Ponte di Kerch: se i russi usano anche i camion-bomba per “auto bombardarsi”
(aggiornato alle ore 23,55)
Il traffico ferroviario è ripreso ieri sera intorno alle 20 sul ponte di Kerch, in Crimea, danneggiato ieri mattina da un’esplosione attribuita a un camion che sarebbe deflagrato mentre a pochi metri, sulla sezione del ponte adibita alla linea ferroviaria, transitava un convoglio carico di gas.
Il ministero dei Trasporti della Federazione Russa aveva condotto una valutazione iniziale dello stato dell’infrastruttura della parte ferroviaria del ponte e nel tardo pomeriggio due treni passeggeri sono partiti dalle città della Crimea di Sebastopoli e Simferopoli e si sono diretti verso il ponte.
I collegamenti dei traghetti passeggeri tra la Crimea e la Russia continentale sono stati ripristinati dopo l’esplosione mentre il traffico automobilistico è ripreso nel pomeriggio di ieri ma su una sola carreggiata dopo che l’altra ha visto due campate crollare in mare in seguito all’attentato.
Il traffico è rallentato dal flusso alternato in ciascuna direzione e i veicoli vengono sottoposti a una “procedura di ispezione completa”, ha scritto su Telegram il governatore della Repubblica di Crimea, Sergey Aksyonov.
“Secondo i dati preliminari nell’esplosione sarebbero morte tre persone, presumibilmente passeggeri di un’auto che si trovava nei pressi del veicolo esploso. Ad oggi sono stati recuperati dall’acqua i corpi di un uomo e di una donna, le loro identità devono essere appurate”, ha dichiarato la Commissione investigativa russa, che sta indagando sull’esplosione al ponte Kerch che collega la Russia con la Crimea.
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto per il rafforzamento delle misure per proteggere i trasporti attraverso lo stretto di Kerch e il collegamento della rete elettrica e il gasdotto principale con poteri delegati direttamente al Servizio di sicurezza della Federazione (FSB).
Ieri il ministero della Difesa aveva reso noto che i rifornimenti alle truppe russe nelle aree operative di Mykolayv-Kryvyj Rih e Zaporizhzhia proseguono nonostante l’esplosione sul ponte di Crimea il cui attacco, al di là dell’impatto mediatico e del valore simbolico, potrebbe avere l’obiettivo di rallentare il flusso di rifornimenti verso il settore di Kherson già sotto pressione della controffensiva ucraina e quello di Zaporizhzhia dove secondo alcune fonti potrebbe scatenarsi un nuovo contrattacco ucraino diretto a raggiungere Melitopol e il Mare d’Azov a Berdyansk con l’obiettivo di spezzare la continuità geografica tra il Donbass e la Crimea.
“Le forniture alle truppe russe coinvolte nell’operazione militare speciale nelle direzioni operative Mykolayv-Kryvyj Rih e Zaporizhzhia viene effettuata ininterrottamente per intero lungo il corridoio terrestre e in parte con il trasporto marittimo”
Mentre c’è chi non esclude cause diverse dal camion-bomba quali missili o barchini esplosivi, molti punti restano da chiarire. Nell’esplosione dovrebbe essere morto anche il conducente del camion-bomba che costituirebbe il primo caso di attentatore-suicida nel conflitto russo-ucraino e gli investigatori russi hanno comunicato di aver individuato il proprietario del camion-bomba che ha imboccato il ponte provenendo da est.
Secondo quanto riporta l’agenzia RIA Novosti “si tratta di un residente del territorio di Krasnodar, sono state avviate azioni investigative nel suo luogo di residenza mentre sono allo studio il percorso del veicolo e la relativa documentazione”.
In serata è stata diffusa la foto dell’uomo alla guida del camion: Makhir Yusubov (nella foto a lato), 51 anni, autista di professione che stava trasportando fertilizzanti e che potrebbe non essere stato al corrente di avere a bordo esplosivi. Ipotesi che induce a non escludere che qualcuno abbia attivato la detonazione con un radiocomando da una posizione non troppo distante.
Inoltre, gli accessi al ponte sono presidiati da sistemi di controllo dei veicoli realizzati proprio per localizzare esplosivi dal momento che l’infrastruttura ha una grande rilevanza strategica e il governo ucraino ha sempre sostenuto di volerla prendere di mira.
Il primo ministro russo Mikhail Mishustin ha firmato un decreto che istituisce una commissione d’inchiesta governativa per determinare le cause dell’esplosione che sarà guidata dal vicepremier Marat Khusnullin.
Il ponte di Kerch era stato inaugurato nel 2018 e aveva assunto un valore simbolico per il Cremlino dopo l’annessione della Crimea e l’attentato costituisce un danno economico, un problema logistico per lo sforzo bellico ma soprattutto un colpo al prestigio della Russia e di Vladimir Putin nel giorno dopo il suo 70° compleanno.
Il Ponte di Kerch
Il primo a prendere in considerazione la costruzione di un ponte che unisse la Penisola di Crimea con la Penisola di Taman, “porta d’ingresso” del Caucaso russo fu nel 1903 lo zar Nicola II che fiu costretto a rinunciarvi in seguito allo scoppio della guerra russo-giapponese e poi della Prima guerra mondiale. Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi pianificarono di realizzarlo all’inizio del 1943 per penetrare in Caucaso anche da est e non solo da nord.
I lavori erano previsti di una durata di sei mesi e presero il via nell’aprile 1943 ma cessarono in settembre sull’onda della controffensiva russa che costrinse i tedeschi a trincerarsi nella Penisola di Taman e poi a ripiegare in Crimea dopo aver fatto esplodere le parti già completate del ponte.
Lungo 18 chilometri e costato circa 3 miliardi di dollari, il Ponte di Kerch venne inaugurato da Putin che lo attraversò per primo a bordo di un camion il 16 maggio 2018 mentre il primo treno passeggeri lo ha attraversato il 25 dicembre 2019 e l’apertura ai convogli merci è iniziata il 30 giugno 2020.
Il ponte è stato realizzato quasi interamente con campate da 54,2 metri fino a 64,2 tranne nella parte centrale del canale di Kerch dove, per consentire il passaggio delle navi, sono stati realizzati due archi di 227 metri di lunghezza e 45 metri di altezza tali da consentire il passaggio di imbarcazioni fino a 185 metri di lunghezza e 35 di altezza.
Sul piano economico Mosca ha investito circa 10 miliardi di dollari in Crimea, regione che nel 2019 ha registrato la crescita economica più alta tra le regioni della Federazione.
Il governatore Aksenov ha rassicurato i cittadini affermando che la Crimea dispone di riserve di carburante per un mese e di cibo per due mesi mentre sembrano al momento limitati i danni ai rifornimenti delle truppe schierate nella regione di Kherson e sottoposte da settimane all’offensiva delle truppe ucraine.
Le responsabilità
Kiev non ha ufficialmente rivendicato l’attacco ma, come in occasione dei sabotaggi compiuti contro obiettivi militari in Crimea se ne è attribuita i meriti.
Il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha pubblicato sui social un’immagine dell’incendio sul ponte di Kerch commentando che “tutto ciò che è illegale deve essere distrutto, tutto ciò che è stato rubato deve tornare all’Ucraina, tutto ciò che è stato occupato dalla Russia deve essere liberato.
Oleksiy Danilov, a capo del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell’Ucraina (NSDC), su Twitter ha fatto gli auguri di compleanno a Putin sullo sfondo delle immagini del ponte in fiamme.
Del resto, prima di colpire il “Krymskij most”, i gruppi di sabotatori ucraini considerati appartenenti ai servizi d’intelligence SBU hanno già colpito in più occasioni in Crimea con azioni dinamitarde che hanno presi di mira installazioni militari, depositi di munizioni e basi aeree.
Da mesi poi diverse autorità civili e militari di Kiev avevano minacciato di colpire il ponte chiedendo agli Stati uniti armi a lungo raggio per poterlo bersagliare. Ieri il ministero della Difesa ucraino in un tweet ha ricordato “L’incrociatore Moskva e il ponte di Kerch. Due noti simboli del potere russo nella Crimea sono colati a picco. Quale sarà il prossimo?”.
Ad attribuire il sabotaggio al ponte allo SBU ha provveduto l’agenzia di stampa Unian citando una fonte delle forze di sicurezza. “A far saltare in aria il ponte di Crimea è stata un’operazione speciale della SBU, ha affermato la fonte. Inoltre “un funzionario del governo ucraino ha detto al Washington Post che dietro l’attacco al ponte vi sono i servizi speciali ucraini” ha scritto ieri il giornale statunitense poco dopo l’esplosione sul ponte di Kerch.
“Verrà il giorno in cui parleremo anche della liberazione della Crimea. Questa prospettiva è ovvia” aveva detto poche opre prima dell’attentato il presidente Zelensky.
I russi continuano ad “auto-bombardarsi”?
Poco dopo aver celebrato come ineluttabile il destino rovinoso del ponte di Kerch, Podoliak ha però improvvisamente cambiato repertorio rovesciando la narrazione e attribuendo l’esplosione a “una manifestazione del conflitto fra forze di sicurezza russe” che “si sta intensificando” e sta andando “fuori dal controllo del Cremlino”.
Quanto accaduto al ponte di Kerch “è una specifica manifestazione del conflitto fra il Servizio di Sicurezza Federale e il gruppo Wagner da una parte e il ministero della Difesa e lo stato maggiore dall’altra”, ha detto Podolyak a Ukrainska Pravda, tracciando lo scenario di uno scontro o una resa dei conti interna ai poteri russi che vedrebbe uniti servizi d’intelligence e Gruppo Wagner contro i vertici della Difesa.
“Sono scoppiati seri conflitti fra i servizi speciali russi, ciascuno sta cercando persone da incolpare per le sconfitte militari, e vogliono riformare il circolo ristretto di Putin e prendere altre posizioni. O arrestare certi generali”, ha proseguito Podolyak. Il consigliere di Zelensky ha quindi attribuito ai russi stessi l’attentato al ponte sottolineando che il camion esploso sul ponte arrivava dalla Russia.
“L’esplosione del ponte, un progetto personale di Putin, non solo mina la posizione dell’FSB, che ha permesso che accadesse, ma offre ai militari una scusa per le sconfitte sistematiche nel sud dell’Ucraina. Dicono che la logistica collegata alle retrovie e la fornitura delle riserve è collassata a causa dei fallimenti dell’FSB” nel proteggere il ponte, afferma Podolyak.
Se queste valutazioni appaiono non solo in antitesi con quanto affermato precedentemente dalla stessa persona e da altre fonti ufficiali di Kiev ma anche azzardate e traballanti nella loro illustrazione e logicità, giova ricordare che negli ultimi mesi le autorità ucraine hanno accusato i russi di “bombardarsi da soli” in almeno quattro diverse circostanze: il campo di prigionia del Donbass dove erano detenuti prigionieri ucraini del reggimento Azov, la centrale atomica di e Zaporizhzhia, i gasdotti del Baltico Nord Stream 1 e Nord Stream 2 e ora il ponte di Kerch.
Probabile che Kiev intenda così seminare incertezza e frustrazione nell’opinione pubblica russa ma la narrazione imposta dalla propaganda ucraina, spesso seguita e replicata in modo acritico da cancellerie e media europei (molto meno oltre Atlantico), continua a ribadire che i russi non solo colpiscono le infrastrutture che controllano o possiedono ma le devastano volontariamente provocando alla propria economia danni che solo considerando i costi di costruzione del ponte e dei gasdotti baltici superano i 23 miliardi di euro.
Un valore considerevole da autodistruggersi anche se, per restare nell’ambito degli aspetti “incredibili” di questa guerra, ieri il Centro di ricerca sull’energia e l’ambiente finlandese (CREA) ha presentato un rapporto che evidenzia come dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina a tutto settembre l’Ue abbia sborsato oltre 100 miliardi di euro per pagare le importazioni di gas e petrolio dalla Russia.
Insomma, dopo tante sanzioni a Mosca e proclami circa la rinuncia dell’Europa alla dipendenza dall’energia di fonte russa gli europei restano i più importanti finanziatori di Mosca e indirettamente della campagna russa in Ucraina. Le stime dell’istituto finlandese indicano che in settembre il principale cliente Ue di combustibili fossili russi era l’Olanda, seguita dalla Germania, dalla Bulgaria e dall’Italia.
India, Cina, Turchia e Malesia sono stati invece i Paesi che hanno fatto registrare il maggiore incremento delle importazioni di combustibili fossili dalla Russia dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina
Sviluppi possibili
Non si può escludere che l’attacco al ponte di Kerch determini rimpalli di responsabilità, il “taglio” di qualche testa a e tensioni all’interno dei vertici russi ma la reazione di Mosca, incentrata a livello di comunicazione sul rapido ripristino della viabilità sul ponte, sembrava ieri voler lanciare un messaggio rassicurante alla popolazione e ai militari in Crimea e sul fronte ucraino meridionale più che a dare soddisfazione al nemico per i danni materiali e di prestigio inferti alla Russia.
Doveroso quindi aspettarsi una adeguata rappresaglia russa all’indiscutibile successo conseguito dagli ucraini che confermano la capacità di infiltrare in Crimea e in generale in territorio russo efficienti unità di sabotatori.
Rappresaglia che, senza evocare quell’olocausto nucleare di cui si parla in Europa, potrebbe invece materializzarsi con l’attacco convenzionale ma sistematico a infrastrutture ucraine finora risparmiate dai bombardamenti missilistici.
Centrali elettriche, reti idriche o più probabilmente i ponti sul Fiume Dnepr potrebbero finire in nel mirino dei russi in modo da rendere più difficile la vita a un numero maggiore di ucraini (secondo il ministero dell’Energia di Kiev oggi 700mila persone vivono senza elettricità e in 621.500 senza gas a causa della guerra) e l’alimentazione delle truppe di Kiev schierate a est del fiume sui fronti del Donbass.
Curioso poi che l’intelligence statunitense abbia voluto rivelare al New York Times la piena contrarietà ed estraneità circa l’omicidio di Darya Dugina, nell’agosto scorso alla periferia di Mosca, proprio alla vigilia dell’attentato al Ponte di Crimea da cui gli USA hanno tutto l’interesse a prendere le distanze.
Di certo l’attacco al ponte di Kerch, efficace sul piano mediatico pur non essendo risolutivo sul piano militare, costituisce una ulteriore escalation del conflitto.
Non favorirà certo l’apertura a quella trattativa per giungere alla fine delle ostilità che i turchi cercano da mesi di avviare e che anche negli Stati Uniti molti ritengono quanto mai necessaria ma che a Kiev è stata vietata da un decreto del presidente Zelensky.
Immagini: Maxar, Telegram, Daily Mail, VK e Twitter
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.