Stop alle armi iraniane per gli Houthi in Yemen

 

 

Riyadh (AsiaNews) – Il primo passo concreto nella ripresa delle relazioni fra Arabia Saudita e Iran si doveva fare, a detta degli esperti, sul terreno yemenita. E così è stato, almeno stando a quanto annunciato in queste ore da diplomatici sauditi e statunitensi secondo cui Teheran ha accettato di bloccare l’invio di armi ai ribelli Houthi, in lotta contro le forze governative sostenute da Riyadh a capo di una coalizione armata araba. Le fonti, rilanciate dal Wall Street Journal, concordano nel ritenere che se la Repubblica islamica “smette di armare” i ribelli, potrebbe “esercitare pressione sul gruppo militante” e favorire il “raggiungimento di un accordo” che metta fine al conflitto.

Per anni il regno wahhabita e la Repubblica islamica hanno sostenuto le parti in guerra fra loro nello Yemen, alimentando così un conflitto dalle conseguenze disastrose sul piano umanitario e andate oltre i confini del Paese, con lanci di missili Houthi in territorio saudita. Il portavoce della delegazione iraniana all’Onu non ha voluto rispondere alla domanda relativa al blocco dell’invio di armi e, in questi anni, Teheran ha sempre smentito – almeno ufficialmente – di aiutare militarmente gli Houthi.

Tuttavia, al momento della firma dell’accordo fra le parti siglato nei giorni scorsi uno dei punti di maggiore interesse era proprio quello legato alla “questione yemenita” e un funzionario saudita, dietro anonimato, ha detto di aspettarsi da Teheran il rispetto dell’embargo. Una condizione, sottolineano gli esperti, che renderebbe più difficile la lotta armata per il gruppo e che favorirebbe il raggiungimento di una tregua in stallo da mesi.

L’attenzione dei funzionari Usa e sauditi è ora concentrata sull’Iran, per capire se terrà fede all’impegno preso e procederà con la riapertura delle rispettive ambasciate entro i prossimi due mesi. La ripresa delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran “dà una spinta alla prospettiva di un accordo [nello Yemen] nel prossimo futuro” e l’approccio iraniano al conflitto sarà “una specie di cartina di tornasole” per valutare “il successo dell’accordo stesso” spiega una fonte di Washington.

Hans Grundberg, inviato speciale Onu per lo Yemen, è volato a Teheran a inizio settimana per discutere del ruolo di Teheran nel porre fine alla guerra, poi ha proseguito verso Riyadh. Tim Lenderking, l’inviato speciale degli Stati Uniti nel Paese arabo, ha incontrato i funzionari sauditi a Riyadh il 15 marzo per cercare di rinvigorire i colloqui di pace, da troppo in stallo, e una tregua spirata a ottobre e mai rinnovata sinora. L’obiettivo, sebbene difficile, è quello di finalizzare un cessate il fuoco prima dell’inizio del Ramadan la prossima settimana.

Infine, anche da Israele arrivano le prime reazioni all’accordo sponsorizzato dalla Cina fra Teheran e Riyadh della scorsa settimana. A parlare è l’ex direttore del Mossad, i servizi segreti israeliani, Efraim Halevy il quale invita le istituzioni del Paese a esplorare le possibilità di un riavvicinamento con la Repubblica islamica in seguito a un passo definito “molto sorprendente”. Intervistato dalla Cnn, egli ha detto di non avere “pregiudizi” sull’accordo stesso, e ha chiesto di trovare nuovi modi di operare in uno scenario in evoluzione, perché “sono possibili” cambiamenti negli equilibri di potere e nelle relazioni ritenuti a lungo “improbabili”.

“[Israele dovrebbe] capire cosa ha portato gli iraniani al loro riavvicinamento con l’Arabia Saudita”, ha detto Halevy, chiedendosi se “è giunto il momento anche per Israele di cercare una politica diversa nei confronti dell’iran” esplorando “in modo nascosto” se vi sono anche possibilità di “riavvicinamento” fra i due nemici storici della regione.

Il clima di distensione nel conflitto yemenita trova conferme anche nell’accordo tra il governo dello Yemen riconosciuto a livello internazionale e i ribelli sciiti Houthi per lo scambio di 887 prigionieri. Come riporta l’agenzia di stampa Nova, il capo del Comitato per gli affari dei prigionieri degli Houthi, Abdul Qader al Murtada, sul proprio account Twitter ha precisato che i prigionieri rilasciati sono 706 appartenenti al gruppo di insorti sciita e 181 militari yemeniti. Uno degli scambi di prigionieri principali aveva avuto luogo nel 2020, quando tra il 15 e il 16 ottobre furono oltre 1.000 i prigionieri scambiati dalle due parti.

Foto: Esercito Yemenita

 

 

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