Le missioni militari italiane nel 2023

 

 

Anche quest’anno l’insieme dei documenti predisposti dal Governo e volti a definire il quadro delle missioni condotte dalle nostre Forze Armate all’estero è stato approvato dal Consiglio dei Ministri (e quindi presentato al Parlamento) con un pesante ritardo. Certo, decisamente meglio del 2022 quando si era addirittura dovuto attendere luglio per avere contezza delle scelte in materia operate dal precedente Governo.

Utile ricordare che la Legge n. 146 del 2016 (la cosiddetta “legge quadro sulle missioni internazionali”) prevede lo svolgimento di una apposita sessione parlamentare sull’andamento delle missioni autorizzate da svolgere entro il 31 dicembre di ciascun anno e questo proprio al fine di garantire la massima informazione. Più in particolare, essa prevede anche che entro tale data il Governo presenti alle Camere una relazione analitica sulle missioni in corso, anche ai fini della loro prosecuzione per l’anno successivo, nonché le deliberazioni su nuove ed eventuali missioni

Per spiegare meglio quanto sia paradossale questa soluzione basti notare che anche nel 2023 il Parlamento sarà chiamato a esprimere un parere perfino su missioni praticamente già concluse al momento della discussione.

Discussione infine che, c’è da temere, non presenterà particolari momenti di approfondimento. Rendendo quindi il dibattito sull’impegno militare internazionale del nostro Paese, davvero lontano dallo spirito con il quale era stata varata la stessa 145/2016 che prevedeva una seria riflessione sui risultati raggiunti dalle missioni in corso e (più in generale) sull’impatto di tale impegno.

Del resto, è stato lo stesso ministro della Difesa nel corso delle sue dichiarazioni programmatiche in Parlamento negli scorsi mesi a evidenziare la necessità di un “tagliando” a questa legge. Passaggio che sarebbe quanto mai opportuno, soprattutto per trovare una soluzione strutturale che eviti i sopra evidenziati ritardi. Fermo restando che simili leggi sono e restano solo degli strumenti e spetta poi al Parlamento sfruttane tutte le opportunità di approfondimento o trasformarlo in un mero passaggio burocratico.

 

Il quadro di riferimento

Il quadro geo-strategico per il nostro Paese continua a essere condizionato dalla invasione Russa dell’Ucraina. Perché come ricorda la stessa «Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso…, riferita all’anno 2022, anche al fine della relativa proroga per l’anno 2023», essa non ha solo riportato un conflitto di natura “tradizionale” in Europa ma, così facendo, ha anche rimesso al centro dell’attenzione l’impiego “fisico” dello strumento militare in un conflitto tra Stati. Per non parlare di tutte le sue conseguenze più ampie sullo scacchiere globale.

In un contesto così complesso e volatile, il Governo ribadisce comunque le linee guida che hanno ispirato il quadro delle missioni internazionali del nostro Paese negli ultimi anni.

La dimensione di riferimento per l’Italia, quella al cui interno insistono cioè i prevalenti interessi strategici nazionali, rimane quella del Mediterraneo Allargato; un’area molto vasta perché, alla fine, composta dall’Europa continentale (area Balcanica e Mar Nero inclusi), dal Medio Oriente comprensivo di Penisola Arabica e Golfo Persico e dall’Africa nella sua fascia settentrionale e sub-Sahariana che si estende dal Corno d’Africa fino al Golfo di Guinea, passando per il Sahel.

Ma accanto a questa sostanziale conferma in termini di linee di azione e aree di interesse definite oramai da qualche anno, emerge invece con chiarezza quella che è la sostanziale novità di questo 2023: l’Indo-Pacifico dove si prevede di mantenere una presenza navale.

Come noto è già in atto una crociera nella regione da parte del Pattugliatore Polivalente di Altura PPA) Morosini mentre nelle settimane scorse sono anche circolate informazioni su una futura crociera sempre nella regione di un gruppo di battaglia incentrato sulla portaerei Cavour (“Rotta verso l’Asia: la Marina italiana nell’Indo-Pacifico“).

 

Le nuove missioni, quelle terminate e i numeri più importanti.

Per quanto riguarda il 2023, la «Deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali anno 2023» prevede l’avvio di 4 nuove missioni, una in Europa e le altre tre in Africa.

Si sta cioè parlando della partecipazione alla European Union Military Assistance Mission in Ucraina – EUMAM Ucraina (scheda 6-bis/2023) mentre per il continente Africano si segnalano l’avvio della missione European Union Border Assistance Mission in Libya – EUBAM Lybia, (scheda 16-bis/2023), European Union Military Partnership Mission in Niger – EUMPM Niger (scheda 21/bis-2023) e, infine, la nuova Missione bilaterale in Burkina Faso (scheda 30-bis/2023).

Le più significative, sotto tutti punti di vista, sono la prima e l’ultima. Con la partecipazione del nostro Paese alla missione Europea EUMAM Ukraine si chiarisce infatti il nostro impegno nelle attività di addestramento a favore delle forze ucraine. Si chiarisce molto parzialmente, in realtà; perché alla fine il quadro informativo è molto modesto.

Senza sorpresa alcuna peraltro, dato il tutto che inserisce nel filone di “segretezza” (sempre più paradossale) imposto a tutti gli aiuti militari offerti dal nostro Paese a Kiev. Di fatto, si parla genericamente di un contributo Italiano alla missione: “attraverso specifici moduli addestrativi condotti sul territorio nazionale a beneficio di personale delle Forze armate ucraine“, oltre al dispiegamento di Personale di collegamento presso staff di Comandi internazionali impegnati a vario titolo in questa missione (ma sullo sfondo, un ulteriore passaggio opaco sulla possibile presenza di team di addestratori impiegati all’estero). Il numero massimo di Personale autorizzato è di 80 unità, con una consistenza media di 42 per un costo previsto di 9,2 milioni di euro.

Di seguito, la partecipazione alla missione EUBAM Lybia, finalizzata a supportare le autorità Libiche nella gestione delle frontiere; 3 militari autorizzati e 275.000 euro di spesa.

Poi la missione EUMPM Niger, di partenariato militare al fine di sostenere Niamey nella lotta contro i gruppi terroristici armati sostenendo lo sviluppo delle sue Forze Armate. La consistenza massima autorizzata è di 20 militari ma quelle media sarà di 6 per una spesa prevista di 940.000 euro.

Da ultimo, la nuova Missione bilaterale con il Burkina Faso, finalizzata a sviluppare e rafforzare le capacità di difesa e sicurezza delle Forze Armate del Paese; il tutto per una scelta anche “originale”. Da una parte infatti il Paese si trova in quella regione del Sahel così attenzionata da parte dell’Italia ma dall’altra, non si può dimenticare che lo stesso Burkina Faso è oggi guidato da una giunta golpista. L’impegno nazionale si traduce poi in 50 militari quale consistenza massima, ma appena 7 in media con 8 mezzi terrestri per una spesa di 1,4 milioni di euro.

A fronte di queste nuove missioni, si segnala però anche la fine di diverse altre. Rispetto al 2022 si segnala infatti la conclusione della partecipazione alla forza NATO a elevata prontezza VJTF (Very high readiness Joint Task Force) e alla Missione bilaterale di supporto alle Forze armate del Qatar in occasione dei Mondiali di calcio 2022. A seguito poi del deterioramento delle condizioni di sicurezza, è stata interrotta la contribuzione alle missioni dell’UE in Mali (EUTM Mali) e nella Repubblica Centro Africana (EUTM RCA).

Questo mentre già nel corso del 2022 si era registrata la fine anticipata della partecipazione alla Task Force Takuba, sempre in Mali in seguito al ritiro delle forze francesi cui quelle italiane e di altre nazioni Ue erano aggregate sotto il comando dell’Operation Barkhane.

Anticipando in parte l’analisi di dettaglio legata alle missioni invece rinnovate anche per il 2023, appare utile tracciare un bilancio complessivo dell’impegno militare proprio per quest’anno.

Per quanto riguarda il Personale impegnato, ci sono dunque le 153 unità massime e 57 di media nell’ambito nelle 4 nuove missioni previste; a questi si aggiungono gli 11.342 militari quale consistenza massima, e 7.720 quale consistenza media, previsti per quelle rinnovate.

I numeri finali dunque riferiscono di 11.495 unità di personale al massimo e 7.777 unità in media dislocati all’estero: valori dunque sostanzialmente in linea con quelli dello scorso anno che vedevano rispettivamente in 12.055 e 7.600 circa il numero dei militari dispiegati.

Per quanto riguarda i costi, e considerando quelli di stretta competenza del solo Ministero della Difesa (quindi, missioni militari più o meno propriamente dette) il conto finale deve anche tenere conto degli stanziamenti legati alle «Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze Armate» (scheda 40/2023) per un totale di 81 milioni; a loro volta rappresentati dalle spese di «Assicurazione, trasporto, infrastrutture», con un totale di 78 milioni di € e dagli «Interventi disposti dai Comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali» per 2,1 milioni.

Ne risulta un costo complessivo (legato alle nuove e alle vecchie missioni) pari quindi a 1.313,1 milioni mentre nel 2022 esso aveva raggiunto i 1.397,4 milioni, ovvero, 84 milioni in meno.

Per quanto tecnicamente di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per completare il quadro degli stanziamenti appare comunque opportuno ricordare anche il «Supporto info-operativo delle Forze Armate» svolto dall’AISE (cioè l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), con uno stanziamento di 30 milioni (scheda 41/2023) q

Quale informazione finale, si aggiunga che l’insieme dei provvedimenti inseriti nelle deliberazioni (compreso dunque quanto di competenza per missioni e interventi da parte di altri Ministeri) porta il totale dell’impegno finanziario per il 2023 a 1.708 milioni di euro.

Un altro dato interessante che si ricava dall’analisi dei numeri inclusi nei documenti predisposti dal Governo, la ripartizione per ambito di riferimento. Sono infatti 9 le missioni svolte in ambito NATO, ben 13 quelle in ambito Unione Europea e, infine, 8 in quello ONU.

A queste se ne aggiungono altre 2 che si svolgono in quello che potremmo definire un contesto di “coalition of the willing” mentre le rimanenti 9 (più Gibuti e Golfo Persico, missioni non vere e proprie ma basi/impegni in prevalenza logistici) sono esclusivamente nazionali. Un quadro dunque che ricalca non solo i numeri del 2022 ma anche quelli degli ultimi anni con un forte ancoraggio alle Organizzazioni internazionali di riferimento ma anche la costante ricerca di una maggiore “indipendenza” del nostro Paese sulla scena internazionale.

Complice la guerra in Ucraina le missioni in ambito Alleanza Atlantica sono le più “esigenti” in termini di militari dispiegati; per la precisione (e facendo riferimento al numero massimo) oltre 5.447, che equivale a quasi la metà del totale.

Seguono gli impegni su base nazionale con 2.426 militari e poi, tutti più o meno allineati, quelli in ambito ONU (1.266), in ambito “coalizione” (1.250) e infine in ambito UE (con 1.151 militari).

Interessante anche il dato della ripartizione geografica della nostra presenza militare all’estero con l’Europa che, inevitabilmente, assorbe sempre più attenzione (6.755 militari, pari al 59% del totale in ulteriore crescita rispetto al 2022), mentre Asia (2.984 militari e 26% del totale) e Africa (1.756 militari e 15%) perdono ancora di più importanza nel confronto con lo scorso anno.

 

Le missioni confermate per il 2023, l’Europa

Formalmente, la relazione presenta dal Governo presenta 6 missioni dedicate all’Europa ma in realtà, come accade ormai da diverso tempo, l’impegno sul e intorno al nostro continente è decisamente più ampio. Solo che nella relazione stessa, una parte di esso viene descritto in sezione a parte.

Per praticità però, si ritiene opportuno che (anche questo anno) si tratti l’argomento in maniera più organica. Anche modificando la sequenza fornita dai documenti.

Procedendo dunque con ordine, si parte dalla missione NATO Joint Enterprise in Kosovo (scheda 1/2023); una regione che rimane per nulla pacificata, al punto da dover mantenere sia una non trascurabile presenza sul terreno, sia una (consistente) riserva basata in Italia. In tutto 1.573 unità di personale (i numeri, d’ora in poi faranno sempre riferimento alla consistenza massima autorizzata) con 369 mezzi terrestri e 1 mezzo aereo. Il fabbisogno finanziario è fissato in 106 milioni di euro. Sempre nello stesso Paese Balcanico è poi presente la missione UE denominata EULEX Kosovo (scheda 2/2023), con 28 militari, 8 mezzi terrestri e un costo di poco più di 860.000 euro.

Ancora in ambito UE ma questa volta in Bosnia, si trova la missione EUFOR Althea (scheda 3/2023); qui il personale autorizzato è pari a 195 unità con 40 mezzi terrestri e 1 aereo. Il tutto per un costo di 8,7 milioni.

E’ Interessante evidenziare che, come specificato dalla relazione, In considerazione del particolare contesto geo-strategico e del concomitante sviluppo delle missioni di difesa/deterrenza dell’Alleanza Atlantica nel fianco est europeo, è prevista la possibilità di spostamento di assetti e personale tra le missioni NATO «Joint Enterprise» e EUFOR Althea (da una parte) con quelle NATO enhanced Vigilance Activities e enhanced Forward Presence (che vedremo più avanti); sempre e comunque  nel rispetto del numero massimo delle unità di personale e del volume finanziario previsti per tali missioni.

In ambito ONU troviamo poi la missione United Nations Peacekeeping Force in Cyprus – UNFICYP (scheda 4/2023); con 5 militari e 395mila € di fabbisogno per il 2023.

Le successive 3 missioni sono caratterizzate dalla loro configurazione di operazione aeronavale. Si comincia con quella NATO denominata Sea Guardian (scheda 5/2023), con area di operazione rappresentata dal Mediterraneo e una consistenza confermata in 240 unità, con 2 mezzi navali e altrettanti aerei per un costo complessivo di 11,3 milioni.

La seconda si svolge invece in ambito Unione Europea ed è la European Union Military Operation in the Mediterranean – EUNAVFOR MED Irini (scheda 6/2023). Il teatro operativo è sempre il Mediterraneo, con specifico interesse per la Libia. Anche in questo caso c’è la conferma della sua consistenza in 406 unità con un mezzo navale e 2 aerei, il tutto per una spesa di 31,8 milioni.

Con quella successiva si entra nella sezione del potenziamento dei dispositivi nazionali e NATO in Europa. Nel dettaglio, si tratta della missione Mediterraneo Sicuro (scheda 31/2023), nuova denominazione (decisa lo scorso anno) di Mare Sicuro. Si tratta dunque di una operazione svolta in ambito nazionale e avente come area di riferimento il Mediterraneo Centrale e Orientale ma comprensiva anche della missione di supporto alla Marina Libica. Il contingente assegnato risulta incrementato fino a 826 unità, con 6 mezzi navali (1 dei quali assegnati all’assistenza della Marina di Tripoli) e 8 aerei; il fabbisogno previsto per il 2023 è di 104,6 milioni.

Il pacchetto successivo di missioni fa riferimento proprio all’insieme di dispositivi messi in atto dall’Alleanza Atlantica per la protezione dei propri confini.

La prima è quella per la «sorveglianza aerea dello spazio aereo della NATO» (scheda 35/2023); in questo caso il personale impegnato è incrementato fino a 45 unità, con 3 mezzi aerei e un fabbisogno finanziario di quasi 7,5 milioni.

Piuttosto significativa poi la nostra partecipazione al «potenziamento del dispositivo NATO per la sorveglianza navale delle aree di responsabilità dell’Alleanza» (scheda 36/2023); ovvero le due Standing Naval Forces che si dividono tra Atlantico/Mare del Nord/ Mar Baltico e Mar Mediterraneo/ Mar Nero.

Dato interessante, l’Italia quest’anno parteciperà a entrambe, dato che invierà anche un cacciatorpediniere nel Mar Baltico. Alla fine, il personale impegnato aumenterà così fino a 567 unità, con 5 mezzi navali e 4 aerei; per un fabbisogno di 64,4 milioni.

Altra missione ormai consolidata è quella legata al «potenziamento dell’Air Policing/Air Shielding», sempre della NATO (scheda 37/2023). Qui si assiste a una conferma dell’impegno complessivo con 300 unità e 12 mezzi aerei (più 4 terrestri) e un impegno economico di 52,9 milioni.

L’impegno poi numericamente più importante per le nostre Forze armate è nel frattempo diventato quello legato alla presenza della NATO nella sua aerea Sud-Est; attività altrimenti note come «enhanced Vigilance Activities – eVA» (scheda 38/2023). E il perché di certi numeri è presto detto, dato che l’area di riferimento si sviluppa su 4 Paesi (Slovacchia, Bulgaria, Romania e Ungheria), con una serie di dispositivi piuttosto articolati assetti operativi pregiati (si pensi alla batteria SAMP/T oggi schierata in Slovacchia).

Il numero di unità di personale sale così a 2.120 unità, con 450 mezzi terrestri e 10 aerei; il fabbisogno complessivo è fissato in 150 milioni di €. Infine, un’altra missione anch’essa piuttosto consolidata e cioè la presenza NATO in Lettonia nell’ambito del meccanismo «enhanced Forward Presence – eFP» (scheda 39/2023). Anche in questo caso si assiste a un aumento del personale impiegato: 370 unità con 166 mezzi terrestri. Il costo complessivo è di 39,6 milioni.

Tutti elementi utili a ricordare, ancora una volta, come e quanto il baricentro delle nostre missioni all’estero si sia spostato verso l’Europa Orientale.

 

L’Asia

La rassegna delle missioni che si svolgono in Asia ha inizio con la doppia presenza in Libano. La prima è legata alla missione ONU United Nations Interim Force in Lebanon – UNIFIL (scheda 7/2023); la cui consistenza organica è confermata in 1.169 unità, con 388 mezzi terrestri, 1 navale e 7 aerei.

Il fabbisogno finanziario è fissato in 149,7 milioni di €. A questa si affianca la Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze Armate Libanesi – MIBIL (scheda 8/2023); qui si registra un aumento del personale impiegato fino a 190 unità, che potranno disporre di un mezzo navale (quando possibile) e uno aereo, con un fabbisogno di 11,8 milioni di euro.

Ricordata rapidamente un’altra Missione Bilaterale di Addestramento ma questa volta a favore delle Forze di sicurezza Palestinesi (scheda 9/2023), con i suoi 33 militari confermati e un fabbisogno di 1,8 milioni di €, è tempo di affrontare il capitolo del nostro impegno in Iraq; ancora piuttosto articolato e con qualche novità.

Si comincia con la partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 10/2023), una missione piuttosto complessa, che vede schierati personale e assetti non solo in Iraq ma anche in Kuwait. La consistenza massima del contingente nazionale impiegato nella missione è incrementata a 1.005 unità, che dispongono di 118 mezzi terrestri e 11 aerei. Questa stessa missione è anche la più costosa in assoluto, dato che il suo fabbisogno è indicato in 241,3 milioni.

A essa si aggiunge la NATO Mission in Iraq – NM-I (scheda 11/2023) e anche in questo caso si registra un aumento della sua consistenza fino 225 unità di personale, con 100 mezzi terrestri e 4 aerei per un fabbisogno di 31 milioni di euro. Infine, la European Union Advisory Mission in support of security sector reform in Iraq – EUAM Iraq (scheda 12/2023) che non solo è decisamente la più piccola (con appena 2 unità) ma che presenta il dato interessante rappresentato da una sua proroga solo fino alla fine di maggio 2023 (e 161mila € di fabbisogno).

Ugualmente “modesta la partecipazione alla missione ONU United Nations Military Observer Group in India and Pakistan (UNMOGIP) (scheda 13/2023), con la conferma dei 2 militari impegnati e un costo di 208mila euro.

Sempre molto articolato il dispositivo che impiega il Personale per le esigenze connesse con le missioni nell’area e che risulta dispiegato proprio in alcuni dei Paesi di questa stessa aerea (Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrein), così come negli USA (scheda 14/2023). Consistenza massima aumentata a 158 unità, con 2 mezzi aerei; e fabbisogno a quota 18,3 milioni.

In qualche modo separata, in quanto considerata dispositivo nazionale ma pur sempre afferente l’area geografica in oggetto, troviamo infine la partecipazione alla missione European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz (EMASOH) (scheda 33/2023).

La consistenza del personale è confermata in 200 unità, con un mezzo navale e 3 aerei; detto del fabbisogno finanziario indicato in 19,7 milioni, si osserva che è proprio da questo impegno che si sta sviluppando la crociera di nave Morosini nell’Indo-Pacifico e che, dato interessante in termini di flessibilità, è contemplata la possibilità di attingere agli assetti aerei impiegati in Iraq nell’ambito della «Coalizione anti-Daesh».

 

L’Africa

Il dato più significativo che riguarda l’analisi dell’impegno militare Italiano in questo continente è che, tenendo conto anche dell’avvio di nuove missioni in questo 2023, l’Africa rimane l’area con il maggior numero di missioni: 21 in totale. Anche se dal 1°giugno, questo numero scenderà a causa della fine di 3 di queste.

Molte missioni a cui però non corrisponde un elevato numero di militari coinvolti a dimostrazione di una presenza che alla fine risulta particolarmente frammentata; forse anche troppo.

La rassegna ha inizio con la United Nations Support Mission in Libya – UNSMIL (scheda 15/2023) con appena una unità di personale per un fabbisogno di 120mila euro. Sempre nel Paese nordafricano, (ovviamente uno dei punti di maggiore attenzione per l’Italia) troviamo poi la Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia – MIBIL (scheda 16/2023) che a seguito di una ulteriore rimodulazione vede il personale scendere a 200 unità con 2 mezzi aerei e un fabbisogno di 26 milioni. Si ricorda che questa missione ha anche un forte collegamento con l’operazione “Mediterraneo Sicuro”.

Per rimanere nel Nord Africa, anche la Tunisia rimane un Paese oggetto di attenzione per il nostro Paese con la Missione bilaterale di cooperazione in Tunisia (scheda 17/2023) che dispone di 15 unità di personale per un fabbisogno di 343mila euro.

Ricco di spunti di interesse anche il capitolo Sahel. In primo luogo perché i documenti del Governo segnalano la prossima fine della nostra partecipazione a 2 missioni fissata per entrambe al 31 maggio. Ovvero, la United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali – MINUSMA (scheda 18/2023) e la EUCAP Sahel Mali (scheda 19/2023) che comunque allineano, rispettivamente, 8 e 5 unità di personale e nonché 520mila e 450mila euro di fabbisogno.

Qui è evidente che il già ricordato progressivo deterioramento della situazione nel Mali stesso sta portando a un inevitabile disimpegno dell’Italia (e non solo dell’Italia).

A questo disimpegno fa invece da contraltare il crescente sforzo nel Niger; di fatto l’epicentro del nostro impegno nel Sahel. In questo Paese sono infatti 3 le missioni: oltre a quella di nuovo avvio precedentemente descritta, troviamo infatti anche un’altra missione in ambito Unione Europea e cioè la EUCAP Sahel Niger (scheda 20/2023) con 15 unità di personale 833mila euro di fabbisogno.

Infine, la più importante e cioè la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (scheda 21/2023) che vede la sua consistenza massima aumentata fino a 500 militari con 100 mezzi terrestri e 5 aerei per un fabbisogno complessivo di 52,9 milioni di euro.

Prima di passare alla regione del Corno d’Africa, altra area di forte presenza militare Italiana, le missioni ONU denominate United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara – MINURSO (scheda 22/2023) con 2 unità di personale e 315mila euro di impegno finanziario, e Multinational Force and Observers – MFO in Egitto (scheda 23/2023) con 78 militari, 3 mezzi navali e un fabbisogno di 6,8 milioni.

Nel Corno d’Africa l’Italia è presente nella missione anti-pirateria EUNAVFOR ATALANTA (scheda 24/2023) con 198 unità di personale, 1 mezzo navale e 2 aerei (quelli imbarcati) e un impegno finanziario di 26,8 milioni.

La European Union Training Mission Somalia – EUTM Somalia» (scheda 25/2023) vede il personale leggermente incrementato fino a 169 unità, con 35 mezzi terrestri e un fabbisogno di 16 milioni mentre per la European Union Training Mission Somalia – EUTM Somalia EUCAP Somalia (scheda 26/2023) l’impegno rimane confermato nell’ordine delle 15 unità di personale e poco meno di 300mila euro.

Novità infine per la United Nations Assistance Mission in Somalia (UNSOM) (scheda 27/2023) che risulta prorogata solo fino al 31 maggio con il suo unico militare impegnato per 69mila euro di impegno finanziario giunta ormai al termine.

Sempre nella stessa regione, troviamo infine la Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane, dei funzionari yemeniti e delle forze armate gibutiane (scheda 28/2023) che assorbe 115 unità con un esborso di 7,3 milioni, nonché il personale impiegato presso la «base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell’area del Corno d’Africa e zone limitrofe» (scheda 29/2023), ovvero lo snodo logistico della nostra presenza nella regione che impegna 147 militari e 10 mezzi terrestri, con un fabbisogno di 12,7 milioni.

Se dunque Nord Africa, Sahel e Corno d’Africa sono gli epicentri della presenza militare Italiana nel continente, altre missioni ancora sono in corso in altre regioni o Paesi. Come nel caso della «EUTM Mozambico» (scheda 30/2023), con le sue 15 unità di personale impiegate e poco meno di 2 milioni di impegno finanziario.

Più consistente invece il «dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea» (scheda 32/2023), costituito da una nave e 2 mezzi aerei imbarcati) con 192 militari impegnati e un fabbisogno di 13,8 milioni.

Infine, la missione NATO Implementation of the Enhancement of the Framework for the South (scheda 34/2023), che presenta un numero massimo di unità di personale pari a 7 militari, con un impegno economico di 705mila euro ma che, paradossalmente, non è chiaro dove si svolga fisicamente se non per un generico riferimento al “fianco Sud dell’Alleanza”.

Foto: Difesa.it

 

 

Leggi anche:

Rotta verso l’Asia: la Marina italiana nell’Indo-Pacifico

 

L’Italia nel Mar Cinese tra presenza militare, diritto internazionale e diplomazia navale

Missioni all’estero: aumentano gli impegni per le Forze Armate italiane

 

Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

Login

Benvenuto! Accedi al tuo account

Ricordami Hai perso la password?

Lost Password

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare. Inoltre, questo sito installa Google Analytics nella versione 4 (GA4) con trasmissione di dati anonimi tramite proxy. Prestando il consenso, l'invio dei dati sarà effettuato in maniera anonima, tutelando così la tua privacy.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: