Scomparso Qader Khan, “padre” dell’atomica pakistana
Migliaia di persone, fra cui alti dignitari politici e militari, hanno partecipato ai funerali di stato del padre della bomba atomica pachistana, Abdul Qader Khan, padre della bomba atomica pachistana. spentosi ieri in un ospedale di Islamabad dove era ricoverato per complicazioni legate al Covid-19.
Il rito funebre alla moschea Faisal, la principale della città, è stato diffuso in diretta televisiva, mentre tutte le bandiere erano a mezz’asta. Il primo ministro Imrat Khan aveva annunciato che lo scienziato sarebbe stato sepolto nella moschea, dove già riposa l’ex dittatore militare Zia Ul Haq ma il ministro dell’Interno ha poi riferito che la famiglia ha deciso altrimenti, preferendo un lotto al cimitero.
Khan, 85 anni, era noto dal 2003 per essere stato inquisito e arrestato per aver contribuito alla proliferazione delle armi nucleari in Libia, Iran e Corea del Nord. Per quanto controverso, Khan rimane una sorta di eroe nazionale per il Pakistan. E così lo ha ricordato oggi il presidente Imran Khan, dichiarando che lo scienziato era amato dalla nazione dato il suo contributo cruciale nel renderci “un paese con l’arma nucleare”.
“Ciò ci ha portato sicurezza davanti ad un vicino nucleare aggressivo e molto più grande. Per la gente del Pakistan era un’icona nazionale”, ha aggiunto il presidente, riferendosi alla rivalità con l’India.
Per il ministro della Difesa, Pervez Khattak, la morte dello scienziato è una “grande perdita e il Pakistan onorerà per sempre i suoi servizi alla nazione”.
Nato nel 1936 a Bhopal, nell’odierna India, ed emigrato con la famiglia musulmana a soli 11 anni nel neonato Pakistan, si laureò nel 1956 in Fisica all’Università di Karachi e studiò poi a Berlino. Nel 1976, due anni dopo che l’India aveva fatto esplodere la sua prima atomica, entrò a far parte del Progetto-706, il programma nucleare pakistano,
Khan è stato il protagonista del programma nucleare pachistano e del primo test, nel 1998, della “bomba islamica” realizzata con il contributo finanziario dell’Arabia Saudita. Lo scienziato fondatore e direttore dei Laboratori di Ricerca Khan, fu determinante nella creazione del primo impianto di arricchimento dell’uranio pakistano a Kahuta, vicino a Islamabad e nella realizzazione dei test nucleari.
Alla fine del 2003 venne accusato di traffico internazionale di know-how nucleare quando Teheran ammise’ di aver ricevuto la tecnologia per costruire le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio dal Pakistan e il figlio di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, dichiarò (dopo che Tripoli aveva rinunciato alle armi di distruzione di massa si pressione anglo-americana) che il progetto per costruire la bomba atomica libica era stato fornito dal Pakistan.
Khan confessò pubblicamente in televisione di aver fornito informazioni per la realizzazione di ordigni atomici a Iran, Libia e Corea del Nord (che in cambio fornì la tecnologia balistica per i missili dell’arsenale atomico pakistano) e si assunse la piena responsabilità di quei traffici ammettendo di averlo fatto per denaro: una “sceneggiata” che di fatto assolse il governo pakistano da quei traffici atomici verso gli “stati canaglia” indicati dall’amministrazione statunitense di George W. Bush.
Khan venne arrestato ma le autorità pachistane impedirono che fosse interrogato nell’ambito di indagini internazionali sulla proliferazione nucleare, provocando reazioni indignate in Occidente. L’allora presidente Pervez Musharraf graziò Khan, ma lo scienziato rimase di fatto agli arresti domiciliari fino al 2009, quando ottenne la piena libertà al termine di una lunga battaglia giudiziaria.
Khan aveva nel frattempo ritrattato la sua confessione, affermando che era stato costretto a farla da Musharraf. Terminati gli arresti domiciliari, lo scienziato poteva incontrare amici e parenti, ma era comunque sempre sotto la sorveglianza dell’apparato di sicurezza e appariva raramente in pubblico.
Anche i talebani pakistani (Tehrik e Taliban Pakistan, o Ttp) hanno espresso il loro cordoglio per la morte di Khan.
(con fonti Adnkronos, Ansa e DPA)
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