Tutti i cacciabombardieri per Zelensky

 

 

(aggiornato alle ore 23,55)

Non dovrebbero più stupire le continue richieste in denaro e armamento deli vertici del governo ucraino, culminate dopo il sofferto via libera alla consegna di carri armati da parte dei dell’Occidente nella pretesa di ottenere aerei da combattimento e missili da crociera. Il presidente Volodymyr Zelensky ha pure redatto una lista dei velivoli che ogni membro della NATO potrebbe cedere all’Aeronautica Ucraina, a oggi equipaggiata con velivoli di tipo russo/sovietico.

Già nei mesi scorsi Kiev ha ricevuto aiuti aeronautici da alcune nazioni dotate di velivoli Mig e Sukhoi: la Polonia ha girato a Kiev ricambi e armi per i Mig 29 e sarebbe pronta a fornire tutta la sua flotta di 30 caccia. Lo stesso ha fatto la Slovacchia che schiera una dozzina di Mig 29 mentre Bulgaria e Macedonia del Nord hanno ceduto a un partner della NATO non meglio precisato rispettivamente 14 e 4 aerei da attacco Sukhoi Su-25, poi girati a Kiev.

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Le richieste di aerei da combattimento occidentali presero il via già la primavera scorsa ma si sono intensificate nelle ultime settimane. Meglio inoltre ricordare che un piano da 100 milioni di dollari per addestrare negli Stati Uniti i piloti ucraini a volare su F-16, F-15 e A-10 venne reso noto già l’estate scorsa da Washington.

Mentre Zelensky chiede a tutti gli alleati di fornire all’Ucraina diversi tipi di aerei da combattimento, il colonnello Yurii Ihnat (nella foto sotto), portavoce dell’Aeronautica, ha espresso la necessità di disporre di 200 caccia F-16 (nelle due foto sopra anticipazioni pittoriche tratte da Global Security di F-16V Viper con le insegne e la livrea dell’Aeronautica Ucraina) per sostituire i velivoli da combattimento oggi in servizio (Mig 29, Su-27 , Su-24 e Su-25).

“Dobbiamo creare fino a cinque brigate di aerei tattici con un unico modello di velivolo multiruolo di tipo occidentale. Ora si sta determinando quale tipo sarà e l’F-16 è il candidato più probabile. Ovviamente non possiamo riceverli tutti in una volta, il passaggio graduale a un nuovo jet multiruolo richiede tempo”.

Una dichiarazione che sembra sgombrare il campo da tre ipotesi che in questi giorni sono emerse dal dibattito politico e mediatico:

  • non ha senso dotare gli ucraini di diversi tipi di velivoli ma conviene standardizzare l’aeronautica su un solo modello di jet fighter
  • l’Aeronautica Ucraina punta a impiegare il monomotore F-16
  • gli aerei che verranno donati dall’Occidente saranno operativi tra molto tempo e costituiranno l’ossatura delle forze aeree ucraine a guerra finita.

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Fornire aerei da combattimento all’Ucraina comporta, ingigantite, le stesse problematiche che Analisi Difesa aveva evidenziato per le forniture di carri armati e veicoli da combattimento di modelli, origini e produzione diversi tra loro.

L’adozione di un nuovo jet fighter con le necessarie linea di supporto, sistema addestrativo per piloti e tecnici, armi e dotazioni elettroniche richiede alcuni anni in una nazione in pace che disponga di basi e stabilimenti industriali intatti.

Caratteristiche queste ultime che l’Ucraina non ha più, considerato che persino i suoi mezzi corazzati vengono inviati per riparazioni e manutenzioni in stabilimenti situati in Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca.

A differenza dei carri armati e delle artiglierie, di cui gli europei hanno scarsa disponibilità e quindi difficoltà a cederne a Kiev, di aerei da combattimento in fase di radiazione ve ne sono diversi in tutta Europa anche se non sempre in ottime condizioni e tenendo conto che il clima di tensione attuale consiglierebbe di mantenere ingenti forze aeree in posizione di riserva da impiegare in caso di necessità.

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L’arrivo degli F-35A, acquisiti peraltro in pochi esemplari (a causa del costo) da molte aeronautiche NATO, sta rendendo disponibili un buon numero di velivoli vecchi ma ancora in grado di operare, specie se si applicasse agli aerei lo stesso schema di cannibalizzazione adottato con molti mezzi terrestri forniti a Kiev: alcuni vengono impiegati e altri forniscono pezzi di ricambio ai primi.

Per restare nell’ambito delle preferenze dell’Aeronautica Ucraina, F-16 di seconda mano e delle versioni più vecchie possono venire forniti da Norvegia, Belgio, Olanda, Danimarca e, ovviamente, Stati Uniti.

Il Belgio ha però fatto sapere che non intende cedere propri aerei da combattimento, come ha detto il premier Alexander De Croo a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles mentre Madrid ha reso noto di non disporre degli aerei chiesti dall’Ucraina (gli F-16).

Zelensky però sembra aver trovato intese specifiche sulle prossime forniture di armi, anche aeree, con la Gran Bretagna e con l’asse Francia – Germania, che dall’incontro Scholz-Zelensky-Macron ha escluso l’Italia, finora non disposta a cedere armi offensive come ha precisato più volte il ministro degli Esteri Antonio Tajani (anche se nei mesi scorsi sono stati forniti da Roma diversi mortai, missili anticarro, obici trainati e semoventi).

L’Italia “non ha inviato carri armati” in Ucraina e “non invierà altri tipi di armi” rispetto agli invii già fatti, ha dichiarato il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio in un’intervista televisiva.

Tajani ha precisato l’8 febbraio che il governo ha inviato un sistema antimissile ed altro materiale militare non solo fatto di armi “ma anche di giubbotti antiproiettile ed elmetti”, oltre a 70 tonnellate di “materiale elettrico e generatori per ricostruire la rete elettrica”.

La questione che si pone circa i velivoli da combattimento concerne il fatto che Londra, Parigi e Berlino non dispongono degli F-16 graditi all’aeronautica ucraina.

Tedeschi e britannici (ma in teoria anche l’Italia) potrebbero cedere qualche decina di Typhoon della Prima Tranche e di bombardieri Tornado (in grado di imbarcare i missili da crociera Storm Shadow che Londra sembrerebbe voler consegnare a Kiev) radiati o in radiazione mentre la Francia dispone di decine di Mirage 2000 sostituiti dai Rafale.

Lo stesso discorso vale per la Spagna ed eventualmente per l’Italia ma se da un lato Zelensky è disposto ad accettare ogni tipo di velivoli da combattimento, dall’altro è chiaro che integrare in una forza aerea un nuovo modello di jet fighter e renderlo operativo richiede alcuni anni e ingenti investimenti per supporto logistico, addestramento e infrastrutture.

Metterne in linea tre o quattro modelli diversi (o cinque se si includono i Gripen svedesi) avrebbe costi proibitivi oltre non avere senso in termini logistici e addestrativi, a meno che non si preveda di schierarli fuori dal territorio ucraino o di impiegare piloti e tecnici occidentali col rischio di esasperare l’escalation con la Russia.

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Al tempo stesso, la rinuncia a mantenere in riserva velivoli quali Tornado, AMX, Mirage 2000, F-16 o altri consentirebbe alle nazioni alleate di trasferire in blocco agli ucraini aerei e pezzi di ricambio ancora presenti nei magazzini.

Londra ha precisato che si tratterebbe di forniture a lungo termine e ciò significa che i velivoli saranno utili a riorganizzare nel dopoguerra la difesa aerea ucraina su velivoli occidentali. Difficile quindi ritenere che tali velivoli possano contrastare in tempi brevi le forze di Mosca.

Come quello per i carri armati, il dibattito sui velivoli da combattimento occidentali destinati a Kiev ha risvolti oggi soprattutto politici e commerciali, nella competizione che vede i più importanti nazioni occidentali contendersi il business del riequipaggiamento delle forze ucraine in un contesto in cui è oggi prevedibile che, anche a guerra terminata, la contrapposizione con Mosca si configurerà in una nuova e prolungata Guerra Fredda.

Un business per l’industria della Difesa con forniture all’Ucraina che verranno inevitabilmente finanziate dalla UE, dagli Stati Uniti e dai singoli membri dell’Alleanza Atlantica in una prospettiva che vedrà le nazioni in grado di mettere in campo gli stanziamenti più elevati e il maggior numero di velivoli, armi e mezzi (di seconda mano o di nuova produzione) incassare le più importanti commesse industriali.

Lockheed Martin ha reso noto a fine gennaio di essere pronta a supportare eventuali forniture di F-16 all’Ucraina e ad aumentarne la produzione.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Ucraino, Royal Air Firce, US DoD e Global Security

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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