La mobilitazione russa di 300 mila riservisti: dettagli e reazioni
Hanno preso il via oggi i referendum nelle quattro regioni dell’Ucraina sotto il controllo (parziale o totale) delle forze russe e dei secessionisti ucraini.
Le popolazioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia sono coinvolte nei referendum per l’annessione alla Federazione Russa tra il 23 e il 27 settembre Secondo quanto riferiscono le autorità filorusse dei due oblast e delle due repubbliche popolari, saranno i funzionari elettorali a portare le schede a casa delle persone e ad allestire seggi elettorali vicino a edifici residenziali, per quelli che definiscono motivi di sicurezza.
Il 27 settembre invece, sarà l’unico giorno in cui gli elettori saranno invitati a recarsi ai seggi (nella foto sotto). Voteranno invece in territorio russo i rifugiati delle stesse regioni fuggite oltreconfine a causa dei combattimenti. L’agenzia di stampa Nova ha tradotto il quesito referendario posto nelle repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk:
“Lei è a favore all’adesione della repubblica popolare di Donetsk (o di Luhansk) alla Federazione Russa con i diritti di soggetto della Federazione Russa?”.
Mosca ha inoltre fornito dettagli circa la mobilitazione di 300 mila riservisti annunciata dal presidente Vladimir Putin e dal ministro della Difesa Sergey Shoigu tesa a rinforzare gli organici al fronte dove Kiev gode di una forte superiorità numerica grazie alla mobilitazione totale in vigore in Ucraina.
Il personale richiamato in servizio avrà un’età fino a 35 anni per soldati e sergenti, fino a 50 anni per ufficiali inferiori e fino a 55 per ufficiali superiori.
Le esenzioni riguarderanno chi non è riconosciuto idoneo per ragioni di salute, coloro che assistono familiari malati o disabili, quanti abbiano a carico 4 o più figli di età inferiore ai 16 anni o le cui madri siano single e abbiano altri 4 o più figli di età inferiore agli 8 anni.
Una particolare esenzione è stata prevista per i dipendenti delle imprese del settore della difesa e in generale chi lavora, “con istruzione superiore”, nei settori dell’high-tech, della finanza e della comunicazione.
Un comunicato del ministero della Difesa ha infatti precisato che “per assicurarci l’operatività di alcune industrie high tech e del sistema finanziario della Federazione Russa è stato deciso di non reclutare cittadini con alto livello di istruzione e di specializzazione che lavorano in organizzazioni accreditate operanti nel settore dell’informazione tecnologica, telecomunicazioni, dell’informazione, dei media e delle organizzazioni che garantiscono la stabilità del sistema dei pagamenti e delle infrastrutture del mercato finanziario”.
Dal 21 settembre vengono registrate molte migliaia di persone in uscita dalla Russia per sottrarsi al richiamo in servizio soprattutto attraverso gli aeroporti e le frontiere terrestri con Finlandia (l’unica realmente aperta ai visitatori russi nella Ue) e la Georgia.
Le guardie di frontiera finlandesi riferendosi al confine sudorientale con la Russia hanno definito anche oggi “intenso” il traffico in entrata. A differenza delle nazioni baltiche e della Polonia, la Finlandia non ha limitato completamente l’ingresso dei turisti russi con visto Schengen.
A sud molti russi stanno tentando di raggiungere la Georgia secondo quanto si legge sul sito della BBC. Alcuni testimoni hanno stimato che la coda di auto al checkpoint di Lars fosse lunga circa 5 chilometri mentre un altro gruppo ha affermato che ci sono volute sette ore per attraversare il confine.
La Georgia è uno dei pochi paesi vicini in cui i russi possono entrare senza dover richiedere un visto. Destinazioni raggiungibili in aereo quali Istanbul, Belgrado o Dubai hanno visto i prezzi dei biglietti salire alle stelle e i posti esauriti.
I media turchi hanno riportato un forte aumento delle vendite di biglietti di sola andata dalla Russia mentre i voli rimanenti verso destinazioni senza visto possono costare migliaia di euro.
Giovedì il ministro degli interni tedesco ha segnalato che i russi in fuga dalla leva sarebbero stati i benvenuti mentre Lituania, Lettonia, Estonia e Repubblica Ceca hanno negato ogni ipotesi di rifugio ai russi in fuga. Il Cremlino ha ammesso che da parte della popolazione russa c’è stata una prima reazione “isterica ed estremamente emotiva” all’annuncio della mobilitazione.
“Si potrebbe ancora in qualche modo capire una reazione così isterica ed estremamente emotiva nelle prime ore dopo l’annuncio, il primo giorno. Perché c’era davvero una certa mancanza di informazioni, che è anche comprensibile e comprensibile”, ha affermato il portavoce Dmitry Peskov (nella foto a lato) che ha esortato ora a leggere i chiarimenti e le precisazioni arrivate dalla Difesa che ha peraltro reso noto che circa 10 mila cittadini russi si sono offerti volontari per prendere parte alla “operazione militare speciale” in Ucraina senza aspettare di ricevere il richiamo in servizio nell’ambito della mobilitazione parziale annunciata.
Tra gli incentivi alla mobilitazione si segnalano quelli offerti dal Comune di Mosca sotto forma di compenso aggiuntivo per i moscoviti richiamati in servizio nelle forze armate.
Il sindaco Sergey Sobyanin ha annunciato un bonus mensile di 50.000 rubli (circa 900 euro) in aggiunta agli stipendi militari. In caso di grave infortunio, ha aggiunto, verrà pagato un premio aggiuntivo di un milione di rubli, mentre se l’infortunio è lieve riceveranno 500mila rubli. Le autorità di Mosca pagheranno inoltre 3 milioni di rubli 852.600 euro) alle famiglie dei riservisti richiamati che perderanno la vita in Ucraina.
Nessuna mobilitazione sarebbe invece in atto in Bielorussia dove il presidente Alexander Lukashenko (nella foto sotto) l’ha esclusa. “Non ci sarà mobilitazione, è una bugia”, ha detto affermando che Minsk risponderà comunque ad ogni tentativo di attentare alla sicurezza del Paese.
Il rischio di escalation del conflitto sembra influire anche sulla disponibilità dei rifugiati ucraini riparati in Europa a tornare in patria.
Solo 13% rifugiati ucraini valuta il rimpatrio entro 3 mesi mentre più di quattro su cinque vorrebbero farlo a lungo termine secondo un sondaggio delle Nazioni Unite pubblicato oggi a Ginevra. La maggior parte di queste persone desidera lavorare nel Paese ospitante, ma ha bisogno di sostegno, afferma questo rilevamento dell’Alto Commissario per i Rifugiati (Unhcr) condotto ad agosto e settembre tra 4.800 rifugiati.
Finora, meno di un terzo dei rifugiati ha un lavoro dipendente o autonomo. Tre su quattro vogliono mandare i propri figli a scuola nel Paese ospitante. Più del 40% soggiorna presso privati, mentre la metà vive in strutture o hotel collettivi e circa un quarto affitta il proprio alloggio. In totale, circa sette milioni di persone sono sfollate all’interno dell’Ucraina, quasi quanto il numero dei rifugiati.
Foto TASS
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