La battaglia di Kherson e l’usura delle forze dei belligeranti nel conflitto ucraino

 

 

(aggiornato alle 23,55)

Annunciata da mesi, la controffensiva ucraina sul fronte meridionale tesa a riconquistare almeno in parte la regione di Kherson ha preso il via il 29 agosto. Come spesso accade in questo conflitto è difficile avere in quadro preciso degli sviluppi sul campo di battaglia circa l’attacco lanciato su un fronte di circa 160 chilometri e tre direttrici:

  • a sud ovest del fronte verso la citta di Kherson,
  • nel settore centrale contro i caposaldi russi di Snihurivka e Shukvi Stavok
  • a nord est contro Arkhanelske e Vysokopillia

Dopo una settimana le forze di Kiev non sembrano aver ottenuto risultati decisivi contro le linee difensive erette dall’aprile scorso dalle truppe russe e rinforzate nelle ultime settimane dall’afflusso di nuove unità dalla Russia, in gran parte schierate però sulla riva est del Dnepr.

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Già il 27 agosto il giornale online Krym Realii aveva riferito che la Russia stava trasferendo mezzi militari pesanti in Crimea precisando che alla stazione ferroviaria di Taman, non lontano dal ponte con la Crimea sullo stretto di Kerch, erano stati avvistati carri armati, obici trainati e semoventi, autocisterne e altre attrezzature dirette in Crimea.

Intenso traffico militare su strada e ferrovia sul ponte di Kerch in direzione della Crimea è stato segnalato anche il 4 settembre.

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Il 29 agosto Oleksiy Arestovych, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. In un video annunciava che le truppe ucraine avevano sfondato le difese russe in diversi settori bombardando i traghetti che la Federazione Russa sta usando per rifornire la testa di ponte istituita nel marzo scorso sulla la riva occidentale del fiume Dniepr dove i russi sembrerebbero disporre di 20 mila combattenti.

Lo stesso giorno le autorità ucraine, ma filo-russe, dell’Oblast di Kherson ammettevano attacchi e bombardamenti contro il centro abitato di Novaya Kakhovka, sede di una centrale elettrica e del porto fluviale sul Dnepr da dove salpano i rifornimenti per le forze di Mosca a ovest del fiume.

Con i ponti sul Dnepr costantemente presi di mira dai lanciarazzi campali a lungo raggio ucraini, inclusi gli HMARS e gli M270 forniti da USA e Gran Bretagna, l’attacco ai traghetti e al porto fluviale conferma che l’obiettivo ucraino è mettere sotto pressione le truppe russe a ovest del fiume cercando di limitarne il rifornimento attraverso il fiume.

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Per ora non sembrano confermati sfondamenti rilevanti del fronte russo e l’avanzata iniziale ucraina oltre il fiume Ingulets (la cosiddetta testa di ponte di Andrivsky) pare aver perso la spinta offensiva dopo aver raggiunto i villaggi di Sukhyi Stavok, Lozove, Kostromka e non sembra aver compromesso le difese russe.

La posta in palio in questa battaglia, anche dal valore simbolico, è la città di Kherson la cui presa da parte degli ucraini consentirebbe a Zelensky di annunciare con i fatti l’inizio della riconquista dei territori caduti in mano ai russi e ai separatisti ucraini mentre in termini militari consentirebbe in questo settore dii stabilizzare il fronte lungo le sponde del Dnepr in vista della stagione fredda.

Al tempo stesso per Mosca il controllo della regione di Kherson è strategico sia perché in questo oblast dovrebbe tenersi in autunno il referendum per l’annessione alla Federazione Russa sia perché da qui proviene l’acqua che alimenta la Crimea.

 

Attacchi frontali e blitz nelle retrovie

Oltre a 4 o 5 brigate meccanizzate, gli ucraini avrebbero impiegato dietro le linee russe anche team di sabotatori e forze speciali, peraltro da tempo infiltrati in Crimea e nei territori del sud controllati da Mosca come avevano dimostrato alcune azioni dinamitarde. Il 30 agosto l’agenzia di stampa ucraina UNIAN e il sito locale Most (ripreso dal Moscow Times) hanno riferito di scontri a fuoco nei quartieri di Kherson di Pivnichnyi e Tavriiskyi e vicino a un carcere nella parte meridionale della città.

Kirill Stremousov, un alto funzionario dell’amministrazione nominata dai russi, ha detto all’agenzia stampa russa TASS che spie e sabotatori ucraini sono stati uccisi quel giorno vicino al quartiere di Tavriiskyi. “Tutto è sotto controllo, sono stati tutti uccisi”, ha affermato. Sui social media sono apparse immagini di nuvole di fumo nero, probabilmente dovute a esplosioni, nella periferia di Kherson.

Il 30 agosto il Comando Sud delle forze ucraine ha reso noto di aver colpito i ponti Antonivskyi ferroviario e stradale e il ponte Daryivskyi.

Il giorno successivo fonti militari di Kiev riprese dall’agenzia Ukrainska Pravda hanno annunciato che le truppe di Kiev avevano preso il controllo dei ponti stradali Kakhovsky e Antonivskyi (qui sotto il video del bombardamento ripreso da un traghetto).

Il che significherebbe che avrebbero raggiunto quanto meno la sponda ovest del Dnepr. Nessuna conferma è emersa in proposito ma il 2 settembre l’agenzia UNIAN ha ripreso la notizia di nuovi attacchi ucraini ed esplosioni presso il ponte Antonivsky.

Il 30 agosto, dopo l’annuncio da parte di Mosca che l’offensiva ucraina era fallita, Oleksiy Arestovych, ha definito l’attacco ucraino una “operazione lenta e pianificata”, non “un’offensiva su vasta scala”, che “non sarà rapida” ma vincente.

“Molti vorrebbero un’offensiva su vasta scala con notizie di conquiste di località in un’ora da parte dei nostri militari. Ma non combattiamo così – ha aggiunto – Combattiamo per una causa. E questo richiede tempo e fatica”. Arestovych ha chiesto di essere “pazienti” perché “questo processo non sarà molto rapido, ma si concluderà con la bandiera nazionale issata su tutte le località dell’Ucraina”.

Insomma, più un proclama propagandistico che un bollettino di guerra. Più tangibile potrebbe essere invece il successo reso noto ieri. Le truppe ucraine avrebbero conquistato il villaggio di Vysokopillia, baluardo delle difese russe a nord est della linea del fronte, come dimostrerebbero alcuni video diffusi sui canali Telegram che mostrano bandiere ucraine su alcuni palazzi.

Secondo fonti militari sentite da Analisi Difesa, nella cittadina, caduta in mano alle truppe russe a metà marzo e tornata vicino alla prima linea da fine giugno, sarebbero in corso aspri combattimenti e i russi controllerebbero ancora parte del centro abitato.

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La sera del 4 settembre il presidente Zelenskyy ha annunciato la liberazione di due insediamenti nel sud uno nella regione di Donetsk. “Oggi voglio ringraziare i soldati del 63° battaglione della 103a brigata di difesa territoriale, che hanno liberato un insediamento nella regione di Donetsk. Anche la 54a Brigata in direzione di Lysynchask-Seversk ha fatto buoni progressi. Il 42° battaglione di fanteria motorizzata ha liberato due insediamenti nel sud del paese”.

I russi hanno riferito già la sera del 29 agosto di aver respinto l’attacco infliggendo severe perdite al nemico con oltre 1.200 caduti ucraini in 24 ore lungo l’intero fronte meridionale tra Mykolaiv e Kryvyj Rih. Perdite elevate tra gli ucraini sono state registrate, secondo i russi, anche nei giorni seguenti.

Un bilancio provvisorio, sempre reso noto da Mosca, rilevava che nella controffensiva le forze ucraine avevano registrato tra il 29 agosto e il 1° settembre perdite pari a oltre 2.500 caduti con la distruzione di 94 carri armati, 81 cingolati da combattimento, 66 veicoli da combattimento ruotati, 22 veicoli armati 4×4, 17 veicoli lanciamissili, 2 aerei da attacco Sukhoi 25, un bombardiere Sukhoi Su-24, un Mig 29 armato con missili anti-radar statunitensi HARM e 3 elicotteri.

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Il 2 settembre Mosca annunciava che il nemico avevo perduto nella giornata 230 militari 23 carri armati e 27 veicoli da combattimento.

Otto militari ucraini feriti che hanno preso parte ai combattimenti hanno raccontato al Wall Street Journal che gli scontri in corso nel sud dell’Ucraina sono feroci e le forze russe stanno tentando di respingere la controffensiva Ucraina con un massiccio impiego di mezzi.  “Ci stanno lanciando contro tutto quello che hanno”, afferma un militare ucraino 22enne secondo cui le forze russe dispongono di “molto materiale ma pochi uomini”, e si stanno difendendo con artiglieria, carri armati, elicotteri e mortai.  Il giornale ha riferito di un consistente flusso di feriti verso “un ospedale nel sud dell’Ucraina”.

Dalle immagini diffuse dai canali Telegram gli ucraini avrebbero messo in campo gli ultimi mezzi corazzati ricevuti dagli alleati come i carri T-72 e i cingolati da combattimento BMP-1 forniti dalla Polonia e persino gli M113, inclusi quelli nella versione olandese YPR-765, uno dei quali è stato mostrato dai russi che lo hanno catturato intatto.

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Mosca sembra fare ampio ricorso agli attacchi aerei ed elicotteristici in missioni di supporto tattico alle truppe sul terreno, le quali combattono in inferiorità numerica rispetto agli attaccanti. Il comunicato del ministero della Difesa russo del 4 settembre ha annunciato che gli ucraini hanno perduto nelle ultime 24 ore 11 tank, 17 veicoli corazzati da combattimento inclusi 4 Bradley di costruzione statunitense (per la prima volta apparsi sui fronti ucraini), 10 ruotati da combattimento, 5 pick-up armati, un aereo Su-25 e 150 militari.

I russi sostengono inoltre di aver intercettato sul fronte meridionale 14 razzi campali lanciati da HIMARS e altri lanciarazzi a lungo raggio e 3 missili anti-radar HARM lanciati da caccia ucraini Mig 29.

 

Gli altri fronti

Una parte dei battaglioni di volontari assegnati al Terzo Corpo d’Armata russo è stata schierata sul fronte meridionale ma questo non significa che i russi non abbiano mantenuto l’iniziativa sul frinte di Karkhiv o nel Donbass, dove continuano a martellare le postazioni ucraine soprattutto nei settori di Avdivka, Bakhmut e  Slovyansk e colpendo le retrovie ucraine nell’area di Kramatorsk.

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A di là delle polemiche circa l’origine dei bombardamenti nell’area della centrale nucleare di Enregodar (nell’oblast di Zaporizhzhia), visitata da una commissione dell’agenzia nucleare internazionale (AIEA), il 1° settembre i russi hanno reso noto di aver sventato un tentativo da parte di circa 60 sabotatori dell’esercito ucraino di sbarcare vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia su due chiatte che sono state affondate.

“Intorno alle 7:00 ora di Mosca, unità delle forze armate russe hanno sventato un tentativo di sbarco tattico delle forze armate ucraine su due chiatte che hanno lasciato Nikopol, a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia nel zona del villaggio di Vodiane”, ha comunicato il ministero della Difesa russo.

Un ulteriore comunicato ripreso dall’agenzia russa Ria Novosti ha riferito che “truppe ucraine divise in due gruppi di sabotaggio composti da un massimo di 60 persone a bordo di sette barche, sono sbarcate sulla costa del bacino idrico di Kakhovka, tre chilometri a nord-est della centrale nucleare, e hanno tentato di impossessarsi dell’impianto”.

Circa 40 soldati ucraini sono stati eliminati, ha rivelato Vladimir Rogov, membro del consiglio dell’amministrazione della regione di Zaporozhya, all’emittente radiofonica Komsomolskaya Pravda, aggiungendo che l’obiettivo  era quello di impadronirsi della centrale prima dell’arrivo della missione dell’AIEA.

 

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Il ministero della Difesa russo – citato dall’agenzia Interfax – ha reso noto quel giorno che i sabotatori sono stati bloccati dalle unità della Rosgvuardia (Guardia Nazionale Russa) che proteggono la centrale. ”Al momento è in corso l’eliminazione del gruppo di sabotaggio delle Forze armate ucraine con il coinvolgimento di elicotteri dell’aviazione militare“, ha aggiunto il comunicato.

Informazioni non confermate hanno riferito che il blitz sarebbe stato preparato da consiglieri militari britannici e che i militari di Kiev vestissero uniformi russe con l’obiettivo di penetrare nella centrale nucleare.

A proposito di stranieri al fianco di Kiev, il 2 settembre il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha reso noto che 2.831 “mercenari” stranieri che combattevano con l’Ucraina sono stati uccisi dalle forze armate russe dall’inizio della guerra.

“Le forze armate ucraine hanno subito perdite elevate e c’è stata una diminuzione dell’afflusso di mercenari stranieri”, ha detto Shoigu, aggiungendo che dall’inizio della “operazione speciale” il loro numero “è diminuito di oltre tre volte e mezzo”.

 

Valutazioni

Dal Pentagono era emerso nei giorni scorsi “un cauto ottimismo” circa le operazioni ucraine: il generale di brigata dell’USAF Patrick Ryder, portavoce al Dipartimento della Difesa, ha dichiarato il 1° settembre che il Pentagono “è a conoscenza del fatto che le operazioni militari ucraine hanno compiuto alcuni movimenti in avanti, e (…) che in alcuni casi le unità russe hanno ripiegato”.

La battaglia per l’oblast di Kherson sembra mettere in luce le criticità delle forze contrapposte. I russi non hanno per ora forze sufficienti a riequilibrare lo svantaggio numerico nei confronti del nemico ma schierano truppe meglio preparate, meglio equipaggiate e arroccate su ottime postazioni difensive e soprattutto stanno facendo affluire rinforzi in Crimea dalla penisola di Taman attraverso il ponte di Kerch.

Gli ucraini hanno messo in campo le ultime forniture di vecchi mezzi corazzati giunti dagli alleati della NATO ma pur schierando un numero maggiore di combattenti dei russi stanno riempiendo i ranghi dei battaglioni in molti casi con reclute inesperte e poco addestrate.

MARIUPOL, DONETSK PEOPLE'S REPUBLIC – AUGUST 22, 2022: Serviceman walk in a street damaged in shelling. The Russian Armed Forces are carrying out a special military operation in Ukraine in response to requests from the leaders of the Donetsk People's Republic and Lugansk People's Republic for help. Vladimir Gerdo/TASS ÄÍÐ. Ìàðèóïîëü. Âîåííîñëóæàùèå íà óëèöå, ïîñòðàäàâøåé îò îáñòðåëà.  îòâåò íà îáðàùåíèå ðóêîâîäèòåëåé ðåñïóáëèê Äîíáàññà ñ ïðîñüáîé î ïîìîùè Âîîðóæåííûå ñèëû ÐÔ ïðîâîäÿò ñïåöèàëüíóþ âîåííóþ îïåðàöèþ íà Óêðàèíå. Âëàäèìèð Ãåðäî/ÒÀÑÑ

I punti di forza delle truppe di Kiev sono rappresentati dalla capacità di colpire in profondità infrastrutture, comandi e depositi logistici russi cercando di logorare il nemico in prima linea come nelle retrovie. Per indurlo a ritirarsi dalla sponda ovest del Dnepr.

In assenza di una spallata decisiva ucraina o di un contrattacco in forze russo, la battaglia per l’oblast di Kherson potrebbe durare ancora alcune settimane così come potrebbe esaurirsi tra pochi giorni se Kiev non disporrà di forze e mezzi sufficienti a ripianare le perdite e mantenere alta la pressione sulle linee russe. Secondo l’analisi pubblicata dal Wall Street Journal, ripresa in Italia dall’Agenzia Nova, la controffensiva comporterà per gli ucraini un prezzo elevato di uomini e mezzi a prescindere dall’esito conclusivo.

Le valutazioni rese note il 29 agosto da Washington riferiscono che la sola minaccia della controffensiva ucraina ha avuto “un impatto sulle capacità militari russe”, come ha affermato John Kirby, portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza.

La minaccia di una controffensiva ha già avuto un impatto “perché i russi hanno dovuto ritirare risorse dall’est solo a cause delle notizie che gli ucraini potevano andare all’offensiva a sud. Così hanno dovuto svuotare alcune unità. in certe aree dell’est nel Donbass”, ha detto Kirby, sottolineando che i russi continuano ad avere un problema di quantità di uomini.

 

Poche truppe  

A questo proposito Mosca continua ad arruolare volontari in tutta la vastissima nazione russa mentre una bozza di decreto presidenziale messa a punto dal ministero della Difesa di Mosca e riportata il 2 settembre dal sito di notizie RBC sembra voler riconoscere ai militari russi insigniti di decorazioni nella “operazione militare speciale” in Ucraina e ai veterani che vi hanno partecipato l’assegnazione gratuita di appezzamenti di terreno in Crimea e nella regione di Mosca.

Nel documento si raccomanda alle autorità della regione di Mosca, di Sebastopoli e della Crimea di “adottare gli atti legislativi che riconoscano il diritto di questi cittadini di ricevere appezzamenti di terreno gratuitamente”.

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Una pratica non nuova, applicata già da Roma ai suoi legionari, che ha però anche un valore economico considerato che Mosca da anni offre terreni incolti gratuitamente anche ad agricoltori stranieri (come i “farmers” sudafricani) disposti a coltivarli.

Sempre in ambito welfare, il governo russo ha preparato tutti i documenti per i pagamenti di indennizzi ai cittadini delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e di Lugansk, nell’est dell’Ucraina, che sono stati costretti dalla guerra a lasciare questi territori trasferendosi in Russia: si tratta di circa 3,2 milioni di persone per i quali quest’anno verranno stanziati 10,5 miliardi di rubli (175 milioni di euro).

Anche gli ucraini non sembrano passarsela molto bene nel reperire combattenti. Kiev ha arruolato anche giovanissimi e anziani, con i primi inviati al fronte con pochi giorni di addestramento alle spalle mentre sono emerse, secondo indiscrezioni trapelate dai consiglieri militari occidentali presenti in Ucraina, le capacità estremamente limitate mostrate dalle reclute ucraine che hanno effettuato l’addestramento basico per la fanteria in patria o all’estero.

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Del resto non poteva essere diversamente: l’obiettivo di addestrare il più rapidamente possibile un gran numero di reclute limita di fatto i corsi al livello ultra basico a non più di due/tre settimane. Oggi la Gran Bretagna ha reso noto amplierà il programma di addestramento delle reclute ucraine verrà  estesa da tre a cinque settimane con le due settimane aggiuntive dedicate ai rudimenti della guerra di trincea, dei combattimenti in ambiente urbana e le operazioni sui veicoli.

Tempistiche del tutto insufficienti a formare un soldato destinato per lo più a combattere in un conflitto asd alta intensità. Su questo tema meglio non dimenticare che una recluta italiana arruolata come VFP1 con ferma di un anno effettua 10 settimane di addestramento.

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Secondo l’edizione ucraina del portale Suspilne, da ottobre le donne ucraine che sono ritenute idonee al servizio militare non potranno lasciare il Paese perché reclutabili. Lo ha affermato un funzionario del ministero della Difesa di Kiev, Volodymyr Smilka. Dal primo ottobre, le donne che svolgono alcuni lavori dovranno comparire sul registro militare e saranno sottoposte alle stesse restrizioni che si applicano attualmente agli uomini, tra cui l’impossibilità di spostarsi all’estero finché resta in vigore la legge marziale.

“Prima di tutto, si tratta di una questione di eguaglianza di genere. Dal momento che ci stiamo adeguando agli standard Nato, ci preoccupiamo non solo degli armamenti, ma anche della registrazione militare. Ciò vale sia per le donne che per gli uomini”, ha detto Smilka. Al di là delle valutazioni circa la “parità di genere” la decisione di Kiev sembra mostrare la necessità di allargare il reclutamento della leva alle donne per colmare le perdite subite e alimentare lo sforzo bellico.

Del resto del rischio di esaurimento delle risorse umane ucraine “spendibili” in guerra si è occupato nei giorni scorsi anche un interessante articolo di Joshua C. Huminski, direttore del Mike Rogers Center for Intelligence & Global Affairs, che su The Hill ha affrontato anche il tema della sostenibilità nel tempo del supporto dell’Occidente a Kiev.

 

Perdite: il balletto delle cifre

Come Analisi Difesa ha sempre sostenuto, è impossibile avere un’idea dei caduti registratisi in oltre sei mesi di guerra tra le forze ucraine e russe. Tutte le notizie, cifre e valutazioni fornite dalle diverse fonti (nessuna neutrale) sono da prendere con le molle perché suscettibili di influenze propagandistiche.

I bilanci forniti dai belligeranti certo non aiutano: i russi non forniscono numeri né sui propri caduti (lo fecero solo in marzo ammettendo circa 1.350 morti) né sulle perdite inflitte agli ucraini, enunciate solo rispetto a singole giornate. Kiev invece aggiorna ogni 24 ore il numero di russi uccisi, ormai prossimo a 50 mila: per la precisione 49.800 secondo i dati resi noti da Kiev la mattina del 5 settembre.

A metà luglio il direttore della CIA, William Burns, riferì “stime dell’intelligence statunitense” che valutavano in circa “15.000 morti” tra le forze russe “e forse il triplo di feriti”.

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Tra i 70.000 e gli 80.000 morti o feriti era la valutazione arrivata a inizio agosto sempre dagli Stati Uniti. “Penso si possa indicare con sicurezza che i russi hanno probabilmente avuto 70 o 80.000 vittime in meno di sei mesi – diceva l’8 agosto il sottosegretario alla Difesa, Colin Kahl – Si tratta di una combinazione di morti e feriti in azione”.

Il comandante in capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, generale Valeriy Zaluzhny, ha ammesso il 24 agosto che in sei mesi i caduti sono quasi 9mila.

Anche tenendo conto che il generale si riferisse solo ai caduti tra i militari senza contare le altre formazioni armate ucraine, va ricordato che a inizio giugno il consigliere della presidenza, Mykhailo Podolyak, disse alla BBC che ogni giorno morivano tra i 100 e i 200 soldati ucraini e qualche giorno dopo il presidente Volodymyr Zelensky aveva stimato le perdite ucraine fino a 60-100 morti e 500 feriti al giorno.

Secondo l’esperto militare russo Alexei Sukonkin un documento redatto dal generale Zaluzhny indirizzato al segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina Oleksiy Danilov, conteneva dati ben più drammatici e consistenti riferendo che al 1° agosto solo le forze armate ucraine avrebbero registrato 76.640 caduti, 42.704 feriti, 7.244 prigionieri e 2.816 dispersi mentre 1.610 sarebbero morti per cause diverse dal combattimento.

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Il documento non contiene i dati circa le perdite subite dalla Guardia Nazionale, dalle unità di difesa territoriale (civili armati), dal Servizio di sicurezza interno (SBU) e dalle Guardie di Frontiera. Lo stesso rapporto riferiva di un incremento di diserzioni e di suicidi tra i militari, di gravi carenze nella logistica di mezzi corazzati, artiglieria e materiali di consumo oltre a personale militare demoralizzato, poco addestrato e non qualificato.

Sukonkin cita inoltre un rapporto segreto presentato alla Commissione Europea nel luglio scorso e redatto dai servizi di intelligence di Stati Uniti, Germania, Polonia e Gran Bretagna, in cui si rilevavano perdite complessive tra tutte le forze combattenti ucraine pari a circa 212mila uomini tra morti, feriti e dispersi.

 

Arsenali svuotati

La guerra in atto dal 24 febbraio comporta un forte attrito anche per i mezzi e gli armamenti a causa di perdite, danneggiamenti e usura.

Con la consueta cautela vanno presi i dati forniti dai belligeranti. Gli ucraini rivendicano di aver distrutto a oggi 2.068 carri armati, 4.459 mezzi corazzati, 1.157 sistemi d’artiglieria, 294 lanciarazzi multipli, 156 sistemi di difesa antiaerea, 3.286 autoveicoli, 236 aerei, 206 elicotteri, 867 velivoli senza pilota e 15 unità navali.

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Nel pomeriggio del 4 settembre Mosca ha reso noto il seguente bilancio delle perdite inflitte agli ucraini: 4.804 carri armati e veicoli corazzati da combattimento, 372 sistemi missilistici antiaerei, 824 veicoli lanciarazzi campali multipli, 3.367 cannoni, obici e mortai, 5.726 veicoli, 289 aerei, 151 elicotteri e 1.872 velivoli senza pilota.

Come per le perdite in vite umane anche su mezzi e armamenti diversi osservatori si chiedono per quanto tempo possa essere sostenibile un simile sforzo bellico.

Il sito d’informazione indipendente russo The Insider, valuta che la Russia potrebbe esaurire missili guidati e proiettili di artiglieria entro la fine dell’anno registrando difficoltà anche nelle manutenzioni di veicoli corazzati e velivoli. Secondo l’articolo, che esamina anche i consumi di munizioni registrati in questo conflitto, a causa delle sanzioni occidentali la Russia potrebbe non essere in grado di garantire la piena produzione industriale per ricostituire le scorte in esaurimento.

Mosca ha reso noto oggi di aver disposto, con un decreto del primo ministro Mikhail Mishustin del 2 settembre, l’apertura di due nuove fabbriche per la riparazione di veicoli corazzati. Si tratta dello Stabilimento numero 71 e numero 72 il cui “obiettivo principale è riparare veicoli blindati e veicoli (…) nell’interesse della difesa”, come specifica il decreto pubblicato sul portale ufficiale degli atti giuridici del governo russo.

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Le difficoltà russe sembrerebbero confermate dal ritiro dalla Siria di una batteria del sistema missilistico antiaerei S-300. Lo hanno riportato a fine agosto i media panarabi che citano la società israeliana Imagesat International che ha pubblicato di recente immagini che mostrano la rimozione del sistema S-300 di stanza vicino alla città di Masyaf, nel nord-ovest della Siria, dove era dispiegato da alcuni anni.

Il radar del sistema è stato portato nella base aerea russa di Hmeimim, nell’ovest della Siria vicino a Latakya, mentre la batteria missilistica è stata trasferita nel porto di Tartus per il rimpatrio su una nave russa diretta al porto di Novorossijsk, sul Mar Nero.

L’ipotesi che la batteria sia stata trasferita in Russia per rafforzare la difesa in relazione al conflitto ucraino resta tale poiché il ritiro potrebbe dipendere anche da cause diverse quali necessità di manutenzioni e aggiornamenti o le ridotte esigenze di difesa aerea nel settore nord della Siria dopo le ulteriori recenti intese in quello scacchiere tra Mosca e Ankara.

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Il problema del consumo bellico dei materiali, dell’usura dei mezzi e delle armi e delle limitate scorte di munizioni è emerso negli ultimi mesi anche in alcuni report presentati ai parlamenti in particolare in Francia e Germania (in altre nazioni il tema non viene molto pubblicizzato) dove il conflitto ucraino ha messo in luce la limitata disponibilità di munizioni e la necessità di stanziare miliardi di euro e attendere non meno di tre/cinque anni per poter costituire riserve di munizioni adeguiate a far fronte a un conflitto convenzionale.

Un tipo di conflitto che oggi nessuna nazione europea sarebbe probabilmente in grado di sostenere per più di una o due settimane all’intensità registrata sui fronti ucraini.

Il 30 agosto il ministro della Difesa tedesco, Christine Lambrecht, ha ammesso di non vedere molte altre possibilità di inviare armi in Ucraina direttamente dalle riserve dell’Esercito tedesco. “Devo ammettere che (…) stiamo raggiungendo i limiti di ciò che possiamo consegnare da parte della Bundeswehr”, ha detto Lambrecht citata dall’agenzia di stampa DPA.

Le forze armate tedesche avrebbero bisogno del materiale in loro possesso per garantire la difesa nazionale e dell’alleanza, ha detto Lambrecht. Questo significa che, in futuro, la gran parte delle spedizioni militari tedesche per l’Ucraina saranno coperte dall’industria della Difesa, quindi con tempistiche più lunghe rese necessarie dai tempi di produzione, test e consegna e dalle limitate capacità produttive

La necessità di rifornire continuamente le truppe ucraine sembra mettere in difficoltà anche gli Stati Uniti. A fine agosto il Wall Street Journal ha intervistato diverse fonti militari che temono che i continui invii di armi a Kiev possano compromettere la prontezza al combattimento delle forze armate statunitensi a causa dell’esaurimento delle scorte di alcune tipologie di munizioni il cui ripristino procede a rilento quali migliaia di razzi campali per i lanciarazzi HIMARS, 800 mila proiettili da 155 mm per gli obici M777, migliaia di munizioni circuitanti e armi anticarro,

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Il Pentagono non ha ovviamente voluto riferire quanti proiettili da 155 mm fossero disponibili a inizio anno e quanti ne siano rimasti dopo mesi di forniture all’Ucraina ma un ufficiale citato dal WSJ protetto da anonimato ha rivelato che nelle ultime settimane la quantità di proiettili da 155mm negli arsenali Usa è diventata “sgradevolmente bassa” e che il livello attuale non è ritenuto critico solamente perché gli Stati Uniti non sono attualmente impegnati in conflitti terrestri di entità significativa.

L’US Army ha chiesto al Congresso 500 milioni di dollari all’anno per potenziare la capacità di produzione di munizioni e il Capo di stato maggiore congiunto delle forze armate, generale Mark Milley, ha condotto revisioni mensili dello stato degli arsenali.

Non è un caso che da un paio di settimane Washington abbia iniziato a fornire all’Ucraina anche obici e proiettili d’artiglieria da 105mm, probabilmente per non svuotare i magazzini dalle munizioni da 155mm.

L’Occidente del resto non ha finora strutturato la sua prodizione industriale per le esigenze belliche come probabilmente ha fatto in parte la Russia che a questa guerra ha cominciato a prepararsi dal 2014, quanto meno accumulando scorte rilevanti e attingendo dai depositi contenenti mezzi e armi di epoca sovietica.

 

@GianandreaGaian

Immagini: Ministero Difesa Russo, Ministero Difesa Ucraino, e Institute for the Study of the War, Telegram e Gian Micalessin

 

 

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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