navi delle Ong che battono quelle bandiere, la Sea Watch e la Ocean Viking che hanno ripreso il mare dopo la fine della quarantena in seguito agli sbarchi del febbraio scorso, non verrà consentito l’accesso ai nostri porti per sbarcare altri immigrati illegali.
Nei porti turchi del resto non mancano vecchie navi impiegabili per questi traffici che presto potremmo vedere nelle acque calabresi.
Dall’inizio dell’anno sono giunti in Italia dal mare (salpando da Libia, Tunisia e Algeria) 2.596 immigrati clandestini per la in buona parte sbarcati da navi delle Ong.
L’ipotesi che il Coronavirus abbia scoraggiato trafficanti e clandestini potrebbe venire presto smentita: ieri sono arrivati 43 clandestini e ora che le navi delle Ong poste in quarantena, dopo aver sbarcato quasi 500 migranti illegali nei giorni 23 e 27 febbraio, stanno tornando attive al largo della Libia.
I flussi sono già oggi 8 vote più massicci dello stesso periodo del 2019 (al Viminale sedeva Matteo Salvini), quando al 13 marzo erano sbarcati appena 335 clandestini, ma potrebbero subire un’impennata nei prossimi giorni con altre centinaia di sbarcati a causa delle navi delle Ong e dell’arrivo di imbarcazioni dalla Turchia.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.