L’arsenale balistico iraniano impone maggiore coordinamento tra USA e Israele

 

Il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, e il consigliere per la Sicurezza nazionale israeliana, Meir Ben-Shabbat, hanno stabilito le basi per istituire un gruppo di lavoro congiunto focalizzato sulla minaccia dei missili di precisione a corto raggio (SRBM) che Teheran condivide con il braccio armato del movimento sciita libanese Hezbollah e con atri gruppi terroristici mediorientali.

Secondo quanto pubblicato dalla rivista specializzata Breaking Defense, la decisione scaturisce dall’effettiva necessità di concentrare l’attenzione sull’arsenale missilistico attualmente in mano ai Pasdaran.

Alla luce del fatto che negli ultimi anni le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno effettuato almeno 200 attacchi (soprattutto sul territorio siriano) contro spedizioni di armi provenienti dall’Iran, nello Stato ebraico c’è chi pensa che riportare il dossier all’attenzione delle agenzie competenti sia ormai quantomeno tardivo.

I nuovi missili balistici iraniani sono dotati di piccole alette direzionali poste nella sezione anteriore del vettore e questo particolare tecnico evidenzia la presenza di un meccanismo di guida che conferisce a questi sistemi d’arma una maggiore precisione. L’attacco sferrato dai ribelli Houthi il 14 settembre scorso contro la raffineria Aramco di al-Bakik, il più grande impianto di lavorazione del greggio al mondo, è considerato la prova evidente di come l’Iran stia mettendo a disposizione dei movimenti armati sciiti che operano in Medio Oriente armi di precisione estremamente sofisticate.

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Secondo le ultime stime, l’Iran dispone di circa 3.000 missili balistici di teatro e razzi pesanti a corto e medio raggio armati con testate convenzionali ed equipaggiati con sistemi di guida avanzati. Per le basi USA nel Golfo e per i siti militari e le strutture strategiche israeliane questi sistemi d’arma rappresentano certamente una minaccia reale, un problema che lo stesso comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti (USCENTCOM), generale Kenneth McKenzie, ritiene “il maggiore pericolo messo in campo dall’Iran”.

E che siano un’arma efficace contro infrastrutture di importanza strategica ed obiettivi militari nel raggio di diverse centinaia di chilometri, i missili iraniani lo hanno con i dimostrano i risultati ottenuti dai Pasdaran nell’operazione “Soleimani martire” dell’8 gennaio 2020.

Nell’attacco, un’azione coordinata che ha preso di mira le Forze della Coalizione presenti nella base aerea di Ayn al-Asad, Iraq occidentale, e nell’aeroporto internazionale di Erbil, Kurdistan iracheno, sono stati impiegati 17 missili a corto raggio, con una percentuale di successo sull’obiettivo del 66%, 110 militari USA feriti e la base di al-Asad colpita da 11 missili Qiam-1 (copia iraniana del nordcoreano Hwasong 6 a sua volta derivato dallo Scud C) su 15 lanciati.

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Fonti politiche israeliane di alto livello avrebbero recentemente affermato che l’amministrazione Biden non sarebbe favorevole ad un’azione militare volta ad affrontare la questione relativa ai missili balistici iraniani.

Il problema non sarebbe per ora in cima alla lista delle priorità, viste anche le dichiarazioni del presidente Hassan Rouhani che continua a definire il programma missilistico della Repubblica Islamica non negoziabile. Una posizione di stallo, quindi, confermata anche dal fallito sforzo americano di porre fine alla guerra civile in Yemen, un conflitto che coinvolge l’alleato Saudita e che i ribelli sciiti Houthi portano avanti grazie al sostegno finanziario e ai sistemi d’arma forniti da Teheran.

Intanto, sul fronte militare gli Stati Uniti e Israele stanno portando avanti un programma di esercitazioni congiunte che simulano un massiccio attacco missilistico iraniano contro lo Stato ebraico. La cooperazione, iniziata nel marzo 2019 con l’integrazione del sistema antimissile Terminal High Altitude Area Defense (THAAD) nella rete di difesa israeliana, non sembra però sufficiente.

A Gerusalemme si ritiene che la prima fase di contrasto ad un massiccio attacco missilistico sarebbe a carico del sistema di difesa aerea israeliano. Intervistato da Breaking Defense, uno dei massimi esperti militari israeliani ha affermato che uno scenario del genere obbligherebbe Israele a rispondere con tutto il suo arsenale difensivo. (IT Log Defence)

 

Eugenio Roscini VitaliVedi tutti gli articoli

Colonnello dell'Aeronautica Militare in congedo, ha conseguito un master di specializzazione in analisi di sistema e procedure all'Istituto Superiore di Telecomunicazioni. In ambito internazionale ha prestato servizio presso il Comando Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, la 5^ Forza Aerea Tattica Alleata e il Comando NATO di AFSOUTH. Tra il 1995 e il 2003 ha preso parte alle Operazioni NATO nei Balcani (IFOR/SFOR/KFOR). Gestisce il sito ITlogDefence.

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