Caso Jenssen: l’ambiguo realismo della NATO
Dei sintomi della volontà di molti in Europa e Stati Uniti di trovare una via d’uscita dal conflitto russo-ucraino Analisi Difesa si è occupata anche nei giorni scorsi evidenziando diversi elementi di questa tendenza sempre più evidente. L’ultima conferma ha visto protagonista la NATO con le dichiarazioni di Ferragosto del capo di gabinetto Stian Jenssen (nella foto sotto) uomo vicinissimo al segretario generale Lens Stoltenberg.
Jenssen ha ipotizzato al quotidiano norvegese VG che l’Ucraina possa entrare nella NATO in cambio della concessione di una parte del suo territorio alla Russia. Sarebbe questa la strada per arrivare alla fine della guerra tra Kiev e Mosca. “Penso che la soluzione potrebbe essere che l’Ucraina rinunci al territorio e ottenga invece l’adesione alla NATO. Non sto dicendo che dovrebbe essere così. Ma potrebbe essere una possibile soluzione”.
L’ipotesi è stata subito respinta come “ridicola” dal consigliere della presidenza ucraina Mykhailo Podolyak e dai vertici ucraini che considerano “inaccettabile” che un rappresentante della NATO sostenga “una narrazione che appoggia le posizioni della Russia”.
L’alleanza ha poi rettificato spiegando con un portavoce che “la posizione della NATO è chiara e rimane invariata. Come ribadito al vertice di Vilnius a luglio, sosteniamo pienamente la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Continueremo a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario. Ci impegniamo per una pace giusta e duratura. L’Ucraina deciderà quando e a quali condizioni sarà raggiunta la pace”.
Il 16 agosto lo stesso Jenssen ha corretto il tiro pur senza smentire le precedenti affermazioni. “La mia dichiarazione faceva parte di una discussione più ampia sui possibili scenari futuri in Ucraina, e non avrei dovuto pronunciarla in quel modo: è stato un errore”, ha detto a VG.
“Se, e sottolineo se, si arriverà al punto in cui si potrà negoziare, la situazione militare sul terreno, chi controlla cosa, sarà assolutamente centrale e avrà necessariamente un’influenza decisiva su come si presenterà un eventuale esito di questa guerra: proprio per questo motivo è di fondamentale importanza sostenere gli ucraini con ciò di cui hanno bisogno”, ha aggiunto Jenssen sottolineando che gli ucraini stessi devono “valutare da soli” le condizioni in cui sono disposti ad avviare i negoziati e “su cosa sono disposti a negoziare”.
Concetto espresso nuovamente il 17 agosto da Stoltenberg, intervenuto per smorzare le polemiche ribadendo che “sono gli ucraini, e solo gli ucraini, che possono decidere quando ci siano le condizioni per i negoziati, e che possono decidere al tavolo dei negoziati quale sia una soluzione accettabile”.
Nulla di nuovo, tenuto conto che Stoltenberg ha più volte sostenuto che gli ucraini vanno aiutati a riconquistare più territorio possibile per sedersi da una posizione di forza al tavolo dei negoziati mentre l’adesione di Kiev alla NATO verrà discussa quando “i membri saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”, come è stato definito in luglio al vertice NATO di Vilnius.
Una formula generica ma vincolata quanto meno alla conclusione del conflitto con la Russia circa il quale Jenssen aveva ipotizzato uno scenario. Difficile però credere che il braccio destro di Stoltenberg abbia agito di sua iniziativa, rilasciando dichiarazioni non concordate o addirittura contrarie agli indirizzi dell’Alleanza Atlantica e del suo vertice.
Più probabile che Jenssen abbia lanciato a Kiev un messaggio che non poteva certo venire espresso così chiaramente da l segretario generale: in assenza di successi territoriali concreti nella controffensiva in atto dal 4 giugno, l’Ucraina si deve preparare a cedere territori alla Russia per fermare la guerra e ottenere l’adesione all’alleanza occidentale.
Opzione irricevibile a Kiev, dove l’obiettivo resta incentrato (almeno a parole) sulla riconquista di tutti i territori occupati dai russi inclusa la Crimea e dove le forze ultra-nazionaliste non permetterebbero a Zelensky e al suo governo la cessione di ampi territori.
Le valutazioni di Jenssen sono realistiche ma non sembrano tener conto del fatto che i russi potrebbero non essere interessati a negoziare ora, attendendo condizioni a loro più favorevoli, ma soprattutto che Mosca non accetterò un’Ucraina parte della NATO, anche se con qualche regione in meno.
Fin dall’avvio dell’Operazione Militare Speciale, il 24 febbraio 2022, Putin ha sempre dichiarato di non voler conquistare l’intera Ucraina ma di puntare a liberare alcune regioni (poi annesse alla Federazione) e di voler un’Ucraina neutrale, uno stato cuscinetto che separi la NATO dalla Russia.
Mosca è infatti intervenuta in modo netto il 17 agosto nella diatriba tra vertici NATO e Ucraina. “La pace con l’Ucraina può essere conclusa solo alle condizioni della Russia, con la conservazione della Crimea e delle nuove regioni come parte della Federazione Russa, non c’è altra opzione” ha dichiarato Viktor Bondarev, capo del Comitato di difesa del Consiglio della Federazione Russa.
“All’Ucraina – ha scritto Bondarev su Telegram – viene offerto di rinunciare alle sue rivendicazioni sui territori perduti e concludere la pace con la Russia per ottenere l’adesione alla NATO. È chiaro che questi territori sono nostri secondo tutte le leggi in vigore e non vi rinunceremo. Noi non abbiamo altre opzioni da considerare”.
In termini pragmatici, non solo le dichiarazioni di Jenssen e di Bondarev ma anche l’osservazione fredda degli sviluppi militari, potrebbero consigliare oggi all’Ucraina a negoziare perdite territoriali certo dolorose ma limitate rispetto a quelle ben più ampie che potrebbero risultare tra qualche mese se i russi avranno la capacità di scatenare un vasto attacco dopo l’esaurimento della controffensiva di Kiev e il dissanguamento delle sue forze armate.
La proposta di Jenssen è ragionevole ma paradossalmente non può essere accettata da Zelensky, pena il crollo del fronte interno, ma neanche dai russi che pretendono un’Ucraina neutrale che faccia da cuscinetto allontanando la NATO dai suoi confini.
Foto: NATO, Ministero Difesa Ucraino e Ministero Difesa Russo
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.