Crisi Ucraina: le richieste di Mosca evidenziano i limiti nella deterrenza della NATO

 

 

Fanno discutere le condizioni poste da Mosca alla NATO per risolvere la crisi ai confini russo-ucraini con un’intesa che coinvolga tutto l’est Europa e la postura dell’Alleanza Atlantica.

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Il dibattito non è solo incentrato sulle richieste del Cremlino ma anche sul fatto che queste siano state rese pubbliche: aspetto che secondo alcuni osservatori dimostrerebbe la  consapevolezza dei vertici russi che tali richieste non potranno venire accolte, secondo altri che la strategia comunicativa di Vladimir Putin punta a coinvolgere nel dibattito l’opinione pubblica europea che oggi fatica a percepire le ragioni di una crisi militare con i russi in Ucraina ma è ben consapevole dei rischi energetici ed economici che deriverebbero da una rottura totale dei rapporti con Mosca.

Molto probabilmente entrambe le valutazioni sono realistiche ma al tempo stesso è indubbio che rendendo pubbliche le condizioni poste a USA e NATO il governo russo ha ottenuto almeno tre vantaggi.

  • ha assunto ‘iniziativa politico-diplomatica uscendo dall’angolo in cui l’avevano posta le supposte rivelazioni dell’intelligence statunitense e ucraino circa la preparazione di una imminente invasione dell’Ucraina.
  • ha rovesciato la narrazione imbastita da USA e Gran Bretagna (e poi mutuata in modo acritico dall’intera NATO) circa la minaccia russa per l’Europa evidenziando come dalla fine dell’URSS non sia stata la Russia ad espandersi verso Ovest ma bensì la NATO ad allargarsi a Est, non solo inglobando gli ex membri del Patto di Varsavia ma con una pesante influenza politica e presenza militare in Ucraina e Georgia.
  • ha costretto i governi delle principali potenze della NATO a tranquillizzare la propria opinione pubblica dichiarando la non disponibilità a inviare truppe a combattere in Ucraina in caso di invasione russa. Aspetto interessante in termini di “guerra mediatica” e Info Ops poiché i timori di un conflitto sono stati alimentati proprio dalle dichiarazioni dell’intelligence USA ai media circa un’imminente invasione russa dell’Ucraina..

Nella conferenza stampa di fine anno Vladimir Putin ha detto che “un’ulteriore espansione della Nato verso est è inaccettabile”, accusando l’Occidente di “venire con i suoi missili alla nostra soglia di casa”. “Continuano a ripeterci: guerra, guerra, guerra. Ma c’è l’impressione che, forse, siano loro a preparare la terza operazione militare” in Ucraina, ha aggiunto il presidente russo riferendosi alle denunce ed allarmi per le attività militari russe sul confine.

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L’impressione è che “ci stiano dando un avviso: non intervenite, non proteggete queste persone – ha continuato Putin riferendosi agli abitanti delle regioni separatiste filorusse – perché se intervenite per proteggerle, ci saranno sanzioni. Forse dobbiamo prepararci a questo”.

Se da un lato Putin sembra voler preparare i russi a una crisi militare prolungata o a nuove sanzioni occidentali, dall’altro ha inviato messaggi tranquillizzanti definendo “positive” le prime reazioni Usa alle richieste russe in materia di sicurezza per risolvere le tensioni ai confini ucraini che verranno discusse all’inizio di gennaio a Ginevra.

 

Le richieste di Mosca

Le proposte, consegnate il 15 dicembre e pubblicati sul sito del ministero degli Esteri russo, sono contenute in due bozze di accordo: uno multilaterale con la NATO in 9 punti redatto in inglese, francese e russo – e uno bilaterale con Washington – in 8 punti, redatto in inglese e russo.

“I rappresentanti delle due parti sono stati designati” ha dichiarato Putin che ha proposto due trattati, uno agli Stati Uniti e l’altro alla Nato nel suo complesso, in cui chiede di ufficializzare con una garanzia scritta che l’Ucraina non entrerà nell’Alleanza Atlantica e di annullare la dislocazione di forze di rilievo (e soprattutto missilistiche) negli stati membri della NATO dell’Europa Centrale e Orientale.

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Le proposte prevedono anche il divieto di inviare navi da guerra e aerei statunitensi e russi in aree da cui possano colpire l’uno il territorio dell’altro, insieme a uno stop alle esercitazioni militari della Nato vicino ai confini russi.

Mosca chiede che le parti s’impegnino “a non partecipare o sostenere attività che incidano sulla sicurezza dell’altra parte”, a non usare “il territorio di altri Stati per preparare o effettuare un attacco armato” o ad azioni che ledano “la sicurezza essenziale” reciproca e inoltre faranno sì che le alleanze militari o le coalizioni di cui fanno parte rispettino “i principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite”.

Il Cremlino pretende che “gli Stati Uniti si impegnino ad escludere qualsiasi ulteriore espansione verso est della Nato, a rifiutare l’ammissione all’Alleanza degli Stati che facevano parte dell’Unione Sovietica, a non stabilire basi militari sul territorio degli Stati già membri dell’Urss che non sono membri della NATO, a non usare le loro infrastrutture per qualsiasi attività militare ne’ a sviluppare con essi una cooperazione militare bilaterale”.

La Russia chiede inoltre agli USA di “non schierare missili terrestri a raggio corto e intermedio” sia fuori dal territorio nazionale che in patria, se questi minacciano l’altra parte, e di “evitare il dispiegamento di armi nucleari al di fuori del territorio nazionale” e “il rientro nei confini” delle armi di questo tipo già dislocate all’estero.

Alla NATO la Federazione Russa propone un accordo in cui le parti s’impegnano a “non creare condizioni o situazioni che costituiscano o possano essere percepite come una minaccia alla sicurezza nazionale di altre parti”, con una certa “moderazione” nell’organizzazione delle esercitazioni da non effettuare sopra il livello “di brigata” in zone stabilite ad hoc, cioè a ridosso dei confini russi.

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Mosca chiede che “tutti gli Stati membri della Nato s’impegnano ad astenersi da qualsiasi ulteriore allargamento dell’Alleanza, compresa l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati; le parti che sono membri della Nato non condurranno alcuna attività militare sul territorio dell’Ucraina e di altri Stati dell’Europa orientale, del Caucaso Meridionale e dell’Asia Centrale”.

Per Mosca la costante presenza aerea e navale NATO nel Mar Nero e nel Mar Baltico costituiscono un costante motivo di tensione così come la presenza di contractors e consiglieri militari anglo-americani e di altri alleati NATO in Ucraina oltre alle basi missilistiche in Romania e Polonia concepite ufficialmente per la difesa “contro i missili balistici iraniani” in grado di impiegare i missili da difesa aerea Standard SM-3 ma anche missili da crociera compatibili con gli stessi lanciatori.

Come ricordato in un precedente editoriale, per comprendere le preoccupazioni di Mosca per la presenza militare occidentale ai suoi confini (la frontiera ucraina è a 500 chilometri da Mosca) è sufficiente valutare quale impatto avrebbe la presenza di basi e forze militari con capacità strategiche russe ai confini degli Stati Uniti col Canada o col Messico.

 

Le valutazioni

Difficile che Mosca possa ottenere quanto chiede sia perché la NATO si era già impegnata con Kiev ad accogliere l’Ucraina nella NATO sia perché molti stati membri dell’Europa Orientale come Repubbliche Baltiche, Polonia, Romania e Bulgaria contano sulla presenza militare degli alleati occidentali e soprattutto degli Stati Uniti per avere garanzie nei confronti del vicino russo.

Tuttavia un “congelamento” dell’espansione a est della NATO non comporterebbe un incremento della minaccia russa per l’Europa (che in termini militari è anacronistico) ma permetterebbe di stabilizzare e riportare in un ambito disteso i rapporti tra Russia ed Europa: obiettivo quest’ultimo che non rientra certo negli obiettivi strategico di Londra e Washington.

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Nessuno ha ovviamente interesse ha negare il dialogo. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg (nella foto sotto) ha affermato qualsiasi dialogo con Mosca “dovrebbe anche affrontare le preoccupazioni della Nato sulle azioni della Russia, basarsi sui principi e sui documenti fondamentali della sicurezza europea e svolgersi in consultazione con i partner europei della Nato, come l’Ucraina” ma ha aggiunto che “se la Russia dovesse adottare misure concrete per ridurre le tensioni, siamo pronti a lavorare per rafforzare le misure di rafforzamento della fiducia”.

Nella dichiarazione del Consiglio Nord Atlantico di ieri si ribadisce che “la Nato adotterà tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e la difesa di tutti gli alleati. Qualsiasi ulteriore aggressione contro l’Ucraina avrebbe enormi conseguenze e avrebbe un prezzo elevato. Stiamo valutando seriamente le implicazioni per la sicurezza dell’Alleanza della situazione attuale.

Risponderemo sempre in modo determinato a qualsiasi deterioramento del nostro ambiente di sicurezza, anche attraverso il rafforzamento della nostra posizione di difesa collettiva, se necessario”, ha aggiunto l’Alleanza.

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Ieri il ministro degli Esteri britannico, Liz Truss ha ribadito che “la Nato è un’alleanza difensiva e che l’Ucraina continua a mostrare lodevole moderazione di fronte alla provocazione e all’aggressione russa. Le armate militari russe al confine con l’Ucraina e nella Crimea sono inaccettabili. Qualsiasi incursione russa sarebbe un enorme errore strategico e verrebbe accolta con forza, comprese sanzioni coordinate con i nostri alleati per imporre un grave costo agli interessi e all’economia della Russia”.

Al di là delle dichiarazioni l’escalation ai confini russo-ucraini hanno già determinato un successo per la Russia: sia Washington che Londra hanno escluso il rischio di farsi coinvolgere in una guerra con la Federazione Russa in caso le truppe di mosca entrassero in Ucraina.

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Il 18 dicembre il ministro della Difesa britannico Ben Wallace aveva definito “altamente improbabile” che Londra e i suoi alleati intervengano militarmente in caso di invasione russa.

L’Ucraina “non è un membro della NATO, quindi è altamente improbabile che qualcuno invii truppe in Ucraina contro la Russia”, ha detto il ministro in una videointervista trasmessa sul sito web del settimanale britannico The Spectator. “Non dovremmo far credere alla gente che lo faremmo. Gli ucraini ne sono perfettamente consapevoli”, ha aggiunto. D’altra parte, “ci sono certamente sanzioni economiche pesanti e durature che potrebbero essere adottate”, ha sottolineato il ministro.

Nei giorni precedenti il presidente USA, aveva minacciato “sanzioni mai viste” contro Mosca se l’Ucraina venisse aggredita ma aveva anche sottolineato come le rappresaglie economiche contribuissero a escludere quelle militari, definite “non un’opzione” da Biden.

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Le dichiarazioni dei vertici militari delle due potenze “principali azionisti” della NATO offrono quindi un vantaggio a Mosca poiché confermano che non sono pronte a “combattere e morire per Kiev”.

Un messaggio inviato a una controparte, la Russia, che non solo ha saputo reggere molto bene ad anni di sanzioni poste da USA e UE ma che costituisce oggi forse una delle poche nazioni in Europa in cui concetti quali patriottismo, interessi nazionali e “combattere e morire per la Patria” abbiano ancora un valore concreto.

Un limite che Washington aveva già evidenziato nel 2010, quando Barack Obama (di cui Biden era vice), annunciò che avrebbe inviato altri 33 mila militari in Afghanistan, come chiedevano i comandanti sul campo, ma che dall’anno successivo sarebbe iniziato il ritiro da Kabul.

Un bel regalo ai talebani che infatti hanno saputo attendere e capitalizzare al meglio il vantaggio strategico offerto loro dalla Casa Bianca.

Oggi le dichiarazioni dei vertici anglo-americani contribuiranno a rendere meno stabili gli equilibri politici in Ucraina e a rafforzare, soprattutto tra gli alleati in Est Europa, i dubbi sulla reale credibilità militare e capacità di esprimere deterrenza dell’Alleanza Atlantica. Gli stessi dubbi emersi in tutta la loro preoccupante dimensione proprio con la disfatta in Afghanistan e la farsesca fuga da Kabul.

@GianandreaGaia

Illustrazioni  NATO, Ministero Difesa Ucraina, Casa Bianca, Cremlino, Russian Helicopters e Alberto Scafella

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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