Le truppe di Mogadiscio avanzano: verso una svolta nell’infinita guerra somala?
È di oltre 100 morti il bilancio dell’attacco condotto il 20 gennaio dai miliziani di al-Shabaab contro l’esercito nazionale somalo (SNA) a Galcad, nella regione di Galgudud, espugnata pochi giorni prima dalle forze governative. Il governo somalo ha riferito di aver perso 7 soldati (incluso il maggiore Hassan Mohamed Osman, ufficiale della brigata d’élite Danab, addestrata dai consiglieri militari statunitensi- nella foto sotto) ma di aver eliminato circa 100 insorti mentre un portavoce di al-Shabaab, Sheikh Abu Musab, ha riferito della morte di oltre 150 soldati e agenti di polizia somali.
Un residente di Galcad, Abukar Uluso, ha raccontato all’agenzia Associated Press che c’è stato un pesante scontro a fuoco: “È stato durante la preghiera dell’alba quando ho sentito il rumore delle esplosioni seguite da uno scambio di colpi d’arma da fuoco”, ha detto, aggiungendo che “la maggior parte delle vittime sono state tra le due parti e le vittime civili sono minime poiché l’attacco è avvenuto all’interno della base militare.
I miliziani di al-Shebaab, aderente ad al-Qaeda, avevano attaccato il 17 gennaio una base militare governativa nella città di Hawadley, a nord della capitale Mogadiscio.
Il capo di stato maggiore dell’esercito somalo, Odowaa Yusuf Rage, ha riferito che 5 militari erano stati, tra cui un alto ufficiale ma secondo uno dei capi delle milizie tribali che affiancano le truppe regolari i caduti sarebbero 11. Gli attacchi sembrano costituire la risposta dei miliziani jihadisti ai recenti successi conseguiti dalle forze governative che il 16 gennaio hanno riconquistato Haradhere, città costiera nella regione di Muduq dello stato centrale di Galmudug, 500 chilometri a nord di Mogadiscio
La riconquista di Harardera, che da dieci anni era sotto il controllo delle milizie jihadiste, è l’ultima di una serie di successi conseguiti dalle forze governative dall’estate scorsa in seguito alla vasta offensiva contro le ampie aree del paese ancora sotto il controllo di al-Shabaab.
Il 2 gennaio le truppe avevano assunto il controllo di Masagawa, (roccaforte degli insorti da 15 anni sotto il loro controllo) da cui hanno lanciato l’assalto ad Harardera. Secondo il vice ministro delle Telecomunicazioni Hussein Ahmed, si tratta di una “vittoria storica” per il popolo somalo poiché la città portuale era utilizzata dagli insorti per ricevere armi e aiuti.
L’offensiva dell’esercito somalo nel centro della Somalia viene sostenuta attivamente dai raid aerei statunitensi (dalla base aerea di Camp Lemonnier a Gibuti e grazie a forze speciali e contractors presenti a Mogadiscio e in altre basi in territorio somalo) mentre sul terreno le truppe somale sono affiancate e sostenute dai contingenti della missione dell’Unione Africana ATMIS (African Union Transition Mission in Somalia) forniti da Kenya (nella foto sotto) Etiopia, Gibuti, Uganda e Burundi.
ATMIS ha recentemente sostituito la precedente missione dell’Unione Africana, AMISOM.
Il primo ministro somalo, Hamzi Abdi Barre, si è detto certo che “il 2023 sarà l’anno della libertà e dell’eradicazione di al-Shabaab”. Il 17 gennaio le autorità somale hanno annunciato di aver liberato anche la città di Ceel Dheer, sempre nello Stato di Galmudug.
Gli insorti rispondono all’offensiva dell’SNA soprattutto con attacchi “mordi e fuggi” o dinamitardi, come quello che il 4 gennaio ha provocato almeno 15 morti a Mahaas, nel distretto centrale di Hiran (fulcro dell’offensiva governativa), dove gli attentatori hanno fatto esplodere a due veicoli carichi di esplosivo nei pressi di una caserma. Al- Shabaab ha invece annunciato di aver ucciso 85 militari e ferito 130 persone.
Il 22 novembre scorso, il presidente Hassan Sheikh Mohamud si era recato in visita proprio a Mahaas per incontrare le truppe e assicurando che ben presto tutte le regioni del Paese sarebbero state liberate dagli al-Shabaab. Già a fine dicembre fonti di Mogadiscio avevano rivelato che vi erano stati scontri tra i miliziani fi al-Sabaab una parte dei quali erano propensi ad arrendersi.
“Segnali di sconfitta provengono dai terroristi. Conflitti, disobbedienza, incomprensioni e sospetti tra loro”, aveva scritto su Facebook il viceministro dell’Informazione, Abdirahman Yusuf Adala.
A inizio dicembre l’offensiva governativa aveva permesso di strappare agli insorti i distretti di Runirgod e di El-Ba’ad oltre alla città di Adan Yabal, nella regione del Medio Scebeli dove il 20 gennaio sono stati uccisi 49 jihadisti nell’assalto a una fattoria dove i jihadisti si erano rifugiati.
In questa regione il 9 gennaio il governo federale somalo aveva annunciato l’uccisione di 61 miliziani di Al Shabaab più altri feriti in un’operazione congiunta condotta “dall’agenzia di intelligence sostenuta dai partner internazionali”. L’operazione era rivolta contro circa 150 miliziani.
Le autorità somale stanno indagando anche sui militari collusi con i jihadisti con un’inchiesta aperta sui membri delle forze di sicurezza che erano in servizio al posto di blocco del Villa Rose Hotel di Mogadiscio, attaccato a fine novembre dai miliziani di Al Shabaab che uccisero 15 persone.
Il primo ministro Barre aveva dichiarato che su alcuni militari che presidiavano i posti di blocco di sicurezza vicino al palazzo presidenziale pesa il sospetto di aver facilitato l’attacco con armi da fuoco e bombe fatte esplodere nelle vicinanze dell’hotel, frequentato abitualmente da funzionari governativi.
A fine agosto 2022 al-Shabaab aveva attaccato l’hotel Hayat frequentato da politici e diplomatici internazionali: nel raid durato oltre 30 ore morirono 21 persone ed altre 117 rimasero ferite.
Fonti: AP, Adnkronos, AFP e Agenzia Nova
Foto Somali National Army, ATMIS e AMISOM
Grafica: Anadolu
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