Gli ucraini in difficoltà in Donbass, i vertici militari russi alla guida delle operazioni

 

 

(aggiornato alle ore 22,15)

L’annuncio ufficiale del ministero della Difesa russo ancora non c’è e, anzi, il Cremlino ha di fatto invitato il Gruppo Wagner a “non affrettarsi” a dichiarare la vittoria a Soledar. “Non dobbiamo affrettarci. Aspettiamo dichiarazioni ufficiali”, ha detto alla stampa il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, sottolineando che c’è stata “una dinamica positiva nell’avanzata” delle forze russe

Nella serata dell’11 gennaio però Evgenij Prigozhin ha ribadito su Telegram che le forze russe hanno conquistato la città di Soledar, nella regione di Donetsk. “Ancora una volta vorrei confermare la completa liberazione di Soledar dalle unità dell’esercito ucraino”, ha detto Prigozhin, aggiungendo che i civili sono stati evacuati e che le forze di Mosca hanno eliminato 500 militari ucraini che non volevano arrendersi. La caduta di Soledar era stata già annunciata dal presidente dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin.

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Il gruppo Wagner ha annunciato anche di aver trovato il corpo di uno dei due volontari britannici, Andrew Bagshaw e Christopher Parry, dichiarati dispersi nell’Ucraina orientale. Non è stato menzionato il nome e non è stato rivelato dove lo hanno trovato, ma hanno riferito in una nota che sul suo corpo sono stati rinvenuti documenti appartenenti a entrambi gli uomini.

La polizia Ucraina aveva dichiarato di essere alla ricerca della coppia scomparsa nell’Ucraina orientale, teatro di pesanti combattimenti tra le forze di Kiev e russe. I due avevano lasciato Kramatorsk per Soledar venerdì mattina e sono stati dichiarati dispersi sabato sera.

Nelle stesse ore il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha affermato di non disporre dei dati che confermino che Soledar sia completamente sotto il controllo delle forze russe. Austin ha parlato di “scontri in evoluzione nell’area” e “contesto molto fluido” con “combattimenti davvero violenti”, che “non consentono di confermare le notizie” in arrivo.

Questa mattina Andrej Bayevskij, parlamentare della repubblica popolare di Donetsk, ha confermato che “al momento ci sono ancora alcune piccole zone di resistenza a Soledar ma l’operazione si è sviluppata con successo e la periferia nella zona occidentale di Soledar è completamente sotto il nostro controllo”.

Le autorità della Repubblica di Donetsk sostengono che la parte occidentale della città di Soledar è interamente sotto il loro controllo.

La viceministra della Difesa Ucraina, Anna Malyar, su Telegram ha invece ribadito che gli ucraini resistono. “Dopo le perdite subite, il nemico ha nuovamente sostituito le sue unità, aumentato il numero di mercenari del Gruppo Wagner, cercando di sfondare le difese delle nostre truppe e conquistare completamente la città, ma non ha successo”.

Lo stato maggiore di Kiev ha invece reso noto che un missile balistico Tockha-U lanciato a Soledar ha ucciso un centinaio di militari russi. Secondo il governatore ucraino della regione di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, a Soledar, che prima della guerra aveva 10.500 abitanti, sarebbero rimasti 559 civili che è impossibile evacuare.

Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, è tornato sulla battaglia in corso nella regione di Donetsk dichiarando che “è stato fatto un lavoro davvero enorme, è un’azione veramente eroica e priva di egoismo, e non solo a Soledar, ma in molte direzioni in cui si svolgono azioni offensive che continueranno. La Russia continua ad ammirare e apprezzare i suoi eroi.

Non è il momento di fermarsi, il lavoro principale ci attende”, ha concluso Peskov di fatto senza confermare quanto annunciato da Prighozin circa la caduta di Soledar. Anche il bollettino del Ministero della Difesa russo delle 14,45 (ora di Mosca) di oggi indicava diverse perdite inflitte al nemico in uomini e mezzi limitandosi a rendere noto che “nel settore di Donetsk l’offensiva continua con successo”.

 

Difese compromesse

A Soledar la situazione per gli ucraini era apparsa disperata già da alcuni giorni dopo che le forze russe composte dai “musicisti” del Gruppo Wagner, dalle unità della Repubblica Popolare di Donetsk (DNR) e da unità delle forze aeromobili dell’esercito russo erano avanzati a nord e a sud della città lasciando così solo un corridoio di fuga a ovest per il ripiegamento della guarnigione ucraina ancora schierata nel centro città, stimata tra i 500 e mille combattenti. Molti dati e informazioni sono circolati in questi giorni sui canali Telegram russi.

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Un corridoio che a quanto sembra si è chiuso la notte del 10 gennaio imbottigliando i resti della guarnigione ucraina come è emerso anche da alcuni video girati da militari di Kiev riusciti a uscire dalla sacca prima che venisse chiusa dalle truppe russe.

Pochi i dettagli fatti filtrare dalle autorità di Kiev e dai media europei, generalmente poco propensi a raccontare le sconfitte ucraine.

Ancora ieri pomeriggio lo stato maggiore di Kiev affermava che la battaglia per Soledar era ancora in corso, respingendo le rivendicazioni di una conquista russa della città. “Il nemico focalizza i suoi sforzi per cercare di riconquistare completamente la regione di Donetsk, conducendo operazioni in direzione di Bakhmut. Il nemico cerca di prendere il controllo della città di Soledar e delle vie di rifornimento delle unità ucraine, soffrendo pesanti perdite. La battaglia è in corso”.

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Fonti russe hanno riferito alla mattina dell’11 gennaio che solo un centinaio di ucraini appartenenti a piccole unità si erano arresi mentre gli altri continuavano a opporre una fiera resistenza benché fossero ormai circondati. Nel pomeriggio le stesse fonti riferivano invece della resa di molti militari ucraini, tra i quali diversi feriti, malati, sotto shock e con numerosi i casi di ipotermia e congelamenti.

A determinare il crollo della difesa ucraina avrebbero contribuito i raid dell’Aeronautica Russa che ieri hanno colpito senza sosta le aree di Soledar ancora in mano agli ucraini secondo quanto riportato dal bollettino delle 13,10 del ministero della Difesa di Mosca.

Nel pomeriggio di ieri gli uomini del Gruppo Wagner stavano combattendo a ovest di Soledar avvicinandosi alla strada per Siversk e Bakhmut che alimenta la linea difensiva nella regione di Donetsk. Questa mattina un report dell’agenzia di stampa Associated Press ha intervistato un ufficiale ucraino nel settore di Soledar che ha fornito alcuni dettagli (affidabili?) circa l’operato delle forze russe.

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Secondo l’ufficiale, intervistato protetto dall’anonimato, i russi attaccano inviando prima sul campo di battaglia una o due ondate di soldati, molti dei quali appartenenti al Gruppo Wagner, che subiscono pesanti perdite mentre sondano le difese ucraine. Poi quando le truppe ucraine hanno subito forti perdite e sono esauste i russi inviano una nuova ondata di soldati altamente addestrati, paracadutisti o forze speciali.

Circa le perdite subite dagli ucraini in questa battaglia fonti indipendenti russe citano report che riferiscono di circa 6/7 mila morti e 18 mila feriti riferendo che nel dedalo di gallerie delle miniere di sale sono stati trovati molti corpi abbandonati, come accadde nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal a Mariupol. Da fonti militari ucraine si stima che la battaglia di Soledar sia costata a Kiev circa 14 battaglioni, fonti citate da Russia Today riferiscono addirittura di 20/25 mila morti e feriti dall’autunno scorso.

Per Yan Gagin, esperto di politica militare e consigliere del governo della repubblica popolare di Donetsk, le perdite ucraine raggiungono le 5 brigate senza contare i numerosi “mercenari” stranieri coinvolti nella battaglia. Dati che è impossibile al momento verificare né certo potranno farlo fonti neutrali.

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Molte anche le immagini sui canali Telegram di mezzi occidentali forniti agli ucraini distrutti nella battaglia, inclusi veicoli protetti 4×4 Lince italiani, blindati leggeri 4×4 VAB francesi e cingolati M113.

Molti mezzi sarebbero stati distrutti nei vani tentativi di contrattacco lanciati nelle ultime ore dalla 46a e 77a brigata ucraine impiegando veicoli VAB francesi e MRAP britannici Woolfhound . Secondo fonti russe la mancanza di un reale supporto d’artiglieria (gli obici da 155 e 152 mm sarebbero stati ritirati più a ovest dopo che alcuni pezzi erano stati distrutti dal fuoco dei lanciarazzi campali russi da 300 mm Smerch e Tornado S) e i pesanti attacchi aerei lanciati da velivoli Su-25 hanno stroncato ogni tentativo di raggiungere Soledar: gli ucraini si sarebbero ritirati lasciando sul terreno molti mezzi e circa 200 uomini.


La caduta della città in mano ai russi (qui sopra un video girato dal Gruppo Wagner)sembra confermata inoltre dal tentativo delle autorità di Kiev di sminuirne l’importanza che invece resta fondamentale per la tenuta della cosiddetta “seconda linea difensiva del Donbass”, costruita tra Soledar, Bakhmut e Siversk negli otto anni in cui ucraini di Kiev e secessionisti del Donbass si sono preparati a uno scontro su vasta scala.

Il portavoce del Cremlino Peskov aveva ammesso che “i nostri eroici combattenti stanno pagando un prezzo elevato per questa avanzata tattica”.

In serata (ora italiana) il portavoce  del Consiglio per la sicurezza nazionale USA, John Kirby, ha affermato che “i combattimenti nell’est dell’Ucraina sono stati aspri e  feroci” aggiungendo che  se Bakhmut “dovesse cadere” in mano russa, questo “non avrà un impatto strategico” sulla guerra e “non fermerà” gli ucraini nel loro sforzo per la riconquista dei territori occupati. Minimizzazioni che potrebbero indicare la consapevolezza di Washington che l’intera linea di difesa ucraina nel Donetsk è compromessa.

 

A rischio l’intera linea difensiva ucraina

La perdita di Soledar rende ancora più precaria la situazione delle truppe di Kiev a Bakhmut (Artemovsk), 10 chilometri più a sud, la cui caduta imporrebbe agli ucraini di ritirarsi rapidamente verso un’ultima linea difensiva nella regione di Donetsk, tra Slovyansk e Kramatorsk, quest’ultima già da tempo oggetti di bombardamenti russi.

In questo settore i russi stanno avanzando: a sud della città hanno preso il sobborgo di Opytne avanzando nei quartieri meridionali di Bakhmut e aumentando la pressione su Klishchiivka mentre a nord di Bakhmut i russi avrebbero raggiunto i villaggi di Krasna Hora e Blahodatne. secondo quanto riportano alcuni canali Telegram russi . Lo stato maggiore ucraino ha confermato in questo settore duri scontri a Paraskovievka confermando così indirettamente la caduta in mano ai russi anche del centro abitato di Podgorodnoye.

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Anche a Bakhmut le forze russe sembrano puntare su una manovra a tenaglia per chiudere a ovest l’accerchiamento delle truppe di Kiev rimaste all’interno dell’area urbana devastata da mesi di combattimenti e per tagliare loro la via della ritirata verso Slovyansk.

Come è emerso anche dai reportage di alcune testate statunitensi, le truppe di Kiev combattono da mesi a Donetsk in condizioni di svantaggio tattico e avrebbero dovuto optare per una ritirata che avrebbe consentito loro di trincerarsi su linee più favorevoli e risparmiare le spaventose perdite subite in questi mesi.

Il valore simbolico e politico di Soledar e Bakhmut e soprattutto la decisione del presidente Volodymyr Zelensky di non cedere un solo metro di territorio ha costretto l’esercito ucraino ad alimentare il fronte in questo settore con un continuo afflusso di brigate sottratte ad altri fronti quali Kherson e Zaporizhzhia. Le stime riferiscono di 12/15 mila caduti da agosto a Bakhmut.

Nei giorni scorsi erano circolate voci circa le reiterate pressioni dei vertici militari ucraini, in testa il capo di stato maggiore, generale Valerii Zaluzhnyi, per indurre Zelensky ad autorizzare il ritiro da Soledar e Bakhmut.

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Sforzi vani che ricordano, con un parallelo storico a battaglie combattute in queste stesse regioni, quelli attuati dai vertici della Wermacht per indurre Adolf Hitler ad autorizzare il ritiro delle truppe da diversi settori del fronte orientale su posizioni meglio difendibili.

La difesa a oltranza di territori la cui difesa comporta prezzi eccessivi da pagare non ha alcun senso in termini militari anche se può averlo in termini simbolici e politici.

Lo sanno bene anche i russi che con le ritirate dei mesi scorsi hanno perso il controllo della regione di Karkhiv e delle aree di Kherson a nord del Dnepr ottenendo però il vantaggio di accorciare il fronte compensando la superiorità numerica degli ucraini e di consolidare le linee difensive. Certo il prezzo da pagare è stato soprattutto politico e di prestigio, con un forte dibattito scoppiato in Russia che ha messo sotto accusa i vertici militari.

Gli ucraini si sono fatti trascinare nella battaglia “alle condizioni della Russia” mentre i comandi militari avrebbero voluto ritirarsi su una nuova linea difensiva sulle alture a ovest di Bakhmut.

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Un militare ucraino della 46a brigata Aeromobile che combatte nel settore di Soledar ha detto anonimamente aveva riferito nei giorni scorsi alla CNN che la situazione nella città orientale ucraina è “critica” e il bilancio delle vittime è ora così alto che “nessuno conta i morti”. “Stiamo tenendo fino all’ultimo”, ha detto il soldato, descrivendo un campo di battaglia dinamico, in cui gli edifici cambiano di mano ogni giorno e le unità non possono tenere traccia del numero crescente di morti. “Nessuno ti dirà quanti morti e feriti ci sono. Perché nessuno lo sa per certo” ha detto.

Secondo il militare, alla fine i leader militari ucraini abbandoneranno la lotta per Soledar. “Tutti capiscono che la città sarà abbandonata. Voglio solo capire qual è il motivo per continuare a combattere casa per casa. Perché morire, se la lasceremo comunque oggi o domani?”

 

Possibili conseguenze

L’impatto di queste battaglie, oltre a favorire una nuova avanzata russa in Donbass, rischia di essere pesante per le truppe ucraine, già provate da perdite altissime e dalle difficoltà logistiche nel mantenere in servizio così tanti equipaggiamenti di tipo, modello e origine diversa.

Il rischio che le forze di Kiev abbiano perso l’iniziativa viene del resto evidenziato da vice capo della direzione operativa dello stato maggiore delle forze armate ucraine, il generale di brigata Alexei Gromov, che prevede nel prossimo futuro che le truppe russe tenteranno di catturare l’intero territorio della regione di Donetsk per poi tentare di occupare parte della regione di Zaporizhzhia.

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Oggi il presidente Zelensky ha chiesto ai militari di tenersi pronti a fronteggiare un attacco proveniente dalla Bielorussia, dove i russi continuano a concentrare forza che su addestrano congiuntamente con quelle di Minsk.

Il comandante dell’Esercito Russo, generale Oleg Salyukov, ha visitato oggi la Bielorussia per ispezionare le forze schierate nel Paese alleato (nella foto a lato). Salyukov è da ieri anche uno dei vice comandanti dell’operazione militare russa in Ucraina.

Valutazioni che hanno anche un evidente significato politico, che punta a far incassare a Kiev maggiori aiuti occidentali, come ha ben evidenziato il 10 gennaio il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel corso dell’incontro con la stampa dopo il vertice con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen a Bruxelles.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito a feroci combattimenti intorno a Bakhmut e Soledar, nell’Ucraina orientale” ha detto Stoltenderg. “Ciò dimostra ancora una volta il coraggio delle forze ucraine mentre combattono per difendere la loro patria. Mostra anche quanto sia fondamentale intensificare il nostro sostegno, il nostro sostegno militare all’Ucraina” ha aggiunto Stoltenberg che il 10 gennaio aveva sostenuto che aver esaurito le scorte di armi e munizioni presso i paesi della NATO è stata la cosa giusta da fare.

“Si tratta anche della nostra sicurezza e ovviamente dobbiamo usare le nostre capacità, le nostre scorte, le nostre munizioni per sostenere l’Ucraina”, ha detto. “Mi è stato anche chiesto, e ho detto agli alleati della Nato che, se dovessero scegliere tra soddisfare tutte le linee guida della Nato sulle scorte o sostenere l’Ucraina, è più importante sostenere l’Ucraina”.

 

I vertici militari alla guida dell’operazione speciale

il ministro della Difesa della Federazione Russa Sergei Shoigu, ha reso noto un ennesimo cambiamento nei vertici dell’operazione militare speciale in Ucraina.

Il generale dell’esercito Valery Gerasimov (nella foto sotto), capo di stato maggiore delle forze armate, è stato nominato comandante del raggruppamento congiunto di truppe.

I suoi vice sono tre:

  • il comandante in capo delle Forze Aerospaziali (VKS), il generale dell’esercito Sergei Surovikin,
  • il comandante in capo delle Forze Terrestri, il generale dell’esercito Oleg Salyukov
  • il vice capo di stato maggiore delle forze armate, il colonnello generale Alexei Kim

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Cambiamenti che hanno suscitato diverse valutazioni in Ucraina e in Occidente.

L’ambasciatore ucraino nel Regno Unito, Vadim Pristaiko, ha parlato degli ultimi cambiamenti nel comando militare russo con ironia, affermando che se continua così, sarà lo stesso presidente Vladimir Putin a dover comandare le sue truppe. “Penso che questo potrebbe essere l’ultimo passo. Il prossimo sarà Putin a comandare le proprie truppe a causa dei ‘colpi’ che stanno subendo”, ha ironizzato Pristaiko in un’intervista a Sky News. Per Pristaiko, la sostituzione di Sergei Surovikin con il generale Valeri Gerasimov è un gesto ”disperato” del presidente Vladimir Putin, che ha dovuto ricorrere al suo ”miglior stratega” per comandare le forze russe in Ucraina.

”I persistenti problemi della Russia in Ucraina hanno probabilmente portato all’ultimo scossone nella leadership militare” ha affermato Patrick Ryder, generale di brigata delle forze aeree statunitensi e portavoce del Pentagono, invitando Mosca a mettere fine alla guerra invece di rivolgersi a nuovi generali per supervisionare l’invasione lanciata lo scorso 24 febbraio. La nomina del capo di stato maggiore Valery Gerasimov come sovrintendente della campagna militare in UCRAINA, secondo il Pentagono ”probabilmente riflette alcune delle sfide sistemiche che l’esercito russo ha dovuto affrontare dall’inizio di questa invasione”.

Per il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, “tutti questi cambiamenti sono il tentativo di superare le difficoltà che hanno avuto in questa guerra. Difficoltà che rimangono”.

Il ministero della Difesa britannico ha commentato la nomina di Gerasimov definendola un segno della “crescente gravità della situazione che deve affrontare la Russia”, nonché un “chiaro riconoscimento” che la sua campagna non raggiungerà gli obiettivi strategici previsti.

Secondo l’intelligence militare di Londra, che pubblica on line e su Twitter le sue valutazioni, il coinvolgimento “del capo di stato maggiore come comandante di teatro è un indicatore della crescente gravità della situazione che la Russia sta affrontando, e una chiara ammissione che la campagna non è all’altezza degli obiettivi strategici russi.

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L’iniziativa sarà probabilmente accolta con estremo malcontento da gran parte della comunità ultranazionalista e dei blogger militari, che hanno sempre più spesso preso di mira Gerasimov per la cattiva conduzione della guerra. Surovikin (nella foto a sinistra) è stato invece ampiamente lodato da questa comunità per aver sostenuto un approccio più realistico. Come nuovo vice comandante, la sua autorità e influenza è quasi certamente grandemente ridotta”.

Come Analisi Difesa ha in più occasioni sottolineato, il fatto stesso che la Difesa britannica pubblichi ogni giorno sui social il bollettino dell’intelligence, ne evidenzia chiaramente gli obiettivi propagandistici e di Info Ops, tesi quindi a offrire un’interpretazione del conflitto in Ucraino che influenzi direttamente l’opinione pubblica e i suoi leader.

Certo è evidente che il coinvolgimento di tutti i vertici militari nel comando dell’operazione speciale indica chiaramente la volontà del Cremlino di impedire in futuro scarichi di responsabilità tra i diversi comandanti.

Il generale Surovikin, che ha ben condotto la fase di consolidamento delle posizioni a Kharkiv, il ripiegamento da Kherson e ha varato con successo la campagna di bombardamenti in profondità contro le infrastrutture ucraine (specie quelle energetiche) e la ripresa dell’iniziativa sui fronti del Donbass, non viene né rimosso né declassato.

Al vertice delle operazioni è stato posto un suo superiore, Gerasimov, che è anche il militare più alto in grado della Russia.

Questo non esclude che uno degli obiettivi del rimpasto fosse anche di limitare la leadership di Surovikin, non tanto per ostilità nei suoi confronti quanto perché il generale era diventato l’idolo dei gruppi ultra-nazionalisti riunitisi intorno al Gruppo Wagner e al suo leader, Prigozhin (nella foto sotto a Soledar), molto apprezzato per il contributo militare offerta dai suoi contractors ad alcune battaglie -chiave di questa guerra, molto meno per il crescente allargamento del suo ruolo all’ambito politico.

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Il rimpasto ai vertici dell’operazione militare speciale sembra avere quindi qualche possibile valenza di politica interna in Russia più che rispondere a una situazione di crisi militare.

L’innalzamento del livello di leadership va abbinato soprattutto all’ampliamento delle operazioni contro un nemico che a Mosca non viene più individuato solo nei “nazisti” ucraini ma nella stessa NATO, alla necessità di una maggiore integrazione interforze, di una più efficace funzione di comando e controllo, di una puntuale mobilitazione dell’industria della Difesa anche per garantire, come richiesto espressamente da Putin, un afflusso costante di equipaggiamento moderno e adeguato alle forze mobilitate (riservisti e volontari) che stanno affluendo verso l’area delle operazioni.

Questo non è stato l’ennesimo rimpasto alla guida delle operazioni ma il più alto coinvolgimento di tutti i vertici militari nella gestione del conflitto: un’evoluzione il cui significato apparirà probabilmente più chiaro quando sarò più evidente il livello di ambizione delle prossime iniziative militari russe.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero della Difesa russo, Telegram, Ministero della Difesa Ucraino

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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