Il Bilancio della Difesa 2020
Negli ultimi 5 anni (a partire cioè dal 2014 fino allo scorso anno), l’Italia ha costantemente diminuito in termini reali i propri stanziamenti per la Difesa. Un fatto già di per sé “anomalo” tenuto conto che si è materializzato in un contesto geopolitico sempre più deteriorato e a dispetto degli impegni assunti in ambito internazionale, specie in quello NATO.
In questo contesto si inseriscono così due elementi recenti e (causalmente) ravvicinati; l’insediamento di un nuovo Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e la Legge di Bilancio 2020-2022.
Per quanto sia sempre quanto mai opportuno conservare una “robusta” dose di prudenza (come ci insegnano recenti esperienze…), vanno registrati diversi segnali di svolta alcuni significativi.
Da una parte, infatti, troviamo “Linee programmatiche del Dicastero”, esposte per l’appunto dal ministro Guerini che segnano una discontinuità rispetto a un recentissimo passato tutto incentrato sul “duplice uso” (con annessi e connessi) che di fatto gettava le basi di uno stravolgimento (in negativo) dei compiti e delle missioni delle Forze Armate e dello strumento militare.
Oltre a questo primo aspetto fondamentale, non meno incoraggianti appaiono i segnali legati a una maggiore attenzione al tema delle riforme per il comparto, dell’esigenza di assicurare un flusso adeguato e (almeno) costante di finanziamenti per il comparto e della volontà di rivedere gli impegni in Patria e all’Estero e «far crescere la cultura della Difesa e la consapevolezza del ruolo che riveste per il sistema Paese».
La Legge di Bilancio 2020-2022
Per quanto riguarda la Legge di Bilancio (LdB) vera e propria nonché i suoi contenuti, quella per il 2020-2022 si rivela più “avara” di novità rispetto all’analogo provvedimento dell’anno scorso.
Sia nella sua Sezione I (dedicata alle innovazioni legislative), sia nella II (contenente il bilancio a legislazione vigente e le eventuali variazioni non quali: rimodulazioni, rifinanziamenti e definanziamenti nonché riprogrammazioni) non si registrano interventi particolarmente rilevanti.
Eppure, già da quel poco inserito nella LdB si percepisce chiaramente il cambio di passo nel frattempo avvenuto.
Un esempio su tutti: delle misure più “odiose” inserite nella LdB dello scorso anno era stata la drastica riduzione di quanto destinato alla Difesa in caso alienazione/vendita del suo stesso patrimonio immobiliare. Nulla che cambiasse certo radicalmente la situazione ma, al tempo stesso, era parso chiaro che quello fosse un vero e proprio attacco al Comparto; sensazione che poi trovava conferme in molti altri provvedimenti di quella Legge.
Ebbene, con quest’anno la situazione viene sanata. All’articolo 1 comma 621 della LdB si ripristinano infatti le condizioni precedenti, riportando dunque al 30% la consistenza della quota dei proventi di pertinenza del Ministero della Difesa derivanti dalle vendite degli immobili militari ceduti a Fondi comuni di investimento; e al 35% la quota destinata al Ministero della Difesa stesso quale riassegnazione dei proventi derivanti dalle procedure di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei suoi beni.
Grande attenzione al tema delle bonifiche; per quelle dei poligoni/aree militari viene istituito (Art.1 co.622) un apposito fondo con una dotazione complessiva di 46 milioni di euro tra il 2020 e il 2023. Per gli interventi di bonifica dall’amianto sulle navi della Marina Militare è invece rifinanziato (Art.1 co.101 e 102) un fondo già esistente con un totale di 12 milioni di euro nel triennio 2020-2022.
Altro provvedimento di interesse del comparto Difesa è la proroga (Art.1 co.132) per tutto il 2020 dell’Operazione “Strade Sicure”; limitato a 7.050 militari, quindi in linea con i dati degli ultimi anni, ma con spesa in aumento fino a 147,5 milioni di euro per effetto del monte ore di straordinari riconosciti al personale impegnato.
Altro intervento (Art.1 co.134), uno stanziamento anche per il 2021 destinato all’incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della Difesa.
Sempre a proposto di risorse, si segnala anche l’aumento (Art.1 co.127) di quelle destinate alla contrattazione del Pubblico Impiego; si parla di 1.750 milioni per 2020 e di 3.375 milioni dal 2021. Allo stato attuale, non esiste però possibilità di indicare quale sarà l’impatto effettivo sul Personale della Difesa che, lo si ricorda, deve proprio affrontare il tema della concertazione (cioè il rinnovo del contratto) per il prossimo triennio.
La Nota integrativa
La Nota Integrativa allo Stato di Previsione del Ministero della Difesa rappresenta il riferimento destinato a guidare le scelte di bilancio e proprio qui si percepisce il cambio di rotta: nella Nota Integrativa dello scorso anno, il concetto di “Duplice Uso” compariva ben 6 volte in poche pagine. Quest’anno non compare nemmeno una volta.
Peraltro, sempre in tema di cambi di direzione, si deve evidenziare anche la vistosa “sforbiciata” assestata all’Atto di indirizzo per l’avvio del ciclo integrato di programmazione della performance e di formazione del bilancio di previsione per e.f. 2020 e la programmazione pluriennale 2021-2022, elaborato nel marzo scorso sempre dalla precedente Ministra allo scopo di fornire indicazioni per la formazione del bilancio 2020.
Ebbene, nella Nota Integrativa esso viene presentato sotto forma di stralcio, cioè opportunamente ripulito delle varie “originalità” contenute nel documento. Procedendo con ordine, il primo tema affrontato è il “contesto esterno”; qui sono rappresentate tutte le sfide e le minacce alla sicurezza del nostro Paese ma anche del contesto internazionale di cui siamo parte.
L’oramai consolidato ingresso in un mondo multipolare non ha fatto altro che aumentare l’instabilità, la complessità e l’imprevedibilità; con le minacce che si moltiplicano, assumono caratteristiche multidimensionali/innovative (tipico esempio in questo senso è quella ibrida) e cambiano continuamente.
Un fenomeno condizionato dalla proliferazione di soggetti statuali e non statuali che, spesso, si caratterizzano per un crescente protagonismo sullo scenario internazionale. Lo stesso ritorno (in grande stile…) della competizione militare fra Stati costituisce un ulteriore elemento di instabilità; anche perché questa nuova corsa agli armamenti è segnata dallo sviluppo sia di vecchi (ma sempre temibili) sistemi d’arma, sia da nuovi.
A questi si aggiungono fenomeni di ogni tipo, dal terrorismo internazionale al traffico di essere umani (e non solo), fino alla criminalità organizzata; un tempo di portata ridotta ma che invece oggi sono in grado di assumere dimensioni e rilevanza notevoli.
Gli stessi cambiamenti climatici rappresentano ormai un fattore di grave rischio, collettivo. Non tanto e non solo per gli effetti diretti che possono avere sul nostro Paese quanto, piuttosto, per il fatto che essi potrebbero alimentare a loro volta crisi e fenomeni globali; si pensi a quelli migratori o al sorgere di conflitti per la disputa di risorse naturali fondamentali.
Da ultimo, ma non certo in ordine d’importanza, la sempre più elevata velocità di sviluppo e diffusione delle “emerging/disruptive technologies”; con la minaccia cyber, in particolare, a diventare sempre più sofisticata, pervasiva e persistente, nonché sempre più capace di colpire infrastrutture non necessariamente militari ma comunque critiche per la sicurezza del Paese.
A incidere sul quadro complessivo poi gli sforzi della UE (e di alcuni Paesi Europei in particolare) volti ad acquisire una maggiore autonomia strategica, garantendo al contempo una sinergia con una NATO che (a sua volta) è alle prese con una fase di assestamento non facile.
In questo scenario (da “far tremare i polsi”…) la Difesa continua a individuare negli archi di crisi meridionale e orientale le principali aree dalle quali promanano le sfide più immediate alla sicurezza nazionale.
Esaurita rapidamente la seconda che si estende dai Balcani (questi sì prioritari per il nostro Paese) fino all’Ucraina (un po’ meno importante, a dire il vero), ben altra attenzione deve essere riservata alla prima. Il versante meridionale del cosiddetto “Mediterraneo Allargato” è davvero immerso in una fase di crisi molto grave; la Libia ne è l’esempio più lampante (e di gran lunga più rilevante per l’Italia) ma questa analisi all’insegna della (profonda) preoccupazione potrebbe essere estesa subito dopo anche al Sahel. E non solo!
Ecco dunque che la rassegna del contesto esterno illustrata dalla “Nota Integrativa” si conclude con un passaggio importante: «A fronte di un contesto geopolitico e geostrategico così dinamico e complesso, …, la collettività nazionale esprime un bisogno accresciuto di difesa e sicurezza … che attribuisce alla Difesa un ruolo determinante al servizio del Paese».
Tutto giusto, tranne la parte in cui la collettività nazionale sarebbe in grado di attribuire alla Difesa un ruolo determinante al servizio del Paese.
Per quanto riguarda l’analisi del “contesto interno”, un accento particolare viene posto sui “Fondi d’Investimento quindicennali per le Amministrazioni Centrali” (i cosiddetti “fondoni”) portati ad esempio quale strumento virtuoso per assicurare alle Forze Armate finanziamenti certi nel corso del tempo; assicurando al contempo una più efficiente attività di programmazione/pianificazione e un sostegno più efficace all’industria nazionale. Viste poi le iniziative avviate in ambito europeo per favorire la collaborazione industriale nel campo della Difesa (in particolare, l’EDF o European Defense Fund), questo stesso tipo di fondi sarà (teoricamente) utile per un ottimale posizionamento del nostro Paese all’interno dei vari progetti avviati anche in ambito PESCO (Permanent Structured Cooperation).
Sullo sfondo, un nuovo e “solenne” impegno; abbandonato infatti ogni proposito (assolutamente velleitario) di rispettare gli impegni presi in ambito NATO rispetto al livello di spese per la Difesa attraverso il ben noto obiettivo del 2%, il nuovo traguardo posto dal Ministro della Difesa è il valore medio della spesa per la Difesa/PIL dei Paesi europei della stessa Alleanza Atlantica.
Ben più realistico ma non meno difficile da raggiungere; secondo gli ultimi dati forniti dalla NATO medesima, il nostro Paese per raggiungere l’attuale media europea (l’1,58%) dovrebbe aumentare la propria spesa militare di circa 6,5 miliardi di euro rispetto agli attuali livelli.
Da questo quadro complessivo discendono così gli “Obbiettivi e gli Indirizzi generali dell’Amministrazione” nonché le “Priorità politiche”. Che partono da un concetto all’apparenza “banale” ma che tale non è; sviluppare cioè uno «Strumento militare all’insegna del rafforzamento della dimensione interforze e del conseguimento di capacità perfettamente integrabili e integrate, a livello internazionale e interagency».
Un obiettivo che per essere raggiunto avrà bisogno di interventi in diversi settori. A livello generale, si tratta di aggiornare il processo di riforma del Modello di Difesa; è infatti del tutto evidente che occorre ridare spinta propulsiva al processo avviato con il Libro Bianco del 2015, adeguandolo laddove necessario ma salvaguardandone lo sforzo di razionalizzazione e “interforzizzazione”. Sul fronte del Personale il punto cruciale è rappresentato dalla volontà di rivedere il Modello Professionale.
Sul versante dell’Esercizio, si punta a sviluppare un più efficace piano d’impiego delle risorse disponibili, anche facendo riferimento a tutte le fonti extra-Bilancio della Difesa. E’ proprio a questo capitolo di spesa che sarà necessario in futuro molto prossimo dedicare la massima attenzione, altrimenti, perdurando questa condizione di sottocapitalizzazione cronica, si corre il rischio di vanificare quanto fatto in altri settori. Come per l’Investimento, soprattutto in un’ottica di istituzione di (eventuali) strumenti di finanziamento pluriennali.
Da ultimo, un cenno anche alle infrastrutture; sia in funzione della loro razionalizzazione, sia in quello di loro ammodernamento per meglio soddisfare le necessità dei militari e delle Forze Armate stesse.
Il Bilancio della Difesa
Per ciò che riguarda il Bilancio del ministero della Difesa nel suo complesso, la dotazione finanziaria per il 2020 è pari a 22.941,8 milioni di euro con un balzo di ben 1.509,3 milioni rispetto ai 21.432,5 milioni dello scorso anno.
Praticamente, tutte le voci che la compongono risultano in crescita. Se infatti della Funzione Difesa ci occuperemo a breve più in dettaglio, l’altra componente di maggior peso in tale Bilancio è rappresentata dalla “Funzione sicurezza del territorio”, cioè l’Arma dei Carabinieri.
Per il 2020 si registra il superamento della soglia dei 7 miliardi di euro, per la precisione, sono 7.054,9 milioni e di questi, 469,7 milioni sono destinati ai “Carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agro-alimentare” (l’ex-Corpo Forestale dello Stato). L’aumento rispetto al 2019 è così pari a 156,6 milioni, determinato a sua volta dall’incremento degli stanziamenti sul capitolo di spesa del Personale che raggiunge ora i 6.439,3 milioni (+55,5 m.), da quello sull’Esercizio che si spinge fino a 486,2 milioni (+56,2 m.) e anche da quello dell’Investimento che raggiunge i 129,3 milioni (+48,9 m.)
Piuttosto significativo anche l’incremento che si regista alla voce “Funzioni Esterne”; dai 149,6 milioni di euro del 2019 ai 161,7 del 2020. Di fatto, tale movimento è ascrivibile alla voce “Trasporto Aereo di Stato” che sale fino a 39,5 milioni (+10 milioni sul 2019); tutte le altre voci rimangono sostanzialmente stabili; “Contributi a Enti e Associazioni culturali” con 5,9 milioni, “Rifornimento idrico isole minori” con 24,5 milioni, “Assistenza al volo per traffico aereo civile” con 10 milioni, “Meteorologia” con 53,6 milioni e “Servitù militari” con 28,3 milioni di euro.
Leggerissima correzione al ribasso, infine per la voce “Pensioni provvisorie del Personale in Ausiliaria” che scende a 401,8 milioni di euro nel 2020 (appena 0,1 milioni in meno) rispetto al 2019. Questa voce deve essere poi scissa per quanto di competenza delle Forze Armate (359,5 milioni) e per i Carabinieri (42,4 milioni).
Peraltro, si ricorda ancora una volta che questa somma non è interamente destinata alla cosiddetta “ausiliaria”; in realtà, al capitolo “Trattamento provvisorio del Personale” sono destinati 331,3 milioni, mentre le restanti risorse pari a 70,6 milioni circa sono ricomprese in quello definito “Speciale Elargizione”. Rispetto a questo elemento, si evidenzia così che la prima voce registra un calo rispetto al 2019, perfettamente compensato dall’aumento di stanziamenti per la seconda.
La Funzione Difesa
Abituati ormai da anni ad assistere a una pressoché ininterrotta sequenza di tagli alle risorse delle Forze Armate, registrare invece a un aumento rappresenta già di per sé un evento.
Tanto più che quell’aumento è consistente, con una sua “qualità” e, oltretutto, tale da apparire (almeno allo stato attuale) come l’inizio di una certa ripresa degli stanziamenti anche per gli anni a venire; anche se su questo specifico aspetto non mancano certo le zone d’ombra.
È altresì doveroso ricordare come l’essersi spinti così in basso negli ultimi anni, renda relativamente agevole invertire la tendenza. Per questo, nonostante l’indubbio passo in avanti compiuto quest’anno, la strada verso il ritorno a una qualche “normalità” sul fronte degli stanziamenti appare ancora decisamente lunga.
La Funzione Difesa passa dai 13.982,4 milioni di euro del 2019 ai 15.323,4 milioni del 2020: un incremento di ben 1.341 milioni che, in termini percentuali, equivale a +9,6%.
Per comprendere al meglio la portata di una simile variazione può così essere utile evidenziare fin da subito il movimento che registra il rapporto tra la Funzione Difesa stessa e il PIL.
In un solo anno si passa dallo 0,786% del 2019 allo 0,843% (valori riferiti al livello di PIL programmatico, così come individuato dalle Note di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, NADEF).
Si è così (quasi) tornati alle medie di inizio decennio scorso; superando gli “anni bui” che si sono succeduti dal 2014 (quando, in realtà, cominciò la lunga serie di tagli al Bilancio della Difesa) in poi.
Anche considerando che le spese per la Difesa così come calcolate in ambito NATO comprendono diverse altre voci (fondi per l’Investimento dal MISE, per le missioni internazionale dal MEF, il contributo dell’Arma dei Carabinieri alla Funzione Difesa e le pensioni del Personale ritirato del servizio), al punto da far lievitare quel rapporto a oltre l’1,2% sul PIL, si torna a sottolineare come l’obiettivo di avvicinarci alle media europea (1,58%) sia ancora molto lontano.
Dall’analisi poi dello Stato di Previsione del Ministero della Difesa, al netto delle difficoltà di ricavare dati pienamente intellegibili, si ricava la tendenza a una nuova leggera decrescita nei prossimi 2 anni. E sebbene vi siano i margini per cambiare la situazione nel futuro, già questo suona come una (parziale) conferma che certe promesse non saranno facili da mantenere…
Personale
Come detto, l’aumento delle risorse per il 2020 non è solo quantitativamente significativo; di più, anche da un punto di vista della qualità della spesa, si registrano dei passi avanti.
In alcuni casi quasi impercettibili, in altri più consistenti.
Nella categoria dei “quasi impercettibili”, si registra la diminuzione di risorse stanziate per il capitolo di spesa del Personale scese dai 10.366,2 milioni di euro del 2019 ai 10.365,9 milioni per quest’anno.
Variazione minima ma dal valore simbolico visto che questa voce di spesa è in costante aumento da almeno 10 anni a questa parte nonostante gli interventi che hanno ridotto il personale delle Forze Armate stesse e/o hanno provato a ridurre gli squilibri fra i ruoli del Personale stesso (cioè il Decreto Legge 95/2012 e la Legge 244/2012).
Questo lievissimo calo sarà però da riscontrare in un momento successivo con gli effetti degli interventi correttivi del “Riordino dei ruoli e delle carriere” e, soprattutto, delle risorse messe in campo dalla Legge di Bilancio per il rinnovo del contratto del Pubblico Impiego.
Nel dettaglio poi, è anche possibile separare la spesa fra la componente militare e quella civile.
Alla prima vanno infatti 9.385,5 milioni, con un ulteriore aumento di poco più di 120 milioni sul 2019. Mentre per la seconda si registra una robusta contrazione; dai 1.100,8 milioni del 2019 ai 980,4 di quest’anno (-120,4 milioni).
In attesa poi di conoscere dal prossimo Documento Programmatico Pluriennale (DPP) l’esatta situazione del Personale (intesa come numeri degli effettivi e come ripartizione dei ruoli), non si può fare meno di invocare una volta ancora l’attuazione di più incisivi provvedimenti volti sia a una più rapida implementazione dalla Legge 244/2012, sia alla revisione del Modello Professionale.
La prima finalizzata a restituire coerenza alla composizione organica delle Forze Armate, la seconda al non più rinviabile abbassamento dell’età media quale risultato dell’immissione in servizio di maggiori aliquote di militari in Ferma Prefissata (FP) rispetto a quelli in Servizio Permanente (SP).
Con lo stesso meccanismo della FP, a sua volta, bisognoso di un robusto “check-up” per meglio allineare i periodi di Ferma e Rafferma alle esigenze dello Strumento Militare (eliminando per esempio la figura del VFP 1, per sostituirla con altre forme di FP).
Sempre in tema di politiche del Personale, sarebbe quanto mai opportuno muoversi con decisione anche sul fronte dell’istituzione di una Riserva Operativa. Uno strumento flessibile, capace di fornire aliquote di militari per soddisfare specifiche esigenze operative e con l’ulteriore vantaggio rappresentato dal fatto che, attraverso di essa, non si disperderebbero capacità/competenze nel periodo di servizio.
Infine emerge la necessità di una riflessione sul ruolo del personale civile e del settore privato in generale, di una loro valorizzazione destinata a un più ampio impiego, al fine di liberare quello militare per i compiti più propriamente operativi.
Esercizio
La novità vera di quest’anno è che l’aumento di dotazioni finanziarie per questo capitolo di spesa non solo è significativa ma è anche “autentica”; nel senso che non poggia le sue basi su delle specie di artifici contabili come l’incremento di cosiddetti “fondi scorta” o su altri finanziamenti utili per coprire i soli costi fissi/obbligatori. Per il 2020 infatti, le risorse aumentano invece proprio per quelle voci che sono più sensibili ai fini della determinazione del livello di efficienza delle Forze Armate.
L’Esercizio passa dai 1.746,4 milioni nel 2019 ai 2.146,8 milioni del 2020; un aumento di ben 400,4 milioni di euro, pari a +23%.
Con una più puntale scomposizione delle varie voci a rendere ancora meglio l’idea del notevole progresso fatto. Come da logica infatti, quanto fa riferimento a questo capitolo di spesa può essere a sua volta suddiviso in 2 grandi categorie; la prima afferente la ”Operatività”, la seconda il “Funzionamento”.
Nella “Operatività” ritroviamo così le voci concernenti “Formazione e Addestramento” nonché “Manutenzione e Supporto”; da tempo, come noto, in profonda sofferenza. Ebbene, per il 2020 si registrano movimenti significativi per entrambe, visto che “Formazione e Addestramento” passa dai 59 milioni del 2019 ai 75,7 di quest’anno, mentre “Manutenzione e Supporto” dai 375,4 milioni sempre del 2019 ai 535,4 per il 2020.
Un aumento evidentemente ascrivibile alla comparsa di una specifica voce all’interno dello Stato di Previsione del Ministero della Difesa, e cioè: “Approntamento, impiego e ricondizionamento dei Comandi e dei reparti per le missioni internazionali”. Separata per Forza Armata, essa restituisce un totale di 182 milioni, somma pressoché coincidente con l’aumento cumulato delle 2 precedenti voci. Il fatto tuttavia che essa non compaia nei prossimi 2 anni, con la conseguente contrazione delle risorse destinate all’Esercizio, costituisce fattore di una qualche preoccupazione.
Da giudicare in maniera complessivamente positiva anche le variazioni relative alla macro-categoria “Funzionamento” perché di fatto vanno a coprire esigenze reali.
Il settore delle “Infrastrutture” sale infatti a 351,8 milioni (dai 257,2 del 2019), il “Funzionamento” a 562,1 milioni (da 467,4), le “Provvidenze” rimangono ferme a 17,6 milioni mentre una modesta variazione interessa il sottosettore “Esigenze Interforze” con 604,3 milioni (dai ai 569,3 milioni dello scorso anno).
Qui, dopo la crescita degli scorsi anni che aveva finito per alterare la stessa consistenza reale di questo capitolo di spesa, trova finalmente un freno il capitolo dei “fondi scorta” che rimane cioè bloccato a 321,4 milioni.
Per completezza d’informazione, si ricorda ancora una volta che questi particolari fondi sono dei semplici anticipi di cassa e, quindi, non costituiscono in alcun modo un reale aumento delle disponibilità finanziarie per la Difesa.
Certo, se c’è un settore che da quasi 15 anni a questa parte ha più sofferto per i tagli di Bilancio, questo è l’Esercizio, “tenuto a galla” da mille espedienti (dai fondi extra-bilancio della Difesa al programma SOFUTRA).
E tuttavia del tutto ovvio che questa situazione non potrà durare a lungo, pena la progressiva perdita di capacità operative e di efficienza complessiva dello Strumento Militare. Anche perché, come detto, non mancano certo le preoccupazioni già per il futuro prossimo, in virtù del fatto che dall’analisi degli stanziamenti previsti per il 2021 e il 2022, emerge un nuovo progressivo calo nel prossimo biennio.
Investimento
L’aumento su questo capitolo di spesa rientra perfettamente nella logica delle cose. Il Bilancio del 2019 era stato contrassegnato da una pesantissima riduzione dei fondi che però non era rappresentativa di un taglio netto di risorse. Al contrario, esse erano state rimodulate, cioè spostate in esercizi finanziari successivi.
Nel 2020 accade così che cominci questo recupero, il quale viene anche rafforzato dalla definitiva approvazione di tutti gli schemi di riparto delle risorse inserite nei “Fondi per il rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e per lo sviluppo del Paese”, varati con le Leggi di Bilancio 2017, 2018 e 2019); un passaggio che ha consentito al Ministero della Difesa (così come al MISE) di contabilizzarle nei relativi capitoli di spesa.
Entrambi gli effetti positivi si riverberano poi anche per gli anni a venire: nel biennio 2021-2022 tale crescita di stanziamenti è addirittura destinata a diventare ancora più robusta, fino a 3,4 miliardi di euro circa nel 2022.
Cifre che possono apparire stupefacenti visti gli stanziamenti degli ultimi anni ma si tratta in realtà del ritorno al livello di spesa prevista da questa vice di bilancio tra il 2008 e il 2014.
Per il 2020 la somma disponibile per l’Investimento è pari a 2.810,7 milioni di euro, contro i 1.869,9 milioni nel 2019; un incremento di ben 940,8 milioni, pari al 50,3%.
Scendendo più nel dettaglio, mentre al sottosettore “Ammodernamento e Rinnovamento” nel 2019 erano andati 1.821,5 milioni di euro, nel 2020 la somma raggiunge i 2.761,6 milioni. Sostanzialmente stabile invece lo stanziamento legato alla “Ricerca e Sviluppo”: dai 48,4 milioni del 2019 ai 49,1 del 2020.
Spetterà poi ovviamente al prossimo DPP fornirà i dettagli dei diversi programmi di investimento, sia per fondi della Difesa, sia per quelli del MISE.
Completata l’analisi della Funzione Difesa con il passaggio in rassegna dei vari capitoli di spesa, non si può non concludere il tutto analizzando uno dei punti dolenti del Bilancio: la ripartizione dei fondi tra questi ultimi.
A fronte delle variazioni intervenute, tale ripartizione subisce un’evidente correzione rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni; correzione che però risulta ancora largamente insufficiente per rispettare i criteri minimi di efficacia/efficienza di una qualsiasi strumento militare (50% delle spese per il Personale, il restante 50 all’Esercizio più Investimento). Anche conteggiando i fondi extra-Difesa.
I fondi del MISE
Buone notizie anche sul fronte delle risorse messe a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE); laddove anche in questo caso emerge chiaramente il dato relativo alla definitiva ripartizione delle risorse inserite nei “fondoni”.
Se infatti iI totale delle risorse iscritte a bilancio dal MISE era di 2.444,2 milioni di euro nel 2019, nel 2020 esso si spinge fino a 2.608,3 milioni di euro; si tratta di 164,1 milioni di euro in più.
Nel dettaglio, i capitoli di spesa che hanno un’attinenza con gli investimenti della Difesa sono il: 7419 (Contributi per il finanziamento di interventi nel settore marittimo a tutela degli interessi di Difesa nazionale, cioè il “Programma Navale” con 686,6 milioni di euro), 7420 (Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese, con 349 milioni), 7421 (Interventi agevolativi per il settore aeronautico, con 1.003,7 milioni) e 7485 (Interventi per lo sviluppo e l’acquisizione delle unità navali della classe FREMM e delle relative dotazioni operative, con 569 milioni).
A differenza di quanto accade invece sugli stanziamenti per l’Investimento inseriti nel bilancio del Ministero della Difesa, l’apporto del MISE per i prossimi anni è segnalato in leggero aumento per il 2021 (fino a 2.684,3 milioni di euro), mentre per l’anno successivo la variazione sarebbe piuttosto negativa (visto che si scenderebbe fino 2.155,5 milioni). Il dato tuttavia di per sé non poi così preoccupante perché, su questo Dicastero, il meccanismo dei rifinanziamenti su specifici capitoli di spesa e/o il possibile avvio di nuovi programmi risulta infatti un evento frequente.
Nel complesso dunque, per il 2020 la Difesa potrà contare su un totale di 5.419 milioni di euro destinati alle proprie esigenze di Investimento; laddove nel 2019 tale somma era stata pari ad appena 4.314,1 milioni. Nel giro di un solo anno, ben 1,1 miliardi di aumento: anche in questo caso, occorre tornare indietro di diversi anni per ritrovare simili livelli di risorse.
Le Missioni all’estero
Infine, a completamento degli interventi varati con la Legge di Bilancio 2020, il rifinanziamento del fondo istituito nello Stato di Previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) per le missioni internazionali, per il quale sono appostati 1.308,7 milioni di euro. In assenza della “Deliberazione del Consiglio dei Ministri” sulle missioni (sia quelle da prorogate, sia quelle eventualmente da avviare ex-novo) nel 2020, non è tuttavia ancora possibile indicare quanta parte di questi fondi sarà effettivamente destinata alle missioni militari e quanto ad altri scopi.
Così come non è ancora dato sapere quante delle risorse impegnate comunque dalla Difesa saranno esigibili nel corrente anno e quante avranno riferimento a periodi successivi.
A questo proposito, si evidenzia che anche per il 2020 si sta registrando un ritardo nella presentazione in Parlamento di tali documenti; essenziali per capire come il nostro Paese intenda muoversi sulla scena internazionale.
Un aspetto ancor più grave se considera che, da un lato lo stesso Ministro della Difesa aveva anticipato nell’ambito dell’esposizione delle Linee Programmatiche la volontà di rivedere l’impianto delle nostre missioni all’estero per renderlo più aderente alle nostre esigenze geo-strategiche (intento riconfermato tra le priorità politiche contenute nell’Atto di Indirizzo); e, dall’altro, per via delle crisi internazionali che si moltiplicano.
Si attendono dunque risposte concrete rispetto a un possibile maggior impegno nel Sahel o nella nascente forza navale multinazionale EMASOH (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz); così come, al tempo stesso, indicazioni rispetto a ritiri o ridimensionamenti di contingenti schierati in altri teatri operativi.
Laddove sullo sfondo, rimane aperta la crisi in Libia, con annesse prospettive di intervento militare anche in quel Paese.
Foto Difesa.it
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Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.