Attacco con droni a Isfahan: molti aspetti ancora da chiarire

 

 

L’attacco con almeno tre droni-kamikaze esplosivi effettuato la sera del 28 gennaio contro installazioni di ricerca militare iraniane a Isfahan, 350 chilometri a sud di Teheran, ha determinato l’ennesima escalation nel confronto tra la Repubblica Islamica da una parte e l’asse USA/Israele dall’altra.

Non è chiaro quale obiettivo si stata colpito: a Isfahan sono presenti una base aerea, un cimando delle Guardie Rivoluzionarie (pasdaran) stabilimenti industriali militari e un centro di ricerca e produzione di combustibile nucleare. I droni impiegati sarebbero piccoli quadricotteri  come riportato dall’agenzia di stampa statale iraniana IRNA, elemento che confermerebbe che sono decollati dal territorio iraniano a breve distanza dai loro obiettivi poiché tali velivoli dispongono di un’autonomia limitata, come evidenziava ieri il New York Times.

Del resto droni di questo tipo sono di facile impiego anche da parte di personale non militare e l’attacco potrebbe essere stato effettato anche da oppositori al regime di Teheran. I media iraniani hanno ricordato che attacchi simili si erano verificati nel giugno 2021, quando venne attaccata una fabbrica di centrifughe nucleari e nel 2019 quando sotto attacco di mini droni finirono installazioni di Hezbollah a Beirut.

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Secondo fonti iraniane gli obiettivi degli attacchi erano il quartier generale dell’IRGC, la base della Forza Quds (le unità di pasdaran impiegate all’estero), il Centro per la produzione di munizioni e UAV, una raffineria di petrolio e una fabbrica di armi. A dire il vero un po’ troppi obiettivi per tre piccoli quadricotteri.

Dopo qualche ora il ministero della Difesa iraniano ha confermato che l’attacco di droni è avvenuto presso il “complesso militare di Isfahan” precisando però che uno dei velivoli è stato abbattuto ed è esploso in volo “provocando solo lievi danni e nessuna vittima” mentre gli altri due sono rimasti bloccati nelle reti anti-drone o sono esplosi in volo. I media israeliani riferiscono invece di un grande successo del raid.

Al Arabiya ha invece riferito ieri mattina che l’obiettivo dell’attacco notturno era un impianto di produzione e stoccaggio di missili balistici a Isfahan. Sulla base delle immagini è stato localizzato l’edificio nella zona nordoccidentale della città, nei pressi di un centro commerciale: per gli Stati Uniti un centro di ricerca spaziale collegato al programma di missili balistici.

Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth valuta che l’attacco possa aver colpito un impianto gestito dai pasdaran per la realizzazione di missili ipersonici con il sostegno della Russia.

 

Le reazioni

“Questo attacco vile è parte dei tentativi portati avanti negli ultimi mesi dai nostri nemici per destabilizzare l’Iran ma non avrà alcun effetto sulla volontà e le intenzioni dei nostri specialisti per lo sviluppo di un nucleare pacifico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri della Repubblica islamica Hossein Amir-Abdollahian.

Non ci sono state rivendicazioni ma secondo l’emittente saudita al-Arabiya le forze aeree statunitensi potrebbero essere coinvolte nell’attacco con l’obiettivo era “distruggere un deposito di missili balistici”. Un altro canale televisivo saudita, al-Hadath, ha sostenuto invece che dietro l’attacco potrebbero esserci gli Stati Uniti e “un altro Paese” di cui non specifica il nome.

“Tutte le opzioni sono sul tavolo per impedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare” ha detto il segretario di Stato statunitense Antony Blinken alla vigilia della missione in Medio Oriente dopo che il capo della CIA, William Burns, ha incontrato la scorsa settimana a Telò Aviv il direttore del Mossad, David Barnea.

Coincidenze che contribuiscono a sospettare che l’attacco possa essere stato condotto da statunitensi e israeliani.  I Pasdaran hanno puntato l’indice contro lo Stato Ebraico e si tratterrebbe del primo effettuato dopo la salita al potere del nuovo governo guidato dal premier Benjamin Netanyah, La Difesa israeliana non ha commentato ma, scrive Hareetz, dalla tipologia del raid “si può stimare un ruolo del Mossad”.

Anche funzionari statunitensi sentiti dal Wall Street Journal hanno attribuito l’attacco a Israele. Pochi giorni or sono in un’intervista allo stesso quotidiano il capo di Stato maggiore israeliano, il generale Herzi Halevi ha affermato che Israele e Stati Uniti si stavano preparando al peggio.

Infine, anche dall’Ucraina sembra voler lasciare intendere di aver avuti un ruolo da protagonista nella vicenda. Il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak, noto per la sua loquacità bellicista, ha scritto dopo il raid che “la logica della guerra è inesorabile ed omicida” e “presenta il conto in modo rigoroso agli autori e ai complici. L’Ucraina vi aveva avvertito”. Un chiaro riferimento al supporto iraniano alla Russia in guerra.

L’Iran ha convocato oggi l’incaricato d’affari dell’Ucraina a Teheran, Yevhen Kravchenko, in seguito a tali dichiarazioni chiedendo a quanto sembra una smentita ufficiale del presunto coinvolgimento nell’attacco minacciando, in caso contrario, “conseguenze”.

Il Cremlino ha condannato l’attacco con i droni, come qualsiasi azione che minacci la sovranità di un Paese ha detto il portavoce Dmitry Peskov citato dalla Tass.

Nelle ultime ore nuovi attacchi hanno colpito l’Iran e in particolare le forze iraniane in Iraq e Siria. Un convoglio di 25 camion appartenenti alle milizie sciite sostenute dall’Iran è stato attaccato nella zona di Albukamal al confine tra la Siria e l’Iraq in uno dei valichi controllati da gruppi legati al movimento sciita filoiraniano Hezbollah.

Lo ha riferito ieri sera al-Arabiya specificando che almeno tre incursioni sono state condotte da velivoli non identificati contro la colonna che era entrata dall’Iraq in territorio siriano. Secondo le fonti citate dall’emittente saudita, in un dei raid un velivolo ha inizialmente sparato colpi di avvertimento e ha aspettato che i conducenti scendessero dai loro camion prima di bombardare il convoglio.

Foto IRNA e IRIB News

 

 

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