La battaglia di Bakhmut e l’abuso del termine “strategico”
Ma davvero Bakhmut ricopre un ruolo strategico nella guerra in Ucraina? Nei mesi che si sono susseguiti, da quando i russi hanno preso di mira quel settore del fronte, non c’è stato giorno in cui non si sia dibattuto sull’argomento facendo ampio uso di questo aggettivo, probabilmente perché “strategico” viene istintivamente associato a tutto ciò che ricopre un’importanza fondamentale nel contesto di un’attività, in particolar modo militare.
Il che è vero, ma solo in parte poiché se tutto ciò che è importante è “strategico”, allora si rischia di creare troppe aspettative su un evento certamente rilevante, ma che da solo non ha la possibilità di generare gli effetti necessari per modificare realmente lo stato delle cose. Vale quindi la pena, a mio avviso, spendere qualche minuto per descrivere il significato da attribuire, in senso strettamente militare, a questo termine con riferimento alle operazioni in corso nel conflitto in Ucraina.
I livelli delle operazioni
La concezione, pianificazione e condotta delle operazioni militari coinvolge tre livelli di responsabilità (anche detti “livelli delle operazioni”): strategico, operativo e tattico. Questi, delineano le connessioni tra gli obiettivi strategici da conseguire e le attività tattiche da condurre e definiscono le responsabilità decisionali in merito alla direzione, pianificazione, approntamento, comando, condotta, sostegno e valutazione dell’andamento di un’operazione.
In particolare, al livello strategico, vengono individuati gli obiettivi politici da conseguire, emanate le direttive strategiche per il comandante operativo e realizzate le condizioni politico militari necessarie per consentirgli di pianificare ed eseguire la missione.
Il livello politico-strategico definisce cioè gli scopi dell’operazione (Ends), indica le modalità secondo le quali gli strumenti militari, politici, economici nazionali o internazionali devono essere coordinati per realizzare le condizioni desiderate (Ways), stabilisce le risorse, militari e non militari, rese disponibili per l’assolvimento della missione (Means) e determina limiti e vincoli relativi agli effetti da generare.
Per intenderci, gli obiettivi strategici dell’attuale conflitto in Ucraina sono stati definiti ai massimi livelli a Mosca e a Kiev. L’obiettivo strategico russo della prima fase dell’invasione era quello di conquistare l’Ucraina occupando Kiev e i centri urbani principali in dieci giorni, neutralizzare l’esercito ucraino, insediare un governo filorusso creando le condizioni per l’annessione dell’Ucraina alla Russia che sarebbe dovuta avvenire nell’agosto del 2022.
A seguito della débâcle del primo mese di guerra, l’obiettivo principale è stato ridefinito: compromettere l’esercizio della sovranità da parte del governo ucraino sull’interezza del proprio territorio attraverso la conquista dell’intera regione del Donbass, il controllo dei territori adiacenti al Mar Nero, da Odessa a Zaporizhzhya, garantire l’inviolabilità e la difesa a oltranza della Crimea.
Dalla parte di Kiev valgono, ovviamente, le considerazioni opposte. Nella prima fase del conflitto, l’obiettivo strategico era quello di garantire la funzionalità del governo e l’integrità territoriale difendendo la capitale ad ogni costo ed evitando la perdita di ulteriori parti di territorio a est e a sud. Successivamente, si è aggiunto il ripristino dei confini prebellici del 2014 ricacciando le forze russe da dove sono venute.
In altre parole, un obiettivo militare strategico definisce lo stato finale auspicato di una guerra o di una campagna.
Il livello operativo è quello che pianifica e conduce le operazioni a livello interforze trasformando le direttive strategiche in una serie programmata di azioni militari integrate, armonizzando l’impiego delle componenti single service del livello tattico (cioè le forze terrestri, aeree e navali) poste sotto il proprio comando operativo, creando le condizioni che devono portare al successo. Infine, il livello tattico pianifica e conduce le operazioni che concretizzano la linea d’azione definita dal livello operativo. Anche i comandanti operativi e quelli tattici definiscono i loro rispettivi obiettivi, il raggiungimento dei quali rende possibile la vittoria nei termini stabiliti dal livello strategico.
Ed è in quest’ultimo contesto che va analizzata la battaglia per il controllo di Bakhmut. La città è il punto nevralgico della linea difensiva Bakhmut-Siversk dove gli ucraini hanno rafforzato le difese e sostituito unità che avevano combattuto incessantemente sin dall’inizio dell’offensiva. Assieme al centro abitato di Soledar, già in mani russe, costituisce la seconda linea difensiva nei distretti amministrativi di Donetsk e Lysychansk.
Da qui, le forze di Kiev possono ulteriormente retrocedere sino a raggiungere l’area-fortezza di Sloviansk-Kramatorsk caduta la quale, si accede al saliente di Donetsk, conseguendo uno degli obiettivi operativi di Mosca funzionali al controllo del Donbass (obiettivo strategico).
Non a caso i russi hanno individuato la direttrice di attacco principale dell’Ucraina orientale in questo settore, mantenendola ben alimentata (con costi enormi) rimanendo sulla difensiva su tutti gli altri segmenti del fronte. Questo grazie anche alla prossimità della città con le linee russe del fronte che ha permesso un’agevole alimentazione tattica e logistica delle unità impegnate.
La conquista di Bakhmut consentirà alle forze di Putin di colpire con le proprie artiglierie le città di Kramatorsk e Slovyansk, a ovest della città, luoghi chiave della regione ma, soprattutto, costringerà Kiev a continuare a impiegare risorse cospicue in quel settore del fronte per scongiurare ulteriori progressioni russe. Ma tutto ciò non è sufficiente per elevare Bakhmut al rango di obiettivo strategico, neanche se attribuiamo alla città il ruolo di hub attraverso cui Kiev rifornisce le sue truppe nella regione.
Esempi celebri
Non lo fu neanche Stalingrado nella Seconda guerra mondiale, per citare un esempio molto conosciuto, importante centro industriale e di trasporto sul fiume Volga. La sua conquista avrebbe aperto le porte ai giacimenti petroliferi del Caucaso e garantito il controllo del fiume, rotta chiave dal Caucaso e dal Mar Caspio alla Russia centrale, interrompendo il traffico fluviale commerciale. Tutte condizioni importanti da realizzare, nel disegno operativo tedesco, per concorrere al conseguimento dell’obbiettivo strategico della capitolazione di Mosca, che non avvenne.
Non lo fu il celebre sbarco nel porto di Incheon, (nella foto sotto) città costiera a circa quaranta chilometri a ovest di Seul, avvenuto nel 1950 durante la Guerra di Corea (1950-53), dove il generale Mac Arthur (comandante operativo) piombò alle spalle delle linee nordcoreane, attestate più a sud (perimetro di Pusan) costringendo l’avversario a interrompere l’offensiva e a ritirarsi verso nord.
In quella circostanza furono realizzate condizioni importantissime che permisero al contingente internazionale di riprendere l’iniziativa e di non essere ricacciato in mare a sud da dove era venuto. Gli alleati conseguirono l’obiettivo strategico di impedire alla Corea del Nord di conquistare l’intera penisola, ma non quello di riunificarla sotto la bandiera della democrazia. Anzi, l’intraprendenza di Mac Arthur provocò l’entrata in gioco della Cina che riportò i confini più o meno da dove si era partiti all’inizio dell’invasione.
Analogamente, la riconquista di Kherson e di Kharkiv da parte delle forze di Kiev lo scorso anno ha realizzato alcune condizioni del disegno operativo ucraino, ma che da sole non hanno certamente conseguito l’obiettivo strategico di cacciare i russi oltre confine.
Questo perché ogni città può essere più o meno importante ma nessuna, ad esclusione delle capitali ovviamente, è “strategica” nel senso strettamente militare del termine. Spiace quindi deludere le aspettative, ma in tutti i casi che abbiamo esaminato stiamo parlando di successi più o meno rilevanti conseguiti a livello tattico, facenti parte di un unico disegno operativo, che risulteranno significativi nella misura in cui riusciranno a creare le condizioni decisive perché da una parte o dall’altra vengano soddisfatte le aspettative politiche di partenza, o si dichiari che si è combattuto abbastanza concordando il cessate il fuoco.
La caduta di Bakhmut non porrà termine al conflitto anche perché, almeno mentre scriviamo, né Russia né Ucraina ritiene opportuno ridimensionare le rispettive aspettative. Gli obiettivi strategici da conseguire sono molto ambiziosi, le condizioni da realizzare sul campo di battaglia sono molteplici perché il fronte è amplissimo, e la guerra sarà ancora molto lunga.
Foto: PMC Wagner, Z-Komitet/Telegram, US DoD e Ministero Difesa Ucraino
Maurizio BoniVedi tutti gli articoli
Nato a Vicenza nel 1960, è stato il vice comandante dell'Allied Rapid Reaction Corps (ARRC) di Innsworth (Regno Unito), capo di stato maggiore del NATO Rapid Reaction Corps Italy (NRDC-ITA) di Solbiate Olona (Varese), nonché capo reparto pianificazione e politica militare dell'Allied Joint Force Command Lisbon (JFCLB) a Oeiras (Portogallo). Ha comandato la brigata Pozzuolo del Friuli, l'Italian Joint Force Headquarters in Roma, il Centro Simulazione e Validazione dell'Esercito a Civitavecchia e il Regg. Artiglieria a cavallo a Milano ed è stato capo ufficio addestramento dello Stato Maggiore dell'Esercito e vice capo reparto operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma. Giornalista pubblicista, è divulgatore di temi concernenti la politica di sicurezza e di difesa.