L’ascesa delle forze anfibie cinesi preoccupa Taiwan
L’espansione cinese sui mari si consolida con investimenti crescenti anche nel settore delle forze anfibie. Gli strateghi della Commissione militare centrale, a Pechino, stanno irrobustendo a tappe forzate le fanterie navali, insieme alle divisioni anfibie dell’esercito. Un dato che va in netta controtendenza rispetto al taglio generale di effettivi. Certo, le truppe di marina cinesi hanno ancora molta strada da percorrere prima di poter rivaleggiare con i marines americani. Ma l’iter è avviato e, finanze permettendo, anche questo divario scemerà.
Uno sguardo alle ultimissime riforme e alle dichiarazioni dei leader permette di capire che la Cina sta puntando lontano. Il 31 dicembre 2015, l’Esercito Popolare di Liberazione ha avviato un’undicesima riorganizzazione, che ha affrancato Marina e Aeronautica dalla tutela storica delle forze terrestri. I quattro Dipartimenti di Stato maggiore generale, della logistica, dell’armamento e degli affari politici hanno ceduto il posto a quindici nuovi dipartimenti funzionali, molto meno autonomi dei vecchi perché direttamente subordinati alla Commissione militare centrale (CMC) e non più all’Esercito.
Xi Jinping ha preteso un nuovo stato maggiore centrale, trait d’union fra la CMC e gli stati maggiori di forza armata. D’ora innanzi sarà la CMC a esercitare il comando operativo e amministrativo delle forze armate. La nuova struttura è più snella e coerente della precedente. Tende a favorire una reazione molto più rapida alle crisi, soprattutto oltremare.
Anche le sette regioni militari classiche sono acqua passata, rimpiazzati da cinque comandi di teatro.
Il Politburo cinese ha creato un comando centrale per le operazioni interforze, agli ordini della CMC. E analoghi comandi interforze sono spuntati in ciascuno dei nuovi teatri, tutti subordinati alla CMC, che si è vista dotare perfino di un «dipartimento specifico per le operazioni oltremare».
Una misura che punta ovviamente a coordinare e velocizzare le proiezioni di truppe ‘fuori area’. Ci sarebbe un ordine di priorità fra i penta-teatri, perché l’Est e il Sud sembrano godere di una primazia rispetto all’Ovest, al Nord e al Centro. E guarda caso i teatri Est e Sud hanno competenza sui contenziosi di sovranità con Giappone e Taiwan nel Mar Cinese Orientale e sovrintendono allo scacchiere del Mar Cinese Meridionale.
Un cambio di ‘postura’ strategica che coincide con le mega-iniziative economiche di una via marittima della Seta per il XXI secolo nell’oceano Indiano e con l’omologa terrestre euro-asiatica, entrambe tese a massimizzare l’influenza cinese in Africa e in Europa.
L’espansione navale prelude inoltre alla conquista di spazi marittimi nelle blue water e al presidio permanente di zone che garantiranno una profondità strategica mai vista prima. In ballo c’è il predominio dell’Oceano Indiano, che spiega in buona parte le politiche di Pechino nel mar Cinese meridionale, e che si somma alle ambizioni di sempre sull’asse Taiwan-Senkaku-Ryukyu.
Ma un’altra direttrice di espansione si delinea nel Pacifico orientale, oltre la linea che corre fra gli arcipelaghi di Izu e di Ogazawara. Basi e punti d’appoggio oltremare stanno spuntando peraltro a Gibuti, nelle isole Andamane (Birmania(Myanmar), alle Seychelles e in Pakistan. I colpi di mano contro lo status quo nel mare del Sud si inseriscono in un quadro strategico e dottrinario chiarissimo, perché il «China Amphibious Joint Island Landing Campaign Concept» sembra preconizzare operazioni anfibie di intensità e ampiezza inedite.
Un ventaglio in cui rientrano Taiwan o, forse, a breve termine, su scala minore e più realistica le isole di Matsu e Jinmen, poco distanti dall’istrice difensivo taiwanese, per non parlare dell’isola di Taiping nel profondo sud del mar di Cina.
A Pechino, le intenzioni sono palesi. Il 23 marzo 2016, Xi Jinping ha arringato i suoi uomini all’Università nazionale della difesa, mettendo l’accento sull’urgenza di preparare i comandi alla guerra interarma e interforze.
Xi ha chiesto ai suoi uno sforzo dottrinario innovativo e originale. Il Global Times aveva già anticipato che la riforma delle forze armate avrebbe privilegiato soprattutto la marina, che sta svolgendo esercitazioni molto più complesse di un tempo. Vi partecipano ormai sistematicamente unità delle tre flotte, ben al di là della prima catena di isole, come nel dicembre 2014, quando una grande esercitazione inter-flotte si è tenuta intorno al mar del Giappone. Ma il salto di qualità vero e proprio si è registrato nel luglio 2015, perché fra il 26 e il 27 di quel mese un centinaio di navi ha fatto rotta sul Mar Cinese Meridionale appoggiando operazioni simulate di sbarco dei ‘marines’.
In quei frangenti c’è stata una jointness abbastanza inedita con la Seconda Artiglieria, l’attuale Forza missilistica, convenzionale e nucleare, che avrebbe testato le capacità dei missili anti-portaerei, come poi confermato dall’ammiraglio Yin Zhuo.
L’11a riforma ha sistematizzato la questione, affermando a chiare lettere che i tre corpi tradizionali del PLA saranno appoggiati dalla Forza di missili e dalla neonata Forza di supporto strategico, competente sullo spazio e sullo spettro elettromagnetico.
Nel dicembre 2015 e nel luglio 2016 ci sono stati nuove grandi manovre inter-flotta, con l’Est e il Nord a giocare la parte di un gruppo aeronavale statunitense e il Sud a combatterlo. Nell’estate 2016, la Cina ha risposto a modo suo alla sentenza del tribunale dell’Aja, svolgendo manovre impressionanti fra le isole di Hainan e le Paracels.
Le più grosse mai tenute nell’area. Le tre flotte si sono coordinate per simulare operazioni di controllo dello spazio aereo, di combattimento di superficie e di guerra sottomarina. C’erano anche i gioielli della Marina, compresa una fregata Type 054A e il caccia Type 052B, i cui lanci di missili hanno avuto vasta eco ne servizi televisivi di CCTV e sui media cinesi.
Un’enfasi mediatica replicata a settembre, in occasione delle manovre sino-russe Joint Sea 2016, svoltesi tanto per caso nel mar Cinese meridionale, dove Pechino sta ‘riconquistando’ anche vecchi alleati occidentali, dalla Tailandia alle Filippine.
Poco prima era stata la volta delle fanterie di marina, spedite per il quarto addestramento transregionale nel deserto dello Xinjiang, sotto gli occhi vigili del numero uno della Marina, ammiraglio Wu Shengli, e del commissario politico Miao Hua.
I ‘marines’ di Pechino venivano dal primo training interalleato russo-cinese, che ha rivelato un savoir-faire crescente. Sono stati della partita più di cento fanti e 14 blindo anfibie di nuova generazione ZBD-05, rilasciate in acqua da una LPD Type 071, a un chilometro circa dalle coste di Vladivostok. Una piccola dimostrazione di forza e di capacità, a ribadire le ambizioni nazionali in un settore di nicchia, tradizionalmente appannaggio di pochissime forze di primo rango, fra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e l’Italia.
Il 18 luglio 2020 i fanti di Marina hanno simulato l’assalto a un aereo militare straniero costretto all’atterraggio. Una simulazione conclusasi con la cattura dell’equipaggio, durante una fase addestrativa in una base aerea nel nord della Cina. L’ultimo Libro Bianco della difesa specifica fra le altre cose la missione principe della flotta, che Pechino vuole in linea con gli interessi nazionali crescenti, «per proteggere le vie marittime strategiche e gli interessi all’estero».
Le portaerei servirebbero «a proteggere il commercio con l’estero» e non solo a garantire la difesa aerea al di là della prima catena di isole e nel mar di Cina meridionale. A confermare le ambizioni oceaniche della flotta è tutta una serie di nuove unità, fra cui gli 8 tanker Type-903A da 23.000 tonnellate e la realizzazione delle navi ausiliarie Type-901 da 45.000 tonnellate.
Le forze navali peer operazioni anfibie
Un mix che quadruplica le capacità di rifornimento in alto mare. Sono poi almeno diciott’anni che Pechino sta investendo sulle unità d’assalto furtive anfibie Type-071, che abbiamo visto impegnate nelle manovre della serie Joint Sea.
Sei sono già operative. A termine saranno 8 in tutto. Allora il programma si concluderà e tutti gli sforzi saranno concentrati sulle nuove LHD Type 075.
Un tempo, gli analisti pensavano che il PLA avrebbe potuto contare solo sulle migliaia di battelli da pesca per varcare lo stretto di Formosa e sbarcare a Taiwan. Con meno di 20 LST di piccolo cabotaggio a inizio anni 2000, la Marina Cinese non sarebbe stata in grado di sferrare un’operazione anfibia di rango per ghermire la ‘provincia separatista’.
Ma la crisi degli stretti del 1995-1996 e il bombardamento americano dell’ambasciata cinese a Belgrado modificarono radicalmente il quadro, in primis nel modo di pensare dei decisori politici cinesi. Fu allora che nacque l’LPD Type-071. Era il 2002.
Tre unità furono immesse in linea fra il 2007 e il 2012, stranamente assegnate alla Flotta del Sud, non competente in prima battuta su Taiwan. Le Type-071 furono un salto di qualità enorme. Concepite in risposta alla crisi degli stretti, misurano 210 m in lunghezza e 28 in larghezza, hanno una stazza superiore alle 20.000 t e sono capaci di proiettare un battaglione di marines di 800 uomini interamente equipaggiati e una cinquantina di blindati anfibi. Hanno due hangar capienti e un ponte di volo da cui possono operare simultaneamente due elicotteri del tipo Z-8J.
Ma ai cinesi non basta, anche se queste unità sono accompagnate da una sessantina di LST di ogni tipo, ossia il triplo di vent’anni fa.
In questo scenario, i vertici politici cinesi hanno deciso comunque di commissionare altre 5 Type-071, nel quadro del 12° piano quinquennale (2011-2015), andando ben oltre le 3 LPD inizialmente previste. E le unità sono arrivate prontamente in linea: la 988 Yimeng Shan navigava già nel febbraio 2016, la 980 Longhu Shan era pronta nel settembre 2018 e la 987 Wuzhi Shan seguiva nel gennaio 2019. La 7a, Wudang Shan, e la 8a, dal nome ancora sconosciuto, sono in cantiere a Shangai. Quando completato, fra il 2020 e il 2022, l’ordito delle 8 Type-071 permetterà alla marina cinese di proiettare potenzialmente più di 2 brigate anfibie sull’isola di Taiwan, senza considerare le truppe trasportabili sulla sessantina di LST di stazza compresa fra le 1.000 e le 5.000 tonnellate.
Sebbene concepite soprattutto per trasportare materiali e truppe da sbarco nei 200 chilometrici molto ostici dello Stretto di Formosa, le sei unità Type-071 in servizio sono state spedite anche nel golfo di Aden, per contrastare la pirateria somala.
E non hanno disdegnato nemmeno qualche scalo nei porti europei, nella più classica delle diplomazie navali. Forse è bene ricordare che, dal 2008 a oggi, la Cina ha inviato qualcosa come 22 gruppi navali e 60 unità fra Aden e le acque somale, scortando circa 6.000 mercantili.
Tornando alle unità anfibie. Il formato attuale sarebbe sufficiente ad assaltare Taiwan? Difficile dirlo con certezza senza conoscere i piani di Pechino.
Tuttavia la Marina Cinese ha lanciato ufficialmente nel 2011 lo sviluppo delle LHD Type 075, progetto di portaelicotteri da assalto anfibio da oltre 30.000 tonnellate di stazza per incrementare le capacità di assalto anfibio verticali sulla costa orientale di Taiwan, molto montuosa.
Da marzo 2015 è entrato in linea anche il dock flottante autopropulso Huachuan-1, per assistere mezzi navali in panne, pesanti fino a 20-30.000 tonnellate. Una pletora di unità fra cui spicca perfino un primo ‘cargo’ semi-sommergibile, il Donghaidao concepito per trasbordare materiali ed equipaggiamenti sui quattro hovercraft Zubr e gli 11 Type-726A in linea, prescindendo dal controllo di un porto fisico.
È poi compito degli hovercraft fare la spola con le spiagge d’assalto, in una sinergia di assetti preziosi per la proiezione di materiali pesanti.
I Type-726A, assegnati alla flotta dell’Est, sono gli equivalenti cinesi degli LCAC (Landing Craft Air Cushioned) dell’US Navy.
Sono mezzi da 150 tonnellate, ogni LPD può trasportarne almeno due nel bacino allagabile, liberandoli per raggiungere una spiaggia da sbarco a una distanza di 320 chilometri, percorribile a velocità di oltre 60 nodi, con 50 tonnellate di uomini, materiali ed equipaggiamenti. Abbastanza per attraversare lo stretto di Taiwan con un carro medio ZTZ-96A, per esempio. Fino a poco tempo fa, i Type-726 montavano turbine ucraine ma la serie Type-726A ha invece turbine cinesi.
L’approccio cinese alle operazioni anfibie
I cinesi hanno studiato alla perfezione i lineamenti delle operazioni anfibie. Sanno che occorre un mix di mezzi navali, aerei, missilistici e terrestri, appoggiati da una logistica robusta e da strumenti di lotta antisom e antiaerea.
Si stanno infatti adoperando per colmare il gap nell’aeromobilità e nei velivoli da trasporto, come testimoniano gli Il-76 e gli Y-20, senza dimenticare i cargo medi Y8 e Y9, conditio sine qua non per svolgere manovre di aggiramento verticale e assalti oltre l’orizzonte.
Pechino ha tre divisioni di truppe paracadutiste, inquadrate nel 15° Corpo Aeromobile, che si sta modellando per struttura sui canoni russi, anche se la meccanizzazione è per ora più contenuta.
Giova solo ricordare che tutti gli assetti citati sarebbero imprescindibili per una eventuale operazione su Taiwan, fattibile solo previa conquista dei porti, perché le sezioni del litorale taiwanese adeguate a uno sbarco sono pochissime, ben note e ben presidiate dalle forze di Taipei.
Senza raid aeroportati non si andrebbe da nessuna parte, visto che a Formosa la sorpresa tattica anfibia difficilmente funzionerebbe. I fanti di Marina potrebbero assaltare zone relativamente esigue, dove le forze nemiche sarebbero preponderanti.
Ed è poi abbastanza inverosimile che gli americani starebbero a guardare senza muovere un dito. Diversamente dalla Normandia o da Incheon in Corea, la Cina non potrebbe contare sulla sorpresa strategica, tanto lo Stretto di Taiwan è sorvegliato da Taipei, dagli Stati Uniti e dal Giappone, che proietta ormai frequentemente le sue forze nella zona o nelle prossimità immediate.
Il supporto della flotta mercantile
Sebbene la Cina sia in grado di ammassare forze notevoli la struttura delle sue forze anfibie è poco adatta a operazioni di forzatura di uno stretto ampio fino a 200 chilometri e in cui le condizioni di navigazione sono sfavorevoli.
Secondo stime statunitensi, lo sbarco di 20 divisioni cinesi e dei loro approvvigionamenti richiederebbe 600 navi per 15 giorni. Un volume di forze che Pechino non avrebbe ancora a disposizione, a meno che non faccia ricorso alle capacità della Marina mercantile. Già nel 2006, il ministero della Difesa, a Taipei, stimava che la Cina potesse mobilitare 800 navi civili per proiettare 5-7 divisioni a Formosa. Lo sviluppo recente della componente anfibia non ha ridimensionato i compiti dei mercantili, ottimi per trasportare truppe e veicoli, nonostante la vulnerabilità.
I traghetti di alcune compagnie nazionali, usati per i collegamenti fra le città costiere, sono oggi raggruppati in squadriglie da trasporto, pronte a rispondere a stretto giro agli ordini del Servizio strategico di supporto logistico, un ente creato nel 2015 con la grande Riforma generale, subordinato direttamente alla Commissione Militare Centrale.
Il Servizio è votato a mettersi a disposizione dei cinque comandi di teatro e a uniformarsi a due testi normativi, rivolti principalmente ai costruttori e agli armatori cinesi.
Il primo dei due codici, varato nel giugno 2015, prescrive le linee guida tecniche per le nuove navi civili: è una direttiva che impone modifiche costruttive ad alcuni tipi di navi come le petroliere, le portacontainer, i cargo polivalenti e così via. Prevede che siano concepite in modo tale da poter assolvere compiti militari: dal rifornimento in mare al trasporto di blindati. Le performance delle navi devono pertanto essere potenziate ab initio, a partire dall’incremento della velocità di crociera all’efficientamento dei sistemi di comunicazione, così da poter affiancare le omologhe militari in operazioni.
Il secondo codice è una legge sui trasporti della Difesa nazionale. Risale al settembre 2016. Disciplina la pianificazione e il coordinamento dei mezzi civili da trasporto e le attività relative nel quadro della Difesa nazionale.
Vi si precisano il supporto finanziario, la promozione dell’addestramento e la protezione del segreto da parte delle aziende coinvolte. Ormai esercitazioni di proiezione si svolgono regolarmente, insieme a rifornimenti in mare congiunti, come notato dai rapporti periodici del Pentagono.
Alcune compagnie collaborano attivamente con le forze armate, come Bohai Ferry Group, le cui navi Ro-Ro più recenti sono state progettate e realizzate rispettando le specifiche militari e i codici del 2015. Il Bohai Emerald Bead, un ferry da 36.000 t, ha una capacità di trasporto di 2.000 uomini e di 300 veicoli. I ponti e le rampe della nave sono stati rinforzati per poter imbarcare carri d’assalto.
E come l’Emerald Bead sono concepite le tre sisterships successive, costruite ai cantieri di Yantai. Ancora più dirompente è la nave Ro-Ro Chang Da Long, risalente al 2012, e appartenente alla Sinotrans & CSC.
Sarebbe capace di ospitare due battaglioni di fanteria meccanizzata e un posto da comando imbarcato, fruibile per operazioni di lunga durata, con tanto di piattaforma portaelicotteri.
Nell’agosto dell’anno scorso, l’unità è stata segnalata di notte durante lo sbarco, furtivo, di un contingente di diverse centinaia di soldati del PLA a Hong Kong, nel quadro della rotazione annuale della guarnigione locale.
Ovviamente, in caso di operazioni anfibie, l’impiego delle navi Ro-Ro, poco difese, avverrebbe solo in seconda schiera, dopo la cattura di una testa di ponte e di un porto protetto in territorio nemico. Durante la prima ondata di sbarco e di assalto giocherebbero un ruolo cruciale le unità semisommergibili, a fianco delle LST, delle LPD e delle future LHD.
Le semisommergibili fungerebbero da basi di spedizione mobile, capaci di lanciare hovercraft ed elicotteri, e di aiutare nella costruzione di porti artificiali del tipo Mulberry. Entrato in linea nel 2017, lo Zhen Hua 33 della compagnia ZOMC è il primo semisommergibile concepito per un doppio impiego, civile e militare.
Alla cerimonia del varo, c’era una delegazione del PLA, il che la dice tutta. E non è finita. Il ponte decisamente maestoso del Xin Guang Hua della COSCO Heavy Trasport, che misura 208×68 m, può ospitare diversi hovercraft della classe Zubr, cosa impossibile nei bacini delle Type-071 e delle Type-075. Durante il 18° Congresso del Partito Comunista Cinese, nel 2012, Xi Jinping avrebbe dichiarato di voler disporre di una forza per un’offensiva su Taiwan all’orizzonte 2020.
Alcune stime recenti, forse un po’ ottimistiche, parlano di una capacità di proiezione di 8-12 divisioni per la sola flotta mercantile cioè le forze di seconda schiera. Per la prima onda d’urto, la maggior parte delle unità anfibie della marina militare è costituita ancora da LST (Landing Ship Tanks) che possono sbarcare gli equipaggiamenti trasportati solo sulle spiagge, a discapito di qualsiasi concezione d’attacco ‘oltre l’orizzonte’ e dunque della sorpresa tattica.
Le LPD Type-071 sono ancora poche, 6 in tutto, e la prima portaelicotteri da assalto anfibio Type-075 è appena entrata in linea.
In caso di assalto anfibio ogni LPD potrebbe liberare dal bacino allagabile almeno due hovercraft Type-726/726A da 150 t, capaci di sbarcare un carro da combattimento Type ZTZ-96A a testa.
Le LHD Type-075
I cinesi si aspettano molto dalle nuove portaelicotteri da assalto anfibio in costruzione al cantiere navale Hudong-Zhonghua. La seconda 075 è quasi ultimata e la terza è in itinere. Parliamo di unità da 31.500 tonnellate di stazza, 250 metri di lunghezza e 33 metri di larghezza.
Concepite dal nuovo dipartimento di sviluppo degli equipaggiamenti della Commissione militare centrale e dal gruppo cantieristico CSSC, le Type 075 potranno trasportare il doppio di fanti di marina e 15-20 volte tanti elicotteri delle Type 071, ossia 1.500 uomini e 30-40 elicotteri. Ne sono previste sei unità. Ma facciamo un piccolo passo indietro.
Nell’ottobre 2019, il sito militare Sina ricordava la genesi della forza anfibia cinese, che si è dotata inizialmente di navi da sbarco carri del tipo LST, poi di unità da assalto anfibio LPD e infine di portaelicotteri d’assalto LHD: «dopo gli anni ’80, la marina cinese ha costruito le navi da sbarco del tipo 072 dalla stazza di 4.000-5.000 t [35 unità in servizio]. Le Type-071 sono entrate in linea dopo il 2007 […]; hanno offerto per la prima volta alla marina cinese […] una capacità di sbarco abbinata a una capacità di proiezione eliportata.
Tuttavia, essendo i nostri avversari tutt’altro che deboli, la capacità di proiezione eliportata della nostra marina non è ancora sufficientemente robusta.
Di fatto, le grandi potenze navali, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, il Giappone e la Corea del Sud, sono essenzialmente equipaggiate con navi anfibie dotate di potenti capacità di proiezione eliportata, anche se, eccezion fatta per gli Stati Uniti, il numero di piattaforme dei paesi menzionati è abbastanza ridotto».
Ce n’era abbastanza da lasciare l’amaro in bocca ai decisori politici cinesi, che hanno voluto fortemente le Type-075. Queste unità sono descritte dall’agenzia Xinhua come navi di concezione strettamente autoctona. In effetti, hanno un design originale, differente dai disegni d’artista che le ritraevano prossime alle Wasp statunitensi, di cui conservano tuttavia le caratteristiche dello scafo.
Contrariamente a queste ultime, costruite come superfici rettangolari, le Type-075 hanno uno scafo e delle sovrastrutture lievemente inclinate, che le rendono più larghe a livello del ponte di volo e della linea di galleggiamento. Per lunghezza, le Type-075 sono più corte di una ventina di metri delle omologhe americane (235 m contro 257), ma ne sono più larghe (32,4 m contro 31,8 m) e hanno un tirante d’acqua superiore (8,5 m contro 8,1 m). Per stazza si equivalgono: 35.000-40.000 t contro 41.000 t a pieno carico.
La propulsione diverge, con quattro motori diesel del tipo CODAD sulle 075, contro due turbine a vapore sulle Wasp. Hanno una velocità leggermente superiore, 23 nodi a 22. I mezzi di autodifesa sono simili, con due sistemi di missili antiaerei RAM e loro copie cinesi HHQ-10 e due cannoni a tiro rapido per la difesa di punto.
Le 075 hanno 7 ponti, fino ad arrivare al ponte di volo: il ponte 01 è sotto coperta, lungo il galleggiamento; serve per l’energia e la propulsione; il ponte 02 ospita l’hangar per i veicoli e il bacino; i ponti 03 e 04 sono concepiti con i locali abitabili e l’ospedale di bordo; il ponte 05 funge da hangar per i velivoli e offre la possibilità di trasferirvi con una rampa i veicoli dal ponte 02; il ponte 06 offre locali vari e il ponte 07 è destinato ai decolli e agli atterraggi. Secondo le misurazioni effettuate da alcuni internauti sulle foto disponibili, l’hangar per i velivoli misurerebbe all’incirca 120 m di lunghezza e 19 di larghezza. Avrebbe un’altezza di 7-7,5 metri.
Il bacino sarebbe identico a quello delle Wasp: lungo 92 m, largo 19 m circa, alto 8,5 m e con una parte allagabile non superiore in altezza ai 3 m. Gli altri ponti sarebbero alti 3,5 m. L’altezza fra la linea di galleggiamento e il ponte di volo sarebbe di 19 m, analoga a quella della portaerei Liaoning. Stimata a 36,2 m, la larghezza del ponte di volo è superiore a quella della linea di galleggiamento.
Se ne deduce che il ponte ha una superficie superiore a quella dell’omologo sulle Wasp, anche se le 075 sono più corte. Ottima l’elettronica di bordo. L’albero anteriore supporta il radar tridimensionale Type-382 in banda S, derivato dal Top Plate russo, con antenne planari a doppio supporto. Sulle Wasp, il radar tridimensionale SPS-48, sempre in banda S, con un’antenna piatta, è molto più voluminoso. Di conseguenza, ha una portata maggiore, ma il tasso di rotazione è inferiore: 12 rotazioni al minuto contro le 30 rotazioni al minuto del Type-382.
Con la sua duplice faccia, il radar cinese rinfrescherebbe, aggiornandoli, i suoi dati cinque volte più rapidamente dell’SPS-48. Sul secondo albero delle Wasp si trova un sistema di navigazione aerea TACAN, al momento assente sulle 075, e un sistema di condotta del tiro per l’artiglieria SPQ-9B. Il TACAN delle Type-075 dovrebbe essere montato sopra il radar tridimensionale, come già avviene sulle portaerei cinesi.
Le 075 montano un miniradar, che sembrerebbe essere un Type-347G, per i cannoni antimissilistici e un nuovo radar verosimilmente analogo all’SPQ-9B sull’albero di poppa. Le Wasp dispongono inoltre del radar di ricerca bidimensionale a lungo raggio SPS-49 in banda L, non riscontrabile sulle 075. Entrambe le navi sono dotate di un sistema di contromisure elettroniche ECM e di un’antenna di ricezione satellitare SATCOM sul lato dello scafo. Quanto al gruppo aereo imbarcato, la Cina non può competere con gli USA. Contrariamente a Washington, Pechino non ha cacciabombardieri a decollo corto, né apparecchi ibridi come i convertiplani MV-22, né elicotteri pesanti come i CH-53.
Pertanto, i gruppi aerei delle Type-075 si compongono solamente di elicotteri medi e leggeri, così articolati: una trentina di mezzi nell’hangar, con una combinazione di elicotteri d’attacco, da trasporto, da lotta antisom (ASM) e utility. La capacità del gruppo di volo potrebbe essere aumentata. Il ponte di volo continuo dispone di sei spot per elicotteri. Gli ascensori sarebbero 2+1 e gli hangar ampi abbastanza per ospitare 28-30 velivoli. Sul ponte si potrebbe arrivare alla capacità teorica delle Wasp: 42 elicotteri.
Nel maggio 2018, un articolo del sito cinese di informazioni militari Sina precisava anche il tipo di macchine: gli apparecchi delle 075 comprenderanno l’elicottero multimissione Z-18, il WZ-10 d’attacco, l’elicottero multimissione Z-20, e i futuri elicotteri da combattimento pesante e da trasporto. Lo Z-18 è il modello principale per l’elitrasporto delle truppe, mentre lo Z-20 potrebbe essere armato di un cannone per l’assalto armato, affiancando gli elicotteri d’attacco WZ-10. Oltre alla proiezione verticale delle truppe, le 075 avranno il compito di lottare contro i sottomarini in alto mare.
Oggi le navi ASM della marina cinese comprendono i caccia lanciamissili Type-052C/D e le fregate lanciamissili Type-054A. Ma queste due classi di battelli possono operare un solo elicottero ASM ciascuna, dall’autonomia insufficiente. Pertanto, oltre alla missione principe di assalto anfibio, le 075 dovrebbero divenire le navi ASM numero uno della marina cinese.
Gli elicotteri Z-9 delle fregate 054A sono troppo limitati, mentre gli Z-8 stanno cedendo il posto agli Z-18, come elicotteri ASM principali della flotta cinese. Da sei a otto Z-18F dovrebbero essere imbarcati su ogni 075, a seconda delle missioni difensive o offensive.
Le unità Type 075 hanno quindi ampie capacità di proiezione e, come le Wasp della US Navy, potranno operare 3-4 copie cinesi degli hovercraft LCAC su cuscino d’aria.
Lo spazio assorbito dai 28-30 elicotteri da trasporto e da combattimento potrebbe limitare il numero dei veicoli blindati a 24 unità, ovvero quattro ondate di sei veicoli. Rispetto alle Type-071, le Type-075 dispongono di una capacità e di una velocità di proiezione eliportata che assottiglieranno, complicandoli, i tempi di reazione nemici.
Integrano sistemi per il comando di una flotta e per la gestione di operazioni anfibie, ma sono vulnerabili, non avendo armamenti antinave o di appoggio di fuoco al suolo. Dipenderanno in toto dalla scorta per la protezione antiaerea, antinave e antisom. I link dati interforze saranno quindi installati di serie. Sebbene le loro potenzialità aeree siano inferiori a quelle delle Wasp, le due classi di navi si equivalgono per capacità di trasporto anfibio e di combattimento, entrambe superiori ad esempio alle Mistral francesi.
Un caccia STOVL cinese?
Quanto a un potenziale caccia STOVL, se ne vocifera dal 2011 e il velivolo J-18 è senza dubbio l’indiziato principale, prototipo di una nuova generazione di caccia a decollo e atterraggio verticale in fase di sviluppo presso AVIC China Shenyang Aircraft Corporation. Secondo alcune fonti, la nomenclatura J-18 corrisponderebbe a un aereo furtivo analogo all’F-35B e designato Snowy Owl.
Nell’aprile 2011, Phoenix Television, citando un articolo del magazine Asahi Shimbun, aveva annunciato che il J-18 si era alzato in volo di prova da una base della regione autonoma della Mongolia Interna. A inizio 2013, Flight International segnalava delle immagini scadenti di un nuovo aereo STOVL ad ali canard apparso su alcuni siti cinesi.
E nel giugno 2015, il capo redattore della rivista cinese Aerospace Knowledge aveva pubblicato un editoriale su un «VSTOL cinese», proclamando che «nel prossimo avvenire, avremo forse buonissime notizie». Quasi simultaneamente, il giornale China Defence News titolava: «Come la Cina svilupperà un caccia a decollo corto?».
L’articolo indicava che Pechino stava lavorando alla tecnologia VSTOL dagli anni ’60 e che aveva acquistato un prototipo del caccia russo VSTOL Yak-141 nel 1994. L’articolo concludeva sull’importanza di un velivolo VSTOL per la «seconda linea di difesa della Marina dietro le grandi portaerei».
Ordnance Industry Science Technology, periodico di Xian specializzato sull’industria della difesa, stimava il 14 giugno 2019 che la marina avesse bisogno di un «cacciabombardiere stealth analogo all’F-35B per preservare l’integrità territoriale delle isole contese».
Citando gli F-35B comprati dal Giappone per i suoi cacciatorpediniere tuttoponte classe Izumo, l’articolo evocava un requisito analogo per le Type-075.
Wei Dongxu, analista militare pechinese, si mostra più prudente. Sulle colonne del Global Times ha detto chiaro e tondo che i sistemi di controllo del volo di un caccia VSTOL potrebbero essere ancora troppo problematici per le tecnologie cinesi e che il paese dovrebbe prima colmare il gap nella concezione di motori d’aviazione allo stato dell’arte per la produzione seriale.
Ad ogni modo, se l’esistenza del programma J-18 fosse confermata, si tratterebbe del terzo prototipo di un caccia stealth cinese dopo il Chengdu J-20 e lo Shenyang FC-31 Gyrfalcon.
Taiwan nel mirino?
Diversi articoli sottolineano l’importanza delle Type-075 nella prospettiva di una riunificazione armata con Taiwan e nei conflitti di sovranità sulle isole del mar Cinese orientale e meridionale. Nel maggio 2018, l’agenzia di stampa Sina enfatizzava così il ruolo delle Type-075: «ogni cinese dovrebbe ricordare che anche se il nostro paese è oggi forte, non è ancora riunificato.
Di conseguenza, il fine ultimo delle nostre forze armate è stato sempre quello di raggiungere tale obiettivo […]. In futuro, le 075 saranno equipaggiate con una nuova generazione di velivoli a decollo e atterraggio verticale che, protette da cacciatorpediniere, costituiranno la colonna vertebrale delle brigate d’assalto anfibio per fare operazioni di presenza militare mondiale, di dissuasione, di evacuazione e di salvataggio. In un prossimo futuro, la Marina Cinese diventerà una forza potente, imperniata su sei gruppi di portaerei e sei gruppi di assalto anfibio, con un numero reale di portaerei pari a 12, per preservare gli interessi mondiali del paese».
Il binomio Type-075 più uno o due caccia Type-055 costituiranno un gruppo navale di superficie con capacità antinave, antisom e di proiezione anfibia. Che le 075 possano essere in futuro sei è del tutto verosimile, in linea con la dirompenza del corpo dei marines cinesi, balzato dalle due brigate del 2015 alle sette del 2020.
Con Taiwan che ancora sfugge al controllo, i cinesi sono convinti che qualsiasi operazione di assalto anfibio all’isola avrà una configurazione joint spinta, con tutte le incognite del caso.
Per geografia marittima e terrestre, Formosa non si presta a un’operazione di sbarco. Nel tratto più ampio, lo stretto misura 180 km circa, mentre l’isola si estende per quasi 400 km da nord a sud e per 150 km da ovest a est.
Alcune isole secondarie sono tuttora amministrate da Taipei. Kinmen dista 3 chilometri appena dalla provincia cinese del Fujian, di fronte a Xiamen, mentre il piccolo arcipelago di Matsu si trova a una quindicina di chilometri dalla costa cinese, a nord-est della città di Fuzhou. Infine, le isole Pescadores costituiscono un punto d’appoggio a una cinquantina di chilometri dalla costa taiwanese
A terra, la pianura occidentale si estende lungo la dorsale dell’isola, parallelamente alla catena montuosa ininterrotta che si inerpica fino a 4.000 metri di altezza. Solo a nord-ovest si apre una breccia naturale lungo l’estuario del Tamsui, il fiume navigabile che bagna Taipei. Le altre città importanti come Hsinchu, Taichung, Tainan e Kaohsiung si affacciano lungo lo stretto, mentre i porti principali sono ubicati alle estremità nord, Taipei e Keelung, e sud, Kaohsiung. I fondali marini sono bassi, 60 metri di profondità in media, soprattutto lungo la pianura occidentale.
La navigazione è spesso agitata, in primis nel periodo dei tifoni da giugno a ottobre. Sono poche le porzioni del litorale adatte a uno sbarco, facilmente identificabili. Una visione essenzialmente terrestre potrebbe orientare l’operazione verso le pianure occidentali, ma i fondali bassi rappresentano un terreno ideale per la posa di mine di ogni genere, d’ostacolo alla navigazione di superficie e sottomarina.
La porzione meridionale della pianura è ben difesa dalla principale base navale taiwanese di Zuoying (Kaohsiung) e dal punto d’appoggio di Penghu, che ospita una base navale e forze terrestri. Sulla costa orientale, i fondali sono più profondi, ma la capacità di proiezione in profondità è quasi nulla per le truppe sbarcate che si troverebbero immediatamente bloccate dalle catene montuose e dai difensori arroccati in una fortezza naturale.
Le forze motorizzate e blindate sbarcate avrebbero come unica scappatoia verso ovest l’impervia rotabile di Hehuan Shan a partire da Hualien. Più a nord, un’autostrada moderna permetterebbe di puntare su Taipei a partire dalla piccola pianura orientale di Yilan e dal porto militare di Su’ao.
Ma si tratta di un itinerario zeppo di tunnel, uno dei quali lungo quanto la galleria del Gran Sasso. Infine, Hualien e la base navale di Su’ao sono collegate dall’autostrada Suhua, abbarbicata su una falesia, che passa per essere una delle strade più pericolose al mondo. L’estremità nord-orientale dell’isola e la foce del Tamsui rappresentano un accesso diretto alla capitale, poco dotato di protezioni navali, se si eccettua la base arretrata di Keelung, in fase di riequipaggiamento.
Quest’ultimo settore è tuttavia ben difeso da un imponente dispositivo di allerta precoce e di difesa aerea, imperniato su un radar Raytheon Pave Paws e su batterie di missili Patriot Pac-3. Oltre alla probabile posa di campi minati, l’industria della difesa di Taiwan produce già unità navali capaci di ostacolare le operazioni di una forza da sbarco, differenziale crescente permettendo.
Parliamo delle 31 unità lanciamissili rapide del tipo Kuanghua VI e del programma in itinere per 11 corvette stealth lanciamissili del tipo Tuo Jiang, con 16 missili Hsiung Feng-3 ognuna.
Unità navali sono prodotte da CSBC Corporation e da Chingfu Shipbuilding, società impelagata in gravi faccende giudiziarie.
Per forzare gli accessi a Taiwan e permettere la progressione degli elementi navali più vulnerabili come le navi anfibie e gli hovercraft, Pechino dovrebbe garantirsi la superiorità aerea. Gli scenari evocati da anni prevedono la possibile saturazione delle capacità di allerta e di reazione insulari con lanci massicci di missili balistici a corto raggio DF-11, DF-15 e DF-16. La forza missilistica cinese ne avrebbe fra i 1.000 e i 1.200 puntati contro Taiwan, senza contare le forze aeree e la vasta flotta di droni.
Sarebbe un’operazione proibitiva di saturazione mirata, che dovrebbe evitare di colpire la popolazione, considerata come cinese, in zone dove la densità umana è particolarmente elevata.
I centri di comando, i radar, le installazioni di guerra elettronica, le basi aeree e i porti sarebbero i primi bersagli. Oltre alla disorganizzazione delle forze taiwanesi, i raid missilistici combinati potrebbero inficiare le capacità di riapprovvigionamento dell’Aeronautica, che non ha velivoli a decollo corto o verticale e nemmeno capacità di rifornimento in volo. Gli atout nel campo della difesa aerea potrebbero essere compromessi dalla mancanza di profondità operativa, che obbligherebbe ad un combattimento ad alta intensità, spalle al muro.
Le armi anti-nave di Taipei
Il deterrente principale di Taipei sono i missili, decisivi per la difesa dell’isola dalla Cina continentale, in particolare per la difesa antimissile, antinave, antiradar e antiaerea.
Taiwan dedica loro un altissimo livello di priorità nei budget di ricerca e sviluppo, meno suscettibile all’alea politica, ma rimangono problemi di affidabilità su tutti gli armamenti autoctoni sviluppati dal National Chung-shan Institute of Science and Technology (NCSIST), centro di ricerca e sviluppo con sede a Taiwan.
I suoi prodotti faro sono lo Hsiung Feng III (nella foto sopra) missile supersonico antinave da 130 chilometri di portata, soprannominato carrier killer e lo Hsiung Feng IIE (HF-2E, nella foto sotto), concepito per centrare la maggior parte delle basi militari cinesi coinvolte in un’eventuale operazione di attacco all’Isola-Stato e ai suoi arcipelaghi.
Sviluppato una quindicina di anni or sono, quest’ultimo è un missile da crociera terra-terra armato con una testata ad alto potenziale esplosivo (HE) da 450 chili, spinto da un motore a reazione turboventola che garantisce una velocità di circa mille chilometri orari. L’obiettivo viene raggiunto grazie ad un sistema di guida inerziale, che traccia una rotta aggiornata da un sistema di posizionamento globale (GPS) e da un sistema di riconoscimento del profilo orografico del terreno sorvolato (TERCOM), e da un sistema di guida a radar attivo con un sensore del tipo IIR (imaging infrared).
Entrato in territorio ostile, l’HF-2E esegue la sezione finale di avvicinamento al target ad una quota di 15-30 metri e centra il bersaglio con una probabilità di errore circolare (CEP) di circa 15 metri.
Avrebbe una gittata di 700 chilometri, abbastanza da raggiungere la megalopoli di Shanghai. Nella quadriennial defence review del 2017, la prefazione del ministro della difesa Feng Shih-Kuan evocava l’obiettivo di «una difesa solida e di una dissuasione polivalente».
Già negli anni ’80 e negli anni ’90, le risorse disponibili a Taipei sono state dirottate per lo più sui missili da crociera, sull’Aeronautica e la Marina, entrambe dotate di missili antinave e percepite come le prime linee di difesa dell’isola.
Le due forze armate dovrebbero permettere di scompaginare a distanza un assalto anfibio cinese. Alle forze terrestri spetterebbe il compito di trattare il residuo delle truppe cinesi sbarcate. Uno scenario a dir poco ottimistico.
La Fanteria di Marina cinese
Se riuscisse a forzare l’istrice difensivo taiwanese, Pechino farebbe sbarcare le truppe da assalto anfibio, protette dall’alto, per conquistare le spiagge, forzando i blocchi, e poi penetrare in profondità.
La Cina fa risalire la nascita delle sue forze anfibie al settembre del 1950 ma gli esperti occidentali ritengono più verosimile che i “marines” cinesi siano nati agli inizi degli anni ’80, per essere strutturati solo allora in forma di duplice brigata, la 1a e la 164a, con 10.000 uomini, inquadrati organicamente nella Flotta del Sud. Oggi sono una vera e propria forza d’élite con sette brigate per un totale di 25.000 uomini, in crescita fino a 35.000 a breve termine e in futuro addirittura 100.000 uomini.
Parte potrebbe essere proiettata oltremare, come avviene già a Gibuti. Delle sette brigate, una allinea le fendui navali, ovvero le forze speciali, una è meccanizzata e cinque sono di fanteria ma le forze anfibie incorporano una brigata di aviazione, che fornirà una capacità organica di trasporto e di attacco eliportato alle LHD Type-075, aumentando le potenzialità di guerra anfibia e di proiezione.
La casa madre è la base di Zhanjiang, nella provincia meridionale del Guangdong, non lontano dalla frontiera vietnamita.
Nella stessa base sono allineate le unità della 6a divisione di navi d’assalto, fra cui ricordiamo 3 LPD Type-071, molteplici LST e un hovercraft Zubr.
Le cinque brigate di fanti si assomigliano per struttura, ordinata su un triplice livello. Al vertice hanno ovviamente uno stato maggiore, che prende ordini direttamente da Pechino (CMC) e/o dal comando della Flotta meridionale o orientale.
Poi ci sono le unità di prima linea e quelle di supporto. Le prime sono strutturate su due battaglioni di fanteria motorizzata, ognuno dei quali dotato di 750 fucilieri circa e di piccole aliquote di forze per operazioni speciali, fra cui i sommozzatori.
Allo stesso livello, c’è un reggimento blindato, composto da un battaglione di carri e da due battaglioni di fanteria meccanizzata. Comandati da un tenente-colonnello, questi battaglioni contano usualmente quattro compagnie combat, munite di dieci carri o di veicoli da combattimento per fanterie.
Fra le quattro compagnie, una è ‘pesante’, per appoggiare con artiglieria le unità sbarcanti. Per il supporto di fuoco in profondità, le brigate sono state dotate a partire dal 2005 di due battaglioni di semoventi, su PLZ-07B e PLZ-89, entrambi da 122 mm. Questi ultimi, meglio noti come Type 89, non sono altro che varianti dei D-30 sovietici. H
anno una gittata massima di 15 chilometri con proietti ad alto potenziale esplosivo HE, estendibile fino a 21 con munizioni ad hoc, extended range. Hanno un rateo di fuoco di 6-8 colpi al minuto e un carosello di 40 munizioni.
Propulsi da un motore diesel da 450 cavalli 12V150L12, raggiungono una velocità massima su strada di 60 km e sono autonomi per 500 km. Hanno un equipaggio di 5 uomini e un peso massimo di 20 t. Agli oltre quaranta semoventi in linea, si affiancano le batterie di PH-63, lanciarazzi multipli portatili da 107 mm, vecchi ma terribilmente efficaci.
I Type-63 allineano 12 tubi, ognuno dei quali può sparare un razzo con una testata HE (High-Explosive), HE-I (High-Explosive, Incendiary) o HE-FRAG (High-Explosive, FRAGmentation), utili contro veicoli leggermente blindati o fanterie nemiche.
Alla lotta anticarro provvede un battaglione missilistico equipaggiato con gli HJ-8 Red Arrow 8 da 3-4 chilometri di gittata massima.
Si tratta di missili anti-tank prodotti localmente, spesso affiancati dai più vecchi e meno prestanti HJ-73 da 3 km, copie cinesi di marca NORINCO dei molto più famosi AT-3 Sagger sovietici, cui si sommano i cannoni senza rinculo PF-98 da 120 mm, che NORINCO sembra aver prodotto nel 1988, ispirandosi ai russi RPG-29 e agli AT-12T della Bofors.
Per la difesa aerea, i reparti dispongono dei missili contraerei spalleggiabili SAM MANPADS HN-5, copie degli Strela sovietici.
A completare gli organici ci sono diverse unità ausiliarie e di supporto, fra cui è meglio ricordare le decine di specialisti in trasmissioni e guerra elettronica, i logisti, i manutentori, i genieri ‘anfibi’ e le unità di difesa NBC.
I mezzi anfibi
Per decenni, i battaglioni di carri dei “marines” cinesi sono stati equipaggiati con il venerando Type-63, carro leggero anfibio derivato dall’omologo sovietico PT-76, ma più pesante, veloce e migliore nel rapporto peso/potenza, grazie a un motore diesel 12150L da dodici cilindri e 400 cavalli.
La torretta del mezzo era quella dei Type-62 in servizio con le truppe terrestri. I cinesi hanno usato ripetutamente il Type-63, producendone fino a 1.000 esemplari, 150 dei quali appannaggio delle forze anfibie. Nella sua storia, il mezzo ha combattuto nelle due guerre del Vietnam e nel conflitto civile cingalese, dove è stato apprezzato per l’eccellente mobilità, foriera di sorprese tattiche. Ma si è rivelato al contempo scarsamente protetto e vulnerabile perfino ai tiri di armi leggere.
Negli anni ’90, è maturato pertanto il progetto del successore, il Type-63A o ZTS-63A, messo a punto dal 615° ufficio dell’Istituto di scienza e tecnologia delle forze blindate cinesi, con l’avallo finale del 256° ufficio e la commessa decisiva alla corporation NORINCO.
Il Type-63A è un upgrade del vecchio carro anfibio, che ha riguardato 500 mezzi consegnati fra il 1997 e il 2000, in un periodo di grandi mutamenti per le forze cinesi, continuati nel 2009, quando alla società China Xianshi è stata commissionata dal ministero della Difesa un’ulteriore miglioria.
Attualmente sono in servizio con le truppe di marina 50 carri ZTS-63A, aggiornati all’ultimo standard Type-03 o ZTS-03, mezzi concepiti per attraversare un mare forza due, scendendo direttamente in acqua dai trasporti anfibi e potendo percorrere 5-10 km alla velocità massima di 28 km/h.
Caratteristica del carro è la forma a prua allungata in avanti, con stabilizzatori laterali e posteriori per la navigazione in alto mare. L’autonomia è di circa 90 km. La navigazione e l’armamento rappresentano un vero salto di qualità rispetto al passato.
Tutti i carri di ultima generazione dispongono di navigatori GPS/GLONASS e di una camera termica. Avrebbero dovuto montare sulla torretta un sistema di difesa laser DP-3, analogo a quello che spicca sugli MBT ZTZ-99, se non fosse stato per le difficoltà incontrate dal sistema in ambiente salino. L’armamento principale è un cannone rigato 81A51 da 105 mm, che ricorderete in uso sui vecchi Type-59 e Type-69, modificato e approvvigionato con 45 colpi. Il pezzo ha un sistema di rinculo rinforzato per poter sparare dall’acqua, una canna provvista di camicia termica antidistorsione e di estrattore del fumo, e un freno di bocca avanzato.
La cadenza del tiro è di 8 colpi al minuto, con condotta automatica. Il cannone è stabilizzato. Può pertanto sparare in movimento molteplici munizioni, tanto esplosive, quanto incendiarie e a carica cava. E ha un asso nella manica, potendo impiegare sei missili anticarro a guida laser GP-2 prodotti da NORINCO, derivati dai russi 9M117 Bastion. Questi missili sono capaci di perforare 600 mm di acciaio RHA (Rolled Homogeneous (steel) a distanze comprese fra 4.000 e 5.500 m. Con le leghe in titanio è un altro discorso.
La blindatura in alluminio del mezzo pecca però per capacità di protezione, tanto che solo il Venezuela l’ha acquistato, nelle varianti da comando e sanitaria, sempre derivate dallo scafo ZTS-63. Sono mezzi che stanno arrivando a fine carriera e, finalmente, nel 2018 è stato introdotto il nuovo carro leggero ZTQ-15 o VT-5 (nella foto sopra), svelato per la prima volta allo Zuhai Air Show del 2016. Sviluppato principalmente per l’export, il Type-15 ha un peso di 33-36 t a seconda della blindatura.
La sua arma principale è un cannone da 105 mm a caricamento automatico, dal raggio massimo di 3 km. Il pezzo è alimentato con 38 colpi e munizioni che possono montare testate Armour-Piercing Fin-Stabilized Discarding Sabot (APFSDS), High-Explosive Anti-Tank (HEAT), High Explosive (HE) e missili anticarro da 5.000 m, con doppia testata in tandem, capaci di annientare armature o MBT protetti con blindature reattive ERA.
L’armamento secondario include una torretta remotizzata sul cui cielo sono montati una mitragliatrice da 12,7 mm e un lanciagranate automatico da 40 mm. La torretta è interamente stabilizzata, peculiarità che offre un’ottima precisione e accuratezza contro bersagli in movimento. Il carro è lungo 9,20 m, largo 3,30 m con le blindature e alto 2,50 m senza la torretta. Ha un motore diesel elettrico posteriore da 1.000 cavalli, abbinato a una trasmissione idromeccanica interamente automatica, con un sistema di raffreddamento e di pivot steering.
Può filare su strada a una velocità massima di 70 km/h, che scende a 35-40 fuoristrada, con un’autonomia massima di 450 km. Buone le prestazioni. Il VT5 varca ostacoli verticali di 0,85 m, gradienti del 60% e trincee di 1,1 m senza preparazione.
Dispone di protezioni NBCR ed è condizionato. Ha un sistema di controllo del fuoco computerizzato, un laser range finder, un equipaggiamento di comando e controllo, un sistema di navigazione che include ausili inerziali e comunicazioni satellitari e un sistema di comando tattico. Il cannoniere e il comandante hanno a disposizione visori stabilizzati diurni e termici incorporanti un sistema laser. L’equipaggio è provvisto di una visione panoramica del campo di battaglia, per nulla ostacolata dal movimento della torretta.
Anche i trasporti truppe sono in fase di svecchiamento e rimpiazzo, inclusi i vecchi ZSD-63C, versione per i ‘marines’ dei celeberrimi YW 531 di Norinco, prodotti in migliaia di esemplari per il PLA e per l’export. Dal 2006, sta entrando infatti in linea la nuova generazione di veicoli della famiglia ZBD-2000, su chassis universale, concepiti per radiare l’insieme di carri, veicoli d’assalto e da trasporto, da appoggio, da manutenzione e da comando in servizio con le truppe di Marina.
Una nuova gamma molto più prestante, capace di superare dislivelli in salita del 60%, di affrontare discese del 40%, senza rovesciarsi, di oltrepassare ostacoli verticali di 70 cm e di valicare trincee profonde fino a 2 m. A sviluppare e realizzare i nuovi mezzi è sempre una filiale di NORINCO, la Hunan Janglu Machinery Group, che sta riequipaggiando in via prioritaria la 1a brigata, innanzitutto con i veicoli d’assalto anfibio ZTD-05 e i trasporti ZBD-05, che permetteranno di radiare gli ZTS-63A e gli ZDS-63C.
Sebbene i due mezzi (già prodotti oltre 500 esemplari) abbiano similitudini nello scafo, lo ZTD-05 è stato sviluppato con l’ausilio dell’Istituto russo KBP di Tula. La torretta riprende molti elementi dell’omologa installata sul carro leggero anfibio Type-03P. La blindatura resiste a calibri fino a 25 mm, a distanze di 1.000 metri. Il capocarro e il tiratore sono a sinistra, il servente a destra, incaricato anche della mitragliatrice pesante QJC-88 da 12,7 mm.
Il cannone principale da 105 mm, stabilizzato e dal rinculo ammortizzato, è sempre quello degli ZTS-63A. Conserva la capacità di sparare dall’acqua, per appoggiare i marines nelle fasi critiche dello sbarco, utilizzando anche i missili anticarro GP-2. Ha una condotta automatica del tiro, sensori di visione e acquisizione notturna e un navigatore GPS.
Quanto ai trasporti ZBD-05, si tratta di anfibi su cingoli con un treno di rotolamento a 6 ruote, dal diametro contenuto e dai caratteristici coprimozzi, studiati per ridurre la resistenza idrodinamica. Le ruote anteriori sono molto più ravvicinate fra loro di quelle posteriori, e il motivo è abbastanza semplice visto che davanti c’è il gruppo motore propulsore (GMP) ed è necessaria una più equa distribuzione delle masse durante la navigazione.
Lo scafo è in acciaio, con blindature non eccellenti, vulnerabili a calibri superiori ai 12,7 mm. Il design è però accurato, minuziosamente studiato per ottimizzare il comportamento in alto mare. Lo chassis ha un’enorme piastra anteriore orizzontale, manovrabile e sollevabile in verticale azionando i due cilindri idraulici che la comandano.
Lo stabilizzatore posteriore è ampio quanto lo scafo del mezzo. Ha comandi idraulici, azionabili sempre dal pilota. Questo per aumentare la stabilità idrodinamica. Al movimento del mezzo in acqua provvedono le rotazioni dei cingoli, mentre la guida direzionale è garantita dai due idrogetti posti a poppa, nella parte inferiore. La disposizione è classica, con il pilota avanti a sinistra, il GMP alla sua destra, la torretta al centro e il compartimento per il gruppo da combattimento dietro. Il posto-pilota è leggermente sopraelevato con tre ottiche a disposizione.
Quella mediana può essere rimpiazzata da un episcopio notturno. I due membri di equipaggio, compreso il comandante del gruppo d’assalto, siedono in tandem poco dietro il pilota. Sopra il GMP ci sono due griglie di ventilazione. Il Gruppo Motore si articola su un diesel da 590 cavalli che permette una velocità massima su strada di 65 km/h e garantisce un’autonomia stimata in 500 chilometri.
Non male per un mezzo da 26 tonnellate. In modalità anfibia, lo ZBD-05 può spingere la potenza fino a 1.580 cavalli e navigare a 45 km/h.
La torretta, con il capo mezzo a destra e il tiratore a sinistra, è tributaria dell’ucraina Shkval. Come armamento principale dispone di un cannone 2A72 da 30 mm, corrispondente nella nomenclatura cinese allo ZPT-99.
Stabilizzato, può sparare in movimento, a un rateo di 330 colpi al minuto. Ha un’alimentazione di 300 colpi, e una gittata di 2.000 metri con munizioni perforanti e fino a 4 km con proietti esplosivi. L’armamento secondario ruota intorno a otto missili anticarro HJ-73C, molto simili agli AT-3 Sagger russi, filoguidati. Due missili sono sempre in rampa, a sinistra e a destra della torretta, pronti all’impiego. I restanti sono stoccati nell’abitacolo.
Completano la panoplia della torretta una mitragliatrice leggera coassiale Type-80 da 7,62 mm, alta a sinistra, e otto lanciagranate fumogene da 76 mm. L’insieme dell’armamento è fruibile anche durante la navigazione in acqua. Nel compartimento posteriore sono alloggiati fino a 8 fanti equipaggiati. Al mezzo si accede tramite un semplice portellone posteriore.
È tutto abbastanza spartano, compreso il sistema filtrante collettivo per la difesa NBC. Ma la vera novità per le fanterie di marina si chiama ZTL-11, un IFV ruotato 8×8 presentato per la prima volta a Pechino nel Settembre 2015, durante una parata che commemorava la fine della seconda guerra mondiale in Asia.
Il mezzo fa parte di una nuova generazione di veicoli d’assalto anfibi prodotti dopo il PTL-02, entrato in linea con l’esercito nel 2002. L’armamento principale è rappresentato da un cannone da 105 mm, che si differenzia dal pezzo da 100 mm del PTL-02. Il design ricorda come una goccia d’acqua quello delle nostre blindo Centauro. L’equipaggio è di quattro uomini. La torretta è al centro dello scafo con il comandante, il cannoniere ed il servente. Il pilota siede frontalmente a sinistra. Il motore è nel retro. Scafo e torretta sono blindate in acciaio, spesso abbastanza da proteggere l’equipaggio contro i colpi di armi leggere e le schegge di artiglieria.
Sull’arco frontale, la protezione è assicurata contro i proiettili da 20 mm e i colpi da 12,7 mm. La torretta assomiglia molto a quella del carro leggero ZTD-05/VN-16. Il cannone da 105 mm può esplodere munizionamento APFSDS, HE, HEAT e i missili anticarro da 105 a guida laser di produzione autoctona, mutuati dai russi 9M117.
L’armamento secondario include una mitragliatrice coassiale da 7,62 mm montata sulla destra del cannone. In aggiunta può esservi una seconda mitragliatrice da 12,7 mm sulla botola del cannoniere. Il pezzo da 105 mm è interamente stabilizzato e utilizzato con un sistema di controllo del fuoco computerizzato.
Il comandante e il cannoniere dispongono di visori diurni e notturni, e per il secondo c’è anche un mirino laser. Ovviamente, il mezzo è interamente anfibio, propulso nell’acqua da due idrogetti montati su entrambi i lati dello scafo, nel retro. L’equipaggiamento standard include un sistema automatico di spegnimento del fuoco, protezioni NBCR e condizionamento dell’aria. Secondo fonti cinesi, il veicolo dispone di un sistema di gestione del campo di battaglia, di una radio digitale e di un sistema di navigazione satellitare.
Un’antenna satellitare da comunicazione sarebbe montata sulla parte superiore della torretta. Il mezzo non è stato finora esportato, ma sembra avere molti ammiratori. Lo stesso non può dirsi per gli ZBD-05 e gli ZTD-05, che non stanno riscuotendo molto successo all’estero.
Finora li ha comprati solo il Venezuela, che ha cominciato a ricevere i suoi VN-16 e VN-18 nel settembre 2015, per le esigenze della divisione di marines Generale Simon Bolivar.
Contemporaneamente alla famiglia ZBD-2000, NORINCO ha sviluppato un semovente ad hoc per l’appoggio in profondità delle truppe di marina. Parliamo del PLZ-07B da 24,5 t, cui abbiamo accennato prima. Lo 07B riprende lo chassis, più piccolo, dello ZBD-04, ultimo nato fra i veicoli da combattimento per le fanterie. La motorizzazione e l’armamento sono gli stessi della variante non anfibia PLZ-07A, in linea con le fanterie cinesi.
L’equipaggio è composto da cinque uomini, con il pilota davanti e gli altri quattro membri in torretta. Alla destra del pilota c’è un GMP da 600 cavalli, che garantisce una velocità massima su strada di 65 km/h e un’autonomia di 500 km.
L’armamento principale è il cannone da 122 mm PL-96, copia del D-30 russo, ovviamente adattato allo chassis. Il pezzo ha un’alimentazione a 40 colpi e un’ottima cadenza di tiro, stimata in 6-8 colpi al minuto. I proietti che impiega sono sia esplosivi HE, sia anticarro o fumogeni.
Ma sono disponibili anche munizioni cluster. Con i proietti assistiti RAP la gittata raggiunge i 27 km, altrimenti scende a 15 km. Il peso medio degli obici è di circa 22 kg, 4,4 dei quali costituiti da esplosivo. L’armamento secondario è rappresentato da una mitragliatrice pesante QJC-88 da 12,7 mm, brandeggiabile a 360° sulla torretta, in funzione prioritaria di difesa antiaerea.
Come per gli altri mezzi, anche questo semovente sembra aver riscosso un certo interesse in Venezuela, anche se oggi non ci sono le condizioni per acquisirlo
Le forze da sbarco dell’Esercito
Le truppe anfibie cinesi includono inoltre due divisioni di stanza nelle regioni militari di Guangzhou e di Nanjing, che forse sono più note come 124a divisione anfibia meccanizzata e 1a divisione di fanteria meccanizzata anfibia.
Non dipendono dalla Marina ma dall’Esercito, che sembra sulla buona strada per raddoppiarle, creando altre due unità dello stesso tipo, configurandole come divisioni di fanteria motorizzata ed equipaggiandole con materiali identici a quelli dei fucilieri di Marina. La 124a e la 1a si articolano su un reggimento blindato, su due reggimenti di fanteria meccanizzata, più unità d’artiglieria, di difesa aerea e supporti.
Sono divisioni inferiori per effettivi a quelle canoniche cinesi, 10.000 uomini contro 12.000, appoggiate però da una nuova brigata blindata, sempre di stanza nell’area di Guangzhou, sancta sanctorum delle truppe anfibie.
Anche le divisioni venture saranno versate nelle operazioni anfibie e articolate su due brigate da 3-4 battaglioni blindati e uno di fanteria meccanizzata. In pratica, mentre il PLA è amputato di 300.000 effettivi, i tagli si guardano bene dal colpire la componente anfibia, in crescita evidente. Sembra che le nuove unità siano concepite come forza di seconda schiera per puntellare le teste di ponte stabilite dai fucilieri di marina.
Alcuni esperti pensano siano specificamente destinate allo scacchiere di Taiwan. Stando a Pechino, fino a 30 mila militari sarebbero sempre in stand-by per l’eventuale operazione.
Anche nel campo dei mezzi e della struttura delle forze anfibie, la Cina sta evidenziando un dirompente salto di qualità tecnologico e organizzativo che allarma gli Stati Uniti.
Foto: Xinhua, US Navy, China Military, CCTV, Foreign Policy, AP, Ministero Difesa di Taiwan e PLA
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La Guardia Costiera e la Milizia Marittima di Pechino di Marco Lreofrigio
Francesco PalmasVedi tutti gli articoli
Nato a Cagliari, dove ha seguito gli studi classici e universitari, si è trasferito a Roma per frequentare come civile il 6° Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze. Analista militare indipendente, scrive attualmente per Panorama Difesa, Informazioni della Difesa e il quotidiano Avvenire. Ha collaborato con Rivista Militare, Rivista Marittima, Rivista Aeronautica, Rivista della Guardia di Finanza, Storia Militare, Storia&Battaglie, Tecnologia&Difesa, Raid, Affari Esteri e Rivista di Studi Politici Internazionali. Ha pubblicato un saggio sugli avvenimenti della politica estera francese fra il settembre del 1944 e il maggio del 1945 e curato un volume sul Poligono di Nettuno, edito dal Segretariato della Difesa.