In forse il ritiro di USA e NATO dall’Afghanistan

Il comandante del Central Command statunitense, il generale Kenneth McKenzie, ha accusato senza mezzi termini i talebani di essere responsabili delle violenze in Afghanistan.

“L’Isis impallidisce rispetto a quello che stanno facendo i talebani. Stanno scatenando una serie di attacchi in tutto il Paese contro le forze afgane, con omicidi mirati in diverse aree urbane. La violenza non è diretta a noi o ai nostri amici della coalizione Nato, è diretta contro le forze militari e di sicurezza afghane e anche contro il popolo”- ha detto McKenzie (nella foto sotto).

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I Talebani hanno esortato gli Stati Uniti a onorare l’accordo di Doha sul ritiro raggiunto dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che prevedeva l’uscita delle truppe americane dall’Afghanistan nei prossimi mesi in cambio di garanzie di sicurezza.

L’Amministrazione Biden sembra voler rivedere l’accordo, mentre il Pentagono ha accusato i talebani di non aver mantenuto le promesse che includono la riduzione degli attacchi e il taglio dei legami con gruppi terroristici come al-Qaeda. Con la scadenza del ritiro che si avvicina, i talebani hanno lanciato una serie di offensive soprattutto nel Sud.

Già il 29 gennaio, nel primo briefing dall’insediamento dell’amministrazione Biden, il Pentagono sveva reso noto che i talebani “non stanno rispettando l’accordo” con gli Stati Uniti per un pieno ritiro degli americani dall’Afghanistan entro maggio.

“Senza il rispetto dell’impegno di rinunciare al terrorismo ed interrompere gli attacchi contro le forze di sicurezza afghane e quindi al popolo afghano, è molto difficile vedere nello specifico come possiamo avanzare con l’accordo negoziato”, aveva detto il portavoce John Kirby, sottolineando che quindi ancora nessuna decisione è stata presa sui livelli delle truppe.

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Il portavoce del Pentagono ha comunque ribadito che l’amministrazione Biden vuole mantenere l’impegno preso con l’accordo. “Il segretario alla Difesa è stato chiaro nella sua audizione al Senato che dobbiamo trovare una fine ragionevole e razionale a questa guerra, e questo deve avvenire attraverso un accordo negoziale che coinvolga il governo afghano”, ha poi aggiunto.

Il segretario di Stato, Antony Blinken, ha annunciato da parte sua una revisione dell’accordo per “comprendere esattamente gli impegni che sono stati presi dai Talebani e gli impegni presi da noi”. Difficile quindi comprendere se la posizione di Washington sia legata a un’effettiva revisione dei piani di ritiro dall’Afghanistan o solo dalla volontà politica di rimettere in discussione tutte le scelte dell’Amministrazione Trump.

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“Stiamo affrontando molti dilemmi e non ci sono opzioni facili. Non abbiamo preso una decisione finale sulla nostra presenza futura, ma dato che la scadenza del 1° maggio si avvicina, continueremo a consultarci e a coordinarci insieme come Alleanza” ha detto il 18 febbraio il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, dopo il summit dei ministri dell’Alleanza atlantica.

“L’impegno a lasciare l’Afghanistan è sottoposto a delle condizioni e i talebani devono rispettare gli impegni presi” come “ridurre la violenza e smetterla di sostenere gruppi terroristici come al-Qaeda”, ha aggiunto Stoltenberg.

La Nato “lascerà l’Afghanistan solo quando sarà il momento giusto”, la priorità “è sostenere il dialogo e gli impegni per la pace”, che rappresentano “l’unico percorso per la pacificazione” del Paese nel quale “gli Alleati sono andati assieme e se ne andranno assieme”.

Al summit il ministro della Difesa italiano (confermato dal governo Draghi), Lorenzo Guerini ha valutato che “sul futuro impegno in Afghanistan dobbiamo decidere insieme, come abbiamo sempre sostenuto, preservando la coesione tra gli Alleati, indiscutibile centro di gravità della NATO in qualunque contesto ci veda coinvolti”.

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“Nella mia recente visita in Afghanistan” – ha affermato il ministro – “ho registrato l’apprezzamento delle autorità afghane per quello che abbiamo fatto in questi anni e la loro preoccupazione per il rischio di vanificare tutti i progressi fin qui fatti”.

In questo clima anche la Germania sembra prepararsi a un prolungamento della missione in Afghanistan che potrebbe essere presto votato dal Bundestag. Berlino schiera circa 1.300 militari nel nord dello stato asiatico il cui mandato, in scadenza a fine marzo, dovrebbero venire confermato senza decurtazioni degli effettivi.

“Un prolungamento del mandato è possibile e immaginabile” ha detto il 17 febbraio un portavoce del ministero degli Esteri.

Foto: Op. Resolute Support, Afghan National Police e US DoD

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