Trump vuole ridurre sensibilmente le forze USA in Germania

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ordinato il 5 giugno al Pentagono di ridurre di 9.500 unità la presenza dei soldati statunitensi in Germania entro settembre, secondo quanto scritto dal Wall Street Journal, che cita fonti governative.

Si tratta di quasi un terzo dei 34.500 militari americani stanziati in Germania, che scenderebbero a circa 25mila, tetto che Trump vorrebbe imporre come numero massimo di militari schierabili nel paese europeo oggi pari a 52mila unità.

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Secondo la fonte del quotidiano, la scelta non è stata influenzata dalla decisione della cancelliera tedesca Angela Merkel di non partecipare al G-7 che Trump voleva organizzare negli Stati Uniti alla fine di giugno, ma è indubbio che la decisione sia stata presa in un periodo in cui i rapporti tra i due Paesi sono tesi.

Washington rimprovera Berlino per non aver condannato duramente le responsabilità cinesi nella diffusione del Coronavirus e di non dedicare una quota sufficiente del suo Pil alle spese per la Difesa chiedendo nel 2017 che Berlino pagasse i costi del mantenimento delle forze statunitensi che garantiscono la sicurezza della Germania.

Richard Grenell, che ha recentemente lasciato l’incarico di ambasciatore statunitense in Germania (dove era “sgradito” al governo di Berlino) per diventare direttore dell’intelligence nazionale, da tempo faceva pressioni per ridurre la presenza delle truppe statunitensi proprio per l’impegno insufficiente del governo tedesco.

Molto probabilmente la decisione di Trump mira a rafforzare il rientro negli USA di parte delle truppe oltremare (si parla anche di un più rapido ritiro dall’Afghanistan rispetto ai tempi previsti) prima del voto presidenziale di novembre.

La decisione di ritirare parte delle truppe in Germania è apparsa nero su bianco in un memorandum firmato di recente dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Robert O’Brien.

Un ritiro che indirettamente indebolisce la NATO mostrando un minore interesse degli USA nei confronti della Difesa del Vecchio Continente. La notizia è stata resa nota poche ore prima dell’inizio delle esercitazioni navali Baltops 2020, le più importanti che si svolgono a livello internazionale nel Mar Baltico coinvolgendo fino al 16 giugno 29 unità navali e altrettanti aeromobili delle forze aeree e navali di diciannove paesi membri della Nato.

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Non si sono fatte attendere le reazioni negative nel mondo politico tedesco alla decisione del ritiro delle forze americane: “Una tale decisione è molto deplorevole da tutti i punti di vista”, ha detto il 6 giugno Norbert Roettgen, presidente della Commissioni esteri del Bundestag nonchè candidato alla leadership della Cdu, aggiungendo che “non è riconoscibile un motivo fattuale per questo ritiro. Lo stazionamento dei soldati Usa in Germania è di enorme importanza per il coordinamento della presenza militare internazionale americana”.

Critiche sono arrivate anche dal responsabile per gli Affari esteri del gruppo parlamentare Cdu/Csu al Bundestag, Johann Wadephul, secondo il quale “questi piani dimostrano ancora una volta che l’amministrazione Trump viene meno ad uno dei compiti elementari di leadership: il coinvolgimento degli alleati nei processi decisionali. Wadephul ritiene inoltre che “tutti i partner della Nato beneficiano della coesione dell’Alleanza, solo la Russia e la Cina beneficiano dal litigio: questo fatto Washington dovrebbe considerarlo con maggiore attenzione”.

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Per l’esperto delle politiche di difesa Henning Otto, sempre della Cdu, si tratta di un “campanello d’allarme” per gli europei a strutturare meglio una propria politica della difesa. E’ invece Andreas Nick, un altro esponente del partito di Angela Merkel, a ricordare che è “una procedura molto insolita” che il governo tedesco non sia stato informato prima della decisione di Washington.

Più caustico Dietmar Bartsch, il capo del gruppo parlamentare della Linke, il partito della sinistra, secondo il quale il ritiro dei militari Usa “è un’occasione” mentre il governo tedesco dovrebbe “ringraziare” per la decisione presa preparando insieme all’amministrazione Trump “un completo ritiro dei soldati che dovrebbero portarsi dietro anche le bombe atomiche” ancora sono stazionate sul territorio tedesco.

Il 7 giugno il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha commentato la notizia dichiarando che “ne prenderemo nota” mentre il coordinatore delle relazioni transatlantiche del governo di Berlino, Peter Beyer ritiene che “le relazioni tedesco-americane potrebbero risultare gravemente colpite da una decisione in questo senso” ricordando che oltre ai militari lascerebbero la Germania anche i loro famigliari, circa 20 mila persone in tutto.

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Al di là degli aspetti politici e militari il ritiro di parte delle forze statunitensi per la Germania significa anche un forte danno economico, specie nei lander dove verranno ridotte o azzerate le forze e le infrastrutture americane.

La vicenda potrebbe teoricamente avere ripercussioni anche sulla recente decisione tedesca di rinnovare la linea da combattimento della Luftwaffe ordinando 93 nuovi Eurofighter Typhoon ma anche 45 aerei statunitensi: 30 Boeing F/A-18E/F Super Hornet e 15 Boeing EA-18G Growler da guerra elettronica/SEAD.

Gli USA puntavano a vendere anche ai tedeschi gli F-35 di Lockheed Martin ma un inasprimento delle tensioni bilaterali potrebbe indurre Berlino a un ripensamento anche nei confronti della commessa a Boeing.

Foto: Stars and Stripes, Boeing e USAFE

 

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