Se le “due Libie” muovono guerra ai trafficanti

 

Difficile considerare una coincidenza le iniziative militari assunte dal governo di Tripoli e dalle forze dell’Esercito Nazionale Libico del feldmaresciallo Khalifa Haftar contro le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici illeciti inclusi quelli di immigrati illegali.

Da una settimana le forze di sicurezza di Tripoli con l’appoggio dei droni armati Bayraktar TB2 forni dalla Turchia conducono attacchi e rastrellamenti in diverse aree costiere soprattutto intorno alla città costiera nord-occidentale di Zawya, da sempre “santuario” dei trafficanti ma anche sede di milizie ostili al Governo di Unità Nazionale (GUN) istituito e riconosciuto dalle Nazioni Unite del premier Abdul Hamid Dbeibah che, ricoprendo anche l’incarico ad interim di ministro della Difesa, si è intestato la paternità del blitz militare.

Elogiando l’efficacia delle operazioni militari iniziate il 25 maggio su “ordine del capo del governo”, Tripoli ha affermato che i suoi attacchi hanno portato “alla distruzione di sette imbarcazioni destinate al traffico di esseri umani, sei aree di deposito per trafficanti di droga, nonché armi e attrezzature utilizzate da bande criminali e nove serbatoi usati per contrabbandare carburante all’estero”.

Le milizie di Zawya per rappresaglia hanno bloccato la strada costiera che collega Tripoli, al confine tunisino e chiuso i gasdotti e gli oleodotti situati nei pressi della raffineria di petrolio della città minacciando così di rendere problematiche le forniture di elettricità nell’ovest della Libia.

Il Parlamento libico con sede a Tobruk ha denunciato in sessione plenaria che il raid aereo su Zawiya era finalizzato a “regolare i conti politici” e non a combattere il contrabbando, minacciando di investire della questione la Corte penale internazionale.

Il capo dell’Alto Consiglio di Stato, Khaled al-Mishri, ha accusato il Governo Dbaibah di usare i droni per scopi politici “con il pretesto della lotta alla criminalità” e ha invitato il Consiglio presidenziale a rimuovere il potere del governo di unità di utilizzare i droni. Anche l’ambasciata americana a Tripoli ha espresso la sua preoccupazione per l’uso di armi militari in aree civili e il rischio che gli attacchi possano alimentare ulteriori violenze.

Alcuni osservatori mettono in relazione gli scontri con l’accordo, annunciato il 30 maggio, tra l’Alto consiglio di stato di Tripoli ed il Parlamento di Tobruk per tenere le elezioni parlamentari a dicembre e le presidenziali a gennaio 2024. Cresce quindi la preoccupazione che le operazioni militari condotte da Tripoli possa far fallire ancora una volta il processo elettorale.

Francia e Turchia hanno chiesto di fermare le operazioni a Zawiya. L’ambasciata francese ha indicato che gli ultimi eventi nella città di Zawiya ricordano l’importanza di unire le istituzioni di sicurezza e militari del Paese, al fine di garantire la sicurezza del popolo libico.

L’ambasciatore turco in Libia, Kanaan Yilmaz, ha informato il presidente dell’Alto Consiglio di Stato, Khaled al Mishri, dei risultati del suo incontro con alcuni dignitari della città di Zawiya sottolineando l’importanza di calmare la situazione nella regione costiera nord-occidentale del Paese.

Nonostante le critiche espresse dalla Cirenaica alle operazioni di Tripoli contro i trafficanti di Zawya anche le forze del feldmaresciallo Haftar (nella foto sotto con l’ambasciatore tedesco in Libia) sono impegnate da giorni in un’operazione di sicurezza su vasta scala concentrata soprattutto nell’area compresa tra Tobruk e Musaid, città al confine egiziano.

I reparti di polizia dell’LNA hanno arrestato nei giorni scorsi oltre mille migranti clandestini “di diverse nazionalità, trovati nelle fattorie e nelle case dei trafficanti nella città di Musaid”. In questi stessi luoghi sono state trovate anche delle “officine per la fabbricazione di barche di legno per le partenze illegali” via mare verso l’Italia. L’LNA in un comunicato ha reso noto che sono ancora in corso le operazioni per arrestare “trafficanti e spacciatori di droga nella zona”.

Il 31 maggio violenti scontri sono esplosi al valico di frontiera di Musaid tra un gruppo di persone provenienti da Tobruk e le guardie di frontiera dell’LNA dopo la morte di un bambino della tribù degli Al Haboun, ucciso da colpi di arma da fuoco esplosi dalle guardie di frontiera contro un’automobile sospettata di trasportare un trafficante appartenente alla tribù degli Awlad Ali. Le immagini pubblicate sui social media libici mostrano veicoli fuoristrada appartenenti alle guardie di frontiera in fiamme. L’LNA ha inviato sul posto rinforzi.

L’impressione è che in Tripolitania come in Cirenaica il contrasto ai trafficanti di esseri umani è reso necessario dalle pressioni dell’Italia e dell’Europa ma provoca scontri con le milizie tribali che gestiscono questi traffici.

Del resto se il fenomeno dell’immigrazione clandestina verso l’Italia (in totale 50.405 sbarcati al 1° giugno contro i 19,692 dello stesso periodo dello scorso anno) dalle coste della Cirenaica era pressocché inesistente fino a pochi anni or sono, quest’anno sono partiti dalle coste controllate da Haftar oltre la metà dei clandestini sbarcati in Italia dalla Libia.

Al 19 maggio, secondo i dati del Viminale visionati da “Agenzia Nova”, erano arrivate 19.007 persone dalle coste libiche (8.220 dalla Tripolitania e 10.787 dalla Cirenaica), un aumento del 96 per cento rispetto ai 9.688 sbarcati dello stesso periodo dell’anno scorso. Nelle ultime settimane le motovedette dell’LNA hanno recuperato e riportato sulle coste libiche centinaia di migranti illegali per lo più egiziani, siriani e bengalesi che arrivano in dal confine egiziano o con voli charter della compagnia aerea siriana Cham Wings dalla Siria al costo di 1.500 euro a persona.

Anche la Guardia Costiera di Tripoli nell’ultima settimana di maggio ha intercettato in mare e riportato in Libia oltre 700 migranti illegali secondo i dati riferiti dall’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni.

La rinnovata importanza della Cirenaica e il ruolo del feldmaresciallo Haftar (sostenuto dall’Egitto ma anche da almeno un migliaio di contractors russi della PMC Wagner) sul piano diplomatico (a Bengasi si terrà dal 12 al 15 giugno la Turkish Trasdev Exhibition)  e nel contrasto all’immigrazione illegale sono stati al centro di una missione diplomatica maltese.

Durante gli incontri a Bengasi, il segretario permanente presso il Ministero degli Affari Esteri ed Europei e del Commercio Christopher Cutajar ha accolto con favore gli sviluppi sulle questioni di sicurezza a seguito delle discussioni tenute nelle riunioni della Commissione Militare Congiunta (JMC) 5+5, comitato militare composto da cinque alti ufficiali espressi dal GUN di Tripoli e altri cinque indicati dall’LNA.

Durante il bilaterale si è discussa anche l’estensione della cooperazione militare tra le rispettive marine e forze militari e l’apertura di un volo diretto tra Bengasi e La Valletta tenuto conto che Malta Air opera già voli diretti per Tripoli e Misurata.

A Tripoli invece la delegazione maltese ha avuto incontri con il generale Abdulfatah Belug, capo delle operazioni delle forze armate libiche, l’ammiraglio Al Buni, capo della marina e l’ammiraglio Ridaa Ben Isa, capo della guardia costiera, nonché Mohammed Said, sottosegretario al Ministero dell’Interno.

Le due delegazioni hanno discusso il rinnovo del Memorandum d’intesa sulla migrazione firmato nel 2020 (dall’ allora primo ministro maltese Robert Abela e dal premier del Governo di accordo nazionale libico (GNA) Fayez al Sarraj) valido per un periodo di tre anni e rinnovabile automaticamente per un altro anno e che ha determinati il crollo dei flussi migratori illegali a Malta.

Foto  Guardia Costiera Libica, Libya Update, GUN e LNA

 

 

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