Verso un ulteriore boom di sbarchi di immigrati clandestini

 

 

Dopo gli ultimi due anni disastrosi caratterizzati da nuovi boom di sbarchi di immigrati illegali nel totale disinteresse, se non con il sostegno, di gran parte della politica, il nuovo anno sta impietosamente fotografando il tracollo delle istituzioni italiane di fronte a sbarchi illegali e Ong, peraltro proprio nel momento in cui il Governo Draghi, unico in Europa, continua a utilizzare la crisi sanitaria come pretesto per intensificare le misure che limitano le libertà individuali dei cittadini.

Le coste da Lampedusa a tutta la Sicilia sono alla mercè di barchini, barconi e navi delle Ong, tutti diretti esclusivamente in Italia, unica nazione che continua ad accogliere chiunque paghi criminali per venire illegalmente in Europa. A scaricare l’ultimo carico di clandestini è stata a fine gennaio l’Aita Mari, la nave della Ong Salvamento Marítimo Humanitario, che ha lasciato a Lampedusa 176 migranti illegali.

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Il 29 gennaio erano sbarcati ad Augusta in 439 dalla Geo Barents, la nave di Medici senza Frontiere e prima ancora tutte le navi delle Ong presenti nel Mediterraneo hanno fatto la spola tra le acque libiche e i porti siculi.

La fotografia del disastro in atto ai nostri confini la forniscono i dati del Ministero dell’Interno. Se il 2021 si era chiuso con 67.040 sbarcati, cioè il doppio dei 34.154 del 2020 e sei volte gli 11.471 del 2019, l’inizio del 2022 anticipa un anno potenzialmente ancora più difficile.

In gennaio sono sbarcati 3.035 clandestini, il triplo dei 1.039 del gennaio 2021 e oltre il doppio dei 1.342 del gennaio 2020. Una situazione fuori controllo in cui agli sbarchi dei clandestini si aggiungono altre migliaia di accessi di stranieri di cui, in un’Italia economicamente in ginocchio e con milioni di persone disoccupate e sottoccupate, non si sente alcuna necessità.

Nei giorni scorsi il Viminale ha varato il secondo “Click day” relativo ai flussi d’ingresso per altri 42 mila lavoratori non comunitari  per l’anno 2021 per i settori agricolo e turistico-alberghiero, per motivi di lavoro subordinato stagionale provenienti da Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia e Ucraina.

AFP Gusrdia Costiera libica

A fine gennaio sono invece atterrati a Fiumicino, con un volo proveniente da Beirut, 11 rifugiati siriani che vivevano da tempo nei campi profughi del Libano: complessivamente in Italia sono giunti 3.600 rifugiati grazie ai corridoi umanitari da Libano e Sahel.

Insomma, che si tratti di veri rifugiati, di clandestini o di lavoratori stagionali, l’Italia spalanca le porte a chiunque voglia entrarvi legalmente o meno dai paesi afro-asiatici, nonostante le esplosive condizioni economiche e sociali in cui versa la Nazione.

In questo contesto, Amnesty International ha ammonito Italia e Unione Europea dal continuare a collaborare con le autorità libiche colpevoli di aver riportato in Libia oltre 82 mila clandestini negli ultimi 5 anni. Tutti clandestini che per Amnesty avrebbero invece dovuto venire accolti in Italia e (forse) in Europa.

Nei giorni scorsi l’ex capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete, ha spiegato in un’intervista al quotidiano Repubblica l’obiettivo politico perseguito con lo speronamento di una motovedetta della Guardia di Finanza davanti a Lampedusa per sbarcare 40 migranti illegali il 29 giugno 2019 , atto per quale l’inchiesta è stata archiviata.

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“Dopo il recupero dei naufraghi in mare, è stato chiaro che non ci sarebbe stata una soluzione politica: tutti ci stavano rifiutando il porto di sbarco. È lì che mi sono convinta che dovevo avere il coraggio di sfidare il vostro governo proprio sul campo preparato da Salvini col suo decreto”, ha spiegato Rackete.

Nell’attuale clima politico e mediatico meglio farsi poche illusioni anche circa future svolte nella politica Ue sull’immigrazione illegale.

La neopresidente del Parlamento Europeo, la maltese Roberta Metsola, si è espressa chiaramente in pure stile comunitario. “Io voglio un’Europa che distrugge i muri e non li costruisce. È un punto importante per me. È un’altra sfida, un problema che abbiamo come Europa. Non possiamo lasciare soli i Paesi in prima linea” rispetto ai flussi dei migranti. “Dobbiamo trovare una politica umanitaria che protegga tutta l’umanità, che non faccia distinzioni sulla base di dove si è nati o da dove si arriva”.

Concetti più volte espressi ma risultati privi di significato concreto in ambito Ue dove le proposte vengono dalla Francia.

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“Per meglio anticipare le crisi e reagire più rapidamente, da europei, per valutare le nostre fragilità e proteggere meglio le nostre frontiere esterne, auspico la creazione di un Consiglio Schengen” ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, intervenendo alla riunione informale dei ministri dell’Interno dell’Unione europea, in programma a Tourcoing, nel nord della Francia.

“Per affrontare le crisi alle nostre frontiere esterne propongo di creare una piattaforma europea. Ci permetterà di unire tutte le forze della nostra Unione, tutti i nostri strumenti, in modo solidale, efficace e rapido. Le nostre frontiere esterne sono condivise, il nostro spazio di libera circolazione comune è da preservare: è dunque come europei che dobbiamo costruire una risposta alle sfide asilo e migrazione, con efficacia e solidarietà”.

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Cosa significherà questo per l’Italia e i paesi UE di “prima linea” è tutto da valutare ma pare chiaro ormai che aspettare decisioni europee per fermare i flussi illegali non ha alcun senso, se non quello di favorire trafficanti e organizzazioni immigrazioniste.

“Il fenomeno della gestione dei flussi migratori, soprattutto nel Mediterraneo centrale, rimane un gigantesco problema che le istituzioni europee e il governo nazionale non possono sottovalutare bensì affrontare con estrema urgenza immediatamente” ha detto a fine gennaio Nicola Molteni, sottosegretario al ministero dell’Interno.

“Anche perché – ha sottolineato l’esponente della Lega – più partenze e più sbarchi determinano anche più vittime e più dispersi in mare. Le oltre 1.500 morti nel Mediterraneo centrale del 2021 sono un dato drammatico. Senza una risposta comunitaria, serve immediatamente un intervento nazionale di difesa delle frontiere e di contrasto a scafisti e trafficanti di esseri umani”.

 @GianandreaGaian

Foto: Polizia di Stato, Agrigento News, Centro Studi Machiavelli e Guardia Costiera Libica

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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