Taiwan: con la guerra all’orizzonte

 

 

Taipei

Taiwan è sempre più al centro delle dinamiche geopolitiche internazionali per il crescente atteggiamento aggressivo della Repubblica Popolare di Cina (RPC) nei confronti di questa piccola e democratica nazione insulare dell’Asia Orientale.

Sul possibile “destino” dell’isola sono state scritte numerose valutazioni di natura politica e militare, sulla base anche delle esperienze del conflitto in Ucraina, e condotti wargame e simulazioni che hanno previsto le possibili opzioni da parte della RPC per prendere il controllo della “provincia ribelle”.

L’occasione di essere stato ospite negli ultimi anni del Ministero della Difesa Nazionale di Taipei (l’ultima volta nello scorso autunno 2022) mi offre l’occasione di delineare l’organizzazione difensiva taiwanese, avendo anche avuto modo di conoscere il territorio (e non solo su di una carta topografica).

 

Il luogo più pericoloso della Terra

La tensione ha avuto una decisa impennata nell’agosto 2022 per la visita a Taipei di Nancy Pelosi,  Speaker pro-tempore della Camera dei Rappresentanti  e una delle figure più in vista tra i membri della formazione del Presidente Joe Biden, seguita poco dopo da altre due delegazioni politiche statunitensi e recentemente dal Sottosegretario alla Difesa USA Michel Chase.

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In un lungo discorso al 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (PCC), tenutosi dal 16 al 22 ottobre 2022, Xi Jinping ha parlato con fermezza della determinazione della Repubblica Popolare di Cina di riunificare l’isola autogovernata, che Pechino considera parte del proprio territorio, nonostante Taiwan non sia mai stata sotto il regime comunista.

Continueremo a lottare per la riunificazione pacifica con la massima sincerità e il massimo sforzo”, ha affermato Xi, aggiungendo tuttavia che “non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza e ci riserviamo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie contro “l’interferenza di forze esterne” sulla questione Taiwan”.

Nel suo intervento, Xi ha ribadito ai delegati del PCC che la Cina ha “una missione storica e un impegno incrollabile” per realizzare la completa unificazione e portare Taiwan sotto il controllo di Pechino. Il linguaggio usato da Xi è stato fermo, ma anche ampiamente prevedibile. Anche la sua dichiarazione di non precludere l’uso della forza della forza ha riecheggiato sue passate dichiarazioni in analogia a quelle dei leader precedenti.

L’obiettivo politico della Cina, sin dalla normalizzazione dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti nel 1979, è stato quello di ricercare la riunificazione (incruenta) con Taiwan in un momento imprecisato del futuro.

Pechino ha perseguito questo obiettivo promuovendo una rapida integrazione economica con Taipei e, fino alla pandemia del covid-19, ha ampliato progressivamente i viaggi attraverso lo Stretto, con milioni di turisti cinesi che visitavano l’isola ogni anno e milioni di taiwanesi che visitavano la Cina, oltre alle migliaia di taiwanesi che lavoravano e studiavano nel continente. Fenomeno poco noto sono le migliaia di donne cinesi che si sono sposate in Taiwan. Dal 2020 i viaggi sono stati drasticamente ridotti per i divieti di movimento e le quarantene in Cina e a Taiwan.

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La repressione contro i sostenitori della democrazia a Hong Kong ha offuscato il modello cinese di “un Paese due sistemi” per un eventuale accordo politico ed ha influenzato negativamente la percezione dei taiwanesi sulle motivazioni, le intenzioni e gli obiettivi della Cina. Queste situazioni hanno compromesso sensibilmente la speranza di Pechino di promuovere l’unità con i rapporti interpersonali e gli scambi economici.

 

Ombre all’orizzonte

Sebbene non sia stata indicata alcuna tempistica nel corso del recente Congresso Nazionale per il raggiungimento dell’unificazione, alti ufficiali statunitensi (in servizio e non), che conoscono lo scenario dell’Indo-Pacifico, sono convinti che l’incremento dei sistemi missilistici, aerei e navali da parte del PLA (People’s Liberation Army), le esercitazioni incentrate su scenari di invasione e manovre aereo-navali in prossimità di Taiwan, siano il segnale che la Cina stia accelerando i tempi per essere pronta a intervenire nei prossimi anni.

Secondo questi funzionari militari il Presidente Xi potrebbe tentare di conquistare Taiwan entro il 2027, anno del centesimo anniversario della costituzione dell’Esercito Popolare di Liberazione.

L’Ammiraglio Michael Gilday, Capo delle U.S. Naval Operations, ha dichiarato […] Quando parliamo della finestra del 2027, nella mia mente, questa deve essere una finestra del 2022 o potenzialmente del 2023. Non posso escluderlo. Non voglio assolutamente essere allarmista affermando questo. È solo che non possiamo escluderlo […] (Atlantic Council, 19 ottobre 2022).

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Il Generale Mike Minihan, Comandante del U.S. Air Mobility Command, che sovrintende alla flotta di aerei da trasporto e rifornimento, ha invitato i propri sottoposti ad accelerare la loro preparazione per un potenziale conflitto, citando le aspirazioni del Presidente cinese e la possibilità che gli Americani non prestino la dovuta attenzione se non quando sarà troppo tardi, a conflitto avviato (Washington Post, 27 gennaio 2023). […] Spero di sbagliarmi ma il mio istinto mi dice che combatteremo nel 2025”, ha scritto in una nota distribuita ai suoi collaboratori... Le elezioni presidenziali di Taiwan sono nel 2024 e offriranno a Xi una ragione. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono nel 2024 e offriranno a Xi un’America distratta. La squadra di Xi, il motivo e l’opportunità sono tutte allineate per il 2025 […], ha concluso (un funzionario della Difesa USA, parlando in condizione di anonimato, ha affermato che i commenti di Minihan “non sono rappresentativi del punto di vista del Dipartimento sulla Cina”).

L’intenzione della Cina di conquistare Taiwan è chiara, ha dichiarato l’Ammiraglio in pensione Harry Harris, Comandante del U.S. Pacific Command (2105-2018) e Ambasciatore nella Repubblica di Corea (2018-2021), durante un’audizione alla Commissione per i Servizi Armati della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti (Ex-admiral warns of Taiwan deadline, Thu, Feb 09, 2023 Taipei Times).

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L’Ammiraglio in pensione Phil Davidson, già Comandante del U.S. Indo-Pacific Command (2018-2021), del think tank National Bureau of Asian Research, ha recentemente affermato che lo scenario non sarebbe necessariamente una guerra (invasione) totale ma una minaccia alle isole esterne, che comunque sarebbe “una grave preoccupazione per la sicurezza di Taiwan” (Taiwan’s Tsai welcomes retired US admiral for China talks, The Associated Press Thursday, Feb 2, 2023).

Altri analisti, invece, affermano che il 2027 – centenario della costituzione dell’Esercito Popolare di Liberazione – è semplicemente una data fissata dalla Cina per conseguire gli obiettivi di modernizzazione dello strumento militare, piuttosto che una data entro la quale intenderebbe conquistare Taiwan.

 

Principali tipologie di operazioni del PLA contro Taiwan

Il rapporto del Ministero della Difesa Nazionale di Taipei, edito il 1 settembre 2022, “2022 Chinese Communist Military Power Report” (December 14, 2022 – Global Taiwan Institute), oltre a fornire una valutazione d’insieme delle cinque componenti del PLA (forze di terra, marina, aeronautica, forza missilistica e forza di supporto strategico) e includere osservazioni sul relativo ordine di battaglia (in termini di azioni in atto o future), identifica otto scenari di azioni offensive contro Taiwan:

  1. Cognitive warfare (guerra cognitiva)
  2. “Gray zone” operations (operazioni nella “zona grigia”)
  3. Joint military intimidation (intimidazioni militari congiunte)
  4. Joint sea and air blockade (congiunto blocco navale e aereo)
  5. Seizing outlying islands (occupazione delle isole periferiche)
  6. Decapitation warfare (rimozione della leadership ostile)
  7. Joint firepower strikes (attacchi di fuoco congiunti)
  8. All-out invasion (invasione).

Il rapporto del MND, inoltre, evidenzia l’atteggiamento più aggressivo adottato dal PLA nei confronti di Taiwan nel corso del 2022, specie a seguito della visita del Presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi (agosto 2022), a conferma di un piano molto più vasto di sconfinamenti nella “zona grigia” in costante aumento negli ultimi tre anni, come parte di una campagna di “intimidazione militare”.

Il rapporto descrive inoltre le operazioni effettuate nel 2022 in termini di “tre normalizzazioni” nell’ambito di una campagna di guerra psicologica volta a impressionare la popolazione di Taiwan:

  • azione di pattuglie di aerei da combattimento intorno a Taiwan;
  • impiego di varie tipologie di mezzi militari per approssimarsi a Taiwan e provocare allarmi;
  • condotta di esercitazioni congiunte nelle acque e cieli circostanti Taiwan.

 

Tra guerra e pace: la Grey Zone

Taiwan vive da decenni in una condizione nota nel repertorio contemporaneo come “zona grigia” per le azioni coercitive effettuate dalla RPC.

Si tratta di una particolare “dimensione” in cui attori statuali e non operano – rimanendo sempre al di sotto della soglia della guerra – per conseguire i propri interessi senza giungere ad uno scontro aperto, utilizzando tutti i mezzi a disposizione (militari, economici, diplomatici, intelligence, cibernetici, propaganda, sociali e criminali) in maniera calcolata e spregiudicata.

Le operazioni nella “zona grigia” mirano a conseguire obiettivi strategici (politici e/o territoriali) normalmente associati a una combinazione d’intimidazioni (minaccia dell’uso della forza o uso di una forza limitata), intrecciando, fino a confonderle, le linee divisorie tra guerra e pace, tra combattenti e non combattenti.

L’obiettivo è ottenuto tramite una escalation calcolata di azioni che consentono di fare accettare ogni volta il “fatto compiuto”.

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L’uso di Pechino della forza avviene in questo continuum che va dalla pace alla guerra, ma senza superare la soglia di un conflitto, attraverso un insieme d’iniziative indirette e convergenti, con tempistiche progressive e caratterizzate da ambiguità, nell’intento di causare un continuo logorio dell’apparato militare di Taiwan, sfruttando in modo opportunistico ogni tipo di situazione/mezzo e facendo della popolazione un elemento determinante del “gioco”.

La campagna coercitiva del PLA mira a seminare timore e incertezza nella società – che deve percepire la minaccia militare – per generare una reazione popolare che costringa la leadership di Taiwan al tavolo dei negoziati a condizioni sfavorevoli (soft power).

Le iniziative adottate nel tempo dalla RPC e volte a “isolare” Taipei tendono a:

  • “allettare” Taipei con l’accesso sempre più ampio al mercato cinese;
  • comprimere Taiwan attraverso gli Stati Uniti;
  • escludere Taipei dalle organizzazioni internazionali e agire a livello diplomatico (con iniziative politiche, economiche, ecc.) per ridurre sempre di più il numero di Paesi che riconoscono Taiwan (al momento sono 13, oltre allo Stato del Vaticano; alcuni anni orsono erano 21);
  • interferire nella vita quotidiana del Paese sfruttando a proprio favore gli strumenti offerti dalla globalizzazione con manipolazione di notizie, pressioni sugli attori politici ed economici, attacchi cyber (cosiddetto Sharp Power);
  • effettuare attività di propaganda pro-riunificazione nei confronti della popolazione dell’isola da parte di “prezzolati” personaggi dello spettacolo;
  • usurare il sistema difensivo (uomini e mezzi) con il continuo invio di velivoli militari nella ADIZ (Air Defense Identification Zone) per costringere Taiwan a mantenere alto il livello di prontezza.

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L’ADIZ è un’area geografica dichiarata dai Taipei, che si estende oltre lo spazio aereo territoriale, all’interno della quale gli aeromobili sarebbero tenuti a rispettare speciali procedure d’identificazione. L’attività di volo nell’area viene monitorata per la sua potenziale minaccia alla sicurezza nazionale. L’ADIZ di Taiwan è stata istituita nel 1953 in vista del trattato di mutua difesa tra Stati Uniti e Repubblica di Corea.

Secondo il citato 2022 Chinese Communist Military Power Report le principali tipologie di operazioni condotte dal PLA nel 2022 sono state:

  • pattugliamenti da parte di aerei da ricognizione e di veicoli aerei senza pilota (UAV) nei pressi delle isole periferiche di Taiwan per la raccolta d’informazioni sulle esercitazioni e sui test di prova di nuovi armamenti;
  • esercitazioni anfibie condotte tra giugno e settembre per verificare le capacità per una potenziale invasione dell’isola;

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  • attraversamento in diverse occasioni da parte di aerei del PLA della linea mediana dello Stretto di Taiwan (limite per decenni tacitamente riconosciuto da Pechino) sia per manifestare il disappunto per il sostegno occidentale a Taipei – soprattutto da parte statunitense – sia per rendere normale la propria presenza nelle aree prossime all’isola;

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  • interdizione dichiarata alla navigazione di aree marittime intorno a Taiwan durante le esercitazioni di agosto 2022 (visita della U.S. House Speaker Nancy Pelosi) per il lancio di missili e manovre navali;
  • confronto con navi e aerei stranieri, secondo il principio “le navi devono essere seguite e gli aerei devono essere controllati”, in base al quale i mezzi militari stranieri vengono diffidati – e le navi statunitensi possono essere oggetto di attacchi simulati – all’interno dello stretto di Taiwan, che Pechino considera essere un tratto di mare interno;
  • circumnavigazione dell’isola attraverso lo Stretto di Miyako (a est-nord-est di Taiwan, tra le isole Miyako e Okinawa) e il Canale di Bashi (a sud di Taiwan, tra Taiwan e le Filippine);
  • effettuazione di molteplici esercitazioni congiunte, anche con un intenso lancio di missili, intorno a Taiwan, tra cui il “blocco simulato dei collegamenti internazionali e delle rotte di navigazione”;
  • esercitazioni aereo-navali ad ampio raggio oltre la Prima Catena di Isole (dal Giappone verso le Ryukyu, Taiwan e le Filippine) e la più lontana Seconda Catena di Isole (dal Giappone verso Guam) nell’intento di realizzare “l’accerchiamento strategico (di Taiwan) e acquisire la superiorità militare regionale”, anche con la costruzione in atto di isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale.

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Queste esercitazioni sono incentrate su operazioni che minacciano Taiwan da est, per forzare la dispersione delle forze, indebolendo le capacità anti-invasione a ovest (verso il continente), e per creare linee di contenimento che dissuadano gli Stati Uniti dal procedere in aiuto di Taipei.

Le portaerei e i bombardieri strategici della RPC hanno anche condotto regolarmente missioni di addestramento per affinare le proprie capacità di Anti-Access e Area Denial (A2/AD) volte a dissuadere Forze Armate straniere dall’intervenire nelle questioni dello Stretto di Taiwan.

La Cina ha inviato 1.727 aerei nella ADIZ di Taiwan nel 2022 rispetto alle 960 incursioni del 2021 e alle 380 del 2020 (China’s warplane incursions into Taiwan air defence zone doubled in 2022, The Guardian, Mon 2 Jan 2023).

Le sortite dei jet da combattimento sono più che raddoppiate, passando da 538 nel 2021 a 1.241, mentre le incursioni dei bombardieri, tra cui gli H6 a capacità nucleare, sono passate da 60 a 101. Nel 2022 si sono registrate anche le prime 71 incursioni di droni dopo la visita del Presidente della Camera Nancy Pelosi nel mese di agosto.

Taiwan ha recentemente riportato il volo, negli ultimi anni, di decine di palloni aerostatici cinesi nel proprio spazio aereo (in media una volta al mese). Le dimensioni e il carico utile di questi palloni, secondo funzionari taiwanesi, lascerebbero presupporre che siano dedicati alla raccolta di dati atmosferici per sistemi radar e missilistici, piuttosto che per ordinarie esigenze meteorologiche (Taiwan reveals Chinese military balloons fly ‘very frequently’ into its airspace, The Financial Times, February 12, 2023).

 

Il destino di un’isola

Non mi soffermerò quindi su un’ulteriore valutazione, che sarebbe sicuramente meno completa, ma procederò nel prendere in esame gli elementi che meglio possono descrivere il dispositivo difensivo taiwanese, quali il terreno, le informazioni, le forze, e i tempi.

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Terreno

Taiwan è situata a 150 km a sud-est della costa cinese ed è separata dal Continente dall’omonimo Stretto. L’isola ha una superficie di 36.197 km2 (pari a circa due volte il Lazio – 17.232 km2) con uno sviluppo costiero di 1.566 km.

Il territorio di forma allungata, lungo 400 km e ampio 144 km, è per circa 1/3 pianeggiante e collinare nella parte occidentale (verso la Cina) dove si apre una vasta pianura litoranea; la zona centrale e orientale è attraversata da nord-est a sud-ovest parallelamente alla costa da una dorsale montuosa (con quote superiori ai 3.000 m) con scoscesi versanti rocciosi a est sull’oceano e  bassi e sabbiosi a ovest verso il continente.

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I corsi d’acqua hanno uno sviluppo limitato (non superano i 170 km) e sono a regime torrentizio; i fiumi maggiori scorrono verso ovest e nord, mentre brevi e precipiti sono quelli che sfociano nell’Oceano Pacifico.

Due recenti studi (The Emerging Military Balance in East Asia, 2017; The Chinese Invasion Threat: Taiwan’s Defense and American Strategy in Asia, 2017) delineano un approfondito scenario di come potrebbe essere un conflitto tra Taiwan e la Cina basato su statistiche, dottrina, manuali addestrativi, documenti di pianificazione del PLA e studi condotti sia dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sia dal Ministero della Difesa Nazionale di Taipei.

Taiwan comprende anche una serie di isole minori a pochi chilometri dalla costa cinese – di fatto la “prima linea” di difesa – quali Kinmen (12 isolette per 157 km2), a 3 km dalla città di Xiamen, e Matsu (19 isolette per 29 km2), a 16 km dalla città di Fuzhou, e le Penghu (90 isolette per 140 km2) nell’arcipelago delle Pescadores situate a 50 km a ovest di Formosa (come era conosciuta in passato Taiwan).

Le isole di Kinmen sono state oggetto di un fallito tentativo di sbarco nel 1949 da parte delle truppe cinesi comuniste, che furono respinte dalle forze nazionaliste. La fascia pianeggiante occidentale dell’isola, dove risiede prevalentemente la popolazione (circa 24 mil), è densamente urbanizzata (650 ab/km2; Lombardia 417 ab/km2). Le rimanenti (poche) aree pianeggianti a nord-est sono invece coltivate con estese risaie.

Limitati sono i collegamenti ovest-est per la presenza della dorsale montuosa. Le rotabili sono caratterizzate da numerosi ponti/cavalcavia, tunnel e percorsi che si sviluppano a fondo valle.

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Le zone idonee allo sbarco sono limitate ad alcune spiagge sulla costa occidentale e settentrionale, ognuna delle quali è (verosimilmente) stata predisposta alla difesa con ostacoli e accurati campo di tiro per contrastare l’invasione.

Questa situazione evidenzia alcuni fondamentali aspetti sul piano militare:

  • mancanza di “profondità strategica”, che non consentirebbe di articolare la difesa su più linee, accettando di perdere terreno per riorganizzare il dispositivo, come è invece stato possibile per l’Ucraina (oltre 1.000 km di estensione est-ovest);
  • presenza di pochi luoghi idonei allo sbarco di consistenti forze;
  • difficoltà di manovra per le forze sbarcate di progredire rapidamente all’interno per l’elevata urbanizzazione del territorio, le risaie, e la morfologia montuosa dell’isola;
  • limitate aree idonee ad aviosbarchi e elisbarchi;
  • condizioni meteo nello Stretto di Taiwan che limitano i movimenti di una vasta flotta da trasporto ai mesi di aprile e ottobre.

Le difficoltà connesse con la topografia dell’isola, la logistica per sostenere le forze sbarcate, la strenua difesa degli accessi al litorale a alle teste di ponte, la strenua guerriglia all’interno, e il conseguente rischio di subire forti perdite, furono gli elementi che convinsero lo Stato Maggiore Congiunto degli Stati Uniti a non invadere Taiwan (occupata dai Giapponesi sin dal 1895) nel settembre del 1944 (Operazione Causeway) e di concentrarsi sull’invasione di Okinawa (Operazione Iceberg).

 

Informazioni

Fondamentale per la sicurezza dell’isola è il sistema di early warning posto in atto che permette di monitorare in “tempo reale” le iniziative cinesi, in quanto ha la capacità di rilevare, caratterizzare e attribuire rapidamente la provenienza di un attacco e predisporre una reazione efficace (Early Warning in the Taiwan Strait, Project 2049 Institute, April 12, 2022).

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Il sistema si basa su radar terrestri e aerei a lungo raggio, e altri sensori, che ricercano, nel dominio terrestre, aereo, spaziale, marittimo, cibernetico ed elettromagnetico, indicazioni e segnali di potenziali minacce, ed è integrato da varie fonti d’intelligence, come lo humint e il sigint.

Il Comando Spaziale Statunitense (U.S. Space Command) condivide, inoltre, con Taiwan l’avviso di lancio di vettori balistici al momento della partenza attraverso sensori a infrarossi satellitari.

I radar di sorveglianza, che operano in sistema con il controllo del traffico civile, monitorizzano lo spazio aereo per individuare attività insolite attraverso i sistemi d’identificazione IFF (Identification Friend or Foe) e sensori passivi per determinare la natura del volo all’interno dell’ADIZ.

In caso di incursioni su larga scala, i radar a lungo raggio consentono di attivare per tempo le difese aeree terrestri e marittime e offrire alle autorità di Taiwan un essenziale preavviso per attuare i piani di contingenza per la difesa civile, la mobilitazione e intervenire, se del caso, contro l’intrusione di velivoli e/o naviglio cinese.

 

Le forze in campo

Taiwan si sta preparando da decenni a un possibile attacco della Cina. Da tempo riconosce che la Cina è troppo potente per poterla affrontare in un conflitto ad “armi pari”. Di conseguenza, Taipei si è orientata alla deterrenza del potenziale avversario in termini di costi umani, e quindi politici, che una guerra infliggerebbe alla Cina. Questa visione è stata confermata dalla pubblicazione del Ministero della Difesa Quadriennal Defense Review 2021, quale documento che delinea le modalità per affrontare l’invasione di Pechino.

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La strategia delle Forze Armate della ROC (Republic of China) è la “Resolute Defense and Multi-domain Deterrence” (Difesa Risoluta e Deterrenza Multidominio) che mira a sviluppare capacità congiunte e a fare uso di misure di dissuasione a lungo raggio per creare le condizioni atte a portare alla rinuncia dell’obiettivo cinese di occupazione dell’isola.

Tale strategia si concentra sulla solidità delle difese e sulla capacità di reazione per sfruttare le difficoltà dell’avversario nella critica fase di assemblaggio/imbarco della forza, attraversata dello stretto e di sbarco per fare in modo che l’offensiva risulti costosa e potenzialmente insostenibile (ROC National Defense 2021).

Un altro obiettivo è quello di dare agli Stati Uniti e ad altri potenziali alleati regionali (Giappone?) il tempo di dispiegare forze nel teatro dell’Indo-Pacifico per un intervento diretto o indiretto per alleviare la pressione su Taiwan, imponendo un blocco lungo i numerosi punti di strozzatura (choke point) che circondano la Cina.

I principi guida della guerra asimmetrica di Taiwan, enunciati nel citato Quadriennal Defense Review 2021, prevedono di “resistere al nemico sulla costa opposta, attaccarlo in mare, distruggerlo sul litorale e annientarlo sulla testa di ponte”, mediante interdizioni multiple e azioni di fuoco in profondità per degradarne le capacità operative, impedirgli di sbarcare e respingerlo una volta a terra.

Anche sulla base dell’esperienze del conflitto ucraino, Taipei sta articolando il proprio strumento militare in capacità classiche (navi, aerei, artiglierie e carri armati) e in capacità asimmetriche (missili da crociera a medio/lungo raggio, missili antinave, razzi a guida GPS, sistemi c/aerei mobili, armi c/c spalleggiabili, mine navali, droni e cyber) per condurre e sostenere una campagna di logoramento prolungata in aria, in mare e a terra.

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Il litorale è l’area e la fase del conflitto dove le Forze Armate taiwanesi hanno il potenziale per essere più letali; le invasioni anfibie – come la storia insegna – sono notoriamente complesse e difficili da coordinare.

Oltre alle capacità di difesa aerea e costiera, decenni di lavori di rafforzamento per la costruzione di posizioni di combattimento e di realizzazione di ostacoli attivi e passivi renderebbero onerosi un assalto anfibio e/o gli aviolanci/elisbarchi (tutte le zone “sensibili” sono state mappate e approntate per la difesa).

Nell’immaginario collettivo occidentale a tale strategia è stato attribuito il nome di “Dottrina del Porcospino” anche se nei documenti ufficiali taiwanesi non si fa menzione di questa denominazione.

Il termine “Porcupine Defense” è stato coniato per la prima volta nel 2008 dal professore William S. Murray per la U.S. Naval War College Review (Revisiting Taiwan ’s Defense Strategy), dove ha spiegato che si tratta di creare difese adeguate ad assicurare che Taiwan “possa essere attaccata e danneggiata, ma non sconfitta, almeno senza costi e rischi inaccettabilmente elevati”.

Qualora non fosse fermata la progressione avversaria, è prevista la condotta di una logorante guerriglia urbana resa possibile dalla forte densità abitativa e dalle difficoltà di attraversamento del territorio (estese risaie, montagne e percorsi obbligati) con un intenso impiego di armi anticarro e antiaeree portatili (utilizzate brillantemente dall’esercito ucraino), che non richiedono un particolare addestramento, e assicurano un sensibile vantaggio a chi difende un territorio conosciuto.

Non a caso, negli ultimi anni il PLA ha intensificato lo studio, l’addestramento e la preparazione ai combattimenti urbani, basandosi anche sulle osservazioni di altre Forze Armate e ora verosimilmente sulle esperienze del conflitto ucraino (The PLA’S evolving outlook on urban warfare: learning, training, and implications for Taiwan, Institute for the Study of War, 2022).

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Taiwan dispone di circa 215.000 effettivi, di cui 170.000 volontari, e oltre 1 milione di riservisti addestrati; i militari di leva (in servizio per quattro mesi) hanno compiti di carattere logistico-amministrativo.

Il Ministero della Difesa Nazionale, nel gennaio 2022, ha creato una nuova Agenzia, la All-out Defense Mobilization Agency, per migliorare ulteriormente le capacità delle riserve del Paese (Specialized agency responsible for reservists’ mobilization to launch Thursday, Focus Taiwan, December 29, 2021).

La coesione e la tenuta operativa di queste forze non è mai stata testata in combattimento, come del resto per il PLA che ha combattuto l’ultimo conflitto contro il Vietnam nel 1979.

Consapevoli di ciò, Taipei ha incrementato le attività addestrative congiunte con le Forze Armate statunitensi, mentre Pechino da alcuni anni partecipa con propri contingenti (2.240 militari nel 2022) alle missioni di Peacekeeping delle Nazioni Unite in Africa e Medio Oriente (MINURSO, UNIFIL, UNISFA, UNMISS).

Il Presidente Tsai Ing-wen ha recentemente annunciato, inoltre, l’estensione del servizio militare obbligatorio dagli attuali quattro mesi ad un anno, a partire dal 1° gennaio 2024, per rafforzare le capacità di reazione nazionali con un ruolo di supporto in tempo di guerra. Un provvedimento che richiederà di tener conto della necessità di disporre degli istruttori, risorse e infrastrutture per addestrare le reclute.

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Secondo la revisione della struttura militare annunciata dal Presidente Tsai il 27 dicembre 2022 le unità di volontari costituiranno la “spina dorsale” delle Forze Armate e saranno responsabili della difesa del territorio, dello spazio aereo e delle acque circostanti l’Isola.

I soldati di leva e i riservisti saranno responsabili della difesa interna (homeland defense), della protezione delle infrastrutture militari e critiche, e serviranno come forze di riserva. Le unità di difesa civile avranno principalmente il compito di svolgere un ruolo di supporto in tempo di guerra e di interventi nei soccorsi per pubbliche calamità/utilità in tempo di pace.

La mobilitazione su larga scala dell’Ucraina per contrastare l’invasione russa ha fatto sì che l’opinione pubblica taiwanese, un tempo riluttante, si sia dimostrata più favorevole all’idea di un ritorno a periodi più lunghi per i militari di leva.

L’esempio dell’Ucraina, inoltre, ha contribuito ad ispirare Taipei ad adottare misure per preparare la popolazione ad impegnarsi nella resistenza civile, organizzando corsi di primo soccorso, di autodifesa, di salvataggio e di evacuazione. A tutto ciò, ancorché Pechino sia in grado di valutare le capacità militari di Taiwan, comunque difficile in qualsiasi circostanza, avrebbe difficoltà a valutare la volontà di combattere della popolazione, una caratteristica fondamentale della guerra in Ucraina.

 

Tempi

Uno degli ostacoli principali dell’invasione per Pechino è la “sorpresa strategica” che difficilmente potrà realizzare per il sistema di early warning e per la diffusa reciproca presenza di attività di intelligence che sarebbero in grado di rilevare le attività di approntamento e di movimento propedeutiche all’allestimento della forza d’invasione.

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Come con l’aggressione dell’Ucraina, i servizi d’intelligence americani (e britannici) potrebbero rilasciare anticipatamente informazioni circa l’invasione dell’isola, come verificatosi quasi quattro mesi prima che la Russia attaccasse l’Ucraina.

Fonti di Taipei stimano in diverse settimane i tempi necessari per assemblare una forza d’invasione nei porti del continente idonea ad attaccare Taiwan. Ciò permetterebbe al sistema di early warning di adottare le conseguenti contromisure.

L’evidenza della riunione della forza anfibia sarebbe preceduta dalle preventive attività per la concentrazione delle forze sulla costa: mobilitazione parziale, misure di approntamento raramente viste nelle esercitazioni nei porti di fronte a Taiwan, dislocazione ospedali da campo nei pressi dei luoghi d’imbarco e dei campi di aviazione, ecc..

A causa delle condizioni meteorologiche (fitte nebbie, forti correnti marine, intense piogge, ecc.), inoltre, una flotta da trasporto di ampie dimensioni potrebbe attraversare lo Stretto senza particolari problemi solo nei mesi di aprile e di ottobre.

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In questo modo Taiwan avrà il tempo di attivare le strutture di comando e controllo in sedi protette, allontanare la flotta dai porti più vulnerabili, effettuare operazioni d’intelligence per neutralizzare eventuali agenti cinesi sull’isola, ridislocare le forze, disseminare mine marine, distribuire le armi ai riservisti (e alla popolazione) e provvedere alla mobilitazione civile.

Quest’ultimo aspetto riguarda la ”militarizzazione” della società per l’impiego sistematico di tutte le risorse civili a sostegno dello sforzo militare e la protezione di quelle direttamente interessate alla difesa militare (complessi industriali, vie di comunicazione strategiche, sistema dei trasporti, ecc.).

I tempi d’incertezza del preavviso potrebbero ridursi sensibilmente qualora la Cina dichiari di effettuare una esercitazione anfibia su vasta scala nello Stretto di Taiwan, come oramai svolge periodicamente, e poi invece proceda senza soluzione di continuità nell’invasione dell’sola.

Una prima atto della “riunificazione”, anche per verificare le reazioni internazionali (USA innanzitutto), potrebbe essere l’occupazione delle Isole Kinmen e Matsu distanti pochi chilometri dalla costa della Repubblica Popolare.

Alcuni osservatori paragonano la situazione di queste isole al Donbass ucraino, tenuto conto che nel corso degli anni si è rafforzato il rapporto tra le popolazioni delle due sponde, che parlano lo stesso dialetto e hanno comuni identità storico-culturali e legami personali e familiari. Recentemente è stato riattivato il servizio di ferryboat tra le due isole e la Cina, sospeso per quasi tre anni causa il covid-19 (Ferry connections between countries, China to continue, Taipei Times, Mon, Feb 06, 2023).

 

Quali lezioni e implicazioni dal conflitto ucraino?

I vertici politici e militari di Taipei prestano molta attenzione all’attuale conflitto in Ucraina in quanto offre un’ampia gamma di indicazioni per la propria situazione, pur essendo perfettamente coscienti che i problemi della difesa di Taiwan sono molto diversi da quelli di Kiev.

Non a caso, il seminario accademico organizzato ogni anno dalla National Defense University sugli studi di Sicurezza Internazionale e Regionale verteva lo scorso ottobre 2022 sull’esperienze emerse dallo scontro Ucraina-Russia e la loro applicabilità alla realtà taiwanese.

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Anche se non tutti questi insegnamenti sono utili per prepararsi all’aggressione cinese, in quanto Taiwan è un piccolo Paese insulare che non condivide confini con alleati degli Stati Uniti, è possibile trarre utili spunti relativi alla strategia, alla condotta delle operazioni, all’intelligence e alla logistica.

La maggior parte dell’assistenza statunitense e alleata (NATO e europea) a Kiev è affluita dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2023 utilizzando le numerose vie di collegamento terrestri attraverso l’Europa, che hanno permesso in tempi brevi di trasportare armi, aiuti umanitari e altra assistenza all’Ucraina.

Per Taipei risulterebbe molto più difficile ricevere la stessa quantità di rifornimenti durante un conflitto (o in sua previsione) in quanto la Cina potrebbe realizzare un blocco aereo e navale per contrastare l’accesso a Taiwan, anche se vari comandanti statunitensi sono fiduciosi di poter rompere questo tentativo di isolamento. Tale realtà suggerisce, in ogni caso, di accumulare scorte sull’isola prima di un conflitto.

Le principali lezioni apprese dalla situazione ucraina d’interesse di Taipei possono essere:

  • condotta delle operazioni in un ambiente multi-dominio e in relazione alla natura della minaccia e all’ambiente operativo;
  • capacità industriale su larga scala, indipendente e tecnologicamente avanzata, per garantire una produzione bellica autonoma, soprattutto di munizioni per l’elevato consumo giornaliero (oltre 20.000 colpi/giorno);
  • catena logistica, dall’organizzazione centrale alla zona dei combattimenti, semplice, lineare e ben definita;
  • riduzione dell’approvvigionamento di sub-componenti degli equipaggiamenti dall’estero (addirittura da un Paese ostile) per evitare il condizionamento dell’efficienza dei mezzi;
  • UAV diventati una componente chiave come arma aerea di attacco al suolo che aumenta le capacità di proiezione offensiva ed esercita una grande influenza sul campo di battaglia, rivelando le vulnerabilità dei sistemi d’arma terrestri (carri armati, artiglieria, radar e missili terra-aria) senza difese specifiche anti-droni;
  • componenti dei sistemi d’arma il più possibile intercambiabili e interoperabili per ridurre l’onere logistico e incrementare la standardizzazione delle esigenze di rifornimenti;
  • installazione di reti di collegamento tradizionali tenuto conto che i sistemi di C2 più sono sofisticati più diventano vulnerabili alle contromisure elettroniche e possono essere degradati per periodi di tempo;
  • artiglieria (mortai pesanti, cannoni, razzi a guida GPS) principale fonte di effetti e di perdite sul campo di battaglia (80% delle perdite);
  • sorgenti di fuoco indiretto inserite in un unico targeting cycle per ottimizzare le missioni di fuoco in relazione agli obiettivi (distanza, tipo, valore, ecc.);
  • il numero di cannoni e disponibilità di munizioni hanno una diretta rilevanza sugli effetti degli interventi, soprattutto se le interferenze elettroniche impediscono/disturbano l’uso di munizioni guidate;
  • i sistemi di fuoco indiretti senza una guida GPS riescono comunque ad ottenere una grande accuratezza senza un eccessivo consumo di munizioni, grazie alla digitalizzazione delle mappe combinata con i droni, che consentono la geolocalizzazione e il puntamento con maggiore precisione;
  • i cannoni antiaerei, in combinazione con le difese aeree più moderne, possono essere ancora letali contro elicotteri, velivoli e droni che operano a bassa quota (sono preferiti ai missili, ove possibile, grazie anche al costo molto più basso e alla maggiore disponibilità di munizioni);
  • dislocazione (sin dal tempo di pace) di depositi munizioni protetti (o di altri equipaggiamenti sensibili) di contenute dimensioni nelle retrovie delle posizioni di difesa principale per limitare i danni del fuoco avversario, evitando grandi depositi a ridosso della linea di contatto in quanto obiettivi vulnerabili (problema minimo per Taiwan che ricorre ai depositi in galleria);
  • gli ostacoli passivi ed attivi (campi minati, fossati anticarro, ecc.), i possibili obiettivi nemici (spiagge, zone di avio/eli sbarco, aeroporti, incroci, strisce di atterraggio, ecc.) devono essere mappati e protetti con il fuoco delle artiglierie;
  • la mobilità fuori-strada, la dispersione, la mimetizzazione, l’occultamento e l’inganno aumentano la sopravvivenza delle forze;
  • la sopravvivenza può essere influenzata in modo significativo dalla capacità di “nascondere” le posizioni all’osservazione degli UAV e dalla riduzione delle emissioni elettromagnetiche per impedirne il rilevamento da parte dei sistemi EW;
  • le reti mimetiche – in particolare quelle in grado di oscurare l’osservazione multi-spettro – possono migliorare i livelli di sopravvivenza e ridurre la capacità avversarie di rilevare gli obiettivi dal cielo;
  • tutte le unità (di combattimento e di supporto) dovrebbero avere lo stesso addestramento.

 

Non una questione di “se” ma di “quando”

Recentemente il Direttore della CIA, William Burns, ha affermato in una intervista alla CBS (26 febbraio 2023) […] credo che dobbiamo prendere molto sul serio le ambizioni di Xi per quanto riguarda il controllo finale di Taiwan. Tuttavia, a nostro avviso, questo non significa che un conflitto militare sia inevitabile. Sappiamo, come è stato reso pubblico, che il Presidente Xi ha dato istruzioni al PLA, la leadership militare cinese, di essere pronto entro il 2027 a invadere Taiwan, ma questo non significa che abbia deciso di invadere nel 2027 o in qualsiasi altro anno.

Credo che il nostro giudizio sia che il Presidente Xi e la sua leadership militare dubitino oggi della possibilità di realizzare tale invasione. Credo che l’esperienza di Putin in Ucraina abbia probabilmente rafforzato alcuni di questi dubbi. Quindi, tutto ciò che vorrei dire è che penso che i rischi di un potenziale uso della forza probabilmente aumentano quanto più si va avanti in questo decennio e oltre, anche nel decennio successivo […].

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Nonostante questa potenziale minaccia, quando si passeggia per le colorate vie di Taipei non si ha l’impressione di essere in una società che si aspetta un attacco incombente: a Taiwan non si vive come in Israele.

L’invasione potrebbe iniziare con l’occupazione delle isole Kinmen e Matsu (per testare la reazione internazionale) e un concomitante blocco navale per interdire le linee di comunicazione marittime e un blocco aereo per stabilire (e far rispettare) una no-fly zone su Taiwan e costringere la leadership di Taipei ad accettare un dialogo per una soluzione politica. L’isola, per la carenza di risorse naturali, dipende fortemente dalle importazioni (petrolio, componenti di prodotti elettronici, prodotti minerali, macchinari, prodotti chimici e alimentari, medicinali, ecc.).

Pechino preferirebbe, infatti, assorbire Taiwan senza l’uso della forza, come ha pubblicamente affermato il Presidente Xi Jinping. Qualora questa prima fase dell’aggressione non dovesse fornire i risultati auspicati, Pechino sarebbe costretta a procedere con un intervento militare che, al di là delle operazioni anfibie iniziali, comporterebbe di dover fronteggiare rilevanti sfide, tra cui le reazioni della Comunità Internazionale (modello sanzioni contro la Russia).

Il successo di una operazione di tale natura dipenderà dalle capacità del PLA non solo di contrastare il potenziale intervento americano (e forse di altri Paesi) ma anche di prendere il controllo di Taiwan rapidamente per conseguire il “fatto compiuto” che sarebbe difficile da revocare (modello Crimea).

La strategia di difesa asimmetrica di Taiwan ha proprio lo scopo di guadagnare tempo ed attendere (l’auspicato) intervento statunitense.

la U.S. 2022 National Defense Strategy identifica chiaramente la “attività coercitiva della Cina nei confronti di Taiwan” come la “sfida da affrontare” per il Dipartimento della Difesa.

Tenuto conto, peraltro, che Taipei non da per scontato che gli Stati Uniti siano disposti a sacrificare vite americane per difendere l’isola dall’aggressione cinese, in assenza di un trattato di mutua difesa, le Forze Armate taiwanesi sono organizzate per contrastare autonomamente (self-reliant defense policy) tutte le possibili azioni del PLA lungo il continuum pace-guerra applicando la Resolute Defense and Multi-domain Deterrence.

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Ovviamente Taiwan apprezzerebbe qualsiasi forma di assistenza e di sostegno da parte di Washington (modello Ucraina), fondamentali per la sicurezza dello Stretto, che consentirebbe alle proprie Forze Armate di combattere con maggiore sicurezza.

Sin dall’istituzione del Taiwan Relations Act nel 1979 (disposizioni in merito ai rapporti culturali, commerciali, diplomatici, strategici, militari e difensivi con Taipei), gli Stati Uniti sono stati deliberatamente vaghi sul loro impegno di sicurezza nei confronti di Taiwan (Washington ha mantenuto a lungo una politica di “ambiguità strategica” che non rende chiaro se lo farà o meno), anche se le recenti dichiarazioni del Presidente Biden (Biden leaves no doubt: ‘Strategic ambiguity’ toward Taiwan is dead’, Politico, 9 settembre 2022) sono state interpretate come un chiarimento dell’intenzione di difendere Taipei.

In effetti, negli ultimi anni la collaborazione tra Taiwan e gli Stati Uniti appare sempre più solida come lo dimostrano i dialoghi politici di alto livello, scambi di intelligence, ricerche e studi operativi, addestramento del personale, sviluppo degli armamenti e cooperazione nell’industria della difesa.

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Nessuno sa, tuttavia, cosa potrebbe decidere un futuro Presidente degli Stati Uniti in caso di aggressione. Ma la guerra in Ucraina ha convinto i vertici politici e militari taiwanesi che, per ottenere il sostegno internazionale, devono mostrare la capacità e la volontà di fronteggiare da soli l’assalto comunista, almeno inizialmente.

In base al Taiwan Relations Act e alle Six Assurances (linee guida nella condotta delle relazioni tra Stati Uniti e Taiwan del 1982, soprattutto per la vendita delle armi), Taipei continua a migliorare le proprie capacità di difesa attraverso differenziati programmi di acquisizione di armi e di equipaggiamenti, prioritariamente con sviluppo e produzione autonoma tramite l’industria nazionale, e di cooperazione con gli Stati Uniti già instaurata a più livelli.

I tempi, tuttavia, di vendite di armi a Taiwan in tempo di pace sono diversi dai tempi di consegna degli aiuti militari all’Ucraina in tempo di guerra (gli USA non agiscono con urgenza in assenza di una crisi/conflitto).

Anche se non vi sono segnali di una mobilitazione imminente delle Forze Armate cinesi per un attacco, e lo stesso Xi Jinping nel suo discorso all’ultimo Congresso del Partito Comunista non ha menzionato alcuna tempistica per la “riunificazione” al Paese dell’isola, i vertici politici e militari taiwanesi ritengono inevitabile un conflitto con la RPC e sono convinti che l’invasione non sia una questione di “se” ma di “quando”.

Immagini (ove non specificate nella foto):: Ministero Difesa di Taiwan, US DoD, China Military e PLA

 

 

Giorgio BattistiVedi tutti gli articoli

Generale di Corpo d'Armata (Aus.), Ufficiale di Artiglieria da Montagna, ha espletato incarichi di comando nelle Brigate Alpine Taurinense, Tridentina e Julia ed ha ricoperto diversi incarichi allo Stato Maggiore dell'Esercito. Ha comandato il Corpo d'Armata Italiano di Reazione Rapida della NATO (NRDC-ITA), l'Ispettorato delle Infrastrutture e il Comando per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell'Esercito. Ha partecipato alle operazioni in Somalia (1993), in Bosnia (1997) e in Afghanistan per quattro turni. Ha terminato il servizio attivo nell'ottobre 2016.

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