SAMP/T all’Ucraina, più fondi alla difesa tedesca, in “pausa” l’adesione svedese alla NATO

 

 

Dopo l’incontro tra a Rona tra i ministri della Difesa di Italia e Francia, Guido Crosetto e Sebastien Lecornu (nella foto sopra), la stampa francese ha riferito di un contratto al consorzio Eurosam (MBDA Italia, MBDA Francia e Thales) per produrre 700 missili Aster 30 da abbinare alle batterie SAMP/T che Roma e Parigi intendono fornire all’Ucraina. Secondo quanto riportato dal quotidiano “L’Opinion”, citando proprie fonti, la commessa sarebbe del valore di due miliardi di euro.

Da Rona è giunta però una immediata smentita. “In merito a notizie circolate su alcuni media francesi e riprese dai media italiani, la Difesa precisa che si tratta di notizie prive di fondamento e che, nel corso dell’incontro tra il ministro della Difesa italiano e il suo omologo francese, non è stato firmato, discusso e nemmeno accennato ad alcun contratto in materia di forniture militari”, recita una nota di ieri del Ministero della Difesa.

4 moduli di lancio terrestre

“Come comunicato nel pomeriggio di ieri tra i Ministri della Difesa italiano e francese sono stati trattati argomenti riguardanti gli scenari geo-strategici e i possibili futuri sviluppi della crisi Ucraina, del fianco Est e Sud dell’Alleanza, sulla sicurezza del Mediterraneo allargato, incluso il nord Africa e il centro Africa.

Pertanto le Informazioni contenute nell’articolo sono del tutto non accurate e false. I media francesi hanno inoltre riportato capziosamente e in maniera fuorviante la notizia di una commessa approvata con decreto, nel 2021, da un altro Governo, dopo tutti i passaggi parlamentari necessari.

Il contratto finale è stato firmato a fine dicembre 2022 dal Direttore dell’OCCAR (Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti)”, conclude la nota.

Resta quindi da segreta la consistenza della fornitura italo francese del sistema SAMP/T all’Ucraina che dovrebbe comprendere una batteria e un numero imprecisato di missili.

In Germania si sviluppa invece il dibattito circa gli stanziamenti per la Difesa dopo che il fondo speciale da 100 miliardi di euro per le Forze armate varato nel marzo scorso, dopo l’intervento militare russo in Ucraina “non basterà” a raggiungere gli obiettivi per cui è stato istituito.

Lo ha affermato il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius (nella foto sotto), nel corso di un’intervista che ha rilasciato al quotidiano “Sueddeutsche Zeitung”. Pistorius ha aggiunto che “ogni nuovo sistema si accompagna a nuovi costi di manutenzione, con ogni nuovo dispositivo vi sono nuovi e più elevati costi di gestione”. L’esponente del Partito socialdemocratico tedesco ha poi giudicato insufficiente il bilancio per la difesa da 50 miliardi di euro.

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Affermazioni non banali per un ministro di un governo di sinistra che ha vinto le elezioni proponendo agli elettori un taglio alle spese militari.

Del resto la Bundeswehr necessita urgentemente di rifornimenti per colmare le lacune di armi e materiali, aggravate dagli aiuti all’Ucraina culminate con il via libera alla consegna a Kiev di 14 carri armati Leopard 2A6.

Al riguardo, il ministro della Difesa tedesco ha osservato che i corazzati “non si trovano su uno scaffale, pronti a essere portati via” e “le munizioni non crescono sugli alberi, aspettando di essere raccolte“ (il Brasile ha negato l’export in Ucraina di munizioni per i Leopard 2 prodotte  nella nazione sudamericana). “La Germania non sarà in grado di risolvere le carenze della Bundeswehr nel breve periodo.

A medio e lungo termine, ha quindi evidenziato Pistorius, “dovremmo costituire un’industria degli armamenti europea che possa farlo”. Inoltre, si dovrebbe arrivare a “sistemi d’arma standardizzati in Europa”. Per far fronte al problema degli approvvigionamenti, l’esponente della SPD ha annunciato un’azione concertata tra il governo federale e l’industria della difesa tedesca. L’obiettivo dei colloqui previsti nei prossimi giorni è ampliare le capacità di produzione e accelerare sulle consegne di armi e materiali.

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Da Stoccolma invece giunge la decisione di porre “in pausa” il processo di adesione della Svezia e della Finlandia alla NATO a causa della dura reazione della Turchia seguita ai roghi del Corano e soprattutto alle proteste di Ankara per il mancato rispetto degli accordi che prevedevano da parte dei due stati scandinavi la rinuncia al sostegno della causa curda e la consegna di alcuni suoi esponenti ricercati in Turchia per terrorismo.

Lo ha ammesso il ministro degli Esteri svedese Tobias Billstroem per il quale “gli avvenimenti delle ultime settimane hanno momentaneamente causato una pausa nel processo (di adesione alla NATO -ndr), quindi anche il governo ora sta investendo energie e tempo per permetterci di andare avanti “. Il ministro ha poi auspicato che la piena adesione sarà raggiunta in luglio al vertice NATO di Vilnius.

Foto: Difesa.it, Bundeswehr e Anadolu

 

 

 

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