Al suo primo abbordaggio l’Operazione Irini blocca una nave carica di carburante per gli aerei di Haftar
Alle 7 del mattino del 10 settembre la fregata tedesca Hamburg assegnata all’Operazione EUNAVFOR MED Irini ha bloccato ed ispezionato il mercantile Royal Diamond 7 in acque internazionali a circa 150 km a nord della città libica di Derna (Cirenaica) in base al sospetto che il suo carico violasse l’embargo di armi alla Libia (Video).
Il comando dell’operazione guidata da Roma dall’ammiraglio Fabio Agostini ha reso noto che “la nave, segnalata dal Panel of Experts dell’Onu per la Libia, era partita dal porto di Sharjah negli Emirati Arabi verso Bengasi in Libia con un cargo di carburante per aerei (JP) destinato presumibilmente a scopi militari”, cioè alle forze aeree dell’Esercito nazionale libico (LNA) del generale Khalifa Haftar che godono del sostegno di una ventina di aerei russi Mig 29 e Sukhoi Su-24 gestiti con ogni probabilità dalla società militare privata Wagner.
Il comunicato precisa che “tale carburante viene considerato alla stregua di materiale militare dall’ONU e quindi trova applicazione la risoluzione 2292 (2016) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’embargo delle armi verso la Libia, confermata e prorogata dalla risoluzione 2526 (2020).
La nave tedesca Hamburg, supportata dalla nave italiana Margottini, ammiraglia dell’Operazione Irini, da cui l’Ammiraglio Ettore Socci – comandante in mare delle forze assegnate all’Operazione europea – ha condotto l’attività, ha impedito al mercantile l’accesso alle acque territoriali libiche e la sta dirottando verso un porto dell’Unione europea per ulteriori verifiche ed indagini”.
Si tratta del primo abbordaggio (boarding) effettuato dalle forze dell’operazione Ue dal 4 maggio, giorno dell’inizio delle attività in mare: da allora gli assetti Irini hanno interrogato 650 navi sospette (hailing) e hanno effettuato 12 visite a mercantili (friendly approach) per ottenere informazioni sui traffici illeciti nel Mediterraneo centrale. Irini – grazie anche al lavoro dell’intelligence e alle immagini satellitari del SatCen della Ue, che ha fornito oltre 230 album di immagini satellitari – monitora il traffico in oltre 10 porti e punti d’approdo e 25 aeroporti e piste d’atterraggio in Libia.
In questi quattro mesi, non solo ha monitorato le navi sospette, ma ha anche segnalato la presenza di 80 voli di interesse da e per la Libia, contribuendo a implementare l’embargo di armi e il controllo del traffico illecito di petrolio con 14 rapporti, consegnati al Panel di Esperti delle Nazioni Unite.
I rapporti riguardano entrambe le parti del conflitto in Libia ma è evidente che l’operazione risente di un difficile contesto politico. In giugno la fregata greca Spetsai, all’epoca unica nave assegnata alla flotta Ue, segnalò ma non tentò di bloccare con la forza il cargo Cirkin carico di armi dirette alle forze di Tripoli e che fece più volte la spola col porto di Misurata sotto la scorta di tre fregate e corvette della Marina di Ankara.
Commentando l’arrivo nel porto di Misurata del mercantile battente bandiera tanzaniana carico di armi e munizioni il portavoce della Commissione Ue Peter Stano, ammise l’impossibilità da parte dell’ Operazione Irini di imporre l’ispezione alle navi.
Il 10 giugno scorso al largo della Libia la fregata francese Courbet (F-712 classe La Fayette nella foto sotto) è stata fatta oggetto di tre ‘illuminazioni radar’ da parte della fregata turca Oruç Reis (F-245 classe Barbaros tipo Meko 200TN) mentre cercava di avvicinarsi al Cirkin le cui attività erano in palese violazione dell’embargo dell’ONU.
La Courbet non era assegnata ad Irini ma all’operazione Sea Guardian della NATO da cui Parigi sospese la partecipazione in seguito all’assenza di sostegno da parte degli alleati in questa vicenda.
Da quanto emerso finora è evidente l’imbarazzo della NATO, alle prese con il braccio di ferro tra due Stati membri come Grecia e Turchia, cui si aggiunge l’inefficacia della Ue divisa tra filo-turchi e filo-greci che si riflette anche su Irini, non a caso mantenuta al minimo delle forze e col rischio di apparire incline a simpatie per una o l’altra fazione libica (e i loro rispettivi sponsor) a seconda dei paesi che ne fanno parte o ne hanno la guida.
Già a giugno era evidente il limite che Irini non potesse usare la forza per bloccare navi sospette di violare l’embargo scortate da navi da guerra. In quel caso qualcuno fece notare che la Francia (che oggi non ha navi assegnate ad Irini, missione composta solo dalle due unità tedesca e italiana citate) è avversario diretto della Turchia e un alleato sempre più stretto di Grecia e Cipro.
Nonostante le navi Ue non abbiano mai cercato di interrompere i traffici di ami turchi in Libia, Ankara non ha mai riconosciuto nessuna legittimità all’Operazione Irini, considerandola penalizzante solo per i suoi alleati del Governo di accordo azionale (GNA) di Tripoli che ricevono gran parte degli aiuti militari via mare dalla Turchia.
Anche per questo si può speculare sul fatto che l’Operazione Irini oggi veda la sua mini-flotta composta solo da navi dei due paesi più “filo-turchi” d’Europa, cioè la Germania e l’Italia (nella foyto sotto la fregata Hamburg) e che proprio con questo assetto abbia effettuato ieri il suo primo blocco ai danni di un cargo (non scortato da navi militari) carico di carburante per aerei proveniente dagli Emirati Arabi Uniti, alleati di ferro del generale Haftar.
Dovremmo forse chiederci se a ottobre, quando il comando delle forze in mare di Irini passerà ad un contrammiraglio greco a bordo di una fregata di Atene, assisteremo a un approccio più severo dell’operazione Ue nei confronti delle forniture di armi gestiti dalla Turchia?
In attesa di scoprire se il prossimo carico di aiuti militari ad Haftar provenienti da Abu Dhabi verrà scortato da una nave militare emiratina oppure attraccherà nel porto egiziano di Sidi el-Barrani per inoltrare in Libia il suo carico via strada, vale la pena sottolineare che il sequestro della nave e del carico emiratino, dirottati in un porto europeo, costituisce un triplice successo per Ankara.
Innanzitutto perché Irini dimostra di saper usare la forza con i deboli (i cargo privi di scorta) ma di tenersi lontana dai guai con i forti, cioè i mercantili carichi di armi per Tripoli scortati dalla flotta turca.
Ad Ankara avranno poi apprezzato che il sequestro della nave emiratina da parte della flotta Ue cada nel momento di massima tensione tra la Turchia e la monarchia araba del Golfo, ormai così presente nel Mediterraneo da aver inviato a sostegno della Grecia 6 suoi caccia F-16 nella base aerea della Baia di Suda, a Creta (nella foto sotto). Aerei che i turchi minacciano di abbattere se si avvicineranno alle loro navi o alle loro coste.
Infine non può sfuggire la coincidenza temporale tra il primo boarding e sequestro attuato dall’Operazione Irini e l’intervento di ieri del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, alla commissione Esteri del Parlamento europeo.
In un messaggio rivolto ai ministri degli Esteri europei riunitisi nel vertice MED7 ad Ajaccio, in Corsica, per discutere la crisi nel Mediterraneo Orientale, Cavusoglu ha detto che la Grecia “non è pronta al dialogo, continua a violare unilateralmente i diritti dei turchi di Cipro e ha rifiutato di dare una chance alla mediazione della Germania che noi avevamo appoggiato incondizionatamente”, ha detto il ministro ribadendo che la posizione della Turchia è “conforme al diritto internazionale” sia nel Mediterraneo orientale che in Libia “dove abbiamo un accordo con il governo legittimo, riconosciuto dall’Onu” di Fayez al-Serraj.
Il presidente francese Emanuel Macron aveva esortato i partner dell’Europa a fare blocco dinanzi alle operazioni turche nella zona. “L’Europa deve avere una voce più unita e più chiara” nei confronti della Turchia, che “non è più un partner”, ha avvertito. “Noi europei dobbiamo essere chiari e determinati con il governo del presidente Erdogan che oggi ha comportamenti inammissibili” e deve “chiarire le sue intenzioni”, ha aggiunto il capo dell’Eliseo.
Foto Operazione Irini e Twitter
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.