Lanciarazzi campali e obici semoventi nel quinto pacchetto di aiuti militari italiani all’Ucraina

 

 

L’Italia fornirà entro novembre un sesto pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, il primo varato dal governo guidato da Giorgia Meloni dopo i cinque varati dell’esecutivo Draghi. Lo ha confermato oggi in un’intervista il ministro della Difesa Guido Crosetto.

“L’Italia continuerà a sostenere con convinzione e determinazione l’Ucraina e le sue Forze Armate. Saremo pronti a proseguire il nostro sforzo finché sarà necessario. Non vi lasceremo soli in questa guerra a difesa dei valori di democrazia e libertà perché sono i principi sui quali si basano la convivenza e la cooperazione tra gli Stati”  ha detto il ministro dopo un colloquio in videoconferenza, il 2 novembre, con il ministro della Difesa ucraino, Oleksij Reznikov.

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“Buone notizie: il Governo italiano continuerà a sostenere l’Ucraina” aveva scritto lo stesso giorno in un tweet Reznikov mentre il giorno precedente l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, aveva affermato di non escludere che “oltre alle armi l’Italia abbia mandato in Ucraina anche uomini”.

Forse un riferimento non meglio precisato a consiglieri militari o contractors (come quelli inviati da tempo in Ucraina da Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia e stati baltici) ma successivamente l’Ambasciata Russa in Italia ha corretto il tiro facendo sapere che Razov intendeva riferirsi a cannoni italiani forniti all’Ucraina.

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Armi di cui aveva riferito il 30 ottobre il quotidiano “La Repubblica” illustrando in modo dettagliato alcune tipologie di armamenti pesanti forniti dall’Italia all’Ucraina nel quinto pacchetto approvato dal governo uscente, la cui natura e quantità sono o dovrebbero essere coperti da segreto per decisione assunta dall’esecutivo Draghi.

L’articolo riferisce della cessione a Kiev di 2 lanciarazzi campali multipli (MLRS) M270A1 con un numero imprecisato di razzi. Il sistema d’arma, fornito a Kiev anche dalla Gran Bretagna, è presente in 21 esemplari nei ranghi dell’artiglieria ed equipaggia il 5° Reggimento Superga.

Sarebbero invece 6 (secondo altre fonti uno solo) gli obici semoventi da 155mm Pzh 2000 che verranno forniti all’Ucraina prelevandoli dai 68 consegnati all’Esercito Italiano che equipaggia tre reggimenti (8°, 52° e 132°) e che affiancheranno i 15 esemplari forniti da Germania e Olanda alcuni dei quali sarebbero stati distrutti dai russi.

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Sempre secondo quanto riferito da Repubblica, almeno 25/30 semoventi M-109L e decine di cingolati trasporto truppe M113, da tempo radiati dai ranghi del nostro esercito, verranno rimessi in condizioni operative e forniti prossimamente a Kiev che già impiega mezzi simili forniti da Norvegia, Stati Uniti, Belgio, Danimarca e Olanda.

Imprecisato invece il numero di proiettili d’artiglieria, di missili anticarro Milan come pure di obici trainati FH-70 da 155 mm, trasferiti alle truppe ucraine e impiegati in combattimento fin dalla tarda primavera.

Dei 162 pezzi acquisiti dall’Esercito Italiano un centinaio sono in dotazione a 5 reggimenti e alla Scuola d’Artiglieria mentre gli altri vengono mantenuti in riserva e risultano quindi cedibili almeno in parte.

Dall’articolo non emergono dettagli neppure circa il numero di veicoli VTLM 1 Lince consegnati agli ucraini mentre sarebbero in numero molto elevato quello dei mortai da 120 mm (oltre 500 erano nei depositi dell’Esercito all’inizio dell’anno) e le mitragliatrici MG42 da 7,62mm consegnati ed apparsi già nella scorsa primavera nelle immagini degli equipaggiamenti caduti nelle mani dei russi in Donbass.

Le rivelazioni de “La Repubblica” fotografano un contributo italiano più rilevante, specie in termini di armi pesanti, rispetto a quanto era emerso in precedenza da indiscrezioni della stampa e dalle immagini raccolte sui fronti ucraini.

Pare inoltre che le riserve che sembra siano state espresse dai vertici militari circa la cessione di sistemi di artiglieria pregiati come gli MLRS M270A1 e i Pzh 2000 (e le rispettive munizioni) siano state “superate” solo con il quinto pacchetto di aiuti all’Ucraina, varato dal Governo Draghi poche ore prima di lasciare Palazzo Chigi.

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In quest’ottica, con un po’ di malizia, non si può escludere neppure che l’invio di armi pesanti e sofisticate approvato dal Governo Draghi ormai “scaduto” così come la fuga di notizie sull’ultima tranche di forniture militari all’Ucraina, siano filtrate attraverso la barriera del segreto con l’obiettivo di creare imbarazzi e dissidi all’interno della maggioranza che sostiene il Governo Meloni, dove vi sono valutazioni e sensibilità diverse circa il ruolo dell’Italia nella crisi ucraina e le forniture di armi a Kiev.

Anche per queste ragioni sarebbe auspicabile e corretto nei confronti dei contribuenti che il nuovo governo renda pubblica la consistenza delle forniture militari all’Ucraina o almeno di gran parte di esse, così come fanno molti nostri alleati a cominciare dagli Stati Uniti.

@GianandreaGaian

Foto Difesa.it e Ministero Difesa Ucraino

 

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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