L’arte della guerra nell’età post-moderna: la battaglia delle percezioni

Con il titolo The Art of War in the Post-Modern Era. The Battle of Perceptions, due alti Ufficiali in servizio dell’Esercito Italiano – Generale di Brigata Fabiano Zinzone e Tenente Colonnello Marco Cagnazzo – hanno appena dato alle stampe un agile volume ricco di spunti per tentare di definire un nuovo paradigma interpretativo della guerra contemporanea.

Tre sono le caratteristiche principali che emergono dalla sua lettura: in primo luogo, la dimensione stilistica da «alta divulgazione», con cui gli autori trattano cioè argomenti complessi e anche tecnici con un linguaggio semplice e in uno spazio breve (156 pp.). In secondo luogo, l’equilibrio tra teoria e prassi, in quanto vengono ampiamente citati e discussi diversi classici del pensiero militare e geopolitico dall’antichità all’età contemporanea (Sun Tzu, Machiavelli, von Clausewitz, A. de Jomini, Mao Zedong, John F.C. Fuller, A. Mahan), ma al contempo abbondano gli esempi storici e d’attualità sulle dinamiche dei conflitti e sulle situazioni operative.

Infine – ed è forse l’aspetto più saliente – la scelta da parte di due rappresentanti delle Forze Armate Italiane di redigere il testo in lingua inglese, dunque con l’ambizione di dare un respiro internazionale alla propria riflessione, ma senza per questo limitarsi ad un’angolatura anglo-centrica, anzi lasciando sottilmente emergere l’italianità della prospettiva sia pur in uno spettro tematico che come tale esula dal dibattito sulla dottrina e sugli interessi nazionali.

Il libro si compone di nove brevi capitoli dedicati ad aspetti differenti ma interconnessi della guerra contemporanea (le dimensioni della guerra; i domini della guerra; l’ambiente operativo oggi e domani; i principi della guerra post-moderna; il punto di vista avversario; il centro di gravità in un contesto multi-dominio; l’analisi delle linee d’azione del nemico; il «cigno nero» e l’imprevedibilità; il fattore umano), riuscendo a collocare in un quadro unitario le considerazioni di ciascun ambito tematico.

Nelle parole del generale statunitense J.T. Thomson che ne firma la prefazione, il libro «ambisce a fornire la base su “come pensare” di fronte agli scenari geopolitici attuali e futuri», attraverso «un eccellente lavoro descrittivo delle dimensioni della guerra, in particolar modo di quella informativa» e indirizzandosi idealmente a tutti i leader politici e militari «chiamati ad affrontare un insieme di problemi estremamente complessi, la maggior parte dei quali include una miriade di variabili interdipendenti e ciascuno presenta sempre una ineludibile componente umana».

Gli Autori distinguono innanzitutto le dimensioni della guerra (fisica, cognitiva, informativa) dai domini correlati alla medesima (politico, sociale, economico, infrastrutturale, cyber). Mentre le prime afferiscono all’ambito militare propriamente detto, i secondi sono da intendersi come quegli ambiti o macro-sistemi in cui non si svolge un combattimento armato tra eserciti contrapposti, ma dove si può ravvisare una dinamica di conflitto che compartecipa e influisce sul corso degli eventi.

In questo tentativo di categorizzazione sembra evidente la volontà di non cedere al caos post-moderno e individuare uno schema interpretativo della realtà, per quanto duttile e flessibile esso debba essere In questo senso viene sottolineato il passaggio dalla nozione di «inter-dominio» (crossdomain), con cui si intende la pluralità di fattori che si intrecciano nella guerra post-moderna, al «multi-dominio» (multidomain), uno dei concetti più recenti delle scienze militari con cui si cerca invece di concepire la pluralità come un insieme integrato dove a contare non è tanto la superiorità strategica in un singolo dominio, bensì la libertà d’azione e la capacità di predisporre più alternative nel confronto con l’avversario.

La tesi degli Autori è che molti dei principi classici dell’Arte della guerra – l’iniziativa, la sorpresa, la massa o concentrazione delle forze – mantengano la propria validità anche in tale contesto multi-dominio, ma necessitino di essere tradotti e applicati in modo innovativo rispetto agli schemi della guerra convenzionale del passato in cui furono elaborati. Interessante, in questo senso, è l’analogia che Zinzone e Cagnazzo propongono ad esempio tra il concetto tattico di «linee di operazione interna» (che nella teoria di Jomini si riferisce all’efficacia dell’attacco campale contro una parte delle forze nemiche dopo l’interposizione tra di esse), e la «disgregazione dall’interno», che sopravviene ad esempio nel dominio economico a causa della destabilizzazione di una fonte di potere in grado di erodere l’integrità di tutto un sistema produttivo (pp. 61-62).

Uno dei capitoli più pregnanti è senza dubbio quello in cui viene esaminato il problema analitico del Centro di Gravità (CoG, nell’acronimo inglese), che costituisce, nella dottrina militare classica, quella caratteristica, quel luogo o quella capacità la cui importanza risulta vitale per la libertà d’azione di un soggetto belligerante. Nella tipica e sempre suggestiva analogia tra la guerra e il gioco degli scacchi, in cui si parte da una situazione iniziale di assoluta parità tra gli schieramenti, il CoG di ciascuno è costituito dai rispettivi Re, mentre le Regine possono essere identificate con le «capacità critiche» dei due eserciti (p. 89).

Nella realtà, spiegano gli Autori, l’individuazione univoca di un singolo CoG da cui dipende la libertà d’azione del soggetto belligerante non è tuttavia possibile in modo così definito e definitivo, meno che mai in un contesto ibrido, asimmetrico e post-moderno. Per dimostrarlo, essi attingono ampiamente all’esperienza della Campagna NATO in Afghanistan, che ha mostrato concretamente la natura plurima e pluri-livello di diversi CoG. Il CoG tattico era rappresentato infatti dal legame tra i Talebani e il traffico di droga, che garantiva loro il finanziamento delle attività insurrezionali; il CoG di livello operativo consisteva nella leadership del movimento talebano, localizzata però in un luogo esterno al Teatro operativo afgano (cioè a Quetta, Pakistan); il CoG strategico era individuabile nell’etnia pashtun, che forniva l’indispensabile base di consenso di una parte importante di popolazione a tutto il movimento islamista.

Proprio relativamente a questo strumento concettuale gli Autori propongono una diversificazione in cinque distinti Centri di Gravità, rielaborando le dottrine correnti e adducendo molteplici esempi storici a sostegno di un cambio di paradigma. In primo luogo il CoG naturale o «di teatro», avente una natura essenzialmente geografico-geopolitica (esempio: il ruolo di Milano nella storia militare italiana, quale centro assiale dalla cui occupazione dipendeva il controllo terrestre di tutta l’Italia centro-settentrionale); quindi il CoG tattico, riferito alle operazioni militari sul campo (esempio: l’offensiva di Feltre-Vittorio Veneto nella Prima Guerra Mondiale, con cui si riuscì a disarticolare l’esercito austriaco separando le due masse avversarie di montagna e di pianura); il CoG operativo, più difficile da individuare ma che rende possibile il compimento della missione d’una Campagna militare (esempio: la Campagna di Francia, dove il CoG avversario per la Germania erano le unità di manovra franco-britanniche, in buona parte distrutte nella battaglia di Dunkerque); il CoG strategico (esempio: nel già citato caso afghano, la popolazione di etnia pashtun che costituiva il supporto nevralgico all’insorgenza talebana); infine il CoG politico (esempio: la sopravvivenza e l’esistenza stessa dello Stato, come nel caso della Guerra dei Sei Giorni per Israele).

Altro punto meritevole d’attenzione e approfondimento è lo spazio dedicato alla teoria del «Cigno Nero», cioè al verificarsi del sempre possibile «shock strategico», quell’evento radicale e imprevisto che cambia significativamente il corso degli eventi rispetto a tutte le previsioni. Scritto non a caso nei mesi dell’emergenza Covid-19, questo capitolo risulta originale in quanto lascia emergere che l’imprevedibilità non è data solo dal difficile calcolo probabilistico che un dato evento eccezionale si verifichi, ma soprattutto dalle reazioni umane che esso può generare.

Nel caso dell’epidemia, ciò che ha scompaginato ogni pronostico non è stato infatti tanto il virus in quanto tale – sulla cui possibile diffusione taluni specialisti per verità erano riusciti in tempo a mettere in guardia – bensì le contromisure differenti e non univoche dei diversi governi e istituzioni, le narrazioni e contro-narrazioni scientifiche, mediatiche e sui social network, i risvolti economici da Paese a Paese, i comportamenti dei singoli e delle collettività. Sono questi fattori, dietro ciascuno dei quali agisce sempre la componente uomo, ad avere modificato il corso degli eventi e delle priorità su scala mondiale.

Ne discende una valorizzazione di quello che gli autori definiscono «iperdominio», cioè il fattore umano che resta, anche nella guerra postmoderna, un dato imprescindibile in ultima analisi più importante delle tecnologie e dei sistemi d’arma per il conseguimento della vittoria.

«In un conflitto post-moderno», tuttavia, «l’avversario non viene eliminato; assai più probabilmente può essere ridotto ad una minaccia irrilevante» (p. 114). Ciò significa che nell’epoca presente e futura le minacce non saranno mai davvero neutralizzate, ma al massimo temporaneamente sopite: così in effetti è stato per i numerosi conflitti «congelati» in cui periodicamente le ostilità riemergono e dove le fasi di pace si rivelano piuttosto dei provvisori cessate-il-fuoco.

Così è certamente anche per il fenomeno terroristico, che riemerge con regolarità e dove la sconfitta di una organizzazione è quasi sempre preludio alla riconversione in una nuova forma. Forse per questo l’arte della guerra si situa sempre più nella gestione «ordinaria» delle crisi e dei periodi di dopoguerra, nonché nella capacità di tenere le minacce potenziali sotto controllo e nel dominio informativo e della percezione. E proprio a favorire la comprensione di queste complesse dinamiche è rivolto il contributo di Zinzone e Cagnazzo, nella convinzione che «il nostro obiettivo sarà in fondo lo stesso dei nostri avversari: la capacità di influenza» (p.114).

Link libro: https://www.libreriauniversitaria.it/art-war-post-modern-era/libro/9788831684132

Titolo: The Art of War in the Post-Modern Era. The Battle of Perceptions

Autori: Fabiano Zinzone, Marco Cagnazzo

Editore: Youcanprint

Data di Pubblicazione: luglio 2020

EAN: 9788831684132

ISBN: 8831684132

Pagine: 156

 

Laureato in Storia Contemporanea con un Ph.D. in Studi Slavi, è analista politico, interprete e traduttore specializzato sulle aree russofona e francofona. Ha lavorato presso il Ministero degli Affari Esteri e svolge incarichi di docenza sulla geopolitica dell'Eurasia per alcuni Master universitari. E' Ufficiale della Riserva Selezionata dell’Esercito Italiano con il grado di Tenente.

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