La Guardia Costiera libica salva centinaia di vite ma l’agenzia dell’ONU protesta

 

 

“Più di 500 migranti sono stati intercettati nelle ultime 24 ore e riportati in Libia”; solo oggi sono stati “più di 230” ma “circa 20 sono annegati”. Lo ha scritto su Twitter una portavoce dell’OIM, l’Organizzazione mondiale per le migrazioni con sede a Ginevra, Safa Msehli.

Invece di esprimere sollievo e apprezzamento per l’opera di soccorso prestata dalla Guardia Costiera Libica (sostenuta ed equipaggiata dall’Italia e addestrata dai militari italiani e turchi) il cui provvidenziale intervento ha impedito che ad annegare fossero in centinaia, la portavoce ’agenzia dell’ONU lamenta che gli oltre 500 migranti illegali “sono stati tutti detenuti”.

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Evidentemente per l’OIM l’unica risposta adeguata ai flussi di clandestini gestiti dalla criminalità organizzata è lo sbarco garantito in Italia.

Per l’agenzia dell’ONU legalità, contrasto alla criminalità e rispetto di confini e sovranità nazionali sembrano interessare poco e del resto non c’è da stupirsi se si tiene conto che il Migration Compact varato dalle Nazioni Unite nel 2018 sancisce il diritto per chiunque di emigrare nel mondo dove preferisce.

Flavio di Giacomo, portavoce a Roma dell’OIM fornisce dettagli importanti circa l’intercettazione in mare ad opera della Guardia Costiera libica di 500 Migranti a bordo di sette barconi. I sopravvissuti – tra cui vi sono 43 donne, nove bambini e diverse persone sofferenti e disidratate – hanno raccontato allo staff di OIM che i natanti erano sovraffollati e che per tale motivo 20 persone sono cadute in mare.

Condizioni drammatiche e inumane che dovrebbero indurre gli esponenti dell’agenzia dell’ONU a stigmatizzare duramente i trafficanti che hanno messo volutamente in pericolo la vita di così tante persone affollandole su imbarcazioni troppo piccole, instabili e senza rifornimenti per la traversata.

invece non si trova una sola dichiarazione in cui si spenda una mezza parola contro i trafficanti ma si sottolinea invece che tutti i clandestini salvati sono stati portati nel centro di detenzione di al-Maban.

Che di sicuro non assomiglia a un villaggio turistico ma è certo meglio del fondo del mare o di un’atroce morte per sete su un barcone alla deriva.

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I fatti parlano chiaro: oggi senza l’intervento della Guardia Costiera libica i morti sarebbero stati centinaia.

Sarebbe lecito aspettarsi da agenzie umanitarie delle Nazioni Unite finanziate con i soldi della comunità internazionale (e in Libia i soldi per OIM e UNHCR giungono da molti anni soprattutto dalle tasche dei contribuenti italiani) un caloroso plauso ai marinai libici che hanno salvato vite umane, plauso per le vite salvate che in aprile venne espresso a Tripoli anche da Mario Draghi.

Evidentemente a queste organizzazioni, come alle Ong, dei clandestini interessa soprattutto che raggiungano la destinazione per cui hanno pagato i trafficanti: l’Europa e soprattutto in Italia.

A Roma, dove recentemente non sono mancate in parlamento dure critiche al rinnovo del supporto italiano alla Guardia Costiera libica, varrebbe la pena considerare che senza la Guardia Costiera libica i clandestini sbarcati quest’anno in Italia non sarebbero ad oggi quasi 26 mila ma bensì almeno 42mila, con tutti i conseguenti aggravi in termini di spesa, sicurezza sanitaria, accoglienza e ordine pubblico.

Una buona ragione per ringraziare i marinai libici (che salvano vite) e per trovare conferme al valore della cooperazione bilaterale sul piano della difesa e sicurezza.

Circa i fatti di oggi il comunicato del Ministero dell’Interno libico, responsabile degli interventi di soccorso, ha reso noto sulla sua pagina Facebook che “la motovedetta P200 dell’Amministrazione Generale della Sicurezza Costiera libica è riuscita a salvare, all’alba” di oggi “147 clandestini di diverse nazionalità” che sono stati trasferiti al punto di sbarco per i migranti nel porto di Tripoli, ed è stata fornita tutta l’assistenza umanitaria e medica” necessaria.

“Nei loro confronti sono stati presi provvedimenti giudiziari e sono stati consegnati all’Autorità per il contrasto all’immigrazione clandestina, alla presenza del direttore del Dipartimento generale della sicurezza costiera, del capo della filiale di Tripoli, del vice capo dell’Ufficio operazioni marittime e il capo della Sezione di pattugliamento marittimo del dipartimento”, viene precisato.

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Certo, in Libia l’immigrazione illegale, anche verso paesi terzi, è un reato che viene punito col carcere. In teoria, ma solo in teoria, è un reato anche in Italia e risulta facile osservare che se anche qui si applicassero misure immediate di carcerazione e/o rapida espulsione i flussi clandestini verso la Penisola verrebbero considerevolmente scoraggiati.

Un secondo naufragio ha interessato un barcone partito dalla Libia e intercettato al largo di Zarzis dalle motovedette tunisine che hanno soccorso circa 160 sopravvissuti, per lo più del Bangladesh, mentre 18 persone avrebbero perso la vita non è chiaro per quali ragioni.

Anche dal secondo naufragio emergono la brutalità dei trafficanti senza scrupoli e l’ottimo lavoro svolto dalla Guardia Costiera tunisina (anch’essa sostenuta da anni dall’Italia) che ha permesso di salvare molte vite che diversamente sarebbero andate perdute. L’OIM del resto ha fatto sapere di aver assistito circa 1.400 Migranti partiti dalla Libia e recuperati in mare dalle autorità tunisine.

Tornando alla Libia, l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Jan Kubis, ha detto che la situazione dei migranti e dei rifugiati in Libia è “terribile” e al 31 giugno si stima che siano 6.377 i clandestini detenuti nei centri di detenzione nel Paese: un aumento del 550 per cento rispetto al gennaio 2021″, ha detto Kubis.

Dati che impongono due considerazioni. La prima è che non tutti i clandestini tornati in Libia vengono detenuti, o almeno non restano detenuti a lungo, poiché a fine giugno erano ben 15mila i migranti illegali riportati indietro dalle motovedette libiche: più del doppio di quelli detenuti a tale data.

La seconda considerazione è che, anche aggiornando i conti alle ultime settimane, nei famigerati campi di detenzione si trovano al massimo 7/8mila clandestini.

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L’ONU, di fatto l’artefice degli ultimi due governi succedutisi a Tripoli, quello di Fayez al-Sarraj e l’attuale guidato da Abdul Dbaibah, dovrebbe adoperarsi seriamente a farsi consegnare dalle autorità libiche i clandestini detenuti e a rimpatriarli con un ponte aereo nei paesi d’origine insieme ai 1.400 soccorsi dai tunisini.

Tripoli del resto ha più volte atto sapere negli ultimi anni di avere molte emergenze da affrontare e tra le priorità non vi sono certo le detenzioni dei migranti illegali.

L’istituzione di un ponte aereo per i rimpatri (peraltro in passato attuati proprio dall’OIM) potrebbe venire estesa anche agli altri clandestini presenti in Libia, privi di un posto di lavoro e di una sistemazione in Libia dove lavorano da sempre moltissimi africani.

Non dimentichiamo che nel 2011 le Nazioni Unite gestirono in Tunisia un ponte aereo internazionale che permise in poche settimane il rimpatrio di un milione di stranieri residenti in Libia e fuggiti oltre confine a causa della guerra.

Le capacità logistiche certo non mancherebbero e oggi in breve tempo l’azione di assistenza e rimpatrio curata dalle agenzie dell’ONU, unite a quella di soccorso messa in campo dalla Guardia Costiera libica, ridurrebbero sensibilmente i flussi migratori diretti in Italia.

@GianandreaGaian

Foto Guardia Costiera Libica

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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