F-16 all’Ucraina: l’ennesimo autogol dell’Europa e il possibile ruolo dell’Italia

 

 

“Ho avuto la netta assicurazione da Zelensky che non useranno gli F-16 su territorio geografico della Russia” ha detto Joe Biden nella conferenza stampa finale del G7, spiegando che l’eventuale fornitura di questi caccia è intesa in una prospettiva lunga e non avrebbe nessun ruolo in questa fase in cui ci si attende la controffensiva di Kiev.  Per Biden è “molto improbabile” che gli F-16 abbiano un ruolo in questo contesto ma lo avranno in un contesto in cui gli ucraini abbiano successo nel prossimo futuro, e dovranno continuare a combattere con i russi che si saranno spostati in aree che non sono più raggiungibili con le attuali capacità”.

La decisione statunitense di sostenere gli alleati europei disposti a cedere i propri vecchi F-16 A/B (aggiornati ma risalenti agli anni ’80) all’Ucraina conferma quanto emerso già nei mesi scorsi e che più volte abbiamo evidenziato su Analisi Difesa: la conversione delle forze aeree di Kiev da velivoli e dotazioni di tipo russo/sovietico potrà avvenire solo a guerra finita o in seguito a un prolungato cessate il fuoco e non certo in tempi brevi.

I tempi necessari ad addestrare il personale tecnico e i piloti richiedono almeno 18/24 mesi (in tempo di pace) e l’intero pacchetto che comprende velivoli, ricambi e sostegno logistico per motori, armi e dotazioni elettroniche non può venire realizzato nelle basi aeree ucraine minacciate dai bombardamenti russi e già in gran parte compromesse da 15 mesi di guerra. Al tempo stesso sembra da escludere che F-16 con le insegne ucraine possano colpire le forze russe operando da basi aeree situate in nazioni aderenti alla NATO, come ipotizzato oggi dall’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov.

Vediamo in breve quanti F-16 sono o saranno presto disponibili per venire ceduti all’Ucraina.

Il ministro degli Esteri portoghese, João Gomes Cravinho ha detto al Diario de Noticias che Lisbona non invierà F-16 all’Ucraina perché “non ha un numero illimitato di aerei” (25 in servizio mentre altri 17 li ha ceduti alla Romania) ma sull’eventuale addestramento di piloti “il Portogallo è aperto a questa possibilità, abbiamo piloti e istruttori molto bravi e sono disponibili a lavorare con i colleghi di altri Paesi che possiedono F-16 per addestrare i piloti ucraini”.

La Romania potrebbe forse fornire addestramento ma difficilmente potrà cedere i suoi 14 F-16 in servizio mentre ne attende altri 32 dalla Norvegia, a meno che alle forze aeree di Bucarest non vengano offerti (dal surplus statunitense?) F-16 di versioni più recenti in cambio della cessione dei vecchi F-16 a Kiev, operazione che in ogni caso richiederebbe tempo.

La Slovacchia ha ordinato a Lockheed Martin 14 nuovi F-16V Viper non ancora consegnati e non cedibili, la Bulgaria non comincerà a ricevere prima del 2025 gli 8 F-16 Block 70 ordinati nel 2019 e neppure la Polonia è disponibile a cedere parte dei suoi 48 F-16 C/D ma potrà contribuire attivamente all’addestramento dei piloti e tecnici ucraini (che potrebbe essere già cominciato).

Sulla carta sono diverse decine gli F-16 in radiazione dalle aeronautiche danese, norvegese, olandese e belga (dove vengono progressivamente rimpiazzati dagli F-35) cedibili all’Ucraina insieme a pezzi di ricambio mentre a causa dell’elevato numero di ore volate alcuni esemplari saranno difficilmente impiegabili in compiti operativi ma potranno venire cannibalizzati.

Tra le nazioni che possono offrire all’Ucraina aerei, addestramento e supporto tecnico vi sono certamente il Belgio che ne schiera 44 in fase di rimpiazzo con 34 F-35; la Norvegia che ha radiato gli ultimi 57 F-16 AM/BM nel 2022, dopo 42 anni di servizio, vendendone 44 all’estero; la Danimarca sta rimpiazzando 33 F-16A/B con 27 F-35 mentre all’Olanda sono rimasti 42 F-16AM/BM (24 operativi) in attesa che vengano completate le forniture di 37 F-35.

Yuriy Sak, consigliere del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, ha affermato che “l’Olanda è nella posizione di essere il primo Paese a donare F-16 all’Ucraina” come riporta il giornale statunitense Politico. La Reale Aeronautica olandese ha attualmente in uso 24 F-16  (nelle foto sopra e sotto) che sono “dispiegabili operativamente e rimarranno in uso fino alla metà del 2024”, ha detto un portavoce del ministero della Difesa olandese citato dal giornale.

“Successivamente, saranno disponibili per altre destinazioni, inclusa la vendita”. I Paesi Bassi hanno anche altri 18 F-16 “che non sono più utilizzati operativamente e possono anche avere una destinazione diversa. Per 12 di questi 18 era originariamente previsto il trasferimento a una società privata (Draken International che offre alle aeronautiche militari servizi di addestramento al combattimento – NdR), ma il trasferimento è stato posticipato”, ha osservato il portavoce. “Stiamo lavorando sulla tempistica concreta per l’inizio dei corsi di formazione” ha dichiarato oggi il ministro olandese della Difesa, Kajsa Ollongren.

La Grecia dispone di 150 F-16 dei quali 84 Block 50/52 verranno aggiornati allo standard Viper mentre 70 più vecchi Block 30/32 non verranno ammodernati anche se Atene non sembra disposta a cederli.

In base alle disponibilità rese note potrebbero essere quindi 100/110 gli F-16 cedibili entro un paio d’anni da almeno quattro nazioni della NATO all’Ucraina anche se probabilmente non tutti in condizioni di volare, più forse qualche altra decina tra qualche anno.

Altre nazioni europee che impiegano o riceveranno F-16 (portoghesi, rumeni, slovacchi, bulgari) potrebbero offrire formazione e supporto tecnico a Kiev. L’intera operazione richiederà alcuni miliardi di euro di investimenti, considerando anche la necessità di riconfigurare l’intera struttura dell’Aeronautica Ucraina e delle sue basi su mezzi ed equipaggiamento standard NATO.

Il portavoce dell’Aeronautica Ucraina, colonnello Yuri Ihnat (nella foto sotto), ha stimato in circa 150 il numero di aerei da combattimento occidentali necessari per sostituire e l’attuale flotta composta da Mig 29, Su-27, Su-25 e Su-24. Inhat aveva ipotizzato in precedenza una necessità di 200 F-16 dichiarando nei giorni scorsi di aspettarsi inizialmente diverse decine di caccia di fabbricazione occidentale, dopo che Washington ha dato la luce verde.

Il 21 maggio il primo ministro canadese Justin Trudeau ha manifestato la volontà di contribuire all’addestramento dei piloti ucraini: il Canada non ha mai avuto in dotazione gli F-16 ma potrebbe formare i giovani piloti ucraini offrendo loro l’addestramento avanzato prima del passaggio all’F-16. Anche Londra ha aderito all’intesa per fornire F-16 all’Ucraina pur non avendo mai schierato aerei di questo tipo.

Il ruolo britannico potrebbe riguardare quindi l’addestramento degli allievi piloti ucraini e l’integrazione di armi britanniche (come i missili Brimstone o da crociera Storm Shadow) sugli F-16 ucraini ma non si può escludere neppure che i britannici intendano reperire velivoli da combattimento di questo modello sul mercato internazionale da girare poi all’Ucraina, come è stato fatto con diversi mezzi terrestri.

Per Mosca il possibile invio di caccia F-16 all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali dimostra che “i paesi dell’Occidente sono sempre più coinvolti” nel conflitto, anche se “questo non può cambiare radicalmente la situazione al fronte” ha detto il portavoce del Cremlino Dimitri Perskov

 

Quale ruolo per l’Italia?

Il 22 maggio il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha dichiarato che “noi non abbiamo F-16 quindi non possiamo inviare in Ucraina aerei che non abbiamo” aggiungendo che tutte le questioni che riguardano decisioni è di tipo militare o di azione per la difesa Ucraina debbano essere prese insieme dalla Nato e dall’Unione Europea. Saranno importanti le discussioni che ci saranno al consiglio informale della Nato il 31 di questo mese e il primo di giugno e poi al vertice di Vilnius. Lì si affronteranno molti aspetti”.

L’Italia non dispone di F-16 (che la nostra Aeronautica impiegò in 34 esemplari dal 2003 al 2012 prendendoli in leasing negli Stati Uniti per colmare il gap nella  difesa aerea in attesa dei Typhoon) ma potrebbe ricoprire un ruolo rilevante nella formazione dei giovani piloti ucraini destinati a volare sugli F-16 offrendo l’addestramento avanzato sui velivoli Leonardo M-346 Master e allargando ai piloti di Kiev la frequentazione dell’International Flight Training School (IFTS) istituita a Lecce Galatina e in fase di trasferimento nell’aeroporto sardo di Decimomannu già utilizzata da piloti da combattimento di molte nazioni alleate incluse Gran Bretagna, Kuwait e Giappone.

Un’occasione rilevante per l’Italia per offrire servizi di addestramento avanzati e promuovere l’M-346 come futuro addestratore dell’Aeronautica Ucraina con l’obiettivo di acquisire una parte delle commesse per la conversione, riequipaggiamento e riorganizzazione dello strumento militare ucraino che verranno finanziate da NATO, Ue e paesi donatori.

Se il business della conversione dei piloti ucraini da Mig e Sukhoi agli F-16 sarà gestita dalle forze aeree che schierano questo tipo di velivoli, l’Italia può puntare sulla formazione della nuova generazione di piloti dell’Aeronautica Ucraina. Un settore in cui Roma dovrà affrontare con ogni probabilità la concorrenza britannica e canadese.

Per questo sarebbe utile avviare subito un’iniziativa politica all’interno di NATO e Ue e nelle relazioni militari bilaterali con l’Ucraina per assicurare all’IFTS (gestita congiuntamente da Aeronautica Militare e Leonardo) e all’industria nazionale il maggior ritorno possibile in cambio del sostegno che l’Italia offre a Kiev in termini militari, finanziari e umanitari.

Attendere che iniziative in tal senso vengano annunciate ufficialmente da UE e NATO significa rischiare di arrivare tardi, quando interessi e quote nazionali sono già stati attribuiti e regolati all’interno di accordi diretti. Meglio guardare allora a come la tedesca Rheinmetall si è aggiudicata il riequipaggiamento dell’Esercito Ucraino con prodotti tedeschi che verranno realizzati, a guerra finita, in buona parte in nuovi stabilimenti che verranno aperti in Ucraina.

Valutazioni di questo tenore riguardano anche il ruolo che l’Italia potrebbe ricoprire nella ricostituzione della Marina Ucraina attuando già ora programmi di addestramento del personale ucraino e puntando a far finanziare da NATO e UE il refitting di alcune unità già radiate dalla Marina Militare o di prossima uscita dai ranghi quiali fregate classe Maestrale, pattugliatori classe Costellazioni, cacciamine….).

Un’iniziativa basata sulla ottimistica valutazione che l’Ucraina continuerà a conservare il controllo della città e del porto di Odessa e che potrà svilupparsi solo quando le armi taceranno ma che porterebbero a Marina e industria (Fincantieri, Leonardo, Elettronica….) commesse per addestramento del personale, aggiornamento delle unità e rinnovo delle dotazioni e degli armamenti. Anche in questo caso meglio muoversi in fretta tenendo conto che i britannici sono già in pole position avendo fornito alla Marina Ucraina elicotteri Sea King, droni subacquei e di superficie per le operazioni contro la flotta russa e l’impegno a trasferire di un paio di cacciamine.

 

L’ennesimo autogol dell’Europa

Del resto, dopo aver compromesso la stabilità energetica, economica e sociale dell’Europa, la guerra in Ucraina minaccia anche le prospettive dell’industria della Difesa europea non solo perché gli anglo-americani sono i “maggiori azionisti” della NATO e delle forze armate ucraine ma anche perché molti partner dell’Alleanza Atlantica e della stanno facendo incetta di sistemi d’arma anglo-americani a spese dei prodotti continentali.

In questo contesto le pressioni di alcune nazioni del Nord Europa per fornire gli F-16 all’Ucraina costituiscono un enorme autogol oppure, a seconda dei punti di vista, un enorme regalo all’industria della Difesa degli Stati Uniti. Washington non intende fornire a Kiev propri velivoli (cioè F-16 surplus dell’USAF) per non accentuare gli attriti con Mosca a pochi mesi dall’inizio della campagna elettorale presidenziale ma ha tutto l’interesse a vedere la futura Aeronautica Ucraina riconfigurarsi su un velivolo “made in USA”.

Questo significa che ricambi, armi imbarcate ed eventuali aggiornamenti per i vecchi F-16 ceduti dalle forze aeree europee saranno acquistati negli USA e che tra qualche anno l’Ucraina guarderà con ogni probabilità alle nuove versioni di questo versatile velivolo, come la Viper (se non addirittura agli F-35) per ammodernare la sua flotta da combattimento.

L’Europa e la sua industria della Difesa hanno perso l’occasione di imporre all’Ucraina (in cambio degli aiuti militari ed economici e dell’impegno a farla entrare nella Ue) di pianificare il futuro della sua forza aerea nel dopoguerra su velivoli europei, ipoteticamente addestratori avanzati Leonardo M-346 e aerei da combattimento Eurofighter Typhoon e/o Dassault Rafale.

Velivoli disponibili oggi anche di seconda mano e già equipaggiabili con i missili da crociera Storm Shadow/SCALP di MBDA che la Gran Bretagna ha fornito a Kiev (che li ha impiegati per colpire depositi e comandi russi a Lugansk e Berdyansk) le la Francia fornirà presto e che non sono mai stati integrati sugli F-16 di Lockheed Martin.

Del resto proprio oggi l’alto rappresentante della politica estera UE, Josep Borrell, ha dichiarato che grazie ai fondi dell’European Peace Facility abbiamo reso disponibili aiuti militari all’Ucraina per un valore di 10 miliardi di euro  fornendo 220 mila munizioni d’artiglieria e 1.300 missili.

Con quali ritorni?

 

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Ucraino, Reale Aeronautica Olandese,  European Peace Facility e Global Security.

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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