Verso una zona smilitarizzata per congelare il conflitto in Ucraina?

 

 

I carri armati occidentali, pochi e di difficile utilizzo senza adeguato addestramento, non basteranno certo alle forze ucraine per rovesciare l’andamento della guerra. Potrebbero tutt’al più rallentare l’offensiva russa. E qualche analista si domanda apertamente se chi fornisce mezzi corazzati a Kiev in realtà non cerchi di favorire una situazione di stallo, che potrebbe spingere le parti, se non a un accordo, quanto meno verso un cessate-il-fuoco.

Con l’arrivo della primavera potrebbe ritornare attuale un’idea che da tempo circola nelle cancellerie: un congelamento della guerra, un armistizio che risparmi nuovi massacri.

Il passo successivo al silenzio delle armi, in mancanza di un pieno accordo di pace, potrebbe essere un nuovo “Muro di Berlino”, cioè una separazione di fatto, magari attraverso una fascia smilitarizzata, che garantirebbe alla Russia la tutela dei confini occidentali e allo stesso tempo eviterebbe un dissanguamento ulteriore dei due paesi in lotta.

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Il “Muro”, ricordava nei giorni scorsi l’anglo-russo Sergei Radchenko, storico della Guerra fredda, era “una soluzione orribile”, ma per trent’anni ha evitato uno scontro diretto fra URSS e Occidente. Al momento la prospettiva di una “neutralizzazione” delle zone confinanti con la Russia appare del tutto inaccettabile per il governo di Kiev, e dunque non viene discussa in modo esplicito dai diplomatici, ma probabilmente non è sgradita al Cremlino.

L’idea era compresa già a luglio 2022 – fra le righe – nelle parole di Sergei Lavrov: il ministro degli Esteri russo avvertiva che la politica non aveva soddisfatto le richieste di Mosca in termini di sicurezza: “I nostri obiettivi saranno ottenuti attraverso l’azione militare”.

Una striscia di territorio con assoluto divieto – sottoscritto dalle parti – di presenza militare sarebbe in grado di rassicurare Mosca sulla temuta presenza di armamenti NATO vicino ai suoi confini, ma allo stesso tempo garantirebbe la stessa simmetrica certezza ai paesi dell’Alleanza atlantica. Come ha chiarito nei giorni scorsi il ministro della Difesa Guido Crosetto, l’arrivo dei carri armati russi a Kiev, non lontano dalla frontiera della Polonia, quindi a contatto con la NATO, porterebbe rischi di una terza guerra mondiale.

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In parte anche l’orientamento della penetrazione russa, con i pesanti bombardamenti alle infrastrutture e i tentativi di interdizione delle linee di approvvigionamento, può essere interpretato in questo senso: l’idea del Cremlino, secondo fonti russe citate da John Helmer, decano dei corrispondenti da Mosca, considerato “non lontano” dal regime, sarebbe quella di preparare sul terreno le condizioni per lo “svuotamento” di una fascia di territorio compresa fra il fiume Dniepr e le frontiere orientali.

In altri termini: anziché occupare i territori dell’Ucraina orientale, Mosca starebbe progettando semplicemente di renderli inabitabili. A questo servirebbero gli attacchi alle infrastrutture, soprattutto alla rete ucraina di distribuzione elettrica che ha già dato segni di difficoltà dopo i bombardamenti iniziati a ottobre.

Per quanti chilometri di profondità questa fascia potrebbe estendersi, per ora non è chiaro: apparentemente Mosca vorrebbe far dipendere questo dato dal tipo di armamenti schierati da Kiev. Questo significa che la striscia non sarebbe sicuramente sottile: si ipotizza una profondità di 100 chilometri, che renderebbe impossibile l’uso di gran parte dell’artiglieria ucraina.

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Il modello concreto, più che la divisione delle due Germanie, è la fascia che tuttora separa le due Coree, stabilita con l’armistizio firmato a Panmunjom il 27 luglio 1953 dopo due anni di negoziato dai generali americani William Harrison e Mark Clark, dal leader nordcoreano Kim Il-sung e dal suo generale Nam Il, oltre che da Peng Dehuai, comandante dei volontari cinesi che combattevano a fianco dei nordcoreani.

Situata all’altezza del 38esimo parallelo, la striscia smilitarizzata è lunga 250 chilometri e larga quattro. Al centro di essa, lungo tutta la sua lunghezza, corre la linea di demarcazione militare, che indica il limite invalicabile per le pattuglie incaricate della sorveglianza.

Questo modello, secondo gli osservatori più vicini al Cremlino, sarebbe gradito a Mosca, anche se i “falchi” più irriducibili vorrebbero una neutralizzazione di tutta l’Ucraina. Resta da vedere se le cancellerie occidentali, in particolare quelle europee meno disposte a vedere un prolungamento della guerra, decideranno di premere per far accettare l’idea al governo ucraino. Quest’ultimo non sembra per niente disponibile a vedersi togliere il controllo di una fascia di territorio così ampia, sia pure conservandola formalmente entro i suoi confini.

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Nelle intenzioni del Cremlino la striscia a est del Dniepr sarebbe svuotata del tutto. E la parola è intesa in senso letterale: oltre alla distruzione della rete elettrica, le forze armate russe sarebbero pronte a minare i resti delle infrastrutture e a lasciare la sorveglianza del territorio occupato a sensori, per poi ritirarsi all’interno dei vecchi confini.

“Acquisiti” alla FederazioneRussa sarebbero alla fine il Donbass e ovviamente la Crimea. Del piano farebbe parte anche lo sgombero di centri densamente abitati, come Kherson, Kramatorsk, Slovyansk, Kharkiv, Poltava: per far evacuare la popolazione sarebbero aperti uno o due corridoi per convogli gestiti dalle Nazioni Unite.

Una possibile parziale conferma di queste intenzioni potrebbe essere la presenza in Ucraina – segnalata da vari osservatori – dei sistemi di minamento ISDM Zemledeliye, al debutto in guerra: si tratta di sistemi basati sui lanciarazzi multipli NPO Splav e montati su camion pesanti KamAZ 6560 8×8.

Il nome significa “Agricoltura”, in russo, probabilmente con un’allusione alla semina. Il sistema usa proiettili a propellente solido che possono appunto “seminare” fino a 15 chilometri di distanza diversi tipi di mine antipersona. Fra queste sono comprese quelle dotate di “sensori sismici”, che esplodono quando rilevano l’avvicinarsi di una persona nel raggio di azione, cioè a meno di 16 metri.

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Secondo le fonti di Mosca citate da Helmer, l’offensiva di primavera sarebbe affidata a brigate di dispiegamento rapido, che lancerebbero l’offensiva protette da aviazione e artiglieria, per poi lasciar spazio agli specialisti del genio, incaricati di radere al suolo quello che resta delle infrastrutture ucraine: strade, ponti, ferrovie, rete elettrica, torri di comunicazione radio, eccetera.

Dopo la distruzione verrebbe un immediato ritiro, per lasciare solo lo spazio vuoto come “cuscinetto” fra l’Ucraina “filo-occidentale” e i confini della Federazione Russa. In altre parole, nessuna occupazione ma solo lo svuotamento di una “fascia di sicurezza”, una terra di nessuno fra la Russia e l’ex “paese fratello” abbandonato all’influenza occidentale.

Foto: Ministero Difesa Ucraino e Ministero Difesa Russo

Mappa: Institute for the Study of the War (ISW)

 

 

Giampaolo CadalanuVedi tutti gli articoli

Giornalista e saggista, esperto di Politica internazionale e Difesa. Come inviato del quotidiano La Repubblica, per oltre 25 anni ha seguito i conflitti e le crisi in tutto il mondo, dall'Afghanistan al Medio Oriente, dal Maghreb ai Balcani, dall'Africa all'Est europeo, spesso "embedded" con le Forze armate italiane. E' autore del libro "Skinheads" sul neonazismo in Europa. Ha tenuto corsi e conferenze fra l'altro all’università UNINT, alla Scuola di applicazione militare di Torino, alla base NATO di Solbiate Olona, al corso IASD di Roma. Fra gli altri premi, ha ottenuto nel 2005 il "Boerma internationale award" della FAO per la copertura dei temi Fame e Sviluppo e nel 2015 la "Colomba d'oro" dell'IRIAD per la copertura delle guerre. Si interessa di Terrorismo internazionale.

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