A Sabratha il primo grande successo dei turchi in Libia

(aggiornato alle ore 16,55)

Un vero e proprio tracollo quello dell’Esercito Nazionale Libico sul fronte occidentale, tra Tripoli e il confine tunisino. Le milizie di Haftar che cercavano da mesi di penetrare nella capitale libica da ovest sono state sconfitte e poi travolte nelle ultime 36 ore da una massiccia offensiva delle milizie del Governo di Accordo Nazionale (GNA) appoggiate e integrate da milizie siriane turcomanne guidate da ufficiali turchi.

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Secondo fonti vicine al GNA l’offensiva sarebbe stata messa a punto e guidata sul campo da ufficiali turchi con un ampio impiego di droni e artiglieria per localizzare e non dare tregua alle forze dell’LNA.

Il 13 aprile droni turchi avrebbero colpito il quartier generale nemico a Sabratha uccidendo parte degli ufficiali dello stato maggiore dell’LNA in quel settore del fronte e favorendo così il successivo sbandamento delle truppe di Haftar.

Sono almeno sette i centri abitati riconquistati dal GNA lungo la costa della Tripolitania Occidentale conquistati dalle forze filo-governative a ovest di Tripoli: Sabratha, Surman, el-Agelat, Ragdelin, Zelten, Aljmaile e al-Assah che dista circa 15 chilometri in linea d’ aria dal confine tunisino.

Le forze di Haftar si sarebbero ritirate nella base aerea di al-Watiya, una sessantina di chilometri a sud-ovest di Sabratha già attaccata senza successo nelle scorse settimane dal GNA.

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Il giornale web Libya Observer, vicino al GNA, parla di “completo collasso dei gruppi armati del signore della guerra Haftar” ma è molto probabile infatti che a Sabratha e negli altri centri abitati forze dell’LNA continuino a combattere a giudicare dagli appelli alla resa lanciati loro ieri dal comando delle forze di Tripoli.

Il generale dell’LNA alla testa delle operazioni nel settore di Sabratha, Omar Abdel Jalil, ha ammesso la sconfitta sostenendo che l’attacco è stato coordinato con delle cellule dormienti presenti in città.

“Abbiamo subito pesanti perdite e tra i nostri militari uccisi c’è anche il colonnello Mohammed al Marghani il quale è stato colpito da un drone mentre si stava ritirando. Al momento dobbiamo riorganizzarci ma per farlo abbiamo bisogno di una valida difesa aerea per respingere gli attacchi dei droni” ha dichiarato Jalil.

La pesante sconfitta dell’LNA sul Fronte Occidentale (dove gli uomini di Haftar hanno abbandonato anche molti mezzi ed equipaggiamenti come dimostrerebbero anche le foto fatte circolare ieri dalle milizie di Tripoli che illustrano questo articolo), rappresenta il primo grande successo conseguito dai turchi e dai mercenari siriani inviati da Ankara la cui consistenza nell’area di Tripoli ha raggiunto un livello di forza considerevole.

Secondo fonti siriane (l’Osservatorio per i diritti umani – Ondus) e libiche (Libyan Address) vi sarebbero 5.000 uomini schierati, circa 500 dei quali morti o feriti in azione e altri 1.600 pronti a sbarcare in Libia dopo l’addestramento impartito dai turchi nel nord della Siria.

Il portavoce delle milizie del GNA, colonnello Mohamed Gnounou, sulla pagina web dell’operazione “Vulcano di rabbia” ha precisato che “le nostre eroiche forze si sono impossessate di 2 blindati emiratini, di rampe di lancio per razzi Grad, di 10 carri armati e veicoli armati” oltre a grandi quantità di munizioni, razzi, missili anticarro e proiettili di mortaio.

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Il successo del GNA su questo fronte non sembra aver sollevato reazioni in Italia anche se il ritorno di Sabratha e dell’intera costa occidentale della Tripolitania sotto il controllo del GNA potrebbe non essere una buona notizia.

Da quelle coste sono salpati per anni barconi e gommoni carichi di immigrati clandestini diretti in Italia e messi in mare da trafficanti scomparsi dopo l’occupazione di quel tratto di litorale da parte degli uomini di Haftar, la cui presenza ha sempre scoraggiato questi traffici. Il ritorno del GNA dovrebbe quindi preoccupare Roma in vista di un ulteriore rafforzamento dei flussi migratori illegali.

 

Successi di Haftar sul fronte orientale

Negli ultimi giorni sono stati registrati vivaci scontri anche negli altri tre fronti che contrappongono LNA e GNA. Il 10 e 11 aprile a sud di Tripoli le forze dell’LNA hanno attaccato cercando di avanzare verso la città ma hanno subito un doppio contrattacco del GNA in direzione di al-Azizia e Tarhouna dove i turchi avrebbero perso due droni.   Proprio Tarhouna potrebbe essere l’obiettivo della prossima grande offensiva del GNA attuata con il supporto dei turchi e dei siriani.

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Il 9 aprile i Mig del GNA hanno preso di mira un convoglio militare dell’Esercito Nazionale Libico che si trovava sulla strada tra Bani Walid e Tarhouna distruggendo due mezzi blindati e alcuni veicoli.

La caduta della cittadina scongiurerebbe la minaccia portata da sud dalle truppe di Haftar che si trovano a circa 5 chilometri dal centro della capitale libica. ù

La presa di Tarhouna, al-Azizia e dell’aeroporto internazionale da parte del GNA consentirebbe di cacciare l’LNA qualche decina di chilometri a sud ponendo Tripoli fuori dal raggio d’azione dell’artiglieria di Haftar e di alleggerire la pressione dell’LNA su Garabulli, città a est di Tripoli dive l’LNA cerca da tempo di assumere il controllo della strada costiera per tagliare i collegamenti tra Tripoli a Misurata.

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Molto violenti gli scontri delle ultime anche sul fronte orientale a est di Misurata, nel settore di Abu Grein 140 km ad ovest di Sirte e 120 a est di Misurata, che le milizie misuratine cercano di riconquistare.

Il 13 aprile almeno 83 miliziani misuratini sarebbero stati uccisi e 102 feriti nel fallito attacco ad Abu Grein secondo quanto riferito dal comando dell’Operazione Karama (Dignità) lanciata dall’LNA per conquistare la Tripolitania. Anche in questo caso si tratta di dati difficili da verificare mentre l’LNA ammette di aver perduto un elicottero da attacco Mi-35 con tre uomini di equipaggio a causa di un incidente mentre forniva appoggio di fuoco alle truppe a terra.

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La sanguinosa sconfitta del GNA ad Abu Grein sembra del resto confermata anche dalla Presidenza del Consiglio guidata da Fayez al- Sarraj. Un comunicato ufficiale ha ammesso che ad Abu Grein le “nostre forze armate hanno compiuto un mitico atto di eroismo nel quale hanno impartito all’aggressore una lezione di patriottismo e di sacrificio”. Il testo non fornisce numeri di caduti e feriti ma comunica “le nostre condoglianze alle famiglie dei martiri, alle loro madri, alle loro spose e ai loro bambini”.

 

Nuovi droni (ex giordani) per l’LNA

Mohamed Siala, ministro degli Esteri del governo del GNA, nel denunciare gli ingenti rifornimenti giunti da molti paesi arabi all’LNA, ha recentemente accusato la Giordania di aver ceduto alle forze di Haftar aerei senza pilota di fabbricazione cinese.

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Amman aveva messo in vendita nel 2016 sei UAV CH-4B della China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC) insieme a missili a guida laser AR-1 e bombe a guida FT-9 nell’ambito di un ampio programma di dismissioni di velivoli.

I CH-4B si uniscono ai Wing Loong II già impiegati dall’LNA e forniti dagli Emirati Arabi Uniti. Secondo il ministro Siala i velivoli ex giordani sarebbero arrivati a Bengasi il 28 marzo a bordo di un aereo cargo Il-76TD della compagnia kazaka Jenis Air.

Lo stesso velivolo aveva effettuato in precedenza altri viaggi dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Giordania che in passato ha fornito ad Haftar anche mezzi blindati.

 

Libia e Siria: guerre parallele

La definizione degli schieramenti a sostegno di GNA e LNA sta determinando sviluppi nelle alleanze impensabili solo fino a qualche mese or sono.

Da quando con i buoni uffici russi ed egiziani il governo di Damasco ha riconosciuto il governo libico di Tobruk e sono iniziati stretti rapporti anche d’intelligence con l’LNA di Haftar (con indiscrezioni circa invio in Cirenaica di volontari siriani per bilanciare i mercenari filo-turchi) si sono rinsaldati anche i rapporti tra il governo siriano e gli Emirati Arabi Uniti (EAU), un tempo tra i maggiori sponsor dei ribelli anti-Assad.

Secondo quanto riferisce un documentato articolo di Middle East Eye, Mohammed bin Zayed (MBZ), il principe ereditario di Abu Dhabi, starebbe facendo strenui tentativi per convincere il presidente siriano Bashar al-Assad a interrompere il cessate il fuoco con i ribelli sostenuti dalla Turchia nella provincia di Idlib.

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Dopo i successi conseguiti dalle forze di Assad sostenute dall’aeronautica russa l’offensiva a Idlib, costata la vita a molti soldati di Ankara, è stata sospesa in seguito agli accordi per il cessate il fuoco tra russi e turchi.

Una tregua utile in questo momento soprattutto ad Ankara che può concentrarsi sul supporto militare agli alleati libici di Tripoli impegnati a contrattaccare su tutti i fronti le forze di Haftar sostenute da Egitto, Russia ed Emirati Arabi Uniti.

L’intesa tra queste Nazioni, l’LNA di Haftar e la Siria rischia di avere un impatto geopolitico rilevante tra Medio Oriente e Mediterraneo: è un asse che si estende in funzione anti-turca anche a Grecia e Israele  nel contenere le pretese di Ankara circa lo sfruttamento del gas nell’Egeo e può rafforzare il governo siriano finora sostenuto solo da Russia e Iran (ma spalleggiato nella Lega Araba dall’Egitto) allontanandolo dall’orbita di Teheran e portando miliardi di petrodollari emiratini nei programmi di ricostruzione post bellica di cui Assad ha un gran bisogno.

Secondo Middle East Eye gli EAU avrebbero offerto 3 miliardi di dollari ad Assad (250 milioni sarebbero stati già versati prima della tregua del 5 marzo) per riprendere l’offensiva a Idlib e spazzare via i ribelli islamisti legati ad al-Qaeda e Fratellanza Musulmana dall’ultimo lembo di Siria sotto il loro controllo.

Per Abu Dhabi significherebbe la sconfitta dei miliziani sostenuti da Qatar e Turchia, impegnare Ankara in un logorante conflitto nel nord della Siria ma anche distogliere l’attenzione turca dal fronte libico permettendo il rilancio dell’offensiva di Haftar.

Difficile credere che Assad pregiudichi le intese con Mosca per privilegiare l’accordo con il “nuovo“ alleato emiratino ma è al tempo stesso indubbio che la tregua a Idlib non potrà essere eterna considerata la pretesa di Damasco di completare la riconquista del territorio nazionale.

Resta il fatto che l’intesa cordiale tra Damasco e Abu Dhabi costituisce uno sviluppo che conferma il dinamismo della spregiudicata politica estera, da potenza multiregionale, degli Emirati Arabi Uniti pronti a rimpiazzare l’Iran (che causa delle sanzioni statunitensi non può più finanziare Damasco) in Siria e a sfidare i russi che premono su Assad per evitare nuove crisi con la Turchia.

 

 

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