I mille volti di Yevgeny Prigozhin

 

 

Dopo aver negato categoricamente per anni qualunque sua implicazione con il Gruppo Wagner, citando addirittura in giudizio qualunque giornalista osasse affermare il contrario, a fine settembre Yevgeny Viktorovich Prigozhin ha finalmente ammesso di esserne il fondatore e proprietario.

Negli ultimi mesi lo “Chef di Putin” ha letteralmente stravolto il suo atteggiamento verso i media, attirandone deliberatamente le attenzioni: ha pubblicizzato ed esaltato la sua “creatura”, i risultati conseguiti ed il suo ruolo in essa. Un’inversione di tendenza ben visibile anche sul campo di battaglia.

In Ucraina il Gruppo Wagner ha abbandonato il tradizionale basso profilo e le peculiarità di reparto d’élite per trasformarsi sempre più in una forza convenzionale che sostiene feroci assalti, subisce pesanti perdite e ricorre a reclutamenti di massa. Il tutto millantando trionfali avanzate, nella più completa autonomia e senza alcun supporto delle Forze Armate russe.

Il “nuovo” Prigozhin, infatti, oltre ad essere uno dei maggiori sostenitori dell’Operazione Militare Speciale è anche uno dei più aspri critici della sua gestione. In particolare, dell’operato dei vertici militari e del ministro della Difesa.

Ciò farebbe parte di un audace tentativo di conquista di consensi in vista di un suo ingresso in politica, con ambizioni tali che potrebbero portarlo addirittura a candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024. Non tutti, però, hanno apprezzato la sua improvvisa notorietà. Gli scenari che possono delinearsi sono quindi imprevedibili e come si suol dire: “Molti eccellenti cuochi si rovinano nel tentativo di diventare artisti.”

 

Da “Chef di Putin” a patron del Gruppo Wagner

 Da quando il Gruppo Wagner ha iniziato ad essere impiegato in diversi teatri operativi a partire dal 2014, i servizi d’intelligence occidentali e numerosi giornalisti hanno iniziato ad indagare. Della misteriosa formazione paramilitare hanno cercato di provarne dapprima l’esistenza, poi di metterne in luce caratteristiche, missioni ed obiettivi nonché di identificarne i vertici e loro rapporti con il Cremlino.

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Dopo aver scontato nove anni di carcere per aggressione, rapina e frode, nel 1990 Prigozhin si è buttato nel business della ristorazione: venditore di hot dog, co-proprietario e gestore della prima catena di distribuzione di alimentari di San Pietroburgo (Contrast) fino ad aprire una serie di locali di lusso.  Ed è proprio al Nuova Isola, ristorante galleggiante sul fiume Neva, a cui deve la sua fortuna.

Aperto nel 1997 ben presto divenne un punto di riferimento dell’élite di San Pietroburgo. Tanto che nell’estate del 2001 Vladimir Putin vi ha cenato col presidente francese Chirac. Diventatone un habitué, il presidente russo, notoriamente diffidente su cibo e bevande (le modalità più semplici per avvelenare qualcuno), ha avuto modo di apprezzare le qualità di Prigozhin: discreto, self-made man, che si occupa delle questioni delicate personalmente – come servire a tavola due capi di Stato – e, come molti dei collaboratori di Putin, cresciuto nell’allora Leningrado.

Ormai soprannominato “Chef di Putin”, Prigozhin è così entrato nelle grazie del presidente. Attraverso la sua società di catering Concord ha ottenuto contratti per oltre 3 miliardi di dollari per la fornitura di pasti alle scuole di Mosca e all’Esercito.

Tuttavia, secondo il sito d’informazione russo The Bell, l’aggiudicazione dei lucrosi contratti sarebbe stata subordinata alla creazione di una compagnia militare privata (PMC); un’imposizione di cui, inizialmente, Prigozhin non era assolutamente contento. Nel suo business hanno così trovato spazio anche le attività del Gruppo Wagner e della Troll Factory IRA (Internet Research Agency), mirate al perseguimento dei propri interessi e di Mosca.

Nel corso degli anni, ogni volta che il suo nome veniva accostato alla sempre più nota PMC ibrida russa, Prigozhin negava categoricamente e citava in giudizio giornalisti e relative testate o emittenti, ad esempio i siti investigativi Bellingcat e Meduza, nonché L’Eco di Mosca, emittente radiofonica ormai chiusa.

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Sorti decisamente migliori rispetto a quelle di altri colleghi. Basti pensare ai tre giornalisti russi uccisi in un misterioso agguato in Repubblica Centrafricana nel 2018, mentre indagavano sulle attività dei contractors russi nel Paese oppure a Maksim Borodin, “caduto” dal balcone del suo appartamento dopo aver raccontato le attività del Gruppo Wagner in Siria.

Successivamente, l’atteggiamento di Prigozhin verso i media ha iniziato a cambiare, con una brusca accelerata negli ultimi mesi. Ad inizio settembre è circolato in rete il video di un individuo estremamente somigliante al patron del Gruppo Wagner in una prigione russa. Il soggetto, qualificatosi come “rappresentante” del Gruppo Wagner, cercava di arruolare dei carcerati per la guerra in Ucraina.

In altri lo si vedeva partecipare a riunioni con alti ufficiali russi o al funerale di un combattente del Gruppo Wagner. Perfino la sua società Concord, nei comunicati che diramava senza smentirne né confermarne l’identità, ammetteva che la persona nei filmati era “mostruosamente simile a Yevgeny Viktorovich [Prigozhin]”.

Finalmente, il 26 settembre 2022 il servizio stampa della Concord pubblicava su VKontakte – il Facebook russo –  un post in cui Prigozhin ammetteva di aver fondato e finanziato il Gruppo Wagner.

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“Nel 2014, quando è iniziato il genocidio della popolazione russa nel Donbas […]”, “[…] io e tanti altri uomini d’affari ci siamo recati nei centri di addestramento dove si riunivano i cosacchi e abbiamo cercato di utilizzare il nostro denaro per reclutare gente che andasse a proteggere i russi. Ma ho capito fin da subito che tra tutti i cosacchi e altri gruppi paramilitari, la metà erano ciarlatani e l’altra metà di quelli che hanno preso il denaro reclutavano volontari e li mandavano […] a morte certa.

Allora mi sono recato personalmente in uno dei centri di addestramento e mi sono dato da fare. Ho pulito vecchie armi, sistemato giubbotti antiproiettile e trovato specialisti in grado di aiutarmi. Da quel momento, il 1° maggio 2014, è nato un gruppo di patrioti che ha successivamente preso il nome di “Battaglione Wagner”.

Dopo aver descritto i ripetuti tentativi dei giornalisti di gettare fango su di lui e sulla sua PMC negli ultimi otto anni, lo “Chef di Putin” è passato a lodare i suoi uomini: il loro valore, coraggio, professionalità ed umanità. Li ha definiti “[…] eroi che hanno difeso il popolo siriano, altri popoli dei Paesi arabi, africani e latinoamericani bisognosi, diventando uno dei pilastri della nostra Madrepatria”.

Ha concluso, quindi, motivando concisamente l’ormai superata “allergia” mediatica: “Per lungo tempo ho evitato i colpi di molti avversari per un solo motivo: non compromettere questi ragazzi che sono le fondamenta del Patriottismo russo”.

Altro suo coming out rilevante è stato quello del 7 novembre 2022, sulle interferenze in diverse elezioni americane a partire dal 2016: “vi abbiamo interferito, stiamo interferendo e continueremo a farlo. Attentamente, precisamente e chirurgicamente e a modo nostro, visto che sappiamo come farlo.”

Un’ammissione – sarcastica o meno – che resa alla vigilia delle elezioni di medio termine dell’8 novembre avrebbe potuto minare la percezione di legittimità del processo democratico e fomentare divisioni nell’opinione pubblica americana.

 

Il “nuovo” Gruppo Wagner

Sembra trascorsa un’eternità dal 2016, quando il presidente Putin parlava con qualche reticenza dei suoi contractors durante un question time televisivo:“non abbiamo mai detto che non ci sia [nel Donbas] personale che si sta occupando di questioni di carattere militare, ma ciò non significa che truppe regolari russe siano là”.

Oppure quando il Ministro degli Esteri Lavrov ne indicava la presenza nei vari teatri operativi sulla base di accordi commerciali con i governi locali, senza alcun coinvolgimento di Mosca. Anche gli uomini del Gruppo Wagner, infatti, hanno abbandonato il proverbiale basso profilo per essere celebrati con cerimonie e statue in alcuni Paesi africani, ma anche in patria dove hanno conquistato addirittura il grande schermo.

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Attraverso case cinematografiche riconducibili a Prigozhin sono stati realizzati dei lungometraggi sulle loro operazioni in Africa – Tourist e Granit nel 2021 – con l’intento di ripulirne una reputazione macchiata da accuse di crimini e violazioni dei diritti umani.

Un altro film – The Best in Hell, ambientato in Ucraina stavolta, è uscito a fine settembre 2022. Sono circolate inoltre fotografie di uomini che indossavano patch del Gruppo Wagner. Insomma, tanta era la visibilità accumulata dagli uomini di Prigozhin che, a ridosso dell’Operazione Militare Speciale, si era ventilata la possibilità di parteciparvi abbandonando l’ormai troppo altisonante e storico nome per un più anonimo [Gruppo] Liga.

Successivamente, le grosse difficoltà incontrate dalle forze regolari russe in Ucraina hanno portato ad un crescente impiego del Gruppo Wagner, diventato perfino eccessivo e logorante. Sono cambiate, così, anche sue caratteristiche, equipaggiamenti ed operazioni.

Secondo alcune fonti la compagnia militare di Prigozhin ha potuto schierare almeno 10.000 contractors e 40.000 ex detenuti e volontari; numeri forse stimati per eccesso ma certo un contingente decisamente più numeroso rispetto a quanto messo in campo finora in altri teatri operativi. Inoltre, da reparto d’élite impiegato in teatri operativi quali Siria e Africa, il Gruppo Wagner si è trovato sempre più ad operare come una forza convenzionale, dotata di equipaggiamenti ed assetti moderni e pesanti come carri armati T-72 e T-90 ed aerei d’attacco Su-25.

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I suoi uomini sono stati coinvolti in feroci assalti in diversi punti del fronte per tamponare ritirate e ripiegamenti delle Forze Armate russe o recuperare territori perduti. Importante il loro ruolo a Mariupol, Kherson e Popasna nei primi mesi di guerra, così come nell’area di Bakhmut dove, con “guadagni territoriali progressivi” – il più recente la conquista di Soledar – stanno impegnando e logorando le truppe ucraine da fine maggio.

Tutto ciò sembra però aver provocato seri problemi logistici e perdite elevate. Secondo fonti militari ucraine sarebbero oltre 1.000 i caduti del Gruppo Wagner nell’area di Bakhmut,  per il 90% ex carcerati, per il resto loro istruttori che hanno assunto il comando dei reparti e specialisti.

Numeri così elevati da spingere lo stesso Prigozhin a reclutare nei penitenziari offrendo discrete paghe e garantire (in base a quale autorità?)  l’estinzione delle pene in cambio di almeno sei mesi di servizio in Ucraina (nella foto sotto ex carcerati tornati in libertà dopo il servizio nel Gruppo Wagner) .

Secondo fonti ucraine, dopo un addestramento sommario di due settimane, a migliaia sono stati inviati al fronte per essere impiegati in operazioni al limite del martirio, risparmiando così gli operatori più esperti. Per assoldare truppe fresche il Gruppo Wagner aveva già impiegato i social media o gruppi su Telegram, diffondendovi informazioni e termini di arruolamento.

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Addirittura, quest’estate erano stati affissi grossi cartelloni pubblicitari in diverse città della Russia, con tanto di slogan “l’Orchestra ‘W’ ti aspetta”; alludendo al vecchio soprannome della PMC russa. Nei ranghi della Wagner ora pare stia confluendo anche personale senza esperienza, anche se i risultati ottenuti sul campo di battaglia sembrerebbero dimostrare il contrario.

Sempre le fonti ucraine, certo non disinteressate, riportano che verrebbero reclutati addirittura malati di HIV ed epatite C che i medici di campo sono sempre più riluttanti a curare. Ben presto potrebbero arrivare anche le prime carcerate con compiti di supporto.

Per ora il Gruppo Wagner è riuscito a mantenere la propria reputazione, raggiungendo obiettivi che altri gruppi paramilitari e perfino l’Esercito russo avevano mancato. Tuttavia, le campagne di arruolamento massivo in corso lasciano poco spazio alla selezione di quel personale qualificato ed esperto che ha sempre caratterizzato tale organizzazione.

 

Prigozhin polemico

 Quando il 1°ottobre 2022 le truppe ucraine hanno riconquistato la città di Lyman, Prigozhin si è unito al leader ceceno Ramzan Kadyrov nel criticare la gestione dell’Operazione Militare Speciale, ritenuta inadeguata, mancante di aggressività e di chiari obiettivi.

Ad essere fatto oggetto dei loro attacchi il generale Alexander Lapin, comandante del Distretto Militare Centrale, poi rimosso a fine ottobre. Su più ampia scala i loro bersagli sono stati lo Stato Maggiore e il ministro della Difesa Sergei Shoigu per le sconfitte, ritirate strategiche o scambi di prigionieri che hanno portato al rilascio di “nazisti” e “criminali di guerra” da parte di Mosca.

Recentemente gli attacchi di Prigozhin si sono rivolti anche contro il generale Valery Gerasimov, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate russe. Quando a fine dicembre gli uomini della Wagner schierati attorno a Bakmut hanno esaurito i proiettili di artiglieria, l’hanno incolpato definendolo un “fottuto bastardo”.

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Prigozhin ha rincarato la dose condannando pubblicamente la situazione dei rifornimenti e lamentandosi dei “problemi che stanno sfortunatamente emergendo in ogni momento” al fronte concludendo poi con un minaccioso “…e li risolveremo”.

Secondo i servizi di intelligence occidentali Prigozhin avrebbe manifestato il proprio disappunto per la gestione dell’Operazione Militare Speciale anche allo stesso Putin. Con il presidente russo si sarebbe lamentato, in particolare, del logorante impiego del Gruppo Wagner da parte del ministero della Difesa, senza la fornitura di un adeguato supporto né finanziario, né logistico.

Il patron del Gruppo Wagner non ha risparmiato nemmeno le autorità civili. L’ufficio legale di Concord, infatti, ha reso noto che il 13 novembre Yevgeny Prigozhin ha denunciato alla Procura Generale della Federazione russa e al controspionaggio Alexander Beglov, governatore di San Pietroburgo per alto tradimento. Secondo Prigozhin, Beglov avrebbe finanziato i nazionalisti ucraini e tradito la Russia, mostrando scarso interesse alla creazione di un battaglione di volontari a San Pietroburgo, ad agosto.

 

Prigozhin propagandista

Il clima di caos ed incertezza generato dall’Operazione Militare Speciale ha convinto Prigozhin di avere concrete possibilità di conquistare influenza e potere nella ristretta cerchia del Cremlino.

Egli sta cercando di cavalcare il più possibile l’ondata patriottica a spese dell’establishment della Difesa russo e  rivendica a gran voce la creazione del Gruppo Wagner, i suoi successi sul campo e la dipendenza di Mosca dai suoi combattenti che, tra contractors e reclute carcerarie, costituirebbero un quinto delle forze russe in Ucraina.

Cerca di apparire come un fiero difensore della patria, un comandante abile, dinamico e aggressivo. Millanta continue vittorie ed avanzate dei suoi uomini – a suo dire – senza il benché minimo supporto delle Forze Armate russe o altri gruppi paramilitari.

Prosegue nella creazione della sua struttura militare parallela con l’apertura di centri d’addestramento per milizie popolari, come negli oblast di confine di Kursk e Belgorod esposti agli attacchi e ai sabotaggi ucraini dove ha anche instaurato pubbliche alleanze con i governatori locali.

 

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Al contempo ostenta preoccupazione non solo per i suoi uomini, ma anche per le truppe regolari abbandonate all’incompetenza dei loro comandi. Fornisce loro, per esempio, mezzi e vettovagliamenti e visita personalmente le linee del fronte. Partecipa anche ai funerali di membri del Gruppo Wagner e protesta contro la loro sepoltura in sezioni appartate rispetto a quelle dei caduti dell’Operazione Militare Speciale. Il tutto stravolgendo quella politica del riserbo più assoluto del Cremlino sulle morti di contractors, fatta di giri di vite sui media e accordi di riservatezza, risarcimenti ed intimidazioni ai loro parenti.

Tra le trovate propagandistiche più reboanti le decorazioni per i contractors distintisi nella battaglia di Soledar (nella foto a lato) e la realizzazione della “Linea Wagner” o “Linea Prigozhin”, un sistema di trincee, fortificazioni e denti di drago – barriere anti-carro – che dovrebbe estendersi per 217 chilometri dalla città di Lysychansk verso nord, per poi proseguire ad est, lungo il confine russo.

Una struttura per contrastare una eventuale penetrazione in territorio russo con cui Prigozhin cerca di seminare il terrore e garantirsi il sostegno della popolazione locale, nonché l’ennesima occasione per attaccare le Forze Armate. E’ arrivato sarcasticamente a dichiarare che avrebbero potuto usarla per “nascondersi dietro le spalle della Wagner e sentirsi al sicuro”, nel definirle pavide ed incapaci di difendere i confini nazionali.

Le autorità locali che ne hanno ostacolato la costruzione in alcuni suoi tratti, poi, non hanno fatto altro che offrire un ulteriore assist allo “Chef di Putin”. E ancora, il 4 novembre Prigozhin ha inaugurato in pompa magna il primo quartier generale ufficiale del Gruppo Wagner (nella foto sotto).  Un centro di innovazione tecnologica per start up patriottiche a San Pietroburgo, pensato per sviluppare e migliorare le capacità difensive della Russia.

Per raggiungere i suoi scopi Prigozhin sta impiegando il proprio conglomerato mediatico, tra cui l’agenzia di stampa RiaFan (che include Fan-TV), diversi bloggers e canali Telegram dove ha riunito una schiera di circa 300.000 followers “sfidando sempre più” la “monopolizzazione dello spazio informativo del Paese”.

A differenza del ministero della Difesa imbrigliato nelle sue dichiarazioni pubbliche e mezzi di comunicazione tradizionali, Prigozhin riesce a raggiungere più efficacemente il pubblico ed esercitare una maggiore influenza. Attraverso il suo esercito di troll si fa dipingere come una perfetta e necessaria alternativa a Shoigu.

Perciò, il lungo assedio di Bakhmut non è dovuto a problemi o a scarse prestazioni del Gruppo Wagner, ma ad una feroce resistenza ucraina e, soprattutto, ai mancati rifornimenti dei vertici militari.olleghi. Questo nonostante gli uomini di Prigozhin abbiano ricevuto dai militari le armi più moderne in loro dotazione!

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Tale propaganda pare aver funzionato particolarmente bene in occasione della mobilitazione parziale, almeno secondo i media statunitensi. Piuttosto di finire in un’anonima e dimenticata unità delle Forze Armate russe, molti preferiscono optare per i migliori equipaggiamenti e trattamento che un inquadramento nel Gruppo Wagner parrebbe garantire.

 

Prigozhin politico?

 La sua ormai “onnipresenza” mediatica ha dato vita ad ardite speculazioni sulle ambizioni politiche di Prigozhin. In realtà già in passato aveva manifestato tali velleità, miseramente naufragate. Durante le elezioni municipali di San Pietroburgo del 2019 avrebbe cercato di far eleggere propri uomini alla circoscrizione dell’isola di Vasilyevsky, uno dei distretti della città.

Due anni più tardi, prima delle elezioni dell’Assemblea Legislativa di San Pietroburgo, Prigozhin ha sostenuto il partito nazionalista Rodina, il cui capolista era Maxim Shugalei. Rodina è stato escluso dalle elezioni per irregolarità sulla raccolta firme a sostegno della sua partecipazione. Shugaley, invece, stratega politico reso famoso dalla sua detenzione in Libia e da due film prodotti dalle case cinematografiche dello Chef di Putin – Shugaley e Shugaley 2, ha perso nel collegio uninominale in cui era candidato.

Secondo un articolo del canale di opposizione russo Meduza del 16 novembre, lo “Chef di Putin” sarebbe intenzionato a creare un movimento conservatore, per poi farlo evolvere in un vero e proprio partito politico raccogliendo i consensi di fazioni diverse. Prigozhin, infatti, ha infarcito sempre più la sua linea comunicativa di una forte retorica anti-élite con continue critiche ed attacchi ai vertici militari, ai burocrati di stato e dell’imprenditoria – corruzione, tradimento, l’aver scampato la mobilitazione parziale ecc.

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Una deriva populista per capitalizzare da un lato il sostegno della gente comune grazie al malcontento per l’andamento della guerra e le conseguenze economiche e, dall’altro continuare a ingraziarsi il presidente Putin attaccando quegli esponenti dell’élite ritenuti insufficientemente lealisti nei suoi confronti. Esortando, addirittura, l’urgente introduzione di “repressioni staliniane”.

Prigozhin, inoltre, sta cercando di consolidarsi come figura centrale di una comunità ultranazionalista e pro-guerra. Nonostante le ripetute smentite di un suo ingresso in politica, secondo Kiril Martynov di Novaya Gazeta Prigozhin avrebbe già iniziato la sua campagna presidenziale.

Affermazione che sembra trovare conferma da parte di Chirsto Grozev di Bellingcat che ha fatto notare come lo “Chef di Putin” si sia ripetutamente rivolto anche a leader di Paesi stranieri: salutando calorosamente il presidente di un Paese africano, esaltando le virtù di società chiuse come Cina e Corea del Nord, oppure accusando apertamente la Francia di un attentato ai danni di un suo luogotenente in Repubblica Centrafricana..

 

Prigozhin: l’alleato e il nemico

Con i referendum per l’annessione alla Russia dei 4 oblast ucraini di fine settembre e il successivo abbandono dei territori controllati dai russi nell’oblast dii Kharkiv e in quello di Kherson sulla riva destra del Dnepr, si è creata una frattura alla corte di Putin: una graduale divisione dell’élite in due schieramenti che hanno maturato visioni diverse sulla situazione e sulle priorità della Russia.

Da una parte la vecchia guardia di Putin, i realisti pro-negoziato con Kiev o che, perlomeno, richiedono una pausa tattica per ripensare gli obiettivi della Russia e riorganizzare le forze.

Per loro una guerra senza una concreta comprensione delle capacità del Paese è stato un errore, così come l’annessione di territori di cui era impossibile mantenere il controllo. Tra i cosiddetti “pragmatici” vi sono tecnocrati, ufficiali delle Forze Armate e dei servizi di sicurezza, funzionari vari e prominenti uomini d’affari come i vertici di Rosneft, Igor Sechin e di Rostec, Sergei Chemezov.

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Dall’altra i siloviki: ultranazionalisti pro-guerra che spingono per un’escalation ad ogni costo. Il loro obiettivo è quello di evitare una sconfitta del Paese, perciò ritengono sia necessario avviare una mobilitazione totale, attaccare con tutto il potere militare disponibile, senza sosta e soppiantare quel sistema politico e di governo ritenuto in stallo.

Questa fazione è molto più variegata rispetto all’altra, ma unita da una peculiarità fondamentale: più le cose si mettono male al fronte e più vantaggi politici ottiene. I suoi esponenti sono quelli che più influenzano la guerra in Ucraina per la vicinanza a Putin come nel caso di Prigozhin.

Attualmente il suo principale alleato è il leader ceceno Kadyrov. Sebbene non rivesta una carica istituzionale ufficiale nella campagna ucraina – come lo stesso Prigozhin d’altra parte – vi ha giocato un ruolo fondamentale, criticandone la leadership militare ed inviando truppe che sul campo si sono distinte.

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Kadirov, infatti, è uno dei due soli russi a disporre di un esercito “personale” – l’altro è ancora Prigozhin – e a settembre ha manifestato la volontà di lasciare il suo posto per un’altra carica politica, possibilmente a livello federale.

In realtà, quella tra Prigozhin e Kadirov è un’alleanza temporanea e di convenienza tra due figure con incarichi e nemici comuni. Entrambi stanno minando l’apparato statuale dall’interno, cercando una maggior autonomia e peso politico; quindi potrebbero diventare feroci competitors.

Altra importante personalità ritenuta da alcuni vicina a Prigozhin è il generale Sergej “Armageddon” Surovikin. La nomina di Surovikin a capo delle Forze Armate in Ucraina ad ottobre sarebbe avvenuta grazie alle spinte di Prigozhin che non ha lesinato nel manifestare ripetutamente e pubblicamente stima nei suoi confronti.

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In cambio Prigozhin avrebbe ottenuto da Surovikin armamento moderno per i suoi contractors e supporto, anche attraverso la nomina di ufficiali di fiducia come il tenente generale Evgeny Valerivich Nikiforovo con cui il Gruppo Wagner aveva già lavorato nel Donbas dal 2014 al 2015. Prigozhin, Kadyrov e Surovikin potrebbero costituire quindi una triade della “linea dura” contrapposta alla leadership militare e politica russa.

Il principale avversario di Prigozhin è il ministro della Difesa Sergey Shoigu. I rapporti tra i due sono risultati conflittuali ben prima dell’Operazione Militare Speciale. Si parla ancora del 2014, quando la creazione stessa Gruppo Wagner aveva cominciato ad erodere l’autorità delle Forze Armate e ad assorbirne parte degli assetti e fondi.

Il culmine è stato, però, raggiunto in Siria, nella prima vera e propria lotta di potere tra i due. Tra il 7 e l’8 febbraio 2018 i contractors hanno attaccato una base delle Forze Democratiche Siriane presso un giacimento petrolifero a Deir Ezzor, autonomamente e senza informare il ministero della Difesa, nonostante gli avvertimenti lanciati dagli americani sulla presenza di loro forze sul posto.

Difficile dire se Shoigu, risentito dall’iniziativa di Prigozhin, abbia lasciato proseguire l’avanzata dei contractors che determinò una devastante risposta dell’USAF con centinaia di vittime o se la Difesa non ebbe alcun ruolo in quella iniziativa autonoma dei contractors.

Recentemente Shoigu ha cacciato Dmitry Bulgakov, vice ministro alla Difesa che negli anni avrebbe aiutato Prigozhin ad ottenere lucrosi contratti con l’Esercito. Altro alto ufficiale inviso a Prigozhin è il generale Valery Gerasimov (nella foto sotto), il più longevo Capo di Stato Maggiore dell’era post-sovietica in carica dal 2012.

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L’11 gennaio il teorico della guerra ibrida è stato nominato comandante dell’Operazione Militare Speciale da Vladimir Putin, al posto del generale Surovikin, diventato ora uno dei suoi tre vice. Secondo il Ministero della Difesa russo, alla base della sostituzione la necessità di garantire un coordinamento più stretto tra le diverse branche delle forze armate russe e migliorare la qualità ed efficacia della loro gestione.

Tuttavia, l’iniziativa p stata interpretata da molti come un modo per riaffermare una supervisione più diretta dei militari sulle operazioni militari e per contenere la crescente influenza del Gruppo Wagner. In particolare dopo il continuo rimpallo di annunci e smentite sulla conquista di Soledar del giorno precedente, tra Prigozhin e Ministero della Difesa.

Per lo stesso motivo il 10 gennaio il colonnello generale Alexansandr Lapin è stato nominato Capo di Stato Maggiore delle forze di terra. Lapin era stato rimosso ad ottobre proprio a causa delle pressioni di Kadirov e Prigozhin in seguito alla ritirata dal settore di Kharkiv.

Infine citiamo Alexander Beglov, governatore di San Pietroburgo che è ai ferri corti con Prigozhin dal settembre 2019. Il patron del Gruppo Wagner avrebbe sostenuto mediaticamente la sua campagna elettorale, senza ricevere nulla in cambio. Anzi, il governatore avrebbe opposto resistenza al suo espansionismo a San Pietroburgo, ostacolandone ambizioni politiche e progetti economici; primo fra tutti il nuovo quartier generale del Gruppo Wagner inaugurato ad inizio novembre.

 

Considerazioni

Dipinto da affascinati media occidentali come una figura misteriosa ed onnipresente, Prigozhin ha finalmente deciso di uscire allo scoperto e sfruttare il potere derivante dalla notorietà. Tuttavia, secondo Alexandra Prokopenko di Carnegie Endowment tale potere sarebbe solo apparente, sovrastimato o, meglio ancora, completamente variabile a discrezione del Cremlino.

Come ha scritto il giornalista Maxim Trudolyubov, infatti, Prigozhin è “l’uomo nero” creato da Putin per controllare la sua élite e la sua campagna contro le Forze Armate altro non sarebbe che un sistema per esercitare pressioni sull’establishment militare.

Si tratta, quindi, di un uomo d’affari che dipende fortemente da quanto siano strutturate le sue relazioni con le autorità. La sua posizione è molto vulnerabile, perciò non sarebbe al momento in grado di costituire una minaccia per Putin, almeno finché non abbia ottenuto il consenso e l’influenza sufficienti.

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Nel corso degli anni Putin ha messo in competizione i propri collaboratori per evitare che qualcuno diventasse troppo potente ed ambizioso. Nel caso specifico, al patron del Gruppo Wagner è stato consentito di creare la sua PMC ibrida e di arruolare detenuti in contrasto ad un preciso articolo del Codice penale, nonché di operare autonomamente sul campo. Insignito tra l’altro della più alta onorificenza del Paese – eroe della Federazione Russa – e ottenendo la grazia per i detenuti che combattono in Ucraina.

Dall’altra parte, però, il suo potere è stato continuamente controbilanciato mantenendo i vertici militari al comando nonostante le performance insoddisfacenti di molti, bilanciando il peso dei suoi alleati come il generale Surovikin, minimizzando il ruolo del Gruppo Wagner nella conquista di Soledar, oppure promuovendo altre strutture militari parallele.

L’analista russo Mikhail Pozharsky sostiene che alla base della mobilitazione parziale vi sia stata anche una preoccupazione per la crescente autonomia e proliferazione di formazioni militari private composte da volontari. L’uomo d’affari Armen Sarkisyan, per esempio, starebbe cercando di creare una nuova PMC, con la sponsorizzazione di Samuel Karapetyan, affarista russo-armeno, subappaltatore di Gazprom, per non parlare dei diversi battaglioni di volontari creati su base regionale.

Possiamo comunque dire che Prigozhin goda di una forte libertà di azione ed espressione derivate dal non ricoprire alcuna posizione politica o militare ufficiale e dal diretto contributo fornito alla sforzo bellico con il suo Wagner Group. Ciò gli consente di esprimersi a gran voce, criticando pubblicamente l’operato dei vertici militari sul campo, da sempre ritenuta una linea rossa invalicabile.

Prigozhin cerca di affermarsi come il favorito di Putin, nonché il principale organizzatore di risorse militari da cui dipendono le sorti della guerra, come un vero e proprio ministro parallelo a quello della Difesa. Il suo più grande talento è quello, infatti, di identificare i punti deboli del Cremlino e porvi prontamente rimedio, senza preoccuparsi di quanto controversa, sanguinosa, sporca o illegale possa essere la modalità; questo è ciò che lo rende indispensabile.

Quando l’Esercito russo si è trovato in difficoltà in Ucraina, il Gruppo Wagner è passato all’offensiva. Quando la mobilitazione parziale è stata accolta con resistenze e fughe di massa, è stato Prigozhin a reclutare detenuti da mandare in Ucraina. Quando sono emerse carenze nelle tecnologie dell’informazione, Prigozhin ha aperto il centro tecnologico di San Pietroburgo.

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Allo stesso tempo però molti esponenti dell’élite non lo vedono di buon occhio, lo considerano una spia, un outsider e lo disprezzano per i suoi trascorsi criminali. L’autonomia dei suoi contractors e la loro disobbedienza agli ordini ricevuti pregiudicano le operazioni e l’incolumità dei militari, l’efficacia in combattimento dei suoi contractors sarebbe decisamente sopravvalutata e i migliori equipaggiamenti, paghe e condizioni di trattamento dei suoi uomini hanno generato ulteriori risentimento ed invidie.

La Russia si sta dirigendo verso la battaglia finale tra siloviki e pragmatici. È difficile stabilire chi vincerà, ma ciò influirà notevolmente sulla guerra in Ucraina e sul futuro del Paese.

In caso di riposizionamento politico generale, con o senza Putin, disponibilità economiche e ben due eserciti privati – uno mediatico e uno paramilitare – avvantaggeranno sicuramente Prigozhin, sia come importante alleato di uno dei gruppi di potere che come (meno probabile) ministro della Difesa o successore di Putin.

Nonostante la sua ascesa sembri oggi inarrestabile, secondo Novaya Gazeta, Prigozhin non avrebbe possibilità di sfondare in politica. Egli, infatti, viene difficilmente considerato come un partner o collega affidabile, per non parlare del fatto che avrebbe poco da offrire ad una élite e a una società che vogliono stabilità e la fine della crisi.

Certo è che la ricerca di incarichi ufficiali da parte di chi ha fatto dell’assoluta discrezione il proprio punto di forza è decisamente stravagante, ma dopo il 24 febbraio 2022 tutto sembra ormai possibile.

Foto RIA FAN, TASS  e Telegram

 

 

 

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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