Le fregate tedesche F125 classe Baden-Wurttemberg
Difficoltà e problemi di ogni genere hanno caratterizzato lo sviluppo delle nuove fregate tedesche F125 classe Baden-Wurttenberg, entrate nella lunga lista di inefficienze e difficoltà della Germania in campo militare che coinvolgono non solo l’industria ma anche le Forze Armate.
A finire sul “banco degli imputati” infatti non è solo il settore cantieristico tedesco, che ha dimostrato lacune importanti, ma anche la stessa Marina. Il primo per la sua incapacità di realizzare un prodotto (a oggi) non ancora del tutto rispondente alle caratteristiche previste; la seconda, per aver comunque elaborato un requisito operativo che (sempre a oggi) non appare pienamente convincente, sullo sfondo un’altra crisi ben più profonda che riguarda l’intero strumento militare di Berlino.
Bilanci della Difesa a lungo insufficienti, scelte politiche assunte in ritardo e non sempre lineari. Una sorta di “male oscuro” che sembra evidenziare tutte le difficoltà di un Paese che ancora non riesce a recuperare un rapporto per certi versi più maturo con il proprio strumento militare e con il proprio ruolo sulla scena internazionale.
Il Programma F125
L’avvio degli studi relativi alle nuove unità di quella che poi diventerà la classe Baden-Württemberg, deve essere fatto risalire alla fine degli anni ’90. All’epoca, la Deutsche Marine cominciò a porsi il problema di come sostituire le 8 fregate della classe Bremen. Per queste ultime, nonostante fossero entrate in servizio tra il 1982 e il 1990 e nonostante fossero ritenute unità riuscite (frutto di un programma comune con l’Olanda e le sue Kortenaer), si rendeva necessario cominciare a pensare per tempo alla loro sostituzione.
Sennonché, già sul fronte del requisito si segnalava una novità rilevante: le nuove fregate non avrebbero sostituito le precedenti in rapporto 1:1 ma sarebbero state appena 4.
Una perdita tanto secca quanto importante, che però poteva essere in qualche modo sopportata per effetto di un paio di considerazioni: la prima è che le future piattaforme sarebbero state ben più moderne di quelle allora in servizio mentre la seconda si basava sul fatto che (sulle premesse allora note) le nuove fregate sarebbero state ancora piattaforme multiruolo.
Le stesse Bremen infatti, pur senza eccellere in alcun ruolo in particolare, possiedono infatti capacità in campo ASuW (Anti–Surface Warfare), in campo AAW (Anti-Air, intesa come difesa locale), e in campo ASW (Anti-Submarine). Nell’aprile del 2004 comincia invece a maturare un vero e proprio “cambio di rotta”.
L’idea di procedere con la realizzazione di più tradizionali unità multiruolo venne infatti abbandonata in favore di una piattaforma pensata per affrontare scenari particolari. Nel dettaglio, il riferimento principale diventò l’impiego nelle cosiddette operazioni di stabilizzazione. Un riferimento vago, all’interno del quale si possono fare rientrare situazioni molto differenti ma che, sostanzialmente, presuppone l’assenza (o un basso livello) di particolari minacce “convenzionali”.
Queste nuove unità nascono dunque per cosiddette ”operazioni di stabilizzazione e/o gestione delle crisi”, per il contrasto di fenomeni criminali in mare (più precisamente, la pirateria ma anche i traffici illeciti) e, infine, per l’impiego in occasione di calamità naturali/soccorso in mare.
Tutto questo si sarebbe tradotto nella capacità di imbarcare un contingente di Forze Speciali o Fanteria di Marina (da impiegare, per esempio, in occasione di Non-combatant Evacuation Operation, NEO, o più in generale, per l’intera gamma delle “Special Operations”), nel supportare eventuali contingenti a terra grazie a spiccate capacità in funzione “land attack” e svolgere la funzione di comando per Task Group navali. In altri termini, a fronte della conservazione di capacità in campo antinave (ASuW) e allo sviluppo di quelle “land attack”, sarebbero pressoché scomparse quelle di difesa aerea e contrasto a bersagli subacquei.
Nascono così, almeno secondo una definizione ufficiosa, delle “stabilization frigate”; una classificazione un po’ bizzarra, al punto che (viste le caratteristiche generali delle piattaforme) c’è anche chi preferisce tornare rispolverare il passato per parlare di “incrociatore coloniale”!
Questo primo aspetto determina le prime e importanti scelte in fatto di sistema di combattimento sia sul fronte dei sensori che su quello dei sistemi d’arma. Al tempo stesso, allo scopo di contrastare non solo le più tradizionali minacce di tipo simmetrico ma anche quelle relativamente più recenti di tipo asimmetrico, per le nuove fregate era previsto anche l’imbarco di armi “non letali”.
Accanto però a questi elementi di carattere più “capacitivo”, la Marina Tedesca ne pose altri, di tipo “operativo”.
Proprio in funzione delle missioni previste per queste nuove fregate, infatti, una particolare enfasi viene posta sulla capacità di dispiegarsi anche a grande distanza dalla madrepatria e per periodi molto lunghi. In questo senso, gli obiettivi sono perfino ambiziosi: operare lontano dalle proprie basi per periodi fino a 2 anni e garantire una media di 5.000 ore di moto l’anno (equivalenti a qualcosa come 210 giorni).
Requisiti cui si trova risposta in diversi modi: l’adozione dello schema del doppio equipaggio per ogni nave, un elevato livello di automazione (proprio per ridurre il numero degli uomini a bordo, accrescendone al contempo il comfort) e un apparato propulsivo innovativo (al fine di accrescere l’autonomia nonché la flessibilità/economicità di gestione).
Ma proprio mentre tra il 2004 e il 2005 si modificavano i requisiti operativi, e con essi le caratteristiche delle piattaforme previste, un analogo periodo di fermento si registra anche sul piano industriale. A prendere l’iniziativa sono ThyssenKrupp Marine Systems (TKMS) e Fr. Lürssen Werft, che insieme costituiscono il consorzio ARGE F125, il cui primo passo ufficiale è rappresentato dalla presentazione nel luglio del 2005 di un’offerta articolata all’allora Bundesamt für Wehrtechnik und Beschaffung (BWB), cioè l’ente federale che si occupa delle attività legate anche al “procurement”.
Oltre a questi passaggi di natura più tecnico-burocratica, ebbe inizio anche la fase di valutazione da parte politica, peraltro assolutamente necessaria per ottenere il via libera al programma. La relativa approvazione da parte Commissione Bilancio del Bundestag giunse il 20 giugno del 2007 e sancì l’assegnazione ufficiale del contratto al consorzio ARGE F125 e fornì anche le prime indicazioni di massima sul valore totale del contratto (all’epoca valutato in 2,27 miliardi di euro per le 4 unità previste) e sui tempi di consegna (allora previsti tra 2014 e il 2017).
Particolare interessante, forse anche per placare alcune critiche già sollevate dal Bundesrechnungshof (la Corte dei Conti Federale), nel comunicato emesso dalla Commissione una particolare enfasi venne posta sui ritorni occupazionali e sulla possibilità di consolidare le attività da parte dei cantieri tedeschi.
Ed è esattamente in quest’ottica che la compagine industriale viene quindi allargata: accanto a TKMS (che avrebbe impiegato i propri siti Blohm+Voss di Ambugo e Nordseeverke di Emden) e a Fr. Lürssen Werft (con il cantiere di Brema Vegesack), si aggiunse ora il cantiere Peene-Werft di Wolgast. In realtà, negli anni successivi, Nordseeverke finirà con l’uscire dal perimetro di TKMS e dalle attività in campo navale, mentre Peene-Werft sarà acquisito dalla stessa Fr. Lürssen Werft. Esattamente 6 giorni dopo, infine, giunge anche la firma del contratto tra lo stesso consorzio ARGE F125 e il BWB.
Le tempistiche
Il programma per la costruzione per queste 4 nuove fregate entrò nel vivo, anche se in maniera non proprio rapida considerato che si dovrà attendere addirittura il 9 maggio del 2011 per assistere alla cerimonia del primo taglio di lamiere presso il cantiere Blohm+Voss di Amburgo. A proposito di siti produttivi, e a seguito delle variazioni della compagine iniziale, lo schema produttivo è stato nel frattempo consolidato.
Al cantiere Fr. Lürssen Werft è infatti affidata la realizzazione della parte centro-prodiera (ricorrendo ai suoi siti di Brema e di Wolgast) debitamente pre-allestita; questa è poi inviata al cantiere di Amburgo dove avviene l’allestimento della restante parte della nave, la conseguente unione delle 2 sezioni, l’allestimento finale dell’unità e la conseguente consegna alla Marina Tedesca.
Dopo il taglio delle prime lamiere, l’impostazione vera e propria della fregata Baden-Württemberg (F222) avviene il 2 novembre del 2011, con il varo che arriva poi il 12 dicembre 2013. La consegna alla Marina tedesca era prevista il 30 novembre del 2016 ma, come vedremo in seguito, quest’ultima ha a lungo rifiutato l’accettazione della fregata a causa di diversi problemi.
Per quanto riguarda la seconda unità, Nordrhein-Westfalen (F223), le tappe salienti sono: taglio delle prime lamiere a giugno 2012, l’impostazione avviene il 24 ottobre successivo mentre il varo si svolse il 16 aprile del 2015. La fregata venne quindi completata e consegnata il 1°settembre del 2017 mentre il suo ingresso in servizio sarebbe dovuto avvenire nel corso del 2018.
La terza unità della classe e cioè la Sachsen-Anhalt (F224) presenta quali passaggi principali: taglio lamiere nel maggio 2013, impostazione il 4 giugno del 2014 e varo il 4 marzo di 2 anni dopo. La conclusione dei lavori di allestimento venne fissata per fine 2018 o inizio 2019, con probabile consegna definitiva alla Deutsche Marine nello stesso 2019.
L’ultima piattaforma della classe, Rheinland-Pfalz (F225), è stata infine impostata il 29 luglio del 2015 (dopo l’avvio dei lavori avvenuto nell’aprile dell’anno prima) e varata il 24 maggio 2017. I lavori di allestimento si sarebbero dovuti concludere nel 2019 con ingresso in servizio previsto per il 2020.
In realtà le date legate all’ingresso in servizio sono tutte completamente saltate; come si vedrà in seguito.
Tutte le fregate sono destinate alla base di Wilhelmshaven, inserite nella «4.Fregattengeschwader» (squadriglia fregate), facente parte a sua volta della «Einsatzflottille 2»; e cioè una delle 2 Flottiglie che raggruppano tutti gli assetti (di superficie e subacquei) della Deutsche Marine.
La piattaforma e l’impianto propulsivo
Analizzando le fregate F125 da un punto di vista delle dimensioni è evidente che si tratta di unità navali “importanti”.
Le Baden-Württemberg presentano infatti una lunghezza fuori tutto di 149,5, una larghezza massima di 18,8 e un pescaggio di 5 metri. Il dislocamento raggiunge a pieno carico le 7.276 secondo le informazioni ufficiali di TKMS.
Da un punto di vista costruttivo generale, una grande attenzione è stata riservata al concetto di “survivability”; la capacità cioè della piattaforma di sopravvivere negli attuali scenari operativi.
Le direttrici principali di questo sforzo sono 3:
- riduzione della segnatura radar
- separazione fisica/ridondanza dei sistemi vitali
- protezione passiva.
Per ciò che concerne il primo dei 3 aspetti, ovviamente si è fatto leva sulla grande esperienza maturata da TKMS nella realizzazione delle proprie piattaforme basate sul concetto MEKO. Tratto distintivo, l’adozione del concetto “X-shape”, nel quale le superfici verticali della nave presentano un’inclinazione diversa fino a formare una X.
Lo scopo, come noto, è quello di impedire una riflessione dei segnali del radar quanto, piuttosto, una loro dispersione Accanto a questa misura per così dire principale, se ne affiancano altre che puntano a celare tutte quelle attrezzature/sistemi che, altrimenti, aumenterebbero la segnatura radar.
L’aspetto più rappresentativo del secondo elemento è simboleggiato dal cosiddetto principio della “doppia isola”; in pratica, sensori e sistemi importanti sono suddivisi fra le 2 strutture (o “isole”).
In caso dunque di colpo a segno su una delle 2, l’altra sarebbe comunque in grado di assicurare ancora (sia pure in maniera degradata) funzioni primarie quali Comando, Controllo e Comunicazioni, governo della nave e capacità di difesa. Collegato al concetto di separazione fisica dei sistemi critici attraverso la loro distribuzione all’interno della piattaforma, quello di ridondanza; nella misura in cui la duplicazione di tali sistemi contribuisce essa stessa a incrementare la capacità di sopravvivenza nel caso l’unità fosse colpita.
E sempre in questo contesto, si inserisce anche la creazione di 3 “Damage Control Sections” (per la lunghezza della nave), ciascuna delle quali suddivisa in altre 2 “Damage Control Zones”; ciascuna di queste “Zone” risulta così autonoma in termini di distribuzione dell’energia elettrica, di impianti antincendio e sistemi di sicurezza, dell’insieme degli apparati HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning) nonché di elementi dell’IPMS (Integrated Platform Management System).
Quest’ultimo accorgimento ci rimanda direttamente all’ultima area di interventi adottati per incrementare la “survivability” e cioè la protezione. Le 6 zone di cui sopra nascono infatti dalla presenza di 5 paratie stagne doppie e resistenti alle esplosioni; accanto ad esse, un’ulteriore serie di strutture scatolari corazzate realizzate sul ponte continuo più alto della sovrastruttura, sempre al fine di ridurre la propagazione degli effetti in caso di colpo a bordo. Da ultimo, ulteriori interventi specifici a protezione delle are vitali: centri di comando e controllo nonché depositi di munizioni. A completamento del quadro, la considerazione che le unità in questione sono state costruite interamente secondo i criteri di costruzione militari BV (Bauvorschriften für Schiffe und Boote) Tedeschi. (nell’immagine qui sotto).
Il tema della separazione fisica tra i diversi sistemi costituisce anche la congiunzione con un altro importante e innovativo aspetto di queste unità: l’impianto propulsivo.
Per la prima volta su di una piattaforma della Deutsche Marine, è stata infatti adottata una configurazione CODLAG (COmbined Diesel eLectric and Gas), composta da 4 diesel-alternatori MTU 20V 4000 M53B da 3,015 MW ciascuno e da una turbina a gas General Electric LM 2500, tarata a una potenza di 20 MW; completano il quadro dell’apparato, i 2 motori elettrici di propulsione Siemens da 4,7 MW ciascuno. Anche questa soluzione è stata pensata per garantire la massima efficienza possibile; i 4 generatori, sistemati a coppie in 2 locali diversi, sono impiegati per soddisfare le esigenze di bordo e per alimentare i motori elettrici per le andature a bassa velocità/di crociera; il tutto, pur conservando comunque la capacità di spingere la nave fino a 20 nodi.
Laddove fossero richieste velocità superiori, entra in funzione la turbina a gas la quale, attraverso un giunto di riduzione del tipo “cross-connect” della Renk, va ad agire a sua volta sugli assi delle eliche (a passo variabile). Così come accade per i generatori diesel, anche la turbina a gas e i motori elettrici (con i vari giunti) sono posizionati in locali diversi per aumentare il grado di sopravvivenza. Da segnale inoltre anche la presenza di un’elica di manovra di prua da 1 MW.
Oltre a una maggiore efficienza complessiva, questa specifica configurazione è stata adottata anche in funzione del fatto che le esigenze di manutenzione risultano più contenute rispetto ad altre (ad esempio, per effetto dell’adozione di 4 generatori tutti uguali) e perché può offrire una riserva di potenza utile sia per le condizioni operative previste (si pensi all’impiego in zone calde con annesse esigenze per il condizionamento), sia per l’implementazione futura di nuovi sistemi.
Ufficialmente, con la TAG innestata, la velocità massima raggiungibile è indicata in maniera generica come superiore a 26 nodi; altre fonti però, tendono ad accreditare valori più probabili intorno ai 28 nodi. Dal punto di vista dell’autonomia, a seconda della velocità di crociera adottata, essa varia tra le oltre 5.000 miglia (a 12 nodi) e le circa 4.000 (a 16 nodi). L’autonomia operativa è invece indicata in 30 giorni.
L’equipaggio
Quello dell’autonomia operativa è dunque un valore che ben si sposa con i requisiti operativi sopra delineati e che è legato a un altro elemento già accennato: il ridotto numero di uomini di equipaggio.
Grazie infatti all’elevato livello di automazione introdotto su queste piattaforme (in tutti i suoi aspetti, dalla gestione delle piattaforme stesse, alle funzioni di navigazione/governo della nave fino a quelle di combattimento), è stato possibile scendere fino ad appena 120 unità: un numero davvero ridotto.
Le F125 garantiscono però al tempo stesso un’importante disponibilità aggiuntiva di alloggio per altre 70 persone; 20 di queste appartenenti al reparto di volo, le altre 50 possono essere invece operatori delle Forze Speciali o da sbarco e/o personale specifico nel caso l’unità svolga la funzione di comando di un “Task Group”. Assicurando comunque un livello di comfort a bordo adeguato alla tipologia delle missioni previste; in particolare rispetto alla possibilità di operare a lungo e lontano dalle proprie basi.
Quale diretta conseguenza delle considerazioni svolte, il particolare schema adottato dalla Marina tedesca, che potremmo definire “multi-equipaggio”. Una novità assoluta per la Deutsche Marine. Nello specifico la soluzione scelta prevede la formazione di 8 equipaggi (Alpha, Bravo, Charlie, Delta, Echo, Foxtrot, Golf, Hotel) che per l’appunto ruoteranno con turni di 4 mesi sulle 4 unità della classe.
Particolare cura poi è stata posta sul mantenimento delle capacità operative, attraverso specifiche attività di addestramento svolte presso la base di appartenenza da 1 o 2 equipaggi. Con un interessante aspetto da evidenziare: tutti e 8 gli equipaggi potranno imbarcarsi indifferentemente su una qualsiasi delle 4 fregate, le quali non ne avranno così uno assegnato in maniera permanente.
I sistemi di bordo
L’automazione è dunque un aspetto importante, sia ai fini del contenimento degli uomini di equipaggio, sia a quelli della disponibilità operativa. Tra i vari elementi distintivi adottati per raggiungere simili risultati vi sono 2 sistemi essenziali per una moderna piattaforma navale: l’Integrated Platform Management System (IPMS) e l’Integrated Bridge and Navigation System (IBNS).
Il primo, realizzato dalla Siemens e appartenente alla famiglia di prodotti SINAVY, controlla e monitora l’intero impianto di propulsione e di generazione dell’energia elettrica, nonché la distribuzione alle varie utenze di quest’ultima.
Accanto agli impianti principali vi sono il sistema di stoccaggio e distribuzione del carburante, a quelli destinati garantire il comfort a bordo (in particolare, i sistemi HVAC), passando per ogni altro apparato ausiliario. Una menzione a parte lo merita il capitolo dedicato ai sistemi di sicurezza; nel SINAVY sono infatti integrati un BDCS (Battle Damage Control System) con tutti i sistemi più importanti.
Il combinato disposto di queste misure determina così non solo una significativa riduzione degli addetti alla gestione della piattaforma in ogni dato momento ma, di più, proprio per la profondità dell’integrazione delle sue componenti, diminuisce anche il carico di lavoro quotidiano in termini di manutenzione, rendendolo complessivamente di più agevole gestione; e con evidenti vantaggi pure sul fronte della disponibilità operativa, anche per la capacità di anticipare specifici interventi manutentivi analizzando lo stato dei diversi sistemi.
La disponibilità poi di un On-Board Training System (OBTS) garantisce infine un ulteriore vantaggio in funzione della possibilità di svolgere attività addestrative continue in condizioni realistiche; assicurando al tempo stesso un collegamento/scambio dati con i simulatori installati a terra, presso i quali si addestrano a turno gli equipaggi non imbarcati.
Per le funzioni di governo della nave, sulle F125 è presente un INBS Synapsis della Raytheon Anschütz; esso è incentrato su 6 console multifunzione (ovviamente poste in plancia) che possono essere configurate per svolgere diverse funzioni; presentazione dei dati provenienti dai radar di navigazione, dai 2 Electronic Chart Display and Information Systems (ECDIS), dal sistema di navigazione NautoConning, oppure i dati meteorologici o quelli legati dalla posizione della nave (che si integrano con quelli provenienti dal sistema di navigazione inerziale).
Dunque, mentre una delle consolle è sempre dedicata comunque alla pianificazione della rotta, le altre consentono di cambiare funzione sulla base delle necessità, integrando a propria volta i dati sullo stato di alcuni sistemi specifici della nave. incluso l’apparato di timoneria anche se ogni altro dato relativo allo stato della piattaforma (anche rispetto al suo sistema di combattimento) sono comunque integrati allo scopo di fornire un quadro aggiornato.
Il sistema di combattimento: sensori e sistemi
Ma se fino a questo punto, nell’analisi delle caratteristiche delle F125 non solo non si registrano punti critici (laddove invece si registra l’adozione di soluzioni all’avanguardia), è nella descrizione del sistema di combattimento che cominciano a emergere le prime rilevanti perplessità. Sia sul fronte dei sensori, sia su quello dei sistemi d’arma si registrano infatti limiti e carenze legati ai particolari requisiti operativi stabiliti dalla Deutsche Marine.
Quello che potremmo definire il “cervello” di queste fregate è costituito dall’ANCS (Atlas Naval Combat System) sviluppato da Atlas Elektronik (nel frattempo diventata di proprietà della TKMS, esso rappresenta il classico prodotto di ultima generazione nel settore dei CMS (Combat Management System). L’aspetto singolare è che esso nasce per coprire l’intero spettro delle missioni, ivi comprese quelle legate alla difesa aerea e a quella nei confronti dei sottomarini
Particolare enfasi è stata così posta su alcune di essi: l’ANCS è così in grado di fornire un importante ausilio nell’ingaggio di forze nemiche con il proprio pezzo di artiglieria principale e con i propri missili superficie-superficie, anche contro obiettivi sulla terra-ferma. Al tempo stesso è in grado di fornire un supporto alle operazioni condotte da Forze Speciali, al contrasto delle minacce asimmetriche e alla capacità di condurre operazioni prolungate anche in ambiti interforze/multinazionali. In questo senso, si evidenzia la presenza di un’interfaccia con l’ADLiS (Atlas Data Link System); un’avanzata suite di sistemi di scambio dati tattici che fa perno su tutti i sistemi adottati in ambito NATO (Link 11, 16 e 22) oltre che su quelli nazionali; garantendo inoltre importanti possibilità di sviluppo futuro.
Per quanto limitato, l’ANCS fornisce ovviamente un contributo alla difesa delle fregate, soprattutto nei confronti dei missili antinave.
Altri aspetti salienti sono l’ampio ricorso a componenti commerciali e un’architettura aperta, scalabile e modulare (capace dunque di integrare eventuali moduli di missione aggiuntivi), con la possibilità di essere fisicamente separato in più ambienti.
Sulle F125 infatti, oltre alle 13 Multi-Functional Console (MFC) presenti nel CIC (Combat Information Center), altre ne sono presenti nella “Operation Room”; cioè quella zona dedicata alla gestione delle operazioni di Forze Speciali o allo svolgimento delle funzioni complesse qualora l’unità sia designata quale sede di comando. Un ultimo dettaglio tecnico riguarda ancora la stessa Atlas Elektronik, che è la fornitrice anche delle appena citate MFC del tipo OMADA (in varie versioni) rapidamente riconfigurabili secondo i diversi utilizzatori.
Nell’ambito dei sensori, quello principale è il TRS-4D, attualmente della Hensoldt ma sviluppato da Airbus/Cassidian: si tratta di un radar Active Electronically Scanned Array (AESA), operante in banda C con le sue 4 facce fisse (incorporanti trasmettitori con tecnologia al Nitruro di Gallio (GaN)), posizionate a coppie sulla sovrastruttura di prua e su quella di poppa. Proprio questo è uno degli elementi principali del concetto di “survivability”, laddove però si deve comunque far notare che la perdita di una delle 2 sovrastrutture limiterebbe seriamente la copertura su 360° di tale radar.
Il radar in questione è dunque un tipico sensore multifunzione di concezione moderna, concepito per svolgere per l’appunto diverse funzioni:
- sorveglianza aerea e di superficie
- designazione dei bersagli (ancora una volta, aerei e di superficie),
- direzione del tiro per l’artiglieria (nonché guida per missili antiaerei)
- controllo del traffico aereo (in particolare, i propri elicotteri).
Il tutto concepito per ogni tipo di scenario operativo, ivi compresi quelli tradizionalmente più complessi, (costieri e/o con un’elevata densità di bersagli), con una grande flessibilità garantita dalla configurazione AESA (laddove è in grado di svolgere la sorveglianza a lungo raggio dello spazio circostante e, simultaneamente, tracciare con precisione singoli bersagli) e con una spiccata capacità di scoperta/tracciamento di “jammer”.
Sempre in ossequio al principio volto ad assicurare un più elevato possibile livello di sopravvivenza delle’unità, anche i 4 radar di navigazione NautoScan NX della Raytheon Anschütz, 2 dei quali in banda X e gli altri 2 in banda S, sono posizionati a coppie (composte di un radar di ciascun tipo) a prua, sopra la plancia di comando, e a poppa, in prossimità dell’hangar. Logicamente, sono questi sensori le principali fonti di dati per l’INBS Synapsis.
Un ragionamento che è perfettamente riferibile anche ai 2 MSP (Modular Sensor Platform) 600 della Rheinmetall, anch’essi posti su ciascuna delle 2 sovrastrutture prodiera e poppiera. L’MPS 600 è un sensore elettro-ottico completamente stabilizzato sui 4 assi ed è dotato di una camera termica nonchè di una camera diurna un telemetro laser; grazie alle proprie caratteristiche, esso può operare non solo nei compiti di scoperta/identificazione di potenziali bersagli ma anche per il controllo del tiro dei pezzi d’artiglieria e come ausilio alla navigazione.
Davvero innovativo anche il sistema SIMONE (Ship Infrared Monitoring Observation and Navigation Equipment), prodotto dalla Diehl BGT Defense.
Si tratta di un sistema basato su 6 sensori all’infrarosso, distribuiti in varie zone della nave al fine di ottenere una completa copertura sui 360°, che consente di monitorare costantemente lo spazio circostante la nave. Il SIMONE è pensato in particolare per scenari caratterizzati da minacce di tipo asimmetrico quali piccoli battelli a chiglia rigida, motoscafi o perfino sommozzatori oltre a eventuali “malintenzionati” in occasione di soste in porto.
Infine, esso garantisce anche secondarie capacità per le operazioni di navigazione/manovra dell’unità. Quanto ai sensori subacquei è di tutta evidenza l’assenza di un sonar a scafo, “anomalia” che lascia di fatto queste fregate quasi totalmente indifese nei confronti delle minacce subacquee.
L’unico sensore installato è un Cerberus Mk 2 della Atlas Elektronik, cioè un “Diver Detection Sonar” (DDS); desinato alla coperta di sommozzatori e/o piccoli mezzi subacquei ostili.
Completano la dotazione in fatto di sistemi, l’apparato KORA-18 della Gedis, dedicato alle Radar/ Communications Electronic Support Measures (RESM/CESM) e 2 sistemi IFF (Identification Friend or Foe) MSSR 2000I della EADS.
L’armamento
Non privo di “particolarità” anche il capitolo dei sistemi d’arma tema in cui le perplessità su alcune delle scelte operate rispetto a queste piattaforme risultano addirittura amplificate.
L’elemento in qualche modo distintivo delle F125 è rappresentato dal pezzo di artiglieria principale, il 127/64 in versione alleggerita LW (Light Weight) di Leonardo. Ordinato in 5 esemplari (di cui 1 destinato a essere utilizzato a terra per scopi addestrativi), questo pezzo rappresenta la soluzione ottimale ai compiti previsti per queste fregate; soprattutto rispetto alle necessità di fornire un supporto di fuoco a forze presenti sul terreno. Non a caso, la Germania stessa è anche entrata a far parte del programma Vulcano, destinato all’ingresso in servizio di una famiglia di munizioni (guidate e non) a gittata estesa, da impiegare sia con compiti antinave, sia in funzione Naval Fire Support (NFS).
Un aspetto interessante da evidenziare è rappresentato da quanto immaginato quale potenziale armamento delle F125 da parte della Marina Tedesca, prima di giungere poi alla scelta del pezzo di Leonardo. Soluzioni tanto innovative quanto “improvvisate”; entrambe rapidamente abortite.
La prima, rimasta praticamente allo stadio di pura ipotesi, prevedeva l’imbarco di una versione “navalizzata” del lanciarazzi M270 MLRS (Multiple Launch Rocket System).
La seconda invece vide perfino l’avvio di alcune sperimentazioni. In pratica, il progetto immaginato prevedeva di prelevare la torretta di un semovente di artiglieria PzH-2000 e, attraverso specifici adattamenti, renderla disponibile per l’impiego navale.
Battezzato MONARC (MOdular NAval Artillery Concept), esso faceva dunque perno sul pezzo da 155/52 dello stesso PzH-2000 e l’obiettivo era ovviamente quello di disporre di una soluzione (teoricamente) economica ma al tempo stesso efficace in funzione NFS. Nel 2002 fu così temporaneamente installata una torretta sulla fregata Hamburg della classe F124 ancora in costruzione, nel frattempo venivano svolte ulteriori prove a terra e, infine, un intero PzH-2000 fu rizzato sul ponte di volo di un’altra F124 (Hessen) per testare anche i sistemi di controllo del tiro. Ben presto, tuttavia, emersero problemi di varia natura; i più gravi dei quali rappresentati dagli enormi sforzi di rinculo (che avrebbero richiesto estese modifiche, anche alle navi) e la necessità di “marinizzare” il sistema per renderlo adatto all’impiego su unità navali. Fu così che anche questo progetto venne poi abbandonato.
Passando all’armamento secondario, è evidente che esso sia stato pensato in funzione del contrasto di minacce ravvicinate/asimmetriche, composto com’è da un totale di 7 Remote Weapon Station (RWS).
Le prime 2 sono del tipo MLG 27 e sono posizionate a centro nave, nella porzione di sovrastruttura compresa tra i 2 torrioni. Prodotte dalla Rheinmetall, utilizzano la versione navale del cannone revolver BK 27 da 27 mm e la loro elevata cadenza di tiro le rende utilizzabili non solo per il contrasto di eventuali imbarcazioni (veloci) ma anche di elicotteri e UAV (Unmanned Aerial Vehicle), ciò anche in funzione della gamma di munizioni disponibili. La RWS in sé, è dotata di un sensore elettro-ottico composto da una camera TV, una camera termica, un telemetro laser e un sistema di tracciamento manuale/automatico; un aspetto particolare è costituito dal fatto che questa RWS può essere operata non solo da una postazione in remoto ma anche localmente (sempre e comunque integrata nel sistema di combattimento della nave).
Sono poi ben 5 le HITROLE-NT (Highly Integrated Turret Remotely, Operated, Light Electrical–Naval Tilting) di Leonardo.
Parte di un contratto comprendente la fornitura dei 5 cannoni 127/64 LW, anche per le HITROLE sono state ordinate un certo numero di torrette aggiuntive da usare per scopi addestrativi; in totale, 25. Per quanto concerne le RWS presenti a bordo di ciascuna nave, 2 sono posizionate a prua e le altre 3 a poppa (1 sopra l’hangar e le rimanenti in posizione leggermente più avanzata). Questa torretta utilizza la “inossidabile” mitragliatrice M2HB da 12,7 mm e nella versione NT si contraddistingue da altre realizzazioni per la possibilità di operare in depressione, una funzione molto utile visto che il suo compito principale è quello di fornire una protezione ravvicinata alla nave. Per il resto, le caratteristiche complessive sono invece “tradizionali”, con un sensore elettro-ottico e l’integrazione nel sistema di combattimento.
Quale ulteriore forma di difesa, sono inoltre presenti 2 postazioni per altrettante mitragliatrici (ma a “controllo manuale”) M2HB; a conferma inoltre della grande attenzione rivolta alla difesa dell’unità e quindi al contrasto di minacce di varia natura, la presenza di armi non letali quali un cannone ad acqua e 2 potenti fari “incapacitator” a LED.
Proseguendo nella disamina dei sistemi prettamente difensivi, una grande importanza la rivestono quelli per la difesa di punto. Nel caso delle F125, essa è assegnata a 2 lanciatori a 21 celle Mk 49 per missili RIM-116 RAM (Rolling Airframe Missile) della Raytheon; non è chiaro però se la versione adotta per questi missili sia la Block 1A o se sia già stata effettuata la transizione verso la più moderna Block 2. Grazie alle migliorie introdotte con quest’ultima versione, il RIM-116 RAM presenta ora una migliore manovrabilità, tempi d’intercettazione ridotti e una maggiore polivalenza in termini di bersagli che possono essere ingaggiati: elicotteri, aerei e mezzi di superficie. Laddove gli ovvi limiti del sistema non consentono comunque nulla più che la difesa di punto.
Sempre in tema di sistemi difensivi di contrasto nei confronti di missili antinave, si segnalano i 4 lanciatori-mortai del sistema MASS (Multi-Ammunition Softkill System) della Rheinmetall; il MASS è capace di impiegare “decoy” (o inganni) operanti in un’ampia gamma di frequenze nello spettro elettromagnetico e ciò allo scopo di offrire una capacità di difesa ad ampio spettro.
Le capacità offensive delle F125, sono affidate a 2 lanciatori quadrupli Mk.141 per un totale di 8 missili antinave RGM-84 Harpoon Block IC. Una presenza che però sarà temporanea poichè i piani più a lungo termine prevedono una loro sostituzione con ordigni più moderni. Inizialmente era stata ipotizzata l’adozione del RBS 15 nella versione Mk.3; anche perché la Marina Tedesca ha già adottato questo tipo di missile per le proprie corvette K130 della classe Braunschweig (sia quelle del primo “batch”, sia per le prossime unità del secondo).
A cambiare però il quadro della situazione ha provveduto il recente accordo strategico tra Germania e Norvegia per la realizzazione di un lotto di 6 sottomarini U212CD (4 dei quali per la Norvegia stessa). Un accordo molto ampio e che prevede, quale iniziale compensazione, l’acquisizione da parte della Deutsche Marine del Naval Strike Missile (NSM) della Kongsberg; sicuramente una delle realizzazioni più avanzate nel settore, capace di associare alle tradizionali capacità antinave anche quelle “land attack”.
A incrementare le capacità operative di queste fregate contribuiscono poi altri 2 assetti. Il primo è costituito dalle 4 imbarcazioni del tipo RIB (Rigid-hul Inflatable Boat) SFB 10.1 del cantiere tedesco Fassmer che posizionate in altrettante baie all’interno delle sovrastrutture (adeguatamente coperte quando non utilizzata), a loro volta servite da apposite gru per la loro messa in acqua.
Le SFB 10.1 sono, ovviamente, concepite per le operazioni delle Forze Speciali; lunghe per l’appunto 10,1 metri e dotate di 2 motori entrobordo da 435 HP (abbinati ad altrettanti idrogetti), sono in grado di raggiungere i 35÷40 nodi. La capacità di trasporto è di 15 persone (3 uomini di equipaggio e 12 operatori), per le quali sono disponibili sedute ad assorbimento di energia; la stessa console a disposizione per l’equipaggio è dotata di sospensioni e dispone di sistemi per la navigazione e comunicazione. Su queste imbarcazioni, infine, sono disponibili fino a 4 punti per l’installazione di mitragliatrici pesanti e/o lanciagranate automatici.
Altrettanto importante la componente elicotteristica, incentrata su 2 elicotteri Sea Lynx Mk.88, che verranno sostituiti dagli NH-90 Sea Lion nella foto sotto), una versione sviluppata per la Marina Tedesca sullo standard NTH (Naval Transport Helicopter). I 18 esemplari ordinati, entreranno in servizio a partire dal 2020 e saranno impiegati principalmente per compiti di trasporto truppe e SAR (Search And Rescue); non per compiti ASW/ASuW, per i quali è solo prevista la predisposizione dei diversi sistemi da imbarcare nell’eventualità si rendessero necessari.
Le notevoli capacità di trasporto (20 soldati equipaggiati) rendono questo velivolo il complemento ideale per le operazioni delle Forze Speciali; è da rilevare come gli elicotteri siano ospitati in un doppio hangar: una soluzione che aumenta la sicurezza e che garantisce anche una certa flessibilità.
In caso di necessità, è infatti previsto che uno dei 2 possa essere riconfigurato per ospitare un paio di UAV (Unmanned Aerial Vehicle) con la relativa stazione di controllo containerizzata. In questo senso, è da evidenziare che la Marina Tedesca sta acquistando diversi sistemi: oltre al V-200 della Skeldar (velivolo in configurazione VTOL) per ora destinato alle corvette K-130, è stato acquistato a titolo sperimentale anche un sistema RQ-20B Puma-II AE della AeroVironment.
Al fine di aumentare la sicurezza nelle fasi di decollo/atterraggio e l’operatività stessa degli elicotteri sul ponte di volo di 490 m² è stato adottato un Handling Helicopter System della Forder und Hebesteyme.
Una questione ancora priva di risposte certe, riguarda la possibile presenza di ROV (Remotely Operated Vehicle) Secondo alcune fonti infatti, sulle F125 ci sarebbe la possibilità di imbarcare un paio di sistemi SeaFox; in questo modo, le Baden-Württemberg stesse acquisirebbero capacità nel campo della lotta alle mine. Nel caso si ricorda che a centro-nave esiste la predisposizione per l’imbarco di 2 container TEU da 6 metri; teoricamente impiegabili per l’imbarco di sistemi “Unmanned” (sia subacquei che di superficie). Tali container sono comunque utilizzabili anche per lo stivaggio di eventuali equipaggiamenti aggiuntivi le Forze Speciali imbarcate.
Sempre in funzione di una migliore funzionalità delle piattaforme, le F125 sono dotate di specifici percorsi per il movimento di carichi pallettizati.
Limiti e problemi delle F125
Le F125 risultano piattaforme dalle caratteristiche tanto insolite quanto discutibili, le Baden-Württemberg sono infatti unità prive di capacità in 2 ambiti fondamentali: la difesa aerea e quella nei confronti delle minacce subacquee. Per la prima, risulta addirittura paradossale la disponibilità di un sensore avanzato quale il TRS-4D a fronte dell’assenza di un qualsiasi sistema missilistico dedicato.
Non meno inconcepibile l’assenza di sonar (né a scafo, né rimorchiato) e di sistemi d’arma dedicati al contrasto (cioè, siluri) mentre perfino gli elicotteri NH-90 Sea Lion che saranno imbarcati non saranno dotati di alcuna capacità.
In pratica, una nave da oltre 7.000 tonnellate e con 190 persone a bordo che risulta indifesa rispetto alle minacce più importanti è una unità militare costosa e impegnativa ma che può essere impiegata solo in numero limitato di contesti, a meno che non disponga di un’adeguata protezione offerta da altre navi di scorta.
Una situazione talmente paradossale da aver anche alimentato una ridda di voci su possibili aggiornamenti futuri: le più fantasiose ipotizzano la possibilità di imbarcare un sonar rimorchiato, eventualmente in una configurazione containerizzata. Indubbiamente, sul mercato odierno sono disponibili sistemi di questo tipo anche dalle dimensioni compatte. Tuttavia, l’installazione più integrazione di un simile sensore richiederebbe tempo nonché soldi e verrebbe vanificata dall’assenza di siluri a bordo.
Diverso appare invece il ragionamento sulla possibilità di installare dei lanciatori verticali. In pratica, si ipotizza lo spostamento del lanciatore prodiero Mk 49 per i missili RAM dalla sua attuale posizione alla sovrastruttura prodiera contigua, oggi ospitante la palestra di bordo.
Al suo posto, nell’altra porzione di sovrastruttura posta davanti alla plancia, un modulo a 8 celle del VLS (Vertical Launch System) MK.41 della Lockheed Martin che, nel caso specifico andrebbe così a ospitare 32 RIM-162 ESSM (Evolved Sea Sparrow Missile).
Peraltro l’ANCS e il TRS-4D sarebbero in grado di ricevere/integrare gli ESSM e la relativa missione di difesa aerea. Il punto è però che a oggi, e a meno di clamorose sorprese, tutte queste ipotesi appaiono destinate a rimanere tali, precludendo così ogni possibile e significativo sviluppo delle F125.
Evidentemente, il punto di partenza resta il requisito operativo elaborato della Marina Tedesca che continua ad alimentare dubbi e perplessità, visto che ha generato una piattaforma “iper-specializzata” in termini di missione.
Una scelta che, per certi versi, potrebbe essere comprensibile per una Marina che disponga di molte navi alle quali dedicare diverse missioni specifiche ma non per la Deutsche Marine che, al contrario, non fa certo della consistenza numerica il proprio punto di forza e dovrebbe quindi puntare maggiormente sulla polivalenza per le proprie (e poche) unità maggiori.
A rendere ancora più complicata la situazione hanno poi provveduto le vicissitudini di queste navi. Si comincia con un leggero sbandamento della nave verso dritta, cui si aggiunge la scoperta del fatto che la stessa risulta essere in “sovrappeso” di circa 180 tonnellate. Un aspetto quest’ultimo particolarmente grave, in quanto potenzialmente in grado di limitare eventuali aggiornamenti futuri qualora essi richiedessero l’imbarco di altri pesi. Sempre a livello tecnico, è stata segnalata una difficoltà a raggiungere i valori di velocità previsti; inoltre, si sono registrati anche altri inconvenienti vari (dovuti a lavorazioni e/o componenti difettosi, particolarmente gravi per aspetti riguardanti la sicurezza).
Come se non bastasse, i non meno gravi problemi registrati con tutti i sistemi principali: l’ANCS in particolare ma anche l’IPMS e I’IBNS.
In più occasioni, la BAAINBw (Bundesamt für Ausrüstung, Informationstechnik und Nutzung der Bundeswehr), ha infatti riscontrato varie/vistose deficienze in fatto di integrazione dei sensori e dei vari sistemi nell’ambito del CMS. A soffrire in particolare è proprio la parte riguardante i sistemi destinati al controllo e all’impiego delle armi di bordo.
Un grave deficit dunque in termini di capacità operative, che si somma a quello riscontrato sul sistema RESM/CESM KORA: qui il problema è talmente grave che potrà essere risolto solo attraverso l’implementazione di un successivo pacchetto di migliorie. Altri problemi iniziali legati ai sistemi di comunicazione sono stati invece progressivamente superati.
Una situazione nella quale, come detto, lo stesso BAAINBw si è visto costretto a rifiutare l’accettazione in servizio non solo della Baden-Württemberg (cosa mai avvenuta in passato) ma anche di tutte le altre unità. Una consegna che per la capoclasse è infine arrivata il 17 giugno del 2019, per la seconda unità nel giugno 2020 mentre le restanti due navi che seguiranno tra la fine di quest’anno e il 2021. Questo non significa che tutti i problemi siano comunque risolti poichè si presume infatti che la IOC per la stessa Baden-Württemberg potrà essere raggiunta solo intorno a fine 2020.
Nel frattempo, relativamente ai problemi riscontrati a livello di piattaforma, la stessa Marina Tedesca ha comunicato che lo sbandamento di 1,3 gradi è stato eliminato con analoghi miglioramenti sul fronte dei pesi e conseguente riacquisto di margini di crescita futuri.
Criticità non meno “imbarazzanti” sono emerse anche su altri aspetti fondamentali come indicano il ritardo di circa 4 anni (!) nella consegna rispetto alla tempistica inizialmente prevista e l’aumento dei costi dai 2,27 miliardi di euro preventivati fino a un totale definitivo a circa 3,3 miliardi.
Considerazioni
Le F125 sono diventate una sorta di simbolo di tutte le difficoltà che stanno incontrando sia l’industria tedesca sia le Forze Armate Tedesche; Deutsche Marine inclusa. Sul fronte dell’industria TKMS è diventata il bersaglio principale delle critiche considerando il ruolo principale rivestito nel consorzio ARGE F125 e che la stessa Atlas Elektronik.
Più in particolare si avverte l’assenza di un soggetto industriale che possieda capacità e conoscenze in più campi, per andare così a svolgere con efficacia il ruolo di “Lead System Integrator”; con la capacità di sintesi e di integrazione tra i diversi fornitori con i loro rispetti sistemi/componenti.
Per quanto riguarda invece la Deutsche Marine, qui a pesare sono gli anni di disinteresse generale che hanno generato bilanci della Difesa scarsi e una programmazione inefficace, nell’acquisto di nuove piattaforme ma anche nelle attività di supporto logistico di quanto in servizio. Nel mezzo, una catena di problemi su più piattaforme che minano in maniera pesante l’operatività della Marina Tedesca e la sua capacità di rispettare gli impegni presi in campo internazionale.
E la situazione potrebbe non essere vicina a un punto di svolta per i frequenti cambi di assetto societario e/o le difficoltà da parte dei più importanti cantieri tedeschi e per le scelte della Marina Tedesca che continuano a non apparire così comprensibili. Come per la decisione di costruire un secondo lotto di 5 corvette K-130, unità che presentano tutto sommato capacità operative complessive modeste.
O, ancora, con il programma MKS-180 (MehrzweckKampfSchiff 180), destinato a trasformarsi nella nuova classe di 4/6 fregate F-126 a un costo stimato di ben 5,27 miliardi euro per le prime 4 navi. Qui si ritrovano pressoché perfettamente condensate tutte le difficoltà a livello di “procurement”, a livello industriale e di definizione dei requisiti operativi. Sul primo aspetto pesano la burocrazia complessa e farraginosa delle strutture federali deputate agli acquisti per le Forze Armate, sul secondo l’effetto della decisione di escludere TKMS e Lürssen dalla competizione, addebitando loro proprio la pessima gestione del programma F125.
TKMS è però rientrata in gioco alleandosi con German Naval Yards ma senza successo perché la commessa è stata assegnata all’altro team industriale, quello composto dai cantieri olandesi Damen e da Blohm+Voss (questi ultimi nel frattempo acquisiti da Lürssen).
Le MKS-180/F126 ricalcheranno alcune caratteristiche fondamentali delle F125 con un dislocamento di circa 9.000 tonnellate ma equipaggio ridotto (110 uomini, più altri 70 secondo le missioni), capacità di operare per lunghi periodi lontano dalle proprie basi, con costi di esercizio più contenuti possibili. Si prevede poi la presenza almeno del sonar a scafo così come importanti aggiunte sul fronte dell’armamento, con l’installazione di VLS Mk. 41 per missili ESSM e il ritorno di tubi lanciasiluri.
Per il resto, sulla base delle informazioni disponibili, si registra la conferma del sensore principale TRS-4/D e degli altri sistemi d’arma già presenti sulle F125; dunque, lo stesso 127/64 mm, i missili antinave NSM e i 2 lanciatori RAM per la difesa di punto. In futuro, potrebbero anche essere installate armi a energia diretta.
Un altro aspetto tecnico di più che probabile innovazione sulle MKS-180 è la ricerca di una maggiore modularità per poter installare moduli differenti secondo le necessità dettate dalle varie missioni. A oggi ne sono previsti un paio; un “ASW module” e un cosiddetto “Detention module”. Nel frattempo però se ne stanno studiando altri 2, un primo di supporto a operatori subacquei e un secondo dedicato alla lotta alle mine. La modularità viene poi esaltata dalla presenza di 3 aree dedicate o “flex decks”: una a poppa sotto il ponte di volo e le restanti 2 a centro-nave.
Le differenze più sostanziali saranno dunque legate alle capacità operative, con unità dunque più multiruolo anche se, soprattutto con riferimento alle notevoli dimensioni della piattaforma, sarebbe stato lecito aspettarsi capacità operative superiori/più complete.
Foto Marina Tedesca e TKMS
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.