Immigrazione illegale: torna l’emergenza e surriscalda la campagna elettorale

 

 

Con l’assalto estivo alle coste italiane, oggi molto più incisivo rispetto agli ultimi quattro anni, l’immigrazione illegale torna ad assumere i connotati dell’emergenza animando il dibattito politico e la campagna elettorale.

I numeri diffusi dal Ministero dell’Interno parlano chiaro e fotografano l’immobilismo dell’Italia divenuta ormai l’unico “approdo facile” nell’Europa mediterranea: da gennaio a ieri sono sbarcati in Italia illegalmente 41.506 clandestini, di cui oltre un quarto nel solo mese di luglio.

Il paragone è impressionante con i 29.350 dello stesso periodo dello scorso anno (più 43 per cento) e rappresenta il triplo dei 14.321 sbarcati nel 2020 (più 193 per cento). In realtà la situazione è ben più grave di come appare perché gli sbarchi sono destinati a moltiplicarsi con oltre mille arrivi al giorno in Sicilia, Sardegna, Lampedusa e Pantelleria e sulla costa ionica di Calabria e Puglia.

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Inoltre nel conteggio del Viminale mancano i 387 sbarcati ieri a Salerno dalla Ocean Viking dell’Ong SOS Mediterranèe mentre sono in azione anche le navi delle Geo Barents di Medici senza Frontiere e Sea Watch 3. Solo ieri sono sbarcati in 69 nel crotonese a bordo di una barca a vela proveniente dalle coste turche, una rotta che ha visto quest’anno arrivi quintuplicati rispetto allo scorso anno.

Almeno 5 gli sbarchi nel siracusano con 200 clandestini provenienti anch’essi dalla Turchia considerato che i tre presunti scafisti arrestati sono di nazionalità turca.   Senza contare gli ingressi dal confine con la Slovenia e gli oltre 500 entrati in Italia in meno di un mese dal Brennero, cioè provenienti da Austria e Germania.

L’emergenza, che sta mettendo in difficoltà il sistema di accoglienza, è determinata dalla bella stagione ma soprattutto dal fatto che i nostri confini marittimi continuano ad essere superati e superabili da chiunque paghi i trafficanti di uomini o venga imbarcato in mare dalle navi delle Ong. L’Italia è rimasta l’unico Paese nel Mediterraneo a tollerare che siano criminali e soggetti privati a decidere chi può oltrepassare i suoi confini e le conseguenze sono il boom degli sbarchi.

Se i quasi 41 mila sbarcati possono apparire gestibili rispetto ai 120/180 mila annui del periodo dei governi di sinistra 2015/17 non va dimenticato il confronto con i primi 7 mesi del 2019, quando vi furono appena 3.729 arrivi, meno 80% rispetto allo stesso periodo del 2018 e meno 96% rispetto al 2017.

Ma soprattutto undici volte di meno rispetto a quelli sbarcati quest’anno. L’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini oggi sottolinea come nel solo mese di luglio di quest’anno ci siano stati più sbarchi di tutto il 2019: 13.537 contro 11.471.

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Al di là delle opinioni politiche va senza dubbio riconosciuto che con i Decreti Sicurezza, il contrasto ai trafficanti e una incessante pressione sui paesi di partenza dei flussi migratori illegali, tra il giugno 2018 e il luglio 2019 gli sbarchi scesero al minimo storico.

Meglio anche non dimenticare che oggi Spagna e Grecia hanno ridotto i flussi attuando respingimenti a Melilla come nel Mare Egeo mentre in Italia quell’esperienza di successo è stata cancellata con l’abrogazione dei Decreti Sicurezza, le porte aperte a Ong, barchini e barconi e l’inconsistenza degli impegni europei per la ridistribuzione dei migranti ha portato al disastro attuale.

La Grecia respinge i barconi e li rimanda in acque turche: per questo i trafficanti organizzano barche più grandi in grado di raggiungere direttamente le coste ioniche dell’Italia, che a differenza di Atene accoglie chiunque.

Come conferma il rapporto di Frontex di fine giugno, i flussi migratori illegali nel sud Europa sono in netto aumento nel Mediterraneo Centrale diretti in Italia, a Cipro (dove i clandestini provengono dalla parte dell’isola in mano ai turchi) e soprattutto lungo la rotta terrestre balcanica.

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Tutte rotte in cui la responsabilità della Turchia è ben evidente. Per questo stupisce che nel recente vertice italo-turco il governo italiano (ora dimissionario) non abbia voluto o saputo porre la questione nella giusta evidenza. Con l’ingombrante influenza turca dobbiamo necessariamente convivere (specie in Libia) ma non è certo assumendo atteggiamenti proni e remissivi che difenderemo gli interessi nazionali.

Lo ha ben dimostrato Recep Tayyp Erdogan che ha candidamente attribuito ai respingimenti attuati dalla Grecia l’aumento degli sbarchi in Italia. Il significato di tale affermazione non necessita di particolari abilità interpretative: poiché la Grecia respinge i clandestini nelle acque turche e l’Italia invece accoglie chiunque arrivi sulle sue coste, i traffici di esseri umani dalla Turchia puntano sulla nostra Penisola.

In questo contesto appare poi stupefacente, pur nel contesto del conflitto ucraino, che alcune importanti testate d’informazione attribuiscano addirittura alla Russia la responsabilità del boom di sbarchi in Italia.

“I numeri dicono che non sono i russi a mandare i migranti in Italia: i migranti arrivano qui perché manca una seria politica di contrasto all’immigrazione clandestina” ha detto il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni (Lega) che ha spiegato come solo 4mila degli oltre 21mila migranti illegali giunti quest’anno dalla Libia provenissero dalla Cirenaica, regione dove sono presenti i contractors russi del Gruppo Wagner che affiancano i militari dell’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar.

A tal proposito va inoltre aggiunto che gli uomini del Gruppo Wagner sono impegnati in compiti militari e di presidio di aree energetiche quali pozzi e terminal petroliferi ma non è mai stato segnalato il loro coinvolgimento nei traffici di esseri umani.

“In Italia si deve entrare con il permesso di soggiorno, non con i gommoni” – ha dichiarato Molteni. “Se il 33 per cento dei reati in Italia è commesso da stranieri e il 45 per cento dei crimini commessi dai minori è imputabile a ragazzi di cittadinanza straniera, vuol dire che il fenomeno migratorio è stato gestito male e che le politiche di integrazione hanno fallito”.

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Al di là delle diverse sensibilità politiche sul tema immigrazione preoccupa, soprattutto in campagna elettorale, che molti movimenti e partiti non ritengano una priorità che lo Stato riprenda il controllo dei confini invece di lasciare che a  decidere chi possa o meno oltrepassarli siano Ong e trafficanti.

La delicata fase politica rischia quindi di ingigantire la già cronica debolezza dell’Italia sul fronte del contrasto ai flussi illegali di esseri umani e del resto non deve sorprendere che le vicende politiche dei paesi europei, specie quelli in prima linea sul fronte dell’immigrazione clandestina, vengano seguite con attenzione speculativa dai trafficanti.

Durante la crisi del governo gialloverde, nell’agosto 2019, i flussi migratori aumentarono improvvisamente, al punto che negli ultimi 5 mesi di quell’anno gli sbarchi furono più del doppio rispetto a quelli che si registrarono nei primi 7 mesi. A conferma che l’uscita di Salvini dal Viminale venne letta (correttamente) da trafficanti e Ong come il segnale di una svolta nelle politiche migratorie italiane con la riapertura di porte e porti ai clandestini.

Per questo oggi più che mai occorre ricominciare dai risultati ottenuti nel 2018/19 per imporre lo stop all’accesso alle acque territoriali italiane delle navi delle Ong, da sempre interessate a sbarcare i clandestini solo ed esclusivamente in Italia.

E’ necessario ristabilire e rafforzare una energica cooperazione con i paesi del Mediterraneo e con quelli di provenienza dei migranti illegali potenziare la Libia e la sua Guardia Costiera perché impedisca ai clandestini di partire e riporti indietro quelli che salpano pretendendo che le agenzie dell’Onu, ben presenti in Libia, si occupino di assisterli in modo decoroso e di rimpatriarli con urgenza.

In Algeria negoziamo l’acquisto di ulteriori forniture di gas ma dobbiamo inserire negli accordi anche il tema migratorio alla luce dei tanti algerini che arrivano illegalmente sulle coste meridionali della Sardegna. La questione va posta con fermezza anche ad Egitto e Turchia mentre il sostegno alla democrazia tunisina deve passare anche dal rapido rimpatrio dei migranti illegali. Misure che, tutte insieme, scoraggerebbero molte partenze.

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Non ci sono alternative, anche perché attendere decisioni e soluzioni dalla Ue non ha più alcun senso. L’ennesimo accordo per la ridistribuzione resta lettera morta ed è basato su meccanismi volontari. Inoltre la redistribuzione incoraggia i clandestini a venire in Europa e i trafficanti ad alzare il prezzo dei “biglietti”, perché induce il migrante illegale a credere che verrà trasferito nelle nazioni del Nord Europa dove il welfare è più robusto.

In assenza di concrete azioni europee ogni nazione deve necessariamente difendere i propri confini che sono nel caso italiano anche le frontiere esterne dell’Europa, impedendo a chiunque non sia in regola di oltrepassarli. L’alternativa al fermo presidio dei confini esterni è il caos, con molte probabilità di ritrovarci, come nel 2015, con i reticolati lungo i confini interni all’Europa.

@GianandreaGaian

Foto: Marina Militare e Frontex

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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