La gaffe di Ursula von der Leyen che rivela le perdite ucraine
La Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen continua a inanellare un flop dopo l’altro in tutti settori. Non è stata finora in grado di salvaguardare gli interessi europei nel conflitto in Ucraina, di gestire o arginare la drammatica crisi energetica che sta de-industrializzando la principale potenza economica mondiale (la Ue), non riesce a garantire la sicurezza dei confini esterni dai flussi migratori illegali (ma in questo non fa meglio delle commissioni che l’hanno preceduta) e sembra non riuscire neppure a nominare un inviato speciale nel Golfo Persico che possa godere di una qualche credibilità politica, se non agli occhi di italiani ed europei almeno a quelli dei leader delle nazioni di quella regione.
La ciliegina sulla torta l’ha messa ieri il presidente von der Leyen parlando della guerra in Ucraina con una gaffe di proporzioni strategiche che conferma come la propaganda, specie quella di guerra, sia una cosa troppo seria per lasciarla gestire ai “dilettanti” oggi alla testa dell’Unione Europea.
Ai fallimenti politici che hanno portato l’Europa ad aver già perso la guerra pur senza combatterla, si è aggiunta ieri la dimostrazione palese della inadeguatezza del presidente e del suo staff sul fronte mediatico, non certo secondario in tempi di crisi e conflitti.
Come è noto il presidente della Commissione Europea ha postato in rete un video in cui annunciava la volontà di deferire la Russia a una corte penale internazionale per i crimini compiuti in questa guerra e di compensare i danni subiti finora dall’Ucraina, stimati dalla Ue in 600 miliardi di euro), utilizzando i 300 miliardi della Banca Centrale Russa e i 19 miliardi appartenenti a società private di Mosca congelati in Europa dopo il 24 febbraio scorso.
Beni bloccati ma che secondo molti esperti, anche della Commissione Ue, appare legalmente difficile confiscare per donarli a Kiev tenuto conto che ogni eventuale misura finanziaria adottata sui fondi russi immobilizzati in base a sanzioni o provvedimenti varati dalla Ue dovrà garantire la restituzione dei beni una volta tolte le misure restrittive.
Forse la signora von der Leyen si sentiva rassicurata dalla consapevolezza che in gran parte delle nazioni d’Europa la guerra viene raccontata, descritta e commentata secondo copioni e note di linguaggio scritti da Kiev e dagli anglo-americani e che gran parte dei governi d’Europa e la stessa Commissione Ue hanno semplicemente assimilato.
Forse nella foga di dipingere le devastazioni che i russi hanno inflitto all’Ucraina, il presidente von der Leyen ha avuto un eccesso di partecipazione alla causa di Kiev (come dimenticarla vestita con i colori della bandiera ucraina). Pur con queste “attenuanti” resta il fatto che l’errore compiuto è grave quanto dilettantesco poiché il presidente ha reso note una parte delle informazioni in suo possesso che dovevano restare “solo per i suoi occhi”.
La signora von der Leyen ha infatti citato numeri “sensibili”, solitamente coperti da segreto durante una guerra, relativi alle perdite subite da Kiev: “oltre 20 mila civili e più di 100 mila militari”.
Il video, pubblicato ieri mattina su twitter è stato successivamente corretto tagliando il brano in cui vengono citati i numeri che dovevano restare segreti a tutti, all’opinione pubblica in Europa e Stati Uniti ma soprattutto all’opinione pubblica ucraina dove pur in assenza di ogni forma di opposizione (le leggi di Zelensky approvate dal parlamento hanno di fatto tolto, con la minaccia del carcere per l’accusa di essere “filo-russi”, ogni dissidenza e libertà d’espressione e di stampa) tali numeri offrono la percezione del costo umano di questa guerra.
Considerati gli stessi rapporti, anche personali, tra Zelensky e il presidente della Commissione Ue, è lecito ritenere che i numeri citati siano corretti come sembrerebbero confermare anche le reazioni alla loro diffusione, con molte fonti confidenziali che riferiscono di pesanti rimproveri giunti allo staff della Commissione Ue fa da Kiev, Washington e Londra che vedono vanificati molti dei loro sforzi tesi ad alimentare la narrazione propagandistica bellica.
Secondo le stime dell’ONU le vittime civili del conflitto al 29 novembre erano 6.655 morti e 10.368 feriti dall’inizio dell’invasione russa anche se l’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani sottolinea che i dati reali sono probabilmente molto più alti, anche perché molte segnalazioni di vittime civili devono ancora essere confermate.
Sulle perdite militari Kiev non ne ha mai rivelato l’ammontare complessivo (anche se dopo la gaffe della von der Leyen fonti ufficiali di Kiev hanno ammesso in modo poco credibile tra i 10 mila e i 13 mila caduti), mentre il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu il 20 settembre aveva riferito pubblicamente che le perdite militari ucraine ammontavano a 61.207 morti e 49.368 feriti, ammettendo perdite russe pari a solo 5.937 militari: cifra quest’ultima ritenuta da molti in Occidente non attendibile (Kiev vanta l’uccisione di oltre 90 mila militari russi) ma che in ogni caso non teneva conto delle perdite subite dalle milizie del Donbass e dai contractors del Gruppo Wagner.
Considerando attendibili i numeri forniti dalla von der Leyen è possibile valutare che le stime di Shoigu fossero sbagliate per difetto, oppure dovremmo ritenere che le controffensive ucraine degli ultimi due mesi e mezzo hanno portato ad alcuni successi ma a prezzo di perdite davvero spaventose, come sostengono del resto molti osservatori in Russia e in Occidente.
Occorre inoltre tenere conto che se gli ucraini hanno registrato oltre 100mila morti vanno considerati almeno il triplo o più di feriti. Da un lato, la gaffe appare ancora più ridicola se si tiene conto che il presidente von der Leyen è l’ex ministro della Difesa tedesco e dovrebbe quindi avere una certa dimestichezza con la gestione di informazioni e dati riservati, dall’altro fa ben comprendere in che “mani sicure” sia riposta la nostra sicurezza.
“Non possiamo confermare questi dati, sottolineiamo che le perdite dell’esercito ucraino sono informazioni ufficiali e riservate, e sono soggette a restrizioni per la pubblicazione” ha detto ieri il capo della comunicazione delle forze armate ucraine, Bohdan Senyk.
Sarcastico il tweet del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev. “Ursula ‘the Wild Dame’ ha twittato che l’Ucraina ha perso ‘100.000 militari’ perché tutto il mondo lo vedesse. Il tweet è stato svuotato e modificato.
Chiaramente, Washington ha richiamato la dama all’ordine, e non ci è andata piano con lei. Sembra alquanto umiliante. L’Ue non esiste, è solo il 51esimo Stato”, ovviamente riferendosi a quelli che compongono gli Stati Uniti d’America.
Affascinante l’ipotesi che i numeri delle perdite ucraine siano stati resi noti per una precisa volontà politica per poi attribuirne la diffusione a un errore ma solitamente i “lavori sporchi” vengono affidati a figure per definizione “sacrificabili” come i portavoce, non ai leader che vanno sempre e comunque protetti da simili scivoloni.
In effetti la “pezza” posta dalla Commissione Europea è forse peggio del “buco” che ha cercato di coprire. “Molte grazie a coloro che hanno segnalato l’inesattezza delle cifre in una versione precedente di questo video” ha detto la portavoce di Ursula von der Leyen, Dana Spinant commentando la correzione al tweet e il “tagli” al video contenente i numeri che dovevano restare segreti.
Con sprezzo del ridicolo la portavoce ha affermato che i dati diffusi erano sovrastimati: “la stima utilizzata, proveniente da fonti esterne, avrebbe dovuto riferirsi alle vittime, cioè sia morti che feriti, e aveva lo scopo di mostrare la brutalità della Russia”.
Immagini: Mash, Ministero della Difesa Ucraino e TASS
Leggi anche:
L’industria europea a rischio sopravvivenza pressata da guerra, caro-energia e misure USA
La UE “a tutto gas” verso disastro economico e irrilevanza strategica
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.