Controffensiva in stallo, gli ucraini colpiscono ancora il Ponte di Crimea

 

(aggiornato alle 22,45)

Dopo quello compiuto con un camion bomba all’alba del 6 ottobre 2022, gli ucraini mettono a segno un nuovo attacco contro il Ponte di Crimea con l’esplosione che la notte scorsa, poco dopo le 3, ha danneggiato gravemente una sezione del percorso stradale lasciando invece intatta la parte del ponte adibita a uso ferroviario.

A differenza del primo attacco questa volta Kiev ha rivendicato l’azione come un nuovo successo nella guerra contro i russi. Il comandante delle forze terrestri ucraine, generale Oleksandr Sirsky, aveva addirittura preannunciato ieri sera una “forte ninna nonna” per il nemico.

Questa mattina il deputato ucraino Oleksiy Goncharenko ha definito l’attacco al ponte di Crimea “un enorme successo dell’Ucraina” che dimostra che Kiev è pronta a “riprendersi i territori” perduti. Alcuni media ucraini hanno citato fonti anonime che hanno attribuito l’attacco all’agenzia di sicurezza interna Ucraina (SBU) e alla Marinv. L’emittente pubblica Ucraina Suspilne ha citato sue fonti dicendo che il ponte è stato attaccato con droni sottomarini.

L’SBU rivelerà “sicuramente tutti i dettagli dell’organizzazione” delle esplosioni che hanno colpito il ponte di Crimea “dopo la nostra vittoria”, ha dichiarato il portavoce dell’agenzia di intelligence, Artem Dekhtyarenko, intervistato da RBC-Ukraine. “Stiamo osservando con interesse come uno dei simboli del regime di Putin ancora una volta non sia riuscito a resistere agli attacchi”, ha aggiunto ironicamente.

Diversa invece la versione del  consigliere del presidente ucraino Mikhaylo Podolyak che ritiene l’attacco al ponte una possibile operazione di  “false flag” messa in atto dalla Russia per incolpare l’Ucraina: un atto di “banale propaganda” messa in atto per “influenzare in modo aggressivo l’opinione pubblica russa” dimostrando che questa “è una vera guerra” ma anche per “distogliere l’attenzione” dallo “zar debole di nome Putin, che ha brillantemente dimostrato la sua codardia in occasione della fallita ribellione di Yevgheny Prigozhin”.

L’attacco, probabilmente condotto con due droni navali – non è ancora chiaro se di superficie (USV) o subacquei (UUV) – non sembra avere interessato i pilastri di sostegno del ponte: la linea ferroviaria, impiegata per rifornire le truppe in Crimea e sui fronti di Kherson e Zaporizhia, non ha subito danni e ha infatti ricominciato a funzionare regolarmente dopo un’interruzione di tre ore.

Le vittime delle esplosioni sono una coppia  di Belgorod mentre loro figlia è ricoverata in gravi condizioni: nei giorni scorsi il ponte era stato attraversato da decine di migliaia di russi diretti in vacanza in Crimea.

La rappresentante ufficiale del Comitato investigativo russo Svetlana Petrenko ha detto sui social ufficiali che per l’attacco è stato aperto un fascicolo ai sensi dell’articolo del codice penale russo per “attacco terroristico”. Secondo la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova la decisione di attaccare il ponte di Crimea è stata presa da funzionari e militari ucraini, con la partecipazione dei servizi segreti americani e britannici.

“L’attacco di oggi al ponte di Crimea è stato effettuato dal regime di Kiev” ha scritto sui social. “Questo regime è terroristico e ha tutte le caratteristiche di un gruppo criminale organizzato internazionale. Le decisioni vengono prese da funzionari e militari ucraini con la partecipazione diretta di agenzie di intelligence e politici americani e britannici”.

Secondo il Comitato Nazionale Antiterrorismo russo (NAC) “alle 03.05 ora locale, due veicoli di superficie senza pilota ucraini hanno attaccato il ponte di Crimea. A seguito dell’atto terroristico commesso, la componente stradale del ponte di Crimea è stata danneggiata”.

Indiscrezioni da fonti militari indicano invece che le esplosioni potrebbero essere state provocate da due droni subacquei REMUS 600 di origine statunitense modificati per imbarcare esplosivo . Già la scorsa settimana Mosca aveva rivelato di aver abbattuto un missile diretto contro il Ponte di Crimea ma l’attacco della notte scorsa ha un valore soprattutto politico.

Kiev conferma di voler e poter colpire le infrastrutture strategiche russe e lo fa con il pieno supporto anglo-americano: i britannici sono da tempo “sospettati” di aver fornito droni navali agli ucraini aiutandoli a gestirli in operazioni complesse come l’attacco a navi russe, alla base navale di Sebastopoli e al Ponte di Crimea: in quest’ultimo attacco i russi sospettano l’impiego di una “nave-madre” civile per mettere in mare i droni  a una distanza relativamente breve dall’obiettivo.

Ancora una volta, durante gli attacchi dei droni navali ucraini, i russi hanno rivelato la presenza nei cieli del Mar Nero di due velivoli teleguidati statunitensi, probabilmente decollati da Sigonella, che avrebbero potuto ricoprire compiti di ricognizione e di guida satellitare per i droni impiegati dagli ucraini.

a Washington, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha dichiarato che gli Stati Uniti non sono nella posizione di poter attribuire a nessuna delle parti coinvolte nel conflitto in Ucraina l’attacco al ponte aggiungendo che “non spetta a noi decidere la legittimità dei loro target, li decidono gli ucraini decidono, stanno combattendo per il loro Paese, la Crimea è Ucraina”.

Putin ha assicurato che la Russia risponderà all’attacco al Ponte della Crimea.  “Ovviamente, ci sarà una risposta della Russia. Il ministero della Difesa sta preparando i piani adeguati. Da un punto di vista militare, si tratta di un crimine senza senso” ha aggiunto Putin, affermando che l’infrastruttura non è stata utilizzata per trasporti militari “da molto tempo” e invocando maggiori misure di sicurezza.

Dopo il primo attentato al Ponte di Crimea la Russia diede il via ai bombardamenti in profondità contro le infrastrutture elettrice ucraine.

 

La “battaglia del grano”

Va inoltre evidenziato che l’attacco ucraino è giunto alle prime ore del giorno in cui scade l’accordo sul grano che Mosca ha annunciato di non voler rinnovare per in mancato accoglimento delle sue richieste: la riconnessione della banca agricola russa Rosselkhozbank (che gestisce i pagamenti dell’export agricolo) al sistema bancario internazionale SWIFT, la revoca delle sanzioni sui pezzi di ricambio per le macchine agricole, lo sblocco della logistica dei trasporti e delle assicurazioni, lo sblocco dei beni e la ripresa del gasdotto per l’ammoniaca Togliatti-Odessa, fatto esplodere dagli ucraini il 5 giugno.

L’accordo sull’esportazione di cereali ucraini che scade a mezzanotte è “de facto concluso”, ha annunciato oggi il Cremlino, assicurando che la Russia è pronta a rientrarvi “immediatamente” quando le condizioni saranno soddisfatte.

“L’accordo sul Mar Nero è di fatto terminato oggi”, ha detto il ​​portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, aggiungendo che “non appena la parte riguardante la Russia sarà soddisfatta, la Russia tornerà immediatamente ad attuare l’accordo”. Tutte le richieste russe sono contenute in un memorandum firmato tra la Russia e le Nazioni Unite che Mosca considera vincolante per l’attuazione dell’accordo sui cereali.

Firmato nel luglio 2022 a Istanbul e già rinnovato due volte, l’accordo consente all’Ucraina di esportare cereali attraverso il Mar Nero e ha permesso di mettere sul mercato dai porti ucraini quasi 33 milioni di tonnellate di cereali. Turchia, Ucraina e Nazioni Unite sono state informate della decisione del Cremlino, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

Peskov ha tenuto a precisare che la decisione di non rinnovare l’accordo e l’attentato al ponte che collega Russia e Crimea non sono “collegati. Anche prima di questo attacco, questa era la posizione del presidente Putin”. Un alto funzionario di Mosca all’ONU, citato dalla TASS, ha invece fatto sapere che la decisione di Mosca è definitiva e non sono previsti ulteriori colloqui.

Non si può escludere che Mosca valuti che l’impennata prevista dei prezzi dei cereali indurrà l’Occidente a consentire che almeno una parte delle richieste russe di ammorbidimenti delle sanzioni vengano accolte in sede Nazioni Unite per il rinnovo dell’accordo.

Tra le reazioni si registra quella ottimistica del presidente turco Recep Tayyip Erdogan secondo il quale “nonostante la dichiarazione fatta oggi, credo che il presidente russo Putin voglia che questo ponte umanitario continui”. Putin ed Erdogan si incontreranno ad Ankara in agosto  e la questione verrà con ogni probabilità posta al centro dei colloqui.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostenuto che l’Ucraina è pronta a portare avanti l’accordo sul grano nonostante l’annuncio del Cremlino.  “C’erano due accordi: uno tra Ucraina, Turchia e ONU e l’altro tra Russia, Turchia e Onu. Pertanto, quando la Russia dice che lo sta fermando, rompe i suoi accordi con il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres e con il presidente Erdogan. Non con noi. Noi non avevamo accordi con loro”.

Zelensky ha annunciato di aver dato l’ordine di inviare delle comunicazioni ufficiali all’ONU e alla Turchia in modo da avere risposte sulla loro disponibilità “a continuare la nostra iniziativa” assicurando che “anche senza la Federazione Russa, bisogna fare di tutto per poter utilizzare il corridoio del Mar Nero. Non abbiamo paura. Siamo stati contattati dagli armatori. Hanno detto che sono pronti. Se l’Ucraina le fa salpare e la Turchia lascia passare le navi, tutti sono pronti a continuare le forniture di grano”, ha aggiunto.

Il governo britannico esprime “delusione” per la posizione assunta da Mosca, così come quello olandese mentre l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha definito la decisione della Russia di sospendere l’iniziativa del grano sul Mar Nero “completamente ingiustificata e che usa la fame delle popolazioni del mondo come arma. E’ un fatto molto grave, che creerà molti problemi a molte persone in tutto il mondo”.

In realtà, al di là della narrazione propagandistica occidentale, una parte minima dell’export di cereali ucraino è giunto alle nazioni in via di sviluppo.

L’ong britannica Oxfam definisce oggi l’accordo sul grano del tutto inadeguato a fronteggiare l’aumento della fame nel mondo, acutizzato dalla crescita esponenziale dei prezzi di cibo ed energia: l’80% del grano e dei cereali usciti dall’Ucraina sono arrivati sui mercati dei paesi ricchi, mentre alle nazioni più povere e colpite dalla crisi alimentare è andato appena il 3 per cento con quote dello 0,2 per cento destinate a nazioni al collasso alimentare come Sud Sudan e Somalia.

Come hanno evidenziato anche le proteste dei produttori agricoli di molti paesi europei gran parte dei cereali ucraini sono finiti proprio sui mercati del Vecchio Continente, producendo entrate finanziarie rilevanti al governo di Kiev ma rappresentando una concorrenza sleale nei confronti dei produttori locali.

Proprio oggi Coldiretti ha reso noto che in Italia le importazioni di grano proveniente dall’Ucraina sono aumentate del 430%, per un quantitativo pari a oltre 142 milioni di chili, mentre quelle di mais del 71%, per un totale di 795 milioni di chili nel primo quadrimestre del 2023, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Coldiretti sottolinea che è necessario evitare speculazioni e distorsioni commerciali provocate dall’afflusso di grano ucraino sul mercato europeo. In Italia infatti le quotazioni del grano tenero sono crollate del 30% nell’ultimo anno, su valori che sono scesi ad appena 26 centesimi al chilo, che non coprono i costi di produzione.

L’Italia, con il 6,3% complessivo sul totale delle esportazioni ucraine di prodotti agricoli, tra grano, mais e olio di girasole, è al quarto posto dietro Cina (24,3%), Spagna (18,3%) e Turchia (10%) tra i Paesi più interessati dall’accordo Onu, secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga, che evidenzia come in un anno hanno lasciato il territorio di guerra quasi 32,8 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, tra mais (51%, pari a 16,8 milioni di tonnellate), grano (27%, pari a 8,9 milioni di tonnellate), olio di girasole (11% tra olio e semi, pari a 3,5 milioni di tonnellate) e altri prodotti secondari, considerando i tre porti inseriti nell’accordo: Chornomorsk (38,7% del totale), Yuzhny (31,9%) e Odessa (29,4%).

 

Le operazioni sui fronti bellici

Non si registrano particolari sviluppi nelle operazioni militari che vedono la controffensiva ucraina sostanzialmente incapace per ora, dopo sei settimane dal suo inizio, di determinare sfondamenti delle linee russe.

Secondo un report del New York Times nelle due prime settimane della controffensiva, le forze ucraine hanno perduto il 20% degli armamenti e mezzi a loro disposizione. Perdite che avrebbero spinto Kiev a rallentare il ritmo con l’obiettivo di “preservare di più le truppe e gli armamenti necessari per la grande spinta offensiva che gli ucraini affermano debba ancora venire”.

Gli ucraini, spiega ancora il quotidiano americano, hanno cambiato tattica concentrandosi maggiormente nel martellare le forze russe con artiglieria e missili a lunga gittata. L’analisi del giornale statunitense evidenzia che la controffensiva è rallentata e in alcuni settori si è completamente fermata per le difficoltà a condurre azioni d’attacco contro le linee difensive russe.

Diverse fonti militari non ufficiali riferiscono sui canali Telegram della crescente ritrosia nei reparti ucraini a impiegare in combattimento mezzi corazzati e veicoli occidentali (nella foto sopra un AMX-10, sotto M2 Bradley e Leopard 2) considerati bersagli prioritari per i militari russi che ricevono premi in denaro per la loro distruzione, cattura o danneggiamento.

Un’inchiesta pubblicata da The Economist evidenzia invece l’efficacia delle contromisure elettroniche russe nel disturbare i segnali GPS che guidano missili e proiettili d’artiglieria “intelligenti” di costrizione occidentale, inclusi quelli che dovrebbero essere in grado di ingannare i sistemi di jamming russi.

Ieri Vladimir Putin ha valutato positivamente i progressi dell’operazione militare speciale in Ucraina, sottolineando che l’esercito russo sta agendo in modo eroico.

Il presidente ha dichiarato che la controffensiva delle forze armate dell’Ucraina non sta portando risultati. “Le nostre truppe si stanno comportando in modo eroico” ha risposto durante un’intervista al canale Rossiya-1.

“Tutti i tentativi del nemico di sfondare la nostra difesa – e questo è un compito che include l’uso di riserve strategiche – non hanno avuto successo durante l’intera offensiva”.

Sul fronte di Zaporizhia continuano duri scontri nei settori di Orekhov e Rabotino e nel Saliente di Vremevsky, intorno ai villaggi di Priyutnoye e Staromayorsky,  dove gli ucraini cercano di sfondare le linee nemiche fin dall’inizio di giugno. Staromayorsky è stato  probabilmente espugnato ieri dagli ucraini e poi almeno parzialmente riconquistato oggi dai russi.

Proprio qui ieri le forze ucraine hanno annunciato progressi con un’avanzata di più di un chilometro secondo quanto dichiarato da Valery Shershen, portavoce militare ucraino in un’intervista Tv in cui ha sottolineato che i russi stanno attaccando le posizioni ucraine nei settori di Avdiivka e Maryinka, a sud di Bakhmut, nella regione di Donetsk.

“Ci sono combattimenti furiosi e le posizioni delle parti cambiano dinamiche più volte nello stesso giorno” ha detto il vice ministro della Difesa, Hanna Maliar, ammettendo che i russi “stanno attivamente avanzando” da due giorni nei pressi della città di Kupyansk (nella mappa qui sopra), nella regione nord orientale di Kharkiv.

I russi stanno proseguendo l’assalto nelle aree degli insediamenti di Masyutivka e Novoselivske al fine di respingere le unità ucraine oltre la linea di barriera del fiume Oskol. “Il nemico ha due obiettivi: recuperare le posizioni perse e costringerci a trasferire in loco riserve da altri settori”. In questo settore i russi rivendicano un’avanzata di 6 chilometri. Più a sud i russi hanno assunto l’iniziativa anche nel settore di Lyman (nella mappa sopra).

In serata il generale Sirsky ha parlato di offensiva russa nel settore di Kupyansk che ha l’obiettivo di sconfiggere le forze ucraine e penetrare in profondità nello schieramento ucraino.

Quasi nello stesso momento il portavoce del Raggruppamento Orientale delle forze armate ucraine gruppo, Sergey Cherevaty, ha riferito che sul fronte di Lyman-Kupyansk le forze russe hanno concentrato più di 100mila militari con oltre 900 carri armati, più di 550 sistemi di artiglieria e 370 multipli lanciarazzi.

Come aveva anticipato Analisi Difesa non è da escludere che i russi abbiano atteso l’indebolimento delle forze nemiche nei continui attacchi sui fronti di Zaporozhia e Donetsk, dove Kiev ha messo in campo molte delle sue riserve, per poi passare all’offensiva a nord puntando a prendere il controllo della regione di Kharkiv impiegando le riserve accumulate, equipaggiate e addestrate nelle retrovie a partire dall’autunno scorso..

Fonti russe segnalano che gli ucraini stanno rafforzando linee di difesa a est di Kramatorsk, circa 50 chilometri a ovest della linea del fronte nella regione di Donetsk, probabilmente per parare un eventuale cedimento del fronte.

Maliar ha invece rivendicato progressi intorno a Bakhmut dove da settimane gli ucraini cercano di avanzare a nord e a sud della città scontrandosi anche con le truppe cecene della Forza Speciale Akhmat.

Nell’ultima settimana le forze ucraine sono riuscite a liberare 7 chilometri quadrati di territorio in questo settore, ha aggiunto oggi il vice ministro ucraino sottolineando che attualmente la Russia sta cercando punti deboli nella difesa delle forze ucraine. Fonti russe riferiscono di aver effettuato contrattacchi a nord della città respingendo gli ucraini fuori dal villaggio di Berkhovka.

@GianandreaGaian

Foto: Baza, Telegram, RvVoenkory, ISW,  Ministero della Difesa Russo e Ministero della Difesa Ucraino

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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