Nel Mar Cinese Meridionale il Vietnam “affonda” Barbie e Ken

 

Da  AsiaNews

Le autorità vietnamite hanno vietato la distribuzione del film della Warner Bros “Barbie” a causa di una scena in cui tutto il Mar cinese meridionale appare sotto il totale controllo della Cina, mentre molte aree della regione sono rivendicate dai Paesi del sud-est asiatico.

Nella pellicola, diretta dalla regista Greta Gerwig, compare a un certo punto una mappa che riporta la cosiddetta “linea dei nove tratti”, il nome dato alla linea di demarcazione imposta unilateralmente da Pechino intorno a un’ampia parte di territori marittimi ricchi di risorse naturali in quello che oggigiorno viene comunemente denominato Mar cinese meridionale. Incluse vi sono anche zone che ospitano concessioni petrolifere rilasciate dal Vietnam – che definisce le proprie acque territoriali “Mare dell’Est” – e regioni rivendicate dalle Filippine – che invece chiamano l’area “Mar delle Filippine Occidentale”. Sia Hanoi che Manila accusano periodicamente le navi cinesi di violare la loro sovranità sulle acque territoriali.

Una sentenza arbitrale internazionale emessa nel 2016 da un tribunale dell’Aia ha dichiarato senza effetto legale le pretese di Pechino, un verdetto che Cina e Taiwan hanno sempre respinto.

Non è la prima volta che il Vietnam proibisce la diffusione di lavori cinematografici internazionali per la disputa sul Mar cinese meridionale. Nel 2019 era successo con “Il piccolo Yeti”, pellicola di animazione della DreamWorks, mentre l’anno scorso Hanoi ha vietato il film della Sony “Unchartered”, Per le stesse ragioni nel 2021 Netflix è stata costretta a rimuovere dal mercato vietnamita la serie australiana “Pine Gap”.

Le case di produzione cinematografiche internazionali stanno sempre più adattando i propri lavori alle richieste di Pechino per evitare di venire esclusi dal mercato cinese che, in base a dati del 2022, è ormai equivalente a quello americano con circa 11 miliardi di dollari di fatturato. Ora Hollywood sta cercando di aumentare gli introiti provenienti dalla Cina di un ulteriore miliardo dopo che quest’anno Pechino ha revocato il divieto imposto tre anni fa sui film della Marvel e della Disney.

Secondo gli esperti, negli ultimi anni la Cina ha voluto favorire la produzione cinematografica nazionale dopo che nel 2018, per la prima volta, le vendite ai botteghini cinesi nel primo trimestre dell’anno hanno superato quelle americane. E nel frattempo la censura sui prodotti stranieri ha continuato a venire applicata meticolosamente: intere scene di film hollywoodiani in cui la Cina o i cinesi venivano dipinti in maniera negativa sono state tagliate o rimosse anche in anni molto recenti.

L’estate scorsa il film “Top Gun: Maverick”, prodotto dalla Paramount Pictures, non è riuscito a superare i controlli del Consiglio di Stato, principale organo amministrativo della Repubblica popolare. Nel trailer una toppa sulla giacca di Tom Cruise che nel primo film del 1986 raffigurava le bandiere di Taiwan e del Giappone era stata modificata con dei fac-simile, probabilmente nel tentativo di evitare il divieto di distribuzione in Cina, che rivendica Taiwan come una propria provincia. Ma nel montaggio finale sono poi riapparse le bandiere originali, una decisione che Pechino non ha certamente gradito.

 

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