Riforma del Modello di Difesa: la politica ha fornito risposte concrete

 

 

di Roberto Paolo Ferrari

(capogruppo della Lega in Commissione Difesa della Camera dei Deputati e Responsabile Dipartimento Difesa della Lega)

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Il 3 agosto il Senato ha dato il via libera definitivo alla Riforma del Modello di Difesa nato dall’iniziativa legislativa del gruppo Lega della Camera con la PdL n. 1870 di cui sono primo firmatario.

La proposta di Legge nacque a seguito di una fase di ascolto sempre voluta dalla Lega, attuata con l’indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze Armate.

Il quadro che emerse era preoccupante dal punto di vista della appetibilità del servizio in divisa da parte dei giovani, e conseguentemente della possibilità di attingere ad un ampio bacino di candidati per formare giovani militari. Emerse anche come il repentino abbandono della Leva avesse portato ad un arruolamento massivo concentrato che oggi ha prodotto un innalzamento dell’età media dei graduati.

A questo si sommava il generale stato di insicurezza relativo al proprio futuro da parte dei volontari e le limitate possibilità di poter “”spendere” nella vita civile, una volta congedati, le capacità acquisite durante il servizio, nella vita civile, una volta congedati.

Le conclusioni di questa indagine ha motivato il gruppo che ho rappresentato in Commissione Difesa in questa legislatura a presentare una propria proposta di soluzione frutto delle esigenze manifestate e delle possibili soluzioni prospettate.

Alle criticità del modello di Difesa vigente si somma la spada di Damocle posta dalla Legge 244 del 2012 che poneva il dimensionamento dello strumento militare a 150mila uomini da raggiungersi entro il 2024 e che stava mettendo in condizione di fortissimo stress le nostre Forze Armate.

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Il lavoro è stato complesso e irto di ostacoli, legati anche al particolare corso della legislatura ed alla mutevolezza delle maggioranze che si sono susseguite.

L’esito finale però credo possa essere salutato come un successo della politica che ha dato una risposta (il tempo ci dirà quanto efficace) alle problematiche che erano state manifestate. Vorrei concentrarmi su alcuni punti che ritengo particolarmente qualificanti contenuti nella legge di revisione del modello di Forze Armate di prossima pubblicazione.

Anzitutto la norma, nelle more della revisione del dimensionamento dello strumento militare contenuto nella parte di delega al Governo, sposta al 2033 e di fatto blocca la riduzione di personale con le stellette previsto dalla citata Legge di Paola, n. 244/2012.

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Il termine ormai prossimo per raggiungere gli obiettivi di contrazione del personale di Esercito, Aeronautica e Marina è stato superato ed il Governo è stato autorizzato ad invertire la rotta, con un aumento numerico complessivo del personale militare a 160mila unità, che un ordine del giorno accolto al Senato auspica possa essere ampliato a 170mila.

Il Parlamento interviene poi in modo significativo ed immediato sul modello di reclutamento. Le prossime selezioni potranno già attuare il nuovo sistema pensato per rispondere alle esigenze di difesa del Paese e delle donne e degli uomini che il Paese scelgono di servirlo.

L’età massima per accedere alla vita militare viene fissata in 24 anni con la finalità di ringiovanire i ranghi dei volontari. Viene cancellato il sistema dei volontari in ferma prefissata VFP1 e dei VFP4 che di fatto portava un volontario a spendere fino a 11 anni della propria vita prima di sapere se sarebbe transitato o meno nel servizio permanente.

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Il nuovo modello prevede una ferma iniziale VFPI di tre anni con accesso tramite selezione dei candidati di età non superiore a ventiquattro anni, in possesso di diploma di istruzione secondaria di primo grado e dell’idoneità fisio-psico-attitudinale stabilita per il reclutamento nelle FFAA in qualità di VFP.

I VFPI entro il termine della ferma potranno partecipare al concorso per diventare volontari in ferma prefissata triennale. Il superamento del concorso e l’accesso al VFP3 garantirà a questi giovani la certezza del transito, salvo rinuncia, nel servizio permanente.

Un grande cambio di paradigma che porterà a sapere dopo tre anni spesi per la Patria se il proprio futuro potrà essere in divisa oppure reinseriti nella vita civile dove potranno mettere a frutto le professionalità acquisite con il supporto delle Forze Armate.

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Rimangono immutate le riserve di posto per accedere alle forze di polizia o al soccorso pubblico. Da ultimo il trattamento economico dei volontari è stato innalzato ed avvicinato a quello del personale in servizio permanente.

Ritengo queste innovazioni una risposta seria a quelle condizioni di malessere emerse durante l’indagine conoscitiva, circa il senso di precarietà, l’appetibilità (anche economica) della vita militare ed il progressivo invecchiamento dei graduati.

Senza addentrarmi in molti altri aspetti della riforma mi piace sottolineare un passaggio contenuto nella delega al Governo, fortemente voluto dalla Lega e dal sottoscritto che recepisce una Proposta di Legge depositata agli atti della Camera dal gruppo.

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Mi riferisco alla istituzione di una riserva ausiliaria dello Stato di 10.000 unità di personale volontario, ripartito in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze delle autorità militari, impiegabile nei casi di cui all’articolo 887, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (cioè, in tempo di guerra o di grave crisi internazionale), e di cui all’articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (a seguito di deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale), ovvero, in forma complementare e in attività in campo logistico nonché di cooperazione civile – militare.

Sono convinto che anche questa nuova capacità operativa offerta al Paese da questa norma voluta dal Parlamento, ancor prima che le emergenze della pandemia e delle crisi militari, la rendessero una necessità, sia la dimostrazione che una volta tanto, in questo specifico campo, la Politica (con la P maiuscola) abbia fatto il proprio dovere e lo abbia fatto anche in maniera soddisfacente.

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Un patrimonio che consegniamo al prossimo Parlamento ed al prossimo Governo perché ne faccia buon uso a favore degli uomini e delle donne delle nostre Forze Armate e per costruire uno strumento militare a vantaggio e tutela dei preminenti interessi nazionali, della stabilità internazionale e del bene sommo della Pace.

Foto Difesa.it

 

 

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