Le alleanze di Indonesia e Laos per contenere Pechino

 

 

Il 30 marzo scorso Indonesia e Giappone hanno firmato un accordo che permetterà il trasferimento da parte di Tokyo di equipaggiamento e tecnologia per la difesa. I due paesi hanno recentemente stretto i loro legami militari alla luce dell’aggressività cinese nella regione. L’accordo rappresenta il culmine delle discussioni ‘2+2’ che si sono tenute tra i rispettivi ministri degli esteri e della difesa, preoccupati dalla crescente influenza di Pechino nel Mare Meridionale e Orientale Cinese.

Il ministro degli esteri giapponese Toshimitsu Motegi e quello della difesa Nobuo Kishi, assieme alle loro controparti indonesiane Retno Marsudi e Prabowo Subianto, hanno anche preso l’accordo di partecipare attivamente alle esercitazioni militari ‘multinazionali’ nella regione e di “favorire congiuntamente lo sviluppo di isole nel Mare Meridionale Cinese”.

Il 14 aprile il cacciatorpediniere nipponico Akebono (nella foto sotto) ha sostato nel porto di Jakarta nell’ambito di una visita concordata con la Marina indonesiana.

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I negoziati erano ufficialmente iniziati nel 2015, ma prospettive concrete per la conclusione dell’accordo sono emerse solamente a seguito della visita del primo ministro Yoshilde Suga in Indonesia lo scorso ottobre.

L’ultima esercitazione militare in chiave evidentemente anticinese si è svolta tra il 6 e il 7 aprile da parte della flotta del Pacifico degli Stati Uniti con la Royal Malaysian Air Force, mentre tra il 4 e il 6 aprile si era tenuta nel Golfo del Bengala l’esercitazione organizzata dalla Francia e condotta insieme agli Stati Uniti ed agli altri paesi del Quadrilateral Security Dialogue (Australia, India e lo stesso Giappone). Non è escluso che l’Indonesia possa, in prospettiva, unirsi all’embrione di questa sorta di “NATO indo-pacifica” magari in qualità di osservatore.

I security talks tra Giappone e Indonesia si sono tenuti dopo le discussioni che avevano impegnato Giappone e Stati Uniti qualche settimana prima, e durante le quali venivano condannate le aggressioni cinesi verso i vicini asiatici. Tensioni evidenti anche tra Cina e Giappone attorno alle isole Senkaku (Diaoyu per la Cina) riemerse a seguito di un’operazione di Pechino, il 25 aprile scorso, nelle acque territoriali sotto sovranità nipponica.

 

La sfida marittima con Pechino

Mentre per il Giappone l’intesa con l’Indonesia rappresenta un tassello in più nella strategia della “collana di perle” a contenimento della Cina (accordo simili sono già stati stipulati con Filippine e Malesia), il governo di Jakarta si sta attualmente impegnando in un programma di riarmo piuttosto cospicuo. Nel 2020 la spesa militare del paese è stata aumentata di quasi il 20 per cento rispetto all’anno precedente. Parte consistente del budget è devoluta al rafforzamento dell’Aeronautica e della Marina, percepite evidentemente dall’Indonesia come più bisognose di ammodernamento e maggiormente esposte al confronto con la Cina.

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Sebbene l’Indonesia non sia uno dei paesi più direttamente coinvolti nelle dispute di sovranità sul Mar Cinese Meridionale, Jakarta è già da tempo in apprensione per l’area tra Malacca e il Borneo che circonda le isole Natuna (un arcipelago di circa 270 isolette), la quale si trova nella zona economica esclusiva indonesiana ma anche nel mirino di Pechino che resta comunque il primo partner commerciale per l’Indonesia.

La querelle, seppure minore rispetto ad altre dispute attorno al Mare Cinese Meridionale che coinvolgono Vietnam, Malaysia, Filippine, Brunei e Taiwan, non è nuova. Ricordiamo che il 15 settembre scorso il ministero degli esteri indonesiano aveva inviato una protesta a Pechino per la presenza di due navi della Guardia Costiera cinese in tale zona, dopo che già in precedenza Jakarta aveva dovuto dispiegare mezzi militari (aerei da combattimento e navi) in prossimità delle isole a causa di un episodio simile avvenuto al largo dell’arcipelago delle Riau (di cui fanno parte anche le Natuna, oltre che le Anambas e Lingga).

Pechino ha più volte dichiarato che la zona rientra nella sua area di sovranità, tanto che tra settembre e novembre la Marina Indonesiana aveva condotto un’operazione militare di prevenzione e respingimento delle navi cinesi nella zona economica esclusiva occidentale del paese, a testimonianza dell’inasprimento delle posizioni.

 

Fregate giapponesi per l’indonesia?   

A comprova delle crescenti preoccupazioni di Jakarta per le mire cinesi sull’area e della volontà di rafforzare le capacità marittime vi è poi la notizia dell’inizio dei lavori per la realizzazione di una stazione per sottomarini a Natuna Besar.

Sulla partnership tra Tokyo e Jakarta sono recentemente emersi altri dettagli. Alcuni media tra cui The Diplomat riportano che il Giappone avrebbe offerto all’Indonesia 8 fregate lanciamissili multimissione stealth classe Mogami e starebbe lavorando ad un piano di consegna da attuare tra il 2023 e il 2024.

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Le Mogami sono unità da 4mila tonnellate (5.500 a pieno carico) realizzate dai cantieri Mitsubishi a Nagasaki e Tamano che ne sta attualmente realizzando 5 per le Forze di Autodifesa Marittima Giapponesi che prevedono di acquisirne 22 in diverse

Questo piano si inserisce nel quadro di un più vasto accordo sullo scambio di tecnologie del valore totale di 3,6 miliardi di dollari. La commessa costituirebbe la maggiore esportazione di armi giapponesi mai effettuata ma è noto che l’Indonesia stia guardando anche ad altri fornitori per rinnovare la flotta con nuove fregate lanciamissili ed ha recentemente dimostrato di essere imprevedibile quanto alle decisioni circa il procurement militare.

L’Indonesia, nel suo obiettivo di modernizzare le forze aeree e marittime, sta però attuando un’attenta strategia di diversificazione degli approvvigionamenti al fine di limitare la dipendenza da specifiche potenze straniere.

 

Si rafforza l’asse con Seul

E’ un segno il fatto che il ministro della difesa Subianto abbia partecipato il 9 aprile ad una cerimonia di presentazione di aerei da caccia in Corea del Sud. La visita potrebbe anticipare l’acquisizione dei caccia KF-21 Boramae (Falco), nome attribuito al programma noto come KF-X.

L0indinesia potrebbe acquistare 50 esemplari del nuovo caccia stealth sudcoreano il cui prototipo dovrebbe volare nei prossimi mesi e che sembra destinato ad entrare in servizio dal 2026 con 120’ esemplari previsti per l’Aeronautica della Corea del Sud entro il 2032.

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Secondo quanto riportato da The Diplomat). Con gli aerei KF-X, in particolare, Jakarta si assicurerebbe un velivolo di Generazione 4++ con un prezzo competitivo (tra 40 e 50 milioni di euro a esemplare) ma con spinte caratteristiche di bassa rilevabilità radar e tecnologicamente superiore rispetto ai velivoli da caccia che sono stati offerti: dagli F-16 americani ai Sukhoi Su-35 russi ai Typhoon europei.

L’Indonesia ha partecipato alla realizzazione del velivolo della Korean Aerospace Industries in seguito all’intesa con la Corea del Sud per la realizzazione dei KF-X (noto come JF-X in l’Indonesia che chiama il nuovo caccia F-33) nell’ambito di un progetto di oltre 6 miliardi di dollari finanziato per il 20% da Jakarta con una rinegoziazione del contratto nel 2018 per alleggerire il peso sul budget nazionale.

Nonostante gli ostacoli ed il parziale raffreddamento dei rapporti, dovuto anche il temporaneo interesse indonesiano ad acquisire i Sukhoi Su-35 russi (programma poi abbandonato anche in seguito alle reiterate pressioni statunitensi che minacciano sanzioni ai paesi amici e alleati che acquistano armamenti russi), la cooperazione con Seul sembra ora procedere spedita e del resto l’aeronautica indonesiana già schiera 14 addestratori sudcoreani KAI T-50.

La possibilità di combinare la tecnologia AESA (Radar Active Electronically Scanned Array) con armi avanzate, secondo The Diplomat, potrebbe avere un grande impatto sulla potenza militare aerea dell’Indonesia nel sud est asiatico specie se verranno adottati missili aria-aria a lungo raggio come l’MBDA Meteor.

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L’Aeronautica indonesiana comprende attualmente una settantina di cacciabombardieri (33 F-16, 5 Sukhoi Su-27, 11 Sukhoi Su-30 e 23 Hawk 200) e solamente sei aerei da pattugliamento marittima, un numero certamente non sufficiente per controllare efficacemente l’intero territorio con le sue miriadi di isole.

I nuovi aerei daranno anche a Jakarta un vantaggio competitivo rispetto ai suoi vicini, garantendo anche la possibilità di un maggior leverage politico-diplomatico-militare. L’Indonesia potrebbe sviluppare le capacità per porsi come ombrello protettivo verso altri paesi del sud est asiatico nei confronti della minaccia cinese (e di altre possibili minacce regionali), pur mantenendo formalmente buoni rapporti con Pechino.

La collaborazione tra Jakarta e Seul sembra già ben avviata nel settore della difesa, e non solo per quanto riguardo la parte aeronautica. A marzo, infatti, a seguito di un accordo di trasferimento tecnologico bilaterale, era stata ultimata la realizzazione del sottomarino Alugoro, terzo battello della classe Nagapasa (sei unità previste) realizzate nei cantieri indonesiani PT PAL e dai sud-coreani Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering.

 

Una base russa in Laos

Mosca sta tentando di realizzare una base militare in Laos rafforzando la cooperazione militare con le autorità di Vientiane e rafforzando la sua presenza nella regione del Sudest asiatico e di capitalizzare sui già buoni rapporti con il Laos.

La nuova base troverà spazio nella provincia di Xieng Khouang, dove le truppe russe hanno sgomberato con un’azione di sminamento un territorio di 500 ettari che dovrebbe ospitare anche un aeroporto ad uso sia civile che militare.  La parte militare sarà utilizzata congiuntamente dalle forze aeree russe e laotiane. L’operazione di sminamento era iniziata nel dicembre 2020 ed è stata completata nel più grande riserbo nel giro di poco più di tre mesi.

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Mosca nel corso degli ultimi due anni ha consegnato al Laos 4 addestratori/caccia leggeri Yak 130 (su 10 previsti) che costituiscono l’unico strumento per la difesa dello spazio aereo nazionale.

L’Esercito del Laos dispone di mezzi piuttosto datati di origine sovietica (inclusi carri T-54/55) ma ha ricevuto da Mosca 20 moderni carri armati T-72B1 e 20 nuovi ruotati blindati da ricognizione BRDM-2M (gli ultimi lotti consegnati nel 2020) che affiancano i vecchi BTR-60 e BTR-152

Mosca ha contribuito alla formazione del personale militare laotiano sia ospitando i militari nelle scuole militari russe sia inviando specialisti militari russi come consulenti per assistere direttamente all’addestramento delle forze armate.

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Le più recenti intese bilaterali di cooperazione militare hanno preso il via con la visita a Mosca da parte del primo ministro laotiano Thongloun Sisoulith del 2017, durante il quale era stato siglato un accordo quadro nell’ambito del quale i russi hanno anche modernizzato il campo d’aviazione di Thongkhaihin, situato nella stessa provincia di Xieng Khoaung.

Secondo uno stesso rapporto del ministero della Difesa della Federazione Russa, Mosca fornisce armi e strumentazioni tecnico-militari al Laos nel quadro dell’assistenza tecnico-militare e degli accordi raggiunti durante una visita del ministro della Difesa in Laos nel 2018.

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A Vientiane è stato anche aperto un ufficio di rappresentanza del ministero della Difesa russo e la scorsa estate il Laos aveva annunciato la costruzione di statue commemorative per il valore di 775.000 dollari in onore di piloti sovietici caduti in missione nel paese del sudest asiatico tra il 1975 e il 1992. Piloti evidentemente impegnati già in quegli anni nell’addestramento delle forze aeree laotiane.

La cooperazione militare tra Mosca e Vientiane è stata poi approfondita nel 2019 quando i rispettivi ministri della difesa secondo l’agenzia stampa russa TASS avevano stretto un accordo ai margini della Conferenza Internazionale di Mosca sulla Sicurezza Internazionale. I dettagli di questo accordo non sono però mai stati svelati. In dicembre 2019 Russia e Laos hanno anche partecipato ad esercitazioni militari congiunti nella regione del Sudest asiatico note come Laros.

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Secondo un report pubblico disponibile sul sito del ministero della Difesa laotiano, il generale Chansamone avrebbe incontrato l’ambasciatore russo in Laos il 29 dicembre scorso per ringraziarlo del regalo di un hangar per carri armati nella provincia di Xieng Khouang.

Anche l’allineamento del Laos alle posizioni russe sulla questione della Crimea testimonia la volontà da parte delle autorità di Vientiane di approfondire la cooperazione militare con Mosca, che resta tuttavia poco trasparente dal momento che dati o report pubblici sono molto limitati.

 

Conclusioni

Laos e Indonesia sono esse stesse legate da un memorandum d’intesa nel settore della difesa da poco più di un anno. L’accordo è una sorta di ombrello legale per una possibile intensificazione della cooperazione militare tra i due paesi, per lo scambio di informazioni sulle sfide comuni relative alla sicurezza regionale e internazionale e per visite bilaterali tra i vertici militari. Le forze armate laotiane ricevono inoltre formazione in Indonesia già dall’epoca sovietica e questo è secondo le fonti un trend che continua e anzi si approfondirà grazie all’accordo.

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Nel sudest asiatico Mosca e Pechino competono su più teatri, seppur con un notevole vantaggio strategico da parte della seconda.

Sia l’Indonesia che il Laos hanno il vantaggio, rispetto ad altri paesi del sudest asiatico, di avere un grado di flessibilità piuttosto elevato nei confronti sia della Russia che della Cina. Ciò permette loro di giocare su più tavoli e di porsi, anche se indirettamente, come possibili aghi della bilancia rispetto allo strapotere di Pechino nella regione.  Vientiane, ad esempio, sta tentando di mantenere un equilibrio tra il fedele alleato vietnamita, legato alla Russia per motivi energetici, e il dragone, che è da anni il maggiore investitore estero e fornitore di aiuti del Laos.

Foto : Ministero Difesa Russo, Ministero Difesa Giapponese, Yak, KAI,

 

Classe 1983, Master in Relazioni Internazionali e Dottorato di Ricerca in Transborder Policies IUIES, ha maturato una rilevante esperienza presso varie organizzazioni occupandosi di protezione internazionale delle minoranze, politica estera della UE e sicurezza internazionale. Assistente alla cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali e Politica Internazionale presso l'Università di Trieste, ricercatrice post-dottorato presso il Centro di Studi Europei presso l'Università Svizzera di Friburgo, e junior member presso la Divisione Politica Europea di Vicinato al Servizio Europeo per l'Azione Esterna. Lavora attualmente presso Small Arms Survey a Ginevra come Ricercatrice Associata.

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