Putin rinsalda l’unità della Russia, già in costruzione le basi per la Wagner in Bielorussia

 

(aggiornato alle ore 22,30)

Mentre Vladimir Putin cerca di rincuorare i russi dopo la rivolta di Evgeny Prigozhin con un discorso che richiama l’unità nazionale, giungono indiscrezioni circa il trasferimento in Bielorussia dei “patrioti ribelli” della compagnia militare privata Wagner destinate a suscitare qualche interrogativo.

La testata indipendente russa Verstka ha riferito che è in fase di costruzione a Osipovichi, nella regione bielorussa di Mogilev a 200 chilometri dal confine con l’Ucraina, il primo campo militare per gli uomini della Wagner “esiliati” dalla Russia e destinato ad accogliere 8mila combattenti.

La notizia, se trovasse ulteriori riscontri, confermerebbe quanto anticipato domenica dal portavoce del Cremlino Dimitry Peskov che aveva annunciato che gli uomini della Wagner che avevano seguito Prigozhin nell’insurrezione sarebbero stati trasferiti in Bielorussia, dove peraltro potrebbero rivelarsi molto utili al presidente Aleksandr Lukashenko (nella foto sotto).

I numeri forniti dimostrerebbero inoltre, se trovassero conferma, che dei 25 mila combattenti della Wagner dichiarati da Prigozhin meno di un terzo ha partecipato all’insurrezione anche se le fonti sentite da Verstka riferiscono della prossima realizzazione di diversi campi, senza specificare se ospiteranno nuove reclute “wagneriane” o altri combattenti mandati “in esilio” da Mosca.

Una fonte vicina ai vertici della regione di Mogilev, avrebbe confermato che le autorità sono state incaricate di costruire un campo per la compagnia militare privata nella regione mentre anche diversi parenti degli uomini della Wagner hanno confermato a Verstka che molti combattenti saranno inviati in Bielorussia inclusi quelli che avevano preso il controllo di Rostov il 24 giugno.

Minsk e Mosca temono che ucraini e alleati della NATO puntino a scatenare un’insurrezione in Bielorussia tenuto conto che polacchi, baltici e ucraini addestrano da tempo le milizie dei ribelli bielorussi fuggiti nei paesi confinanti e già impiegati in battaglia contro i russi al fianco delle truppe di Kiev.

L’invio di armi atomiche tattiche russe presso l’alleato ha proprio lo scopo di scoraggiare simili iniziative e oggi il presidente Lukashenko ha affermato che una parte significativa di atomiche russe è già arrivata in Bielorussia e saranno protette da truppe di Minsk e Mosca, non dagli uomini della Wagner come hanno riferito fonti polacche.

Il trasferimento della Wagner in Bielorussia rappresenta comunque una risorsa per Minsk e uno strumento nelle mani dei russi per minacciare nuovi attacchi verso Kiev (che dista circa cento chilometri dal confine bielorusso) o per rispondere a provocazioni di polacchi e baltici che infatti temono gli uomini di Prigozhin.

Per il ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkevics “gli Stati baltici seguono lo sviluppo degli eventi, compreso il possibile trasferimento del gruppo Wagner in Bielorussia e sono pronti a reagire a qualsiasi minaccia, diretta o indiretta, alla loro sicurezza e se necessario, si aspettano il sostegno dell’UE e della NATO”.

Il presidente polacco Andrzej Duda ha definito la presenza di Prigozhin in Bielorussia un “segnale molto negativo” per la sicurezza del Paese. “Seguiamo il dispiegamento delle truppe del gruppo Wagner in Bielorussia”, ha sottolineato Duda chiedendo alla NATO il rafforzamento della sicurezza del fianco orientale e proprio ieri la Germania si è detta pronta a schierare una brigata del suo esercito in Lituania su base permanente.

Nonostante il tradimento, Prigozhin e la sua Wagner incutono timori ai nemici della Russia e possono quindi rendere ancora ampi servigi a Mosca e ai suoi alleati, ma l’aspetto che suscita perplessità è che poche ore dopo l’annuncio del portavoce del Cremlino Dimitri Peskov (e alcune ore prima del discorso alla nazione pronunciato ieri sera da Putin), in Bielorussia fossero già in corso i lavori per realizzare una base per ospitarvi i contractors della Wagner.

Si rafforza quindi l’ipotesi che il trasferimento oltre confine della Wagner e del suo capo fosse già in programma da tempo consentendo a Putin e al ministero della Difesa di liberarsi della figura sempre più ingombrante e fuori controllo di Prigozhin ma mantenendo la Wagner al servizio della Federazione Russa, nel vicino paese alleato al riparo dalla legge varata il 10 giugno che impone a tutti i gruppi militari privati di firmare un contratto con la Difesa ponendosi sotto il comando e controllo delle forze armate.

Forse anche per questa ragione oggi pomeriggio il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, citato dall’agenzia stampa ufficiale BeLta, ha ridimensionato la notizia della base in costruzione per gli uomini della Wagner. “Abbiamo offerto loro una struttura abbandonata dell’esercito. Sono liberi di metterci delle tende”, ha detto aggiungendo che per ora gli uomini della Wagner si trovano nei loro campi nella regione di Luhansk.

Ieri sera lo stesso Prigozhin ha reso pubblico tramite il suo canale Telegram (che Mosca non ha mai spento) un audio di ben 11 minuti in cui nega che l’obiettivo fosse di compiere un colpo di stato spiegando che a “Marcia della Giustizia” era motivata dalla volontà di impedire lo scioglimento della Wagner come conseguenza del rifiuto di firmare entro fine mese il contratto con il ministero retto da Sergei Shoigu e in risposta al bombardamento aereo subito dai suoi uomini ma smentito da Mosca.

La marcia della colonna della Wagner su Mosca puntava a “mettere di fronte alle proprie responsabilità” quanti “hanno commesso un enorme numero di errori nell’Operazione Militare Speciale” , ha detto Prigozhin aggiungendo di aver colpito gli elicotteri che attaccavano la sua colonna per autodifesa.

Prigozhin sostiene di aver fermato l’insurrezione per “evitare un bagno di sangue” e di “versare sangue russo” grazie alla mediazione di Aleksandr Lukashenko.

Nel lungo discorso Prigozhin non ha risparmiato nuove critiche al ministero della Difesa sottolineando che sua “Marcia per la Giustizia” ha evidenziato le carenze dell’apparato di sicurezza russo e rivendicando che i suoi uomini avrebbero avuto successo il 24 febbraio 2022 se a loro fosse stato affidato il fallito blitz a Kiev.

Prigozhin riesce quindi a uscire testa alta e soprattutto ancora attaccata al collo (almeno per ora) dalla ribellione che ha guidato e del resto Putin, nel discorso alla nazione tenuto ieri sera, senza mai pronunciare il nome di Prigozhin ha definito “traditori” gli organizzatori dell’insurrezione ma ha riconosciuto il patriottismo e l’eroismo in battaglia degli uomini della Wagner.

Questo il testo completo del discorso:

Cari amici,

ancora una volta mi rivolgo oggi a tutti i cittadini della Russia. Vi ringrazio per la vostra fermezza e coesione, per il patriottismo. La solidarietà civile ha mostrato che qualsiasi ricatto, qualsiasi tentativo di provocare una rivolta interna è condannato al fallimento. 

Ribadirò che si è manifestato un altissimo consolidamento sia della società, sia del potere esecutivo e legislativo ad ogni livello. Le organizzazioni sociali, le confessioni religiose, i più eminenti partiti politici, di fatto l’intera società russa ha assunto una determinata e inequivocabile posizione di sostegno all’ordine costituzionale. A unire e compattare tutti è stata la cosa più importante: la responsabilità per il destino della Patria.

Sottolineo che, fin dal principio degli eventi, sono state immediatamente prese tutte le decisioni che erano indispensabili a neutralizzare il pericolo insorto, a difendere l’assetto costituzionale, la vita e la sicurezza dei nostri cittadini.

La rivolta armata sarebbe stata repressa in ogni caso. Coloro che l’avevano organizzata – nonostante la scarsa lucidità – non potevano non capirlo. Avevano capito tutto, compreso il fatto che stavano andando incontro ad azioni criminali, a una frattura e a un indebolimento del Paese nello stesso momento in cui sta affrontando una minaccia colossale, una pressione esterna senza precedenti, nello stesso momento in cui al fronte, al grido «Non un passo indietro!», muoiono i nostri compagni.

Tuttavia, coloro che hanno organizzato la rivolta, nel tradire il proprio Paese e il proprio popolo, hanno tradito anche quelli che hanno coinvolto in questo crimine. Hanno mentito a costoro, spingendoli a morire, ad affrontare il fuoco, a sparare ai propri compagni.

Proprio a questo esito, al fratricidio, miravano i nemici della Russia, tanto i neonazisti di Kiev, quanto i loro tutori occidentali e i nazional-traditori di varia sorta. Avrebbero voluto che i soldati russi si uccidessero a vicenda, che morissero militari e civili, che, in definitiva, la Russia fosse sconfitta e la nostra società spartita, soffocata in una sanguinaria contesa.

Si fregavano già le mani, sognando di prendersi una rivincita per i propri insuccessi al fronte e per il decorso della cosiddetta controffensiva, ma hanno fatto male i loro conti. 

Ringrazio tutti i nostri militari, i rappresentanti delle Forze dell’Ordine, dei Servizi Speciali che si sono contrapposti ai rivoltosi, che sono rimasti fedeli al proprio dovere, al giuramento dato e al proprio popolo. Il coraggio e l’abnegazione dei nostri eroici aviatori ha salvaguardato la Russia da conseguenze tragiche e devastanti.

Al tempo stesso noi sapevamo e sappiamo che la stragrande maggioranza dei soldati e degli ufficiali del gruppo «Wagner» è pure costituita da patrioti russi, devoti al proprio popolo e al proprio Stato. Lo hanno dimostrato col loro coraggio sul campo di battaglia, liberando il Donbass e la Novorossija.

Hanno cercato di sfruttarli a loro insaputa contro i loro stessi fratelli d’arme, a fianco dei quali avevano combattuto per il Paese e per il suo futuro. Per questo, fin dal principio degli eventi, ho dato diretta disposizione che si agisse in modo da evitare un grande spargimento di sangue. A tal fine è stato necessario del tempo, anche per dare a coloro che avevano commesso questo errore, la possibilità di ricredersi, di capire che le loro azioni erano condannate in modo risoluto dalla società, di capire a quali conseguenze tragiche e devastanti per la Russia e per il nostro Stato stava portando la mala avventura di cui erano stati resi conniventi.

Ringrazio i soldati e gli ufficiali del gruppo «Wagner» che hanno preso la sola giusta decisione, quella di non andare incontro a una carneficina fratricida e che si sono fermati in tempo. Voi avete oggi la possibilità di restare al servizio della Russia, sottoscrivendo un contratto con il Ministero della Difesa o con altri organi di sicurezza, oppure di ritornare dai vostri parenti e i vostri cari. Chi vuole, potrà andarsene in Bielorussia. La promessa che ho fatto sarà mantenuta. Ripeto, la scelta è vostra, ma sono certo che sarà la scelta di soldati della Russia che hanno compreso il proprio tragico errore. 

Sono riconoscente al Presidente della Bielorussia, Aleksandr Grigor’evich Lukashenko per i suoi sforzi e per aver contribuito a risolvere in modo pacifico la situazione.

Ma ancora ribadisco che è stato proprio l’assetto patriottico dei cittadini e il consolidamento di tutta la società della Russia ad aver avuto un ruolo decisivo in questi giorni. Questo sostegno ci ha permesso di superare insieme prove di enorme difficoltà per la nostra Patria.

Grazie per questo. Vi ringrazio.

Resta quindi singolare che il traditore Prigozhin abbia potuto anche nelle ultime ore rivolgersi liberamente al mondo e ai russi, giustificando il suo gesto ma senza scusarsi né chiedere clemenza.

Curioso anche che Lukashenko abbia avviato la costruzione dei campi militari per i “wagneriani” mentre Putin manda Prigozhin in un utile esilio presso l’unico alleato della Russia in questa guerra tenendo un discorso duro ma teso alla riconciliazione e a cementare l’unità nazionale contro i nemici della Russia.

@GianandreaGaian

Foto TASS e RIA-FAN

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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