Il golpe-show di Prigozhin si sgonfia in meno di 24 ore

 

Alla fine la “marcia della giustizia” della compagnia militare private Wagner e la “guerra civile” scatenata da Evgeny Prigozhin si sono risolte in meno di 24 ore, senza troppi spargimenti di sangue (e con negoziati che sembrano accontentare tutti ma soprattutto Putin.

La vicenda presenta molti punti oscuri e lascia il dubbio che si sia trattato almeno in parte di una farsa o di una messa in scena anche se in Occidente si sono diffuse voci di accordi tra l’intelligence statunitense e il capo della compagnia militare privata (PMC) più famosa di Russia e molti osservatori e opinionisti hanno rapidamente trasformato il “criminale di guerra” Prigozhin e i “mercenari” della Wagner in eroi pronti a morire per la libertà e la democrazia in Russia.

Una metamorfosi durata solo poche ore fino a quando il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, che già aveva smentito le indiscrezioni circa la “fuga” di Putin da Mosca, ha reso noto i termini dell’accordo.

La colonna degli uomini della PMC Wagner che marciava su Mosca dopo aver preso il controllo, a Rostov, dell’aeroporto, del quartier generale dei servizi di sicurezza interni (FSB) e del comando militari da cui viene gestita l’Operazione Militare Speciale in Ucraina, si è fermata a 200 chilometri dalla capitale.

Uno stop avvenuto dopo una marcia di avvicinamento in cui, apparentemente e incredibilmente, non aveva incontrato resistenza né dai militari, né dai poliziotti, né dalla Guardia Nazionale né dalle truppe dei servizi di sicurezza interna (FSB) se si esclude l’attacco di un elicottero abbattuto dai contractors e la distruzione di alcuni elicotteri all’aeroporto di Rostov in contesti ancora non ben chiariti.

A Mosca diversi check-point sono stati istituiti negli accessi alla città e la polizia è stata dispiegata in punti nevralgici: il sindaco Serghei Sobyanin ha invitato la popolazione a limitare gli spostamenti e ha annunciato che lunedì sarà una giornata non lavorativa mentre i media internazionali che hanno evidenziato come indicatore della tensione alle stelle il fatto che edifici pubblici fossero vuoti non si erano forse accorti che era sabato pomeriggio.

Il ministero degli Esteri russo ha invece rivolto un monito ai Paesi occidentali perché non approfittino della crisi per “raggiungere i loro scopi russofobi” e ha ribadito che l’operazione in Ucraina continua e che “tutti gli obiettivi saranno raggiunti”.

Nella prima serata di ieri è giunto l’annuncio che la colonna dei contractors che avrebbe dovuto “fare pulizia al ministero della Difesa di Mosca” per poi tornare in Ucraina si era arrestata per tornare indietro. Gli uomini della Wagner rientrano nei loro accampamenti nel Donbass “per evitare un bagno di sangue russo” ha detto Prigozhin la cui iniziativa era stata definita da Putin una “pugnalata alle spalle” alle truppe che combattono in Ucraina.

Prigozhin lascerà la Russia per “l’esilio” in Bielorussia, seguito con ogni probabilità dai membri della PMC Wagner che lo hanno seguito nel tentato golpe-show.

“In seguito alla mediazione del presidente bielorusso Alexander Lukashenko (nella foto sotto) a Prigozhin sono state fornite garanzie assolutamente vantaggiose e accettabili” in cambio del ritiro dei suoi uomini. Prigozhin andrà in Bielorussia” ha annunciato in serata Peskov aggiungendo che il capo dei Wagner “aveva la parola del presidente” Vladimir Putin.

“La causa penale (per incitamento alla ribellione armata) contro di lui sarà ritirata. Coloro che lo vorranno, potranno firmare contratti con il ministero della Difesa russo, a patto che non abbiamo preso parte al tentativo di insurrezione. Quelli che invece lo hanno fatto non saranno comunque perseguiti penalmente, alla luce dei loro meriti guadagnati al fronte. Quello che è accaduto in nessun caso avrà un impatto sul corso dell’operazione militare speciale in Ucraina che continua”, ha specificato Peskov.

Il portavoce ha poi aggiunto che cambiamenti di personale all’interno del ministero della Difesa sono appannaggio esclusivo del comandante in capo delle forze armate, vale a dire il presidente Vladimir Putin. Per questo motivo, eventuali sostituzioni al dicastero non potevano essere oggetto di negoziato con il gruppo Wagner.

Di fatto quindi sia il ministro Sergey Shoigu (nella foto sotto) che il capo di stato maggiore della Difesa, generale Valerij Gerasimov, che Prigozhin voleva rimuovere, restano ai loro posti, almeno per il momento. Di certo Putin non poteva rimuoverli ora ma la sollevazione della Wagner offre più di un pretesto al presidente per valutare in futuro il loro avvicendamento.

Del resto il motivo scatenante del pronunciamiento della PMC Wagner sembra essere legato proprio alla legge sulle PMC e sui reparti di volontari annunciata il 10 giugno dal ministero della Difesa russo che impone a tutte le “formazioni volontarie”, di firmare un contratto con il ministero della Difesa russo che le pone sul piano militare sotto il diretto controllo e comando e dei vertici militari russi.

Putin, parlando in televisione il 13 giugno, aveva sostenuto direttamente l’iniziativa, gesto forse considerato da Prigozhin un tradimento da parte del presidente che finora aveva sempre garantito alla PMC Wagner ampia autonomia di manovra sui fronti ucraini come nei paesi africani dove la società difende e tutela gli interessi di Mosca.

Prigozhin aveva detto il 15 giugno che non avrebbe siglato il contratto di cui il ministero della Difesa impone la firma entro il 1° luglio ma si era detto fiducioso di poter trovare un accordo che lasciasse a Wagner l’autonomia pur accordando ai suoi combattenti i benefici e le garanzie sociali riservati ai soldati e alle loro famiglie.

Evidentemente questo accordo non si è concretizzato e la Wagner rischiava di venire messa al bando dal ministero della Difesa. Oggi potrà riorganizzarsi in Bielorussia dove a Lukashenko faranno comodo alcune migliaia di contractors veterani di guerra ora che deve fare i conti con le crescenti iniziative di ucraini, polacchi e baltici di sobillare rivolte a Minsk addestrando militarmente le opposizioni bielorusse in esilio.

L’esilio in Bielorussia permette al momento a Prigozhin di sottrarsi alla punizione per il suo gesto ma non impedisce a Putin di saldare in futuro i conti con il “traditore” anche se Wagner gestisce in gran numero di attività all’estero, soprattutto in Africa, strategiche per Mosca e per i suoi rapporti con diverse nazioni alleate.

In Libia, Mali, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana e altrove la Wagner resta a tutela degli interessi russi che in futuro dovranno essere rappresentati da un nuovo leader della compagnia o da una nuova PMC.

Infine, non si può escludere che in questa vicenda tutti abbiano ricoperto una parte in commedia. Prigozhin è uscito di scena con un coup de theatre che appaga la sua personalità egocentrica ma non si spiega perché Mosca non ne abbia oscurato subito il Canale Telegram da cui lanciava anatemi e annunciava la “marcia su Mosca”.

Wagner dispone di 25 mila combattenti ma è difficile credere che tutti abbiano seguito Prigozhin in un colpo di stato e nello spargere sangue russo. Infatti i contractors hanno preso il controllo di Rostov senza sparare un colpo e, a quanto sembra, senza interrompere le attività dei comandi che gestiscono le operazioni in Ucraina.

Neppure qui i militari russi hanno reagito mentre la forza speciale Akhmat inviata dal presidente ceceno Ramzan Kadyrov a liberare Rostov è arrivata in città giusto in tempo per constatare che gli uomini della Wagner stavano rientrando nelle loro basi in Ucraina tra gli applausi della popolazione di Rostov che ne aveva criticato il blitz in città nella mattinata di ieri. Prigozhin ha fatto sapere oggi che verserà 50 milioni di rubli ai famigliari dei militari russi uccisi ieri a bordo dell’elicottero abbattuto.

Così come la colonna della Wagner che puntava su Mosca con un numero imprecisato ma limitato di uomini e veicoli non ha stranamente incontrato quasi nessuna resistenza ma si è fermata poco prima di penetrare nell’area della regione della capitale dove il sistema di sicurezza russo avrebbe imposto ai contractors di combattere.

Molti aspetti della vicenda che ha tenuto il mondo col fiato sospeso nelle ultime 24 ore non sono noti e forse non lo saranno mai.

Di certo Wagner ha svolto un ruolo fondamentale per gli interessi strategici russi in Siria e in Africa e sui campi di battaglia del Donbass ma era diventata troppo ingombrante per Mosca e per il Cremlino e gli atteggiamenti di sfida aggressiva di Prigozhin ai vertici della Difesa non erano più tollerabili neppure per il suo vecchio amico Putin.

Difficile dire chi abbia vinto e perso in questa vicenda. In Occidente l’approccio di politici, analisti e media (con qualche bella eccezione) resta per lo più quello da “curva sud” dello stadio, in cui le valutazioni che emergono sono sempre filtrate attraverso l’ostilità manifesta verso la Russia e Putin e il tifo sperticato per l’Ucraina.

Pur comprendendo che tale deriva basata sulla propaganda livorosa e fine a sé stessa  appare purtroppo irreversibile, non sembra scontata la valutazione che dal “golpe Prigozhin” la figura di Putin esca indebolita.

Anzi, forse è vero il contrario. Esiliato Prigozhin e ridimensionata la Wagner, Putin oggi può gestire con calma anche il rinnovo dei vertici militari: il generale Surovikin piace alle truppe che combattono in Ucraina e potrebbe rimpiazzare Gerasimov mentre una figura più politica e meno militare potrebbe avvicendare Shoigu.

In tutta la Russia la risposta alla sollevazione di Prighozin è stata unanime e ha riguardato comunità civili e reparti militari: abbiamo un solo comandante in capo!  Putin quindi sembra uscire rafforzato in credibilità e popolarità da questa vicenda in cui appare come il leader che ha dato la priorità a non sacrificare vite russe e si è mostrato magnanimo con il vecchio amico che ha tradito la patria dopo averla però servita con valore.

Solo nelle prossime settimane potremo forse valutare in modo più completo impatto e conseguenze del sollevamento della Wagner che ha generato perplessità e confusione anche in Occidente. Basti pensare che, come svela oggi il Wall Street Journal, il dipartimento di Stato americano ha deciso di rinviare l’adozione di nuove sanzioni contro la PMC Wagner per le sue attività in Africa per non aiutare indirettamente Putin.

“Washington non vuole che sembri che stia prendendo posizione”, ha spiegato una fonte informata. Gli USA hanno già in passato sanzionato il Gruppo Wagner e puntano a “isolare e indebolire la crescita di Wagner in Africa”, ha spiegato Cameron Hudson, ex capo dello staff dell’inviato speciale statunitense per il Sudan. “Ma continuare ora questa strategia mette Washington nella difficile posizione di aiutare Putin”.

Foto: RIA-FAN, Ministero Difesa Russo, TASS, Presidenza Bielorussa e Telegram

@GianandreaGaian

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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