Le sanzioni USA a Vulin e le pressioni su Belgrado: chi vuole far esplodere i Balcani? 

 

Il ministero delle Finanze di Washington sanziona il capo dell’Agenzia per la Sicurezza e l’Informazione serba (BIA) Aleksandar Vulin (nella foto sopra) accusandolo di coinvolgimento nella “criminalità organizzata transnazionale e in operazioni illegali di stupefacenti” e di aver mantenuto “una relazione reciprocamente vantaggiosa con il trafficante d’armi serbo Slobodan Tesic, che ha aiutato a trasportare armi attraverso i confini della Serbia”.

Le sanzioni prevedono tra l’altro il blocco di tutte le proprietà di Vulin negli Stati Uniti e di ogni proprietà legata in modo diretto o indiretto al capo del BIA anche se l’ambasciatore americano a Belgrado, Christopher Hill, ha sottolineato che le sanzioni riguardano esclusivamente Vulin e non la Serbia, Paese con cui gli USA intendono avere rapporti sempre migliori.

Affermazione paradossale dal momento che il vertice dei servizi segreti rappresenta non solo la nazione ma anche uno degli strumenti più importanti e “portanti” dello stato.

Peraltro, appare curiosa l’accusa a Vulin di narcotraffico tenuto conto che proprio il Kosovo è stato finora al centro di ingenti traffici di armi e droga diretti in Europa e che dalla guerra del 1999 diversi esponenti politici kosovari sono stati coinvolti in inchieste su questo tipo di crimine.

Vulin, politico panslavista, viene considerato dagli USA anche “responsabile di atti di corruzione e destabilizzanti che hanno consentito le attività malevole della Russia nella regione”.

Già ministro dell’Interno e della Difesa e presidente del Movimento Socialista membro della maggioranza di governo e alleato del presidente Aleksandr Vucic, Vulin è il primo personaggio di spicco serbo sanzionato dai tempi di Slobodan Milosevic e soprattutto dall’attacco russo dell’Ucraina, vicenda in cui la Serbia si è smarcata dal contesto generale europeo rifiutandosi di porre sanzioni a Mosca nonostante le forti pressioni subite da USA e Unione Europea ed imponendo di fatto la stessa posizione alla Bosnia Erzegovina grazie al veto posto dalla componente serba.

Proprio alla postura assunta da Belgrado e alle posizioni filo-russe che Vulin non ha mai nascosto sono da attribuire le sanzioni di Washington secondo quanto affermato nei giorni scorsi dal presidente Aleksandr Vucic in una durissima dichiarazione in cui ha sottolineato che le sanzioni non sono dovute ad alcun crimine o corruzione ma “al suo atteggiamento nei confronti della Federazione Russa”.

Senza peli sulla lingua il presidente serbo ha sarcasticamente ricordato il 12 luglio che “la cocaina non è stata trovata nell’ufficio di Vulin ma alla Casa Bianca” aggiungendo che prevede di incontrare il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg nei prossimi giorni. “Ieri ho inviato una lettera ufficiale per l’incontro. Mi aspetto che ci vedremo nei prossimi giorni”. Sul tavolo la crisi in Kosovo ma anche il “caso Vulin”.

Vucic è tornato sull’argomento il 14 luglio ribadendo che le sanzioni americane contro il capo del BIA sono state decise a causa della Russia e dell’appoggio di Vulin a Mosca e non per il suo coinvolgimento in fatti di corruzione e criminalità. “Se io avessi deciso un giorno prima di imporre sanzioni alla Russia, a Vulin non sarebbe stata imposta alcuna sanzione”, ha detto Vucic alla tv privata Pink.

Rispetto alle accuse di coinvolgimento nel traffico di droga, il presidente serbo ha aggiunto che verranno fatte indagini e “se vi saranno informazioni a conferma di ciò, noi processeremo Vulin”.

Il Movimento dei socialisti (PS), guidato da Vulin, ha reagito con estrema durezza, parlando di un “nuovo attacco alla Serbia e alle istituzioni serbe” da parte dell’America, “dopo l’aggressione criminale” dei bombardamenti Nato del 1999, dopo il “putsch” dell’ottobre 2000 contro Slobodan Milosevic e dopo “l’appoggio criminale all’indipendenza del cosiddetto Kosovo. Washington come sempre mente anche ora, sparge odio e stupra la verità definendo Vulin un narco-dealer dopo che è stato lui ad annientare i narco-clan che operavano con l’appoggio della CIA”, ha aggiunto il comunicato del PS che ha ricordato i bombardamenti Usa/NATO del 1999.

“Per gli assassini della Casa Bianca, la colpa di Vulin sta nel fatto che rispetta il diritto internazionale e che non accetta che anche noi veniamo trascinati nel conflitto occidentale a est. La posizione di Vulin è che vogliamo la pace e non vogliamo essere dalla parte russofoba in una guerra fratricida”.

Come ha ricordato Fausto Biloslavo su “Il Giornale”, Vulin è sempre stato un deciso sostenitore della causa dei serbi in Kosovo, come è naturale per un leader politico e ministro serbo, ma da ministro della Difesa ha potenziato i rapporti e le esercitazioni militari congiunte sia con la Russia sia con la NATO.

Le sanzioni statunitensi vengono quindi interpretate a Belgrado come strumento teso ad ammonire la leadership serba colpendo il suo esponente più sbilanciato su posizioni panslaviste e filorusse ma anche quello che ricopre il ruolo più delicato sul piano della sicurezza nazionale.

Rese note a ridosso del Vertice NATO di Vilnius, le sanzioni a Vulin rischiano di mettere in difficoltà i tentativi di gestire la delicata crisi kosovara e nazioni come l’Italia che hanno rapporti stretti con la Serbia (anche in campo militare) e cercano di smorzare le tensioni tra serbi e kosovari mantenendo una posizione di equilibrio.

La decisione di Pristina, su pressione del rappresentante speciale dell’Ue Miroslav Lajcak, di ridurre del 25 per cento il numero delle forze di polizia dagli edifici municipali nel nord del Kosovo è stata definita un “trucco dell’Occidente” dal presidente  Vucic nella citata intervista alla televisione Pink ripresa in Italia dall’Agenzia di stampa Nova.

“Non sono né cieco né stupido, ho letto tutti i loro trucchi in anticipo, gioco a scacchi meglio di loro”  ha detto Vucic sostenendo che l’Occidente è interessato “solo a come preservare suo figlio”, cioè il Kosovo. “Non è un problema cedere al più forte, il problema è quando qualcuno tratta il Paese, non la leadership, come degli idioti”.

Per Vucic Belgrado “ha attuato tutte le misure, tranne una, del piano europeo per la riduzione dell’escalation. Stanno giocando con noi, perché sanno che abbiamo qualcosa da perdere”, ha detto Vucic, aggiungendo che i serbi sono visti come un “fattore destabilizzante”.

L’obiettivo di ridurre l’escalation e smorzare la crisi in Kosovo evidentemente non è condivisa da tutti gli alleati occidentali come dimostrano le sanzioni a Vulin ma anche le aspettative della Turchia per il prossimo comando della KFOR della NATO, la forza alleata di 3.800 militari attualmente guidata dall’Italia.

L’avvicendamento è previsto a ottobre e secondo diverse fonti vedrà il comando affidato a un generale turco con una decisione che secondo alcune fonti sarebbe già stata presa in ambito NATO.

Ankara è stata lo sponsor della “Grande Albania”, da sempre promuove la penetrazione islamica nei Balcani in funzione anti-serba in Bosnia-Erzegovina come in Kosovo e ha recentemente fornito droni armati Bayraktar TB 2 alle forze di sicurezza di Pristina che assomigliano sempre di più a un vero esercito.

Ieri il premier kosovaro Albin Kurti (a sinistra nella foto sopra) ha confermato l’operatività dei droni Bajraktar TB-2 aggiungendo che, unitamente al comandante della Forza di sicurezza del Kosovo Baskim Jasarj e al ministro della Difesa Armend Mehaj, si è congratulato con gli ufficiali che hanno concluso l’addestramento sull’impiego dei droni.

Kurti ha rilevato che Pristina in due anni ha aumentato il numero dei militari di oltre l’80%, e il bilancio militare di oltre il 100%. Da tempo Pristina lavora alla trasformazione della Forza di sicurezza del Kosovo in un vero e proprio strumento militare.

Secondo il Military Balance nel 2022 la Kosovo Security Force disponeva di 2.500 uomini e 800 riservisti dotati di 55 blindati ruotati statunitensi 4×4 M1117 e Cobra di origine turca.

I Bayraktar TB2 forniti ai kosovari (che hanno indotto Belgrado a rinunciare ad acquistarli, come sembrava definito, preferendo i CH-92/95 cinesi), il comando turco di KFOR e le sanzioni a Vulin rischiano di venire interpretate a Belgrado come tessere di un mosaico teso a esercitare forti pressioni sulla Serbia, nazione candidata a entrare nella Ue ma che neppure di fronte all’iniziativa sanzionatoria statunitense è stata tutelata dagli organismi dell’Unione.

Anzi, il relatore per il Kosovo al Parlamento europeo, l’eurodeputato tedesco Viola von Cramon-Taubadel (nella foto a lato) del Partito Verde, ha accolto con entusiasmo le sanzioni americane a Vulin. «Coloro i quali consentono l’invio illegale di armi promuovono Putin e il nazionalismo. Vulin è diventato sinonimo di corruzione, azioni di una marionetta russa e traffico di stupefacenti» ha aggiunto auspicando che la UE assuma iniziative analoghe a quelle di Washington.

Di fronte a questa palese ingerenza negli affari interni della Serbia e nella gestione delle sue istituzioni non si registrano per ora ferme prese di posizione da parte di Roma e di quei paesi che in Europa hanno ancora a cuore la stabilità dei Balcani, benché  dichiarazioni come quelle della signora von Cramon-Taubadel siano funzionali solo ad esasperare gli animi accentuando la crisi tra Serbia e Kosovo e innalzando muri con il chiaro obiettivo di destabilizzare il governo di Belgrado dopo averlo isolato dall’Europa.

Eppure, anche tenendo conto della ferma risposta di Vucic e degli sviluppi incerti della guerra in Ucraina, dovrebbe essere evidente a tutti (anche nell’Europarlamento) quale impatto avrebbe sull’Europa lo scoppio di un altro conflitto ai nostri confini orientali.

@GianandreaGaian

Foto: Tanjug. Presidenza Serba, Governo del Kosovo, Difesa.it e EuroAktivc

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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