Demoskopica: la guerra in Ucraina costa al sistema economico italiano oltre 16 miliardi
Uno studio dell’Istituto Demoskopica ha rilevato che la guerra in Ucraina sta generando in Italia una perdita di valore aggiunto pari a oltre 16 miliardi di euro con 2,3 milioni di aziende colpite. A soffrire maggiormente i settori cosiddetti energivori: trasporti, prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, chimica, prodotti metallurgici, costruzioni.
Lo studio stima una perdita di valore aggiunto pari a 16,3 miliardi di euro nell’ipotesi di una riduzione del 20% delle importazioni dirette e indirette di input energetici. Ad essere più penalizzati, i settori cosiddetti energivori, maggiormente legati all’energia. In particolare il settore dei trasporti, con una mancata crescita del valore aggiunto pari a 7,8 miliardi e i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, i prodotti chimici e farmaceutici, pari a 3,6 miliardi, rappresenterebbe ben il 70 per cento della contrazione complessiva.
Sono sei i settori, inoltre, la cui mancata produzione stimata supererebbe i 300 milioni di euro: “macchinari, apparecchiature elettriche e prodotti elettronica” (1.066 milioni di euro), “fornitura energia elettrica e gas” (911 milioni di euro), “costruzioni” (509 milioni di euro), “attività metallurgiche e prodotti in metallo” (471 milioni di euro), “agricoltura” (356 milioni di euro).
Perdite anche per il settore “legno, carta e stampa” (317 milioni di euro) e “gomma e plastica” (315 milioni di euro).
Le branche di attività economica rimanenti “condizionate” dagli effetti di una minore crescita del valore aggiunto riguarderebbero i “prodotti alimentari, bevande e tabacco” (282 milioni di euro), il “tessile” (231 milioni di euro), la “fabbricazione di macchinari” (220 milioni di euro), la “fornitura di acqua e gestione dei rifiuti” (127 milioni di euro) e, infine, le “attività estrattive, estrazione di risorse energetiche” (91 milioni di euro).
Sono principalmente i sistemi produttivi del Nord a soffrire maggiormente per l’ulteriore incremento dei prezzi energetici e per la difficoltà di reperimento delle materie prime. In particolare, rapportando la contrazione stimata del valore aggiunto al numero delle imprese nei settori individuati per regione al fine di una confrontabilità del dato, i maggiori riflessi negativi sull’attività economica riguardano le regioni:
- Lombardia con una mancata crescita del valore aggiunto pari a 3.940 milioni di euro (11.787 euro pro capite),
- Liguria con 650 milioni di euro (11.176 euro pro capite),
- Lazio con 1.704 milioni di euro (9.163 euro pro capite),
- Emilia-Romagna con 1.744 milioni di euro (8.923 euro pro capite) Piemonte con 1.445 milioni di euro (8.216 pro capite).
- Friuli-Venezia Giulia (322 milioni di euro; 7.427 euro pro capite),
- Valle d’Aosta (38 milioni di euro; 7.125 euro pro capite),
- Veneto (1.496 milioni di euro; 7.109 euro pro capite),
- Toscana (1.041 milioni di euro; 6.419 euro pro capite)
- Trentino-Alto Adige (349 milioni di euro; 6.067 euro pro capite).
Le altre regioni presentano una perdita significativa ma più contenuta, sempre ipotizzando una riduzione del 20% delle importazioni dirette e indirette di input energetici:
- Abruzzo (334 milioni di euro; 5.146 euro pro capite),
- Marche (367 milioni di euro; 4.951 euro pro capite),
- Basilicata (151 milioni di euro; 4.797 euro pro capite),
- Campania (889 milioni di euro; 4.408 euro pro capite),
- Umbria (175 milioni di euro; 4.295 euro pro capite),
- Molise (63 milioni di euro; 3.829 euro pro capite),
- Calabria (255 milioni di euro; 3.391 euro pro capite), Puglia (541 milioni di euro; 3.238 euro pro capite),
- Sicilia (537 milioni di euro; 2.987 euro pro capite)
- Sardegna (224 milioni di euro; 2.980 euro pro capite).
L’analisi del valore assoluto della mancata produzione vede sei sistemi economici territoriali più colpiti:
- Lombardia (3.940 milioni di euro),
- Emilia-Romagna (1.744 milioni di euro),
- Lazio (1.704 milioni di euro),
- Veneto (1.496 milioni di euro),
- Piemonte (1.445 milioni di euro)
- Toscana (1.041 milioni di euro).
«L’impennata dei prezzi energetici – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – sta generando gravi ripercussioni sui sistemi economici oltre a ridurre il potere d’acquisto e la disponibilità a spendere delle famiglie, per effetto di un costante aumento dell’inflazione. La crescente difficoltà nel reperimento di materie prime, inoltre, sta fiaccando ulteriormente i margini operativi delle nostre imprese, che hanno una forte dipendenza commerciale ed energetica dal mercato russo, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro. È bene rimarcare, ai meno attenti, – precisa Raffaele Rio – che il 56 per cento delle importazioni dell’Italia di gas naturale arriva dalla Russia così come il petrolio per il 10 per cento.
E, ancora, non vanno trascurati i “condizionamenti” delle materie prime. La difficoltà di reperire Palladio, ad esempio, che importiamo da Russia e Ucraina, per il 30 per cento, si ripercuote negativamente nella produzione italiana di prodotti odontoiatrici, marmitte catalitiche e componenti elettronici presenti nei nostri smartphone e televisori. Il nuovo governo – conclude Raffaele Rio – dovrà proteggere il tessuto produttivo e sociale italiano altrimenti sarà più conveniente fermarsi che produrre.
Avrà la responsabilità di una effettiva attuazione delle risorse del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza per ridurre l’incertezza dei mercati finanziari, ma soprattutto calmierare il crollo della fiducia degli operatori economici che disincentiva le loro decisioni di investimento».
RedazioneVedi tutti gli articoli
La redazione di Analisi Difesa cura la selezione di notizie provenienti da agenzie, media e uffici stampa.